I compagni di Baal - Serie TV (1968)

Ricordo che la guardai, nel giugno 1970, e devo ammettere che mi affascinò parecchio (tuttora la preferisco alla tanto celebrata "Belfagor", di alcuni anni prima). In un certo senso anticipò la stagione del mistero e della magia, che culminerà in Italia l'anno dopo, il 1971, con l'uscita in Italia dei primi nn. del "Giornale dei Misteri" e la trasmissione in tv del mitico Il segno del comando. Un'eccellente miniserie francese che tentava - secondo me, con un certo successo - di portare in televisione le suggestioni del feuilleton d'antan.

Discreto sceneggiato francese i cui risultati sono però inficiati da una durata eccessiva: sette puntate (da un'oretta circa) sono troppe. Se all'inizio, infatti, intriga e crea un bel clima di mistero, alla lunga inizia a stancare poiché gli sceneggiatori, per allungare il brodo, se ne inventano di ogni, annacquando così la buona tensione e sfociando, in qualche occasione, nel ridicolo. In definitiva nulla di indispensabile, ma chi ama i "mistery" dell'epoca può dargli uno sguardo senza rimanere troppo deluso.

Pur con qualche ingenuità e leggerezza narrativa, questa mini-serie tv si segnala per la buona atmosfera, le suggestive ambientazioni sotterranee e per l'idea fascinosa di una potente società segreta che trama nell'oscurità per soverchiare e dominare il mondo intero. Memorabile l'intensa interpretazione di un Jean Martin trasformista e luciferino (impagabile nelle sue rituali invocazioni). Andrebbe visto sottotitolato, per gustarlo appieno.

Lungaggini e lentezze si accumulano per ben sette puntate tra società segrete, satanismo, trame criminose e animali imbalsamati, cercando di evocare un senso di avventura e mistero che, in verità, si condensa solo nel movimentato finale; sanno invece di ridicolo le continue invocazioni rituali a Baal, ripetute ad nauseam. Gli attori sono per lo più nomi della tv francese a noi sconosciuti, eccezion fatta per il pontecorviano Jean Martin, inafferrabile genio del male e mago dei travestimenti come Fantomas: non a caso un’aria fumettistica pervade l’intero sceneggiato.

Quando i risultati non sono all'altezza delle intenzioni. L'idea di inserire in un contesto moderno una vicenda da feuilleton ottocentesco era indubbiamente buona, ma viene inficiata da ingenuità, incongruenze e persino qualche caduta nel ridicolo. Un vero peccato, perché il ritmo è davvero altissimo per uno sceneggiato dell'epoca e infatti ogni singola puntata fila che è un piacere, ma è l'insieme a risultare approssimativo. Menzione per la dolce Nadeau e ovviamente per Martin, un capo della setta a metà tra Fantomas e Diabolik.

Serie che, al pari di Belfagor, ha tenuto incollata alla sedia mezza Italia, quando ancora si andava molto al cinema e la televisione non era invasiva. Vista oggi, come tutte quelle di quegli anni, difetta un po' per ingenuità e, a volte, lentezza. Resta un prodotto interessante se non altro perché, ai tempi, si poteva ancora parlare di società segrete che volevano dominare il mondo; oggi, a obiettivo raggiunto, gli interessi del cinema si sono spostati su altri argomenti.

Sceneggiato francese di struttura piuttosto ingenua che per le prime due puntate risulta godibile; poi la noia spadroneggia in un produzione che cerca di tirare troppo in lungo una storia che dopo un paio di ore si sarebbe esaurita senza stancare. I dialoghi son superficiali, il cast non è granché ma ha l'età dalla sua parte. Buone alcune trovate. Un maldestro tentativo di bissare il successo avuto da Belfagor, trasmesso qualche anno prima. Passabile ma nulla di più.