Da Richard Linklater (quello delle albe e dei tramonti) un film "strano" il cui ricorso alla particolare tecnica semicartoonistica sembra quasi utilizzato per nascondere le pecche di un'opera altrimenti ben poco interessante. La matrice dickiana è evidente (il film è piuttosto fedele all'oscuro scrutare originale), ma non fa che aumentare le perplessità sulla trasposizione di una fantascienza tanto singolare su grande schermo. O dietro c'è un regista capace di ampliarne la visione futuristica (Spielberg, Verhoeven, Scott) o Dick è meglio goderselo sui libri.
Anche questo è da considerarsi parte del filone della New Indie Usa?! Domanda retorica, giusto per insinuare anche in voi lettori un sospetto che mi frulla nella testa da un po': questo pseudo genere portato alla ribalta dal Sundance sta perdendo parecchi colpi, si sta accartocciando su se stesso provando ad utilizzare sempre le stesse idee, frullandole in modi sempre diversi. E questo film ne è l'esempio: tema banale con svolgimento che tenta di camuffare la mancanza di idee.
A Scanner Darkly è un opera originale, ma parziale. Non è possibile scindere la fruizione del film da quella del libro, e la questione non è reciproca. Ritrovare su schermo (con uno stile tanto elaborato) una delle storie più visionarie (e predittorie) mai concepite è una felicità. Meno felici sono la realizzazione e il montaggio, che rendono l'esperienza monca di molte sfumature e significati di cui l'opera di Dick era pregna. Una visione comunque consigliata, ma accompagnata da un intensa e indimenticabile lettura.
Di questa visione oppressa da un malinconico manto scuro, oltre all'originale di Dick, esistono la riduzione in pellicola e l'ulteriore interpretazione fumettistica. Indubbiamente, il film, visto da solo, induce alla confusione; congiurano a ottenere questo risultato tre aspetti fondamentali: la scelta estetica (d'altro canto felice e ispirata), il montaggio e gli stessi dialoghi, che costringono lo spettatore a troppi rimandi e troppe parentesi. Persino l'idea geniale della tuta finisce per complicare le cose. Insomma, resta un'opera consigliata, ma da fruire solo in seguito alla lettura del testo originale.
MEMORABILE: Il dialogo allucinato tra lui e lei nella sua stanza a tinte rosso-arancio. E il saluto, a seguire, fuori, nella notte.
Applaudo la tecnica di sovrapposizione, quasi pittorica, anche se spesso un po' fine a se stessa. Sicuramente utile per le allucinazioni e le distorsioni mentali, ma non sufficiente a raddrizzare una storia pesante e arrancante, zeppa di vere e proprie mitragliate di dialoghi rintronanti e non sempre utili alla narrazione (giusto per colpire lo spettatore con la loro tortuosità, anche se credo che chi guarda si lasci comunque più attirare dall'effetto visivo che dal contenuto). Merita però un'occhiata, almeno per l'originalità.
MEMORABILE: "Siamo tutti canarini in una miniera di carbone".
Come di frequente ripetuto, il pregio e l’originalità del film risiedono nella tecnica con cui è stato girato: prima dal vero e poi con le sovrapposizioni animate, che comunque non celano le fattezze e le doti interpretative di Reeves, Downey jr, Ryder e Harrelson. La trama è invece piuttosto statica ed oppressa da dialoghi grevi e contorti.
La Sundance sforna opere similindipendenti ma in questo film ho ritrovato un chiaro sentire vicino al libro di Dick (che ho letto dopo il film). Non tutto è limpidissimo e neanche nel romanzo, ma una volta tanto le operazioni di rotografia sono funzionali al tentativo di effetto straniamento cercato da Linklater e il finale riesce a toccare. Molti vorrebbero vederlo senza effetto rotografico ma credo che il film perderebbe molto.
Girato con una curiosa tecnica, un film in parte riuscito. La forza del film infatti sta proprio nella tecnica, che trasforma le immagini in disegni. Per quanto riguarda la trama non è un granchè, ma comunque il film è più che convicente. Curiosamente interessante.
Film stroboscopico e allo stesso tempo oscuro. Non ho letto il romanzo ma questo film mi è piaciuto tantissimo. La scelta del fotogramma ridisegnato mi ha trasmesso quel giusto straniamento che magari non avrei apprezzato in un film canonico. I dialoghi sono quelli tipici dei "fattoni": si prenda la scena della bicicletta, dove i personaggi cominciano ad argomentare in modo folle. Eppoi tutte le paranoie del protagonista, tipici effetti collaterali delle sostanze stupefacenti. Psichedelico!
Preso spunto da "Un oscuro scrutare" di Philip K. Dick, il film funziona anche se animato con effetti grafici. La storia di un uomo che perde il segno della conoscenza e la cognizione del tempo, riuscendo a farla perdere anche allo spettatore (solito di Dick). Peccato che la bravura del cast non riesca troppo a trasparire, dati gli special effect. Comunque accettabile.
Sospetto che la fruizione di questo film, più di quanto avvenga in analoghe occasioni, difficilmente possa prescindere dalla lettura del testo cui si ispira. Non avendo letto quest'opera di Dick, ho trovato la trama confusa, i riferimenti troppo criptici, pur apprezzando la particolare tecnica di animazione. D'altra parte, è possibile che questo senso di disorientamento sia voluto per meglio rispecchiare la perdita del senso della realtà (e della propria identità) da parte del protagonista. Esperimento non del tutto riuscito, ma interessante.
MEMORABILE: Il dialogo sulla bicicletta d'occasione
Alla base c'è l'ennesima intuizione geniale di K. Dick, che tuttavia sarebbe potuta essere sfruttata meglio. La trasformazione in fumetto della pellicola in post produzione offre un risultato sorprendente (mai visto prima) e questo elemento è un pregio ma per certi versi anche un limite, perché forse per questa ragione non piacerà a tutti. Piacevole soprattutto per gli amanti del genere, una bellissima esperienza visiva. Però al contempo poco fluido, caotico, a tratti incomprensibile. Gli aspetti positivi prevalgono cimunque sui negativi. 3 pallini.
MEMORABILE: L'agente che cambia volto infinitamente: una trovata semplicemente magnifica, geniale.
L'arditezza visiva e i dialoghi contorti di questo film hanno fatto in modo che dopo dieci minuti di film mi sia disinteressato totalmente della storia per godermi lo spettacolo visivo: questa tecnica disegnata sulle riprese dal vero ha il merito di sbaragliare qualsiasi stupido effetto in cg che si vede oggi; con uno stile così uniforme non c'è più il contrasto tra il vero e il creato a computer e ogni evento paranormale diventa psichedelico e credibilissimo. Però non ho capito di che parlasse il film: caramelle?
Che figo, un film totalmente cartoonizzato... anzi che schifezza! Eh sì, perché svanito ben presto il gusto della novità (o di vedere degli attori famosi in veste di cartoon) ci si accorge che il valore aggiunto della trovata è nullo, anzi toglie incisività al film. E questo rotoscope deve essere costato un pacco di soldi... In sintesi, da un soggetto interessante Linklater tira fuori dialoghi che funzionano solo in parte (in questi il mattatore è Downey jr.) e un'esperienza complessiva poco soddisfacente.
Con quello che potremmo definire il primo "cel shading" del cinema, A Scanner Darkly tenta di riprodurre con fedeltà l'effetto straniante e alieno del racconto di Dick. In parte ci riesce, ma il risultato è un film che complica gli eventi in maniera incredibile, con tanto di dialoghi oscuramente imperscrutabili. Pensavo fosse una tecnica per facilitare qualche effetto speciale, ma a parte le tute, di effetti ce n'è pochi. Oltretutto, pure se tratteggiato in maniera cartoonesca, Keanu sempre inespressivo resta. Una curiosità, poco più.
MEMORABILE: Barris al bar immagina la cameriera in situazione alquanto discinta.
Conclusa la visione sono rimasto abbastanza perplesso. Il tema interessante e originale c'era, la tecnica straniante anche eppure il risultato finale non è eccezionale. In qualche caso i dialoghi risultavano troppo ermetici e abbastanza pesanti. Forse l'intento del regista era quello di disorientare pure lo spettatore ma non ne capisco appieno il motivo. Comunque da vedere per l'originalità della forma. Operazione riuscita a metà. Peccato
Pellicola paranoica che utilizza un bizzarro ed originale sistema di ripresa delle immagini che la fa somigliare ad un film di animazione. Sostanzialmente un atto di accusa verso la somministrazione e l'abuso di sostanze stupefacenti, tuttavia la trama, talvolta, si inerpica in dialoghi lievemente contorti ma fini a se stessi. Originale.
Bisogna riconoscere innanzitutto la straordinaria fedeltà del film al romanzo omonimo di Philip K. Dick. Tutte le scene sono ben condite dallo stesso senso dell'umorismo, di cinismo e di angoscioso realismo sul tema della droga. Difatti si potrebbe trattare di una storia fantascientifica simpaticamente pessimista. Però il film dovrebbe essere visto più di una volta, perché altrimenti non si comprende bene la sua importanza cinematografica e narrativa e gli effetti speciali che smentiscono qualsiasi preconcetto.
Appare chiaro fin dai primi minuti che tutto il film cerca di puntare sul fattore visivo; e ci mancherebbe altro: la tecnica grafica è di tutto rispetto, specialmente quando entrano in scena le tute degli ispettori che mutano forma in infinite varianti; questo è sicuramente funzionale al tema del disorientamento e della perdita di identità, centrale nella trama, ma nonostante l'equilibrio tra grottesco e thriller funzioni, il tutto è molto poco fluido, tra dialoghi macchinosi che cercano di stupire e rallentamenti vari della narrazione.
Premesse buonissime, con un tema stimolante e una particolare tecnica (rotoscope) già consolidata per prodotti a carattere visionario (si veda il precedente e migliore Waking life), eppure il film non ingrana: se alcuni dialoghi sembrano aprire notevoli orizzonti lisergici, la forzata trama fanta-thriller arranca tra inutili ingarbugliamenti, storie di progressiva tossicodipendenza e risvolti che sfiorano lo spionistico, mentre l'atmosfera va a farsi friggere e lo spettatore sbadiglia. Finale ambiguo ma non esaltante, un po' come tutto il film.
Un film visivamente curioso e interessante, si perde forse in lunghi discorsi filosofeggianti giustificati però dalla situazione dei personaggi che li esprimono; il vero punto di forza sta però nell'argomento principale: la necessità di combattere contro un mondo alla deriva e finire - inevitabilmente - per farne parte; la riuscita trovata della tuta deindividualizzante altro non è che perfetta metafora di ciò. Drogarsi fa male?
MEMORABILE: "In questo modo finiremo per morire tutti, conoscendo poco o niente. E sul poco che conosceremo, ci saremo anche sbagliati".
La sostanza morta, che nel romanzo tiene il tutto in uno stato d'ipnosi, qui viene trasferita con una mutevole e cangiante rotoscopia. Il calendoscopico grafismo ibrido cerca di trasferire quello che dovrebbe essere l'effetto sonnambolico/narcotico, ma resta in superficie per mancata originalità o forzata pertinenza paratestuale. Dick resta inadattabile, ma di Linklater restano più apprezzabili altre animazioni metafisiche - nonostante di questa ne si apprezzi il coraggio.
Non è necessario conoscere il romanzo dal quale è tratto il film per apprezzarlo; la tecnica adoperata, di sovrapposizione del fumetto alla reale recitazione di ottimi attori, diventa un vortice straniante in cui il deterioramento cerebrale dell'agente infiltrato coinvolge lo spettatore in un trip parallelo. Storia apparentemente sconclusionata, tuta mimetica da capogiro, personaggi e situazioni demenziali restituiscono l'esatta misura (senza alcun moralismo) della sconsolata impotenza del singolo individuo di fronte alla lenta e inesorabile distruzione dovuta all'abuso di droga.
MEMORABILE: La scena finale, una bruciante denuncia nascosta sotto un prato di teneri fiorellini color lilla.
Da uno dei capolavori di Dick, Linklater tira fuori un ottimo film mantenendosi molto fedele allo script di partenza e optando per il rotoscope, scelta perfetta visto la storia trattata. Linkater si adatta al testo cogliendo tutti gli stilemi dickiani: la droga, la storia d'amore in sottofondo, lo sgretolarsi della realtà, la confusione del protagonista. Cast ottimo (citazione per Robert Downey Jr), "lieto" fine che fa da perfetto controaltare alla dedica finale di Dick.
MEMORABILE: Il finale.
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Inzialmente lo script fu creato da Charlie Kauffman.
Questo script venne poi scartato in seguito.
Fonte:Imdb
DiscussioneRaremirko • 29/06/18 22:05 Call center Davinotti - 3862 interventi
Mi è piaciuto molto, pur nella sua cripticità voluta.
Linklater, ancora una volta, si riconferma originalissimo e, su produzione di Clooney e Soderbergh, ci regala un'altra perla visiva e contenutistica, che denuncia mancanza di privacy, strapotere di media e videosorveglianza, potere in generale.
Ipermegacast (c'è pure l'Alex Jones regista di 9 11 road to tiranny!!!) per un film al rotoscoping riuscito bene come Waking life ma meno visivamente traballante di quest'ultimo; che dire, Dick viene molto bene sia sulla carta sia in immagini.
Forse dico una cattiveria, ma a me la Ryder piace più in versione cartoon che dal vivo!