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La nostra recensione di 30 anni di meno

Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Quanto il nostro cinema ami lavorare con le variazioni sul tema di DA GRANDE è cosa nota. In questo caso si riprende l'idea per sfruttarla in modo non troppo originale limitandosi a togliere trent'anni ai protagonisti tramite una pillola ingenuamente scambiata per semplice Viagra.

Ma andiamo con ordine: Maurizio (Greg), poeta e attore sposato da anni con Pietro (Frassica), finisce in ospedale dopo un malore e viene ricoverato nella stessa stanza dove già stanno Marco (Catania), vedovo che non ha un’erezione "da quando ancora c’era la lira" ma che vorrebbe approfittare dell'attrazione che per...Leggi tutto lui prova la cognata (Cifola), e Diego (Ghini), scafatissimo omofobo che indossa una maglietta discretamente esplicita con su scritto "Amo la figa". Deciso ad aiutare Marco, Diego gli combina un appuntamento al ristorante con la cognata e acquista per lui da un misterioso sito cinese quello che crede essere un flacone di Viagra. Va preso mezz'ora prima di scatenarsi in camera da letto, gli dice, ma quando Marco nella toilette del ristorante lo ingoia... succede l'imponderabile: ringiovanisce e si ritrova trentenne (Casisa), pieno di vita e spinge i suoi due amici a fare lo stesso. Se però con Maurizio la cosa funziona (diventa Colica), Diego rimane invece uguale a prima, per motivi del tutto insondabili e che nessuno mai spiegherà, ringiovanendo poi lentamente (i capelli da bianchi diventeranno biondissimi) per trasformarsi in trentenne solo in una scena (e qui a dargli il volto è Leonardo Ghini, suo figlio nella realtà!).

Non si segue una logica precisa, e a un certo punto passano un po' tutti dai sessanta ai trenta e viceversa con estrema facilità in un tourbillon di trasformazioni il cui senso sfugge. Perché - e questo è il punto - non è che tornare giovani produca dialoghi particolarmente spiritosi e la sensazione generale è quella di un film più povero della media di tante commedie italiane, registicamente debole (Graiani è sceneggiatore di lungo corso qui all'esordio dietro la macchina da presa) e assemblato con scarsa ambizione.

Se poi gli attori in “versione sessanta” dimostrano di saper interagire con consumata esperienza, tempi giusti e bravura, altrettanto si fatica a dire per le loro controparti trentenni: Colica appare spento mentre al contrario Casisa (che avevamo conosciuto in un paio di film come il maschio del duo "Soldi Spicci") è troppo su di giri, alle prese con una performance sopra le righe che stona con l'impostazione data al film e finisce con il segnalarne la scarsa compatibilità col resto del cast. Con le sue grida improvvise e le smorfie è il personaggio più irritante del lotto e rischia di compromettere il poco di buono che gli altri riescono a ricavare da una sceneggiatura fiacca, destinata nella seconda parte a far svanire ogni interesse per la vicenda con ripetuti quanto sterili cambi di età, accenni rivolti alla comprensione del politically correct nella società di oggi (Ghini che rivede le sue posizioni omofobe spiegando che in realtà non ha nulla contro i gay ma non trova giusto non poter usare certi termini diventati offensivi e coi quali ha riso a lungo), un desolante ricorso a cognomi celebri del campo (Mascetti, Necchi, Melandri, la Pessot commissario che si chiama Lo Gatto...).

Alla fine forse il duetto migliore ce l'hanno Nardi (l'agente dell'ospedale) e la Rinaldi (la prostituta Chantal Colluccello) in auto, di notte: "Con un cognome così potevo fa’ la commercialista?" "Eh no, no, potevi fa’ la veterinaria però". Lei un cameo, lui si era già segnalato tra i pochi personaggi divertenti nelle sue continue segnalazioni di anomalie via radio a chi proprio non lo vuole ascoltare. Quanto alle riflessioni sul valore della gioventù e dell'amicizia sono condotte con superficialità e una certa goffaggine, parte di un film raffazzonato in cui gay di ambo i sessi sembrano inseriti giusto per stare al passo coi tempi. La prima mezz'ora il tutto zoppica ma sta in piedi, da quando entrano in scena i giovani con il solo Ghini a fare da "star" le cose precipitano e non ci si rialza più... Frassica, sempre simpatico, non brilla come potrebbe, Greg si atteggia consapevolmente da uomo di cultura e a Ghini spetta di rivitalizzare con l'esperienza e la consumata verve il tutto, ma fatica...

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 23/10/24 DAL DAVINOTTI
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