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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Dagli autori di Colombo, Richard Levinson e William Link, una fantascienza da salotto destinata chiaramente agli schermi televisivi e totalmente priva di azione o effetti speciali, nonostante il genere di appartenenza. Si parla di robot e in particolare di un robot, Michael (Morse, qui in uno sei suoi primissimi ruoli), in apparenza del tutto simile a un umano. L'ha progettato un irritabile premio Nobel, il professor Forrester (Plummer), assieme a una sua equipe di specialisti ed è perfetto, indistinguibile da chi non è come lui. Non mangia, non beve (ma basta fingere inappetenza e le apparenze son salve), non rompe, è di una calma inattaccabile...Leggi tutto e veste sempre allo stesso modo, con un maglioncino bianco a collo alto. Gli insegnano tutto attraverso libri da inserirsi in speciali apparecchi a lui collegati: bastano pochi secondi e il contenuto è assimilato, anche se a lui piacerebbe sfogliare le pagine. Tutto sembra insomma procedere per il meglio finché il Pentagono, che ha finanziato l'operazione, non decide di ritirare Michael per sottoporlo a test segretissimi di cui nulla deve sapere nemmeno il professor Forrester. Quando il robot torna dal professore sembra non sia cambiato nulla, ma analisi più approfondite evidenziano sulla sua mano la presenza di polvere da sparo: che il governo voglia utilizzare il prototipo per scopi non esattamente umanitari? E' quel che pensa Forrester, naturalmente, ma a questo punto per un chiarimento si muovono i generali dell'esercito. Non succede molto, nel corso della pellicola, e sicuramente da un tema simile siamo abituati ad aspettarci evoluzioni diverse da quelle, molto deboli, che ritroviamo qui. Né si può dire che la sceneggiatura di Levinson e Link, pur corretta e con qualche innegabile buon momento, aiuti a dare un vero senso al film; che colpisce semmai per il tono di voce monoespressivo di Morse, avvicinabile questo sì a quello di un robot privo di sentimenti. E' la sua interpretazione a caratterizzare l'opera, il suo rispondere in modo credibile e a suo modo dolce ad ogni interrogativo ribattendo con domande ingenue, la sua faccia stupita quando azzarda una battuta e vede il professore scompisciarsi. Un barlume di tensione si avverte invece quando Forrester decide di prendersi il suo prototipo e piantare in asso tutti, con sua moglie (Sternhagen) costretta a rintuzzare i pressanti interrogatori dei militari e del collega con il quale l'uomo aveva sviluppato il prototipo. Qualche traccia narrativa esterna al semplice rapporto tra il robot e il suo costruttore insomma esiste, Plummer garantisce una performance di qualità e l'insieme mette in luce un lodevole approccio realista, ma onestamente era lecito aspettarsi molto di più, considerati i nomi impegnati. Perché anche la direzione di David Greene, regista televisivo di lungo corso e abituale collaboratore di Levinson e Link, non si segnala certo per gran dinamismo...

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 3/04/19 DAL DAVINOTTI
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