In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
Ma davvero troppe grazie, Kino! :) E mi fa piacere che tu abbia gradito il film. Dopo tante delusioni tricolori era anche ora!Questo film ha un'ulteriore meta-meta-merito, quello di averti ispirato questo bellissimo commento che sa leggere tra le tante righe dei molti strati in cui la tecnica e soprattutto l'ironia dei due registi si sono intersecate. Complimenti davvero per questo contributo appassionato sì, ma senza peli sulla lingua, che oltretutto e questo è un altro merito, si fa leggere tutto d'un fiato.Saluti K.
x AnthonyvmGrazie mille, Daniela! Troppo buona. :D Sono lieto di aver suggerito una "spintarella" a un giudizio indulgente. Fra i recenti horror nostrani che ho visionato credo sia quello che la merita di più.
Mi unisco ai complimenti di Kino per la tua disamina tanto acuta, letta subito dopo aver visto il film. Confesso che, in prima battuta, il mio giudizio si era attestato sui 2 pallini e mezzo, non per la mancanza di originalità, data per scontata, ma perché non mi aveva convinto la svolta meta-cinematografica e avevo trovato modeste le prestazioni attoriali, esclusi Lutz e in parte Mazzotta.
Però, proprio leggendo il tuo post, ho riavvolto la pellicola in testa e ho aumentato la valutazione. Imperfetto certo, ma un horror che si fa guardare dall'inizio alla fine senza provocare orticaria per manifesta bischeraggine di questi tempi è merce piuttosto rara e quindi accetto volentieri l'invito alla clemenza :o)
LA LEGGENDA di Osso, Mastrosso e CarcagnossoGrazie Daniela, non conoscevo affatto la leggenda su cui poggiano i tre pilastri della malavita nostrana. Mi guardo anche il video su youtube. Saluti K.
Nel film si parla della di Osso, Mastrosso e Carcagnosso, tre fratelli cavalieri spagnoli del 1400 che la leggenda vuole siano stati imprigionati per trent'anni a Favignana per aver vendicato nel sangue l'onore della sorella. Una volta liberi, i tre fratelli si sono separati e, seguendo i principi che avevano messo a punto durante la prigionia, hanno fondato ciascuno una società segreta retta da proprie leggi e con propri rituali: Osso decise di restare in Sicilia per divenire il fondatore di Cosa Nostra, Mastrosso, si stabilì in Calabria dove gettò le basi per la creazione della ‘Ndragheta, Carcagnosso proseguì il cammino fermandosi in Campania dove diede vita alla Camorra.
Netflix, che figura tra i produttori del film e lo ha distribuito sulla sua piattaforma, ha rilasciato un video in cui lo youtuber GioPizzi parla brevemente di questa leggenda.
Grazie Anthonyvm per l'intervento sostanzioso e ben argomentato, ti leggo sempre con piacere. A me il film è piaciuto, anzi, era da un po' che non mi divertivo tanto con un horror, e la tua disamina ha incoraggiato il mio commento positivo.Grazie mille, Rebis, e ricambio i complimenti per il tuo bel commento. Ovvio, la mancanza di originalità di un soggetto, oggi più che mai, non pregiudica di per sé il valore di un'opera (a meno che la somiglianza con un precedente non sia così lampante da annichilire del tutto l'effetto sorpresa): come si usa dire, "nessuno s'inventa più niente", "non conta la storia, ma come la si racconta", o "i grandi artisti non copiano, rubano". Credo che nel caso di questo film siamo giusto sulla linea di confine, nel senso che lo stupore non attecchisce ma l'assetto generale è top-notch, tanto da mettere in ombra certe similitudini troppo marcate. Sempre parlando di De Feo, pure The nest doveva parecchio a certi cuginetti internazionali o di epoche passate, ma lì il regista è riuscito a mio avviso a ricomporre le varie influenze in un disegno più appagante ed equilibrato. Somiglia ad altro, ma non all'imitazione di altro, cosa che invece ho avvertito guardando per esempio Il legame: ottime premesse, sterile compilation di jumpscare all'inseguimento di James Wan (un altro che sa "rubare" con stile) nella seconda parte, per di più poco spaventosi. E alla fine il succo sta lì: puoi essere l'artista più derivativo in circolazione, ma se alla fine raggiungi i tuoi scopi (che siano spaventi, risate, lacrime, sussulti o stravolgimenti mentali), posso dirti solo chapeau e tante strette di mano. Ma specie in questo caso è ovviamente questione di gusti e impatto soggettivo.
Credo sia ora di uscire da due gabbie concettuali: aspettarsi qualcosa di nuovo dal cinema horror e contrappore quello italiano a quello europeo o internazionale (evocando i gloriosi '70 - '80 che aveva caratteristiche produttive specifiche non riproducibili oggi, per certi aspetti anche per fortuna). Non c'è niente di nuovo né in Aster né in Eggers, se non a livello stilistico, nella messa in scena autoriale, come non c'era niente di nuovo in Scream (basta pensare a L'occhio che uccide o L'abominevole Dottor Phibes che già inquadravano in meta narrazione e lavoravano sulle attese del pubblico). L'horror è riproduzione e riciclo dalla nascita, è sequels senza che ci sia un fondo, è spin off e prequel, è remake e citazionismo, è emulazione, frode, sfruttamento e plagio a partire dal Nosferatu di Murnau che saccheggiava Stoker e gli affibiava un altro titolo. L'horror è così, furbo e cialtrone, ingenuo e spudorato, ma e gli vogliamo bene perché ci fa sentire a casa: ci aspettiamo la colazione al mattino e la minestra la sera, quel che conta davvero è il servizio, l'accoglienza, l'affidabilità, lo stile insomma. Spesso è il dessert a riservare qualche sorpresa. E mi sembra che De Feo, già con The Nest, abbia dimostrato di essere un buon padrone di casa.
E penso abbia ragione anche sulla questione dell'horror italiano: la sfiducia è prima negli spettatori che nei produttori. Proprio quel cinema anni '70 e '80, oggi fruito tanto al chilo dalle nuove generazioni come fosse un inesauribile e strabiliante freak show di amenità o conservato nel cuore del fandom come una riserva indiana, ha creato un modello di riferimento fuorviante, deleterio, pregiudicante. Se nessuno si aspetta Franju mentre guarda Laugier, allora godiamoci De Feo senza aspettarci Fulci o D'Amato. La tavola è ben imbandita e ce n'è abbastanza, mi sembra, per trascorrere una bella serata in famiglia. Anche senza scomodare il nonno imbalsamato in soffitta :D
È vero che The Nest è più coeso, ma credo anche per ragioni scenografiche: tutta l'azione si risolve in una villa, in cui ha potuto lavorare sia sulla rotondità dei personaggi, sulle dinamiche relazionali e psicologiche, che su una resa più omogenea del ritmo e della fotografia. A classic horror story invece è un survival movie, più truzzo, dinamico e grottesco, incentrato sullo slasher e sulla mattanza. Credo abbia svolto in entrambi i casi un bel lavoro di messa in quadro, usando il citazionismo - inevitabile e persino atteso - con intelligenza, affetto e umiltà. Non capita spesso e non è per niente scontato.Pienamente d'accordo e quest'ultimo film è stato una piacevole e non facile riconferma perchè il mixer dove De Feo e Strippoli hanno frullato di tutto poteva facilmente portarli verso il derivativo e/o ridicolo. Invece hanno saputo metterci sopra anche le spezie nostrane più prelibate e meno scontate senza rovinare il piatto.