Azor - Film (2021)

Banchiere privato svizzero va in Argentina per sostituire un suo socio misteriosamente scomparso nel nulla. Dovrà fare i conti con un paese "in transizione". La solida e raffinata regia - fatta anche di piccoli e deliziosi particolari visivi e verbali - si avvale di uno stile già maturo, ed è sostenuta e corroborata da una sceneggiatura che sa descrivere perfettamente un mondo e una società in cui il più pulito ha la rogna. E descrive alla perfezione lo spaesamento del protagonista, reso alla grande da Rongione. Anche il resto del cast è in palla. Notevoli gli ultimi quindici minuti.

Un banchiere svizzero prende il posto del suo socio in affari nell'Argentina di inizio anni Ottanta, nel clima politico della guerra sporca. Elegante, calibrato; estremamente posato come il protagonista, scevro da ogni marca identitaria che non sia quella, perfetta, del suo attore (Rongione). Anche un film estremamente lento, che richiede un certo sforzo di concentrazione, tuttavia ripagato da una straniante e strisciante sensazione di disagio relegata ai margini del quadro. Vediamo, crediamo di sapere, ma l'oscuro reclama il suo posto negli eventi.

Il merito del regista svizzero è di creare un'atmosfera di angoscia e alienazione grazie al non detto (da lì anche il titolo del film) e al non visto, cosa questa che ahinoi si sposava col periodo storico interessato. Mette in piazza una galleria inquietante di accoliti del potere e li fa rosolare a fuoco lento di fronte al protagonista. Se contesto, mellifluità sociali ed insicurezze personali emergono bene, lo sviluppo rimane però sospeso, lasciando volutamente campo aperto ad interpretazioni non del tutto convincenti che, unite alla lentezza espositiva, possono lasciare delusi.

Ciò che trasmette per tutta la durata questo film è principalmente noia e disillusione, portate avanti da un protagonista che ha poco mordente e che non ha molto da raccontare dal punto di vista cinematografico. La messa in scena di Fontana non è discutibile, le inquadrature sono sempre azzeccate e la fotografia fa la sua figura. E' proprio la sceneggiatura a non avere mordente e ne risulta alla fine un film che non riesce ad essere né un thriller né un dramma né nulla, risultando a tratti anche pretenzioso. Si poteva fare molto meglio puntando magari su altri topic.

Socio di una banca privata va in Argentina a sostituire un collega. Il primo pensiero dopo la scomparsa rimanda ai desaparecidos, invece l’interesse è far “percepire” la dittatura di Videla e fingere di non sapere che succede. La regia insinua il mistero anche se poi diviene compassata verso l’epilogo, in cui sembra di stare in Apocalypse now. Il film ricorda anche lo stile di Larrain, ma più asciutto. Rongione parte sicuro ma man mano si preoccupa come se gli potesse capitare qualsiasi cosa.