il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

DUST DEVIL / DEMONIACA
il film maledetto di Stanley
ENTRA
338904 commenti | 64076 titoli | 25401 Location | 12608 Volti

Streaming: pagine dedicate

Location Zone

  • Film: Matrimonio a Parigi (2011)
  • Multilocation: Gare de Lyon
  • Luogo reale: Parigi: Place Louis-Armand, Francia, Estero
VEDI
  • Film: Sissi a Ischia (1958)
  • Multilocation: Castello Aragonese
  • Luogo reale: Piazzale Aragonese, Isola di ischia, Ischia, Napoli
VEDI
  CINEPROSPETTIVE

ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Luciano Amodio

    Luciano Amodio

  • Marisa Fimiani

    Marisa Fimiani

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Panza
All'istituzione scolastica vengono portate alcune condivisibili critiche, stemperate però da una struttura narrativa più rivolta al racconto delle esistenze dei personaggi, perdendo la critica sociale più evidente invece nel film di Luchetti. Rimane un racconto gradevole soprattutto grazie al personaggio del mite professore e ai modi con cui si rapporta con i colleghi e con gli studenti: è il carattere meno stereotipato, mentre i ragazzi della classe sovente scontano un forte macchiettismo. Tra i docenti molto simpatico Antonio Catania, mentre Tirabassi ha poche battute.
Commento di: Lacinebisa
Buona commedia teen horror/slasher. Toni sopra le righe, attori tutto sommato validi, porta sullo schermo classici cliché del teen horror. La componente slasher si esaurisce fra incipit e finale, nel mezzo il film si concentra sugli aspetti recitativi del cambio di corpo fra vittima e killer. A suo modo innovativo. A volte si dilunga troppo (esigenza di minutaggio?) in dialoghi superflui e (poco) strappalacrime.
Commento di: Anthonyvm
Poliziotta psicolabile, sposata con direttore d'orchestra che si sollazza con giovani musiciste, scatena drasticamente la sua furia vendicativa sulle amanti del marito. Equivoci e scambi di identità, inganni e ricatti, rapimenti e omicidi nell'abituale harem soapoperistico dei thriller televisivi losangelini. Prove attoriali piuttosto legnose (giusto il visino di Helena Mattsson ispira un po' di sincera dolcezza) e dialoghi sovente ridanciani danno corpo a una vicenda che controbilancia l'implausibilità dello script con una fitta rete di avvenimenti, sostenendo per lo meno il ritmo.
Commento di: Mr.chicago
La zia Ruth, che potrebbe tranquillamente far parte della famiglia Firefly, è una sadica donna con problemi mentali e la cosa meno assurda che fa è offrire birre e sigarette ai suoi figli e la sua cricca di amici. Pellicola disturbante che lascia interdetti e storditi per due motivi in particolare: come abbiano fatto a recitare certe scene i ragazzini e come possa essere mai stata una storia vera! Il film poteva essere raccontato in maniera ancora più "sporca" e sadica con qualche attore più consumato, per innalzarsi a "davvero notevole"!
Commento di: Enzus79
Pellicola in cui si mischiano commedia nera e horror: mediocre. Diverte e coinvolge davvero poco, soprattutto per mancanza di idee originali. Eddie Murphy completamente fuori ruolo non incide, è poco efficace. Wes Craven? Peccato per lui, avrà accettato di dirigere una storia del genere per inerzia o altro. Atmosfere tutto sommato accettabili. Mediocre la colonna sonora.
Commento di: Katullo
Una buona decina d'anni dopo le Schegge di paura Hoblit ci riprova con un legal thriller potente. Il duo Hopkins/Gosling (molto prima che quest'ultimo iniziasse con le barbierate) è ottimamente assortito e il copione procede in stato di grazia. Eccellenti le prove dei comprimari, anche di Burke e di una Pike emblematica dell'ambiente giudiziario più torbido dello stesso "delitto d'onore". Naturalmente è il protagonista del titolo a dettare legge aiutandosi con una diabolica vendetta, tanto che lo stesso spettatore è portato a tifare per Thom, qualunque sia il verdetto finale.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Uno di quei film che vive di contrasti, del confronto tra due culture completamente differenti: da una parte il giovane scrittore newyorchese che sfrutta le opportunità che il progresso gli offre analizzando il periodo storico e scrivendo per un podcast di grande successo, dall'altra la comunità texana di un piccolo paese, per molti versi retrograda, imprevedibile, spiritualmente povera. Come vengono in contatto? E' presto detto: Abilene (Tipton), un'appartenente della seconda, viene trovata morta dopo una festa locale e Ty (Holbrook), il fratello di questa, chiama al...Leggi tutto telefono il primo, Ben Manalowitz (Novak, anche regista e sceneggiatore unico del film), avvertendolo.

Ben aveva avuto una brevissima storia con Abilene qualche tempo prima e naturalmente si stupisce della chiamata, soprattutto perché il fratello di lei lo tratta come se fosse stato il fidanzato di una vita. L'impeto del ragazzo è però tale che Ben accetta di raggiungere lui e la sua famiglia in Texas per i funerali, approfittandone per registrare nel frattempo l'avventura con l'intenzione di caricarla sul podcast per cui lavora. Fin dall'arrivo in loco, tuttavia, entra in una sorta di dimensione surreale in cui la famiglia di Abilene lo saluta come il partner di Abilene e lo accoglie con tutti gli onori del caso.

Ben viene a sapere che Ty è certo che sua sorella non sia morta per overdose, come dicono, ma sia stata uccisa. Quando però suggerisce al giovane di andare alla polizia per chiarire le cose, questi gli spiega che in Texas non funziona così: il problema si risolve uccidendo il responsabile. Per quanto inevitabilmente in disaccordo sulla soluzione da prendere, Ben comincia quindi a indagare sul presunto omicidio di Abilene, scoprendo nel contempo un mondo in cui le risposte non sono quasi mai quelle che ci si aspetta ed è su questo che costruisce il suo film Manalowitz: su dialoghi che in più occasioni si trasformano in monologhi che partono per la tangente e si incartano in concetti di filosofia primordiale espressi con una naturalezza imprevedibile; su comportamenti apparentemente illogici che seguono invece un loro percorso inserito in un quadro più ampio che coinvolge il modus vivendi di chiunque, sul posto.

Non ci si può insomma stupire, se anche le forze dell'ordine reagiscono alla denuncia di Ben cercando di ricondurre tutto a una prassi comune: la ragazza è stata trovata morta non alla festa ma al cosiddetto "afterparty" nei pressi, dove un gran numero di tossicodipendenti chiude la propria esistenza. L'amica di Ben che gestisce il podcast - presenza marginale ma costante - è entusiasta e loda la straordinaria naturalezza del materiale raccolto, indirettamente portando l'autore del film stesso ad autocelebrarsi.

La famiglia della vittima è composta da personaggi bizzarri in linea con chi ha il compito di caratterizzare in un preciso senso un'opera le cui ambizioni si notano fin dalle prime scene, comprensive di un lungo dialogo tra Ben e un amico sulle potenzialità del progresso tecnologico: frasi e concetti ricercati ma vacui, che sembrano perdersi in un oceano di parole messe in fila senza una vera direzione. Sarà un po' il difetto del film, che tuttavia sa come sorprendere, stupire e intrigare.

Chiudi
Avrebbe dovuto essere il pilot di una serie, ma così non è stato. Rimane un film tv che propone Bud Spencer nel ruolo di un prete sui generis (ovviamente) che si ritrova a Crotone a indagare sullo strano caso di un giovane condannato per aver ucciso un benzinaio. Don Carlo Vasari (Spencer) viene da fuori, è lì solo per sostituire temporaneamente Padre Cesco (Moretti) soprattutto nella sua attività di prete all’interno di un carcere minorile. Al suo posto avrebbe dovuto esserci Padre Leonardo (Messeri), a dire il vero, ma questi chiede a Vasari un favore...Leggi tutto perché in quel momento ha assoluta necessità di stare vicino ai suoi ragazzi.

L’omone accetta e subito entra in contatto con un mondo – in carcere – in cui le tensioni non mancano, le risse si sprecano e il detenuto più carismatico, Vincenzo Torrisi (Sandro), fa il buono e il cattivo tempo. Nino Carbone (Cascio), così timido, sembra fuori posto, in mezzo a gente simile. Dentro per scontare molti anni di pena per l’omicidio del citato benzinaio, viene accusato in quei giorni di aver ucciso pure un altro ragazzo, nelle docce. Padre Vasari, benché Nino sembri refrattario a ogni aiuto, vorrebbe aiutarlo. Ha capito che non è lui il colpevole e che anzi, ad essere coinvolto in tutta quella violenza dev’essere Vincenzo, poco dopo rilasciato per “buona condotta”. Ad aiutare quest’ultimo è il fratellastro, Aldo (Riotta), il boss locale, che oltretutto aveva avuto una relazione e pure un figlio con Maddalena (Lainati), la sorella di Nino.

Un intreccio che – per la quantità di personaggi secondari che intervengono - si capisce come avrebbe potuto facilmente originare una serie; anche per il passato piuttosto oscuro e turbolento di Padre Vasari, riassunto durante veloci flashback in bianco e nero nei quali si vedono cariche della polizia e poco altro. Le indagini seguono standard piuttosto tradizionali: il prete interroga l’unico testimone dell’omicidio del benzinaio, provoca il bulletto Vincenzo, scampa ad agguati diurni in pieno centro città, cerca di coinvolgere una polizia riluttante, guidata da un commissario (Triestino) che almeno inizialmente non pare vederlo per nulla di buon occhio.

Bud Spencer, che in piena presa diretta sentiamo recitare con la sua voce (non certo squillante come quella straordinaria del suo doppiatore storico, Glauco Onorato), a 73 anni ancora conserva parte del suo grande carisma e – anche se non mena le mani (o quasi) per sopraggiunti limiti di età – comunque sa come farsi rispettare. La regia di Deodato non brilla come in altre occasioni ma permette di non annoiarsi troppo a fronte di una storia che non evidenzia gran qualità né riesce ad essere originale in nulla, chiusa peraltro molto sbrigativamente. L’indagine poco ha di interessante e l’entrata in scena della Lainati non aggiunge nulla di più che un altro flashback in bianco e nero con lei, Cascio e Riotta, mentre Infanti si ritaglia giusto un cameo quando Riotta lo raggiunge nella sua splendida villa in campagna. Ottimo Riotta come mafioso (o ‘ndranghetista, considerata l’ambientazione calabrese), figura da noir di serie superiore.

Un filmtv decente che conserva qualcosa della commedia non solo nella performance di Spencer ma anche – ad esempio – in quella di Mauro Ursella nei panni dell’aiutante di chiesa (forse il personaggio più centrato, tra i secondari). La presa diretta assai modesta penalizza soprattutto Spencer (alcuni dialoghi sono al limite dell’inudibile), che canta pure due brani in napoletano a dire il vero un po’ scarsi (sui titoli di testa il primo, in carcere assieme ai giovani detenuti il secondo).

Chiudi
Evidentemente attratto dall'idea di caricare di spettacolarità lo sport più di tendenza in Italia in questo preciso momento storico (grazie al fenomeno Sinner) sfruttando un bagaglio tecnico sicuramente invidiabile, Guadagnino lascia molto spazio alle sequenze sui campi da tennis mostrando palline che puntano velocissime verso la cinepresa, primi piani su braccia, gambe, racchette, sudore che scende sui volti, movimenti magari imperfetti ma scenografici, riprese impossibili dal basso… E alza la tensione con una colonna sonora impreziosita da un tema ossessivo e incalzante...Leggi tutto che azzecca il clima ideale per mantenere una suspense da legarsi sia all’evoluzione imprevedibile del rapporto sentimentale che al match cardine. Perché la sceneggiatura di Justin Kuritzkes è studiata apposta: frantuma la storia ambientandola in età diverse che - come impone certo cinema di oggi - si distribuiscono lungo l'arco del film in modo da poter svelare i momenti chiave solo al momento giusto, in un secondo tempo durante il quale la vicenda si ricomporrà passo dopo passo.

Il trio potagonista è composto da due amici e una splendida, conturbante tennista destinata fin da subito a farli impazzire: è Tashi (Zendaya), un futuro luminoso di fronte a sé che però capiamo essere stato interrotto da qualcosa che l'ha portata a diventare più modestamente la moglie e manager di Art Donaldson (Faist), uno dei due tennisti che fin dall'inizio se la contendono. L'altro è Patrick Zweig (O'Connor), dei due quello dall'aria meno ingenua e privo del talento del primo. Pur tuttavia i due li vediamo quasi già dall'inizio fronteggiarsi durante la finale del torneo Challenger che dà il titolo al film (i Challenger sono tornei Atp meno rilevanti di quelli del circuito principale, solitamente frequentati da atleti “minori” o, se importanti, che hanno bisogno – come in questo caso - di ritrovare fiducia prima di rituffarsi nei tornei maggiori).

Non sappiamo ancora, naturalmente, chi vincerà la partita che fa da punto di arrivo di tutti i diversi segmenti temporali; nel frattempo seguiamo l'intreccio sentimentale che lega i tre protagonisti: da quando Tashi si prende gioco dei due ragazzi provocandoli fino a quando la maturità la porterà a scelte dettate da mille ragioni che andranno indagate. Sono le fasi più accessibili al pubblico generalista perché quelle relative ai match potrebbero risultarlo meno, per chi ha scarsa confidenza con uno sport in cui regole e punteggi non sono proprio intuitivi. L'attenzione è comunque volta alla resa dell'agonismo, piuttosto che alla sfida punto su punto.

Zendaya è sexy e sbarazzina quanto basta, ma l'attrazione che prova per entrambi i tennisti appare sufficientemene autentica, così come la sua grinta. Faist e O'Connor vengono al contrario disegnati con tratti da bambinoni, per quanto si rivelino poi incisivi quanto basta. Guadagnino da par suo ci mette lo stile, quello che più di ogni altra cosa caratterizza il film attraverso tecnicismi talvolta virtuosi (per quanto il finale stiracchiato fino allo spasimo lasci per mille ragioni più di un dubbio) e scelte d'effetto nella messa in scena. Sconta una certa superficialità nella descrizione delle tensioni amorose dando spesso l’idea di un giocattolo divertente e poco di più, un vortice in cui lasciarsi trasportare per assaporare un tennis restituito in modo immersivo, teso, stordente, ben diverso da quello che si vede in televisione; e che tutto sommato ben si amalgama al racconto di una relazione “a tre” affrontata dal regista con le sue armi tipiche. Non lascia molto ma sa coinvolgere.

Chiudi

Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

SFOGLIA PER GENERE