Jaws in Japan - Film (2009)

Jaws in Japan
MMJ Davinotti jr
Titolo originale: Jaws in Japan
Anno: 2009
Genere: animali assassini (colore)
Note: Aka "Psycho shark".

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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Molto più corretto il titolo alternativo del film, PSYCHO SHARK, perché al di là di un manifesto col solito squalo a bocca aperta, qui fino a prima dell'ultima scena di pescecani "reali" non v'è traccia (se escludiamo un paio di pinne che saltan fuori per poi scomparire nell'indifferenza più generale e una minacciosa sagoma che si sposta sott'acqua durante i titoli di testa). Fosse almeno piacevole, il film... No, di piacevole ci sono solo le ragazze giapponesi insolitamente formose che se ne vanno in una bella spiaggia caraibica armate di telecamera per filmarsi senza sosta mentre ridono e scherzano, fanno il bagno e s'ingegnano per azzeccare le frasi più insignificanti che si possano immaginare!...Leggi tutto Tornano alla loro villa sul mare, mettono su le loro belle registrazioni, se le riguardano e in aggiunta rinvengono pure una videocassetta dove sono contenute altre tre ragazze che in spiaggia si filmano mentre a loro volta non fanno nulla blaterando sciocchezze di nessuna rilevanza. Si crea quindi una sorta di ideale collegamento tra le tre bellezze presenti nel filmato (che vediamo fare una brutta fine senza che se ne capiscano con esattezza i motivi) e le due che abbiamo visto arrivare nello stesso luogo. Insomma, vaghissime eco di certo cinema horror giapponese ma di sicuro niente che abbia a che vedere con gli squali! Una simile "truffa" non si era ancora registrata, nel genere. Son di solito film che si può accusare di tutto ma non di non mostrare la loro unica ragion d'essere. JAWS IN JAPAN (che già nel titolo si riaggancia nientemeno che al prototipo spielberghiano) spudoratamente, invece, lo fa. Salvo brevi accenni fino all'ultima scena, come detto, nella quale a sorpresa un gigantesco squalo realizzato in agghiacciante computergrafica salta fuori dall'acqua, attacca e plana sulla sabbia chiudendo il tutto in bellezza come a dire “ebbene sì, ci sono anch'io, contenti?” lasciandoci a bocca aperta. Insomma, l'ennesimo found footage caratterizzato però dalla straordinaria capacità di non dire assolutamente nulla; si limita a esibire i giovani fisici di belle fanciulle - compreso quello di una supermaggiorata che fa di tutto per sbattercele in faccia senza però mai spogliarsi - senza fornir loro un minimo di sceneggiatura. Un po' di sexy docce, interminabili gridolini complici, occhi sgranati e sorrisi, un ragazzo che si aggira nei paraggi e che scopriremo essere la chiave dello psyco-titolo... Come sia venuto in mente di ricondurre un'operazione simile all'interno di un filone dalle coordinate ben precise è un mistero ben più inspiegabile di quello sul quale sembrerebbe poggiare la storia. Il messaggio nascosto suggerisce forse che (per dirla con Goya) il sonno della ragione genera mostri. Che poi sia il sonno intellettuale delle protagoniste, metaforico degli autori, pesante degli spettatori ha poca importanza. Difficile rintracciare (non solo all'interno del genere) un film altrettanto ripetitivo nell'ostinata riproposizione di filmati perlopiù sempre identici, cogli stessi difetti video, gli stessi protagonisti, le stesse parole in libertà...

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 30/09/16 DAL DAVINOTTI
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