Sequel del grande successo Poveri ma belli (1956) sempre diretto da Dino Risi e con lo stesso cast del precedente, ne rappresenta una sorta di fotocopia. Il film si caratterizza per lo stesso spirito garbato e la comicità nazional popolare ma inevitabilmente perde un po' di "freschezza" narrativa con personaggi che appaiono un po' stereotipati e una storia che procede secondo binari noti e uno svolgimento piuttosto prevedibile. Simpatico ma scontato.
Seguito non necessario di Poveri ma belli: a parte il segmento pre-Pierino delle scuole serali, la vitellonate di Arena e Salvatori sono meno vivaci e brillanti e sembrano soccombere innanzi all'intento semi-didascalico dell'insieme (il classico "mettere la testa a posto" e la difesa del matrimonio). Il sorriso e le opime forme dell'Allasio ne compensano la più defilata presenza; buona prova di Giuffrè nel ruolo di un vero gentleman.
Leggero, gradevole, non presenta grandi motivi di interesse ma ha un buon cast (buona la prova di Garrone) e la storia prosegue lineare. Simpatiche certe scene come quella nella piscina pubblica, anche se il film oggi, devo ammetterlo, risente un po' dei suoi anni. In ogni caso gli appassionati come me del dececennio non potranno restare delusi.
Commedia popolare del maestro Risi in cui si analizzano le vicende di due coppie di fratelli alle prese con il lavoro ed il sentimento messo in discussione dalle vacue tentazioni. Arena e Salvatori danno vita a qualche siparietto simpatico e la vicenda affresca l'Italia del pre boom economico con discreta dignità.
Secondo episodio della trilogia firmata da Risi, questo film non è inferiore al precedente. Stessa narrativa dal gusto popolare e bozzettistico, stessi personaggi giovani, spensierati ed esuberanti, stesse vivaci storie di intrighi amorosi, stesse accumulazioni comiche e farsesche, stesso scenario romano, stessi schemi della commedia tradizionale: equivoci, fraintendimenti, allusioni maliziose, agnizioni... Siamo ancora in pieno neorealismo rosa di ambientazione cittadina e la regia di Risi si conferma fresca, allegra, elegante e dal tocco leggero e misurato.
Rispetto al capostipite, il film ha un ritmo più serrato e attori più sciolti, il che compensa alcune situazioni sforzate o stereotipate (c'è addirittura qualcuno che si nasconde sotto un letto...). Fa oggi sorridere il richiamo alla morale dell'Italia democristianissima degli Anni Cinquanta (persino con una richiesta di Cresima per un adulto). Sempre deliziosa la Allasio; dei giovani palma del migliore a Lorella De Luca. Certo: i doppiatori aiutavano molti tutti quanti...
Rispetto al primo c'è minor freschezza e la trama sembra solo un pretesto per sfruttare il successo dell'originale, ma grazie agli ottimi interpreti e comunque a gag felici (tra cui tutto il divertente finale) non ci si annoia e non si arriva alla fine insoddisfatti. Memmo Carotenuto è protagonista dei momenti più felici mentre al cast si aggiunge Garrone, dando così un'evoluzione al personaggio della Allasio meno scontata rispetto a quelle dei due protagonisti maschili. Tutto molto godibile, ma meno originalità.
Commedia esile ma piacevole e ritmata, dotata di una certa vitalità a livello di gag (campo in cui Risi conferma la sua straordinaria abilità) e di interpreti adatti. L'ingenuità di molti momenti col senno di poi si trasforma in grazia e l'intreccio di amorazzi più o meno intrecciati e più o meno giovanili scorre canonico ma dinamico, dipingendo con pennellate svelte e leggere il ritratto di una gioventù squattrinata ma ottimista e spensierata e di trentenni già inseriti che giocano a fare i cinici ma non vi riescono.
Un sequel evitabile, che sfrutta il successo del precedente Poveri ma belli sempre di Risi e con gli stessi interpreti. Si prosegue nel racconto delle (dis)avventure dei due sfaccendati amici interpretati da Arena e Salvatori, stavolta con vicende più articolate ma meno credibili e un maggiore coinvolgimento delle innocenti sorelle. Si conferma il clima scanzonato e frizzante del precedente, emblematico dello spirito della gioventù popolare del tempo, ma con una sceneggiatura più debole e affrettata.
Secondo capitolo della trilogia molto simile al precedente, mantiene intatta una certa freschezza e una forte ingenuità di sottofondo. Il cast garantisce la continuità col primo capitolo ma con maggior presenza scenica delle “belle ma povere” De Luca e Panaro. Sketch simpatici e innocui per trascorrere un’oretta e mezza senza pensieri. Sempre bravi Arena e Salvatori.
Doppia coppia di ragazzi squattrinati si frequenta auspicando il matrimonio. L’attenzione sembra vada alle giovani protagoniste, anche se alla fine sono Salvatori e Arena a giostrare le situazioni. Sebbene ci sia un certo ritmo narrativo, si nota una segmentazione tra gli argomenti. Si passa dalle scaramucce iniziali alla ricerca del lavoro, dalle gelosie per le separazioni alle classiche rappacificazioni, con la Allasio che fa da collante o che serve per mischiare le carte. Le seconde linee adulte han poco spazio ma lasciano il segno.
MEMORABILE: La Allasio che finge di parlare al ristorante per ingelosire; Il furto con il complice nella scatola di legno; La corte di Giuffré al negozio.
Messo su in fretta e furia per bissare il grande successo di Poveri ma belli, questo film conferma la grande capacità da patte di Dino Risi di tenere un ritmo narrativo molto elevato e di saper divertire con intelligenza e ironia. Ci sono sequenze da antologia (come tutta la parte della scuola serale) e c'è la grande avvenenza delle ragazze coinvolte, in particolare della Allasio. Si ride anche oggi.
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Aggiungerei nel cast Gildo Bocci, simpatico ed apprezzato caratterista, nel ruolo del portiere dello stabile in cui vivono Romolo (Arena) e Salvatore (Salvatori), nonché padre dello stesso Romolo.
DiscussioneZender • 8/08/11 09:19 Capo scrivano - 47698 interventi