Che film ci sono stasera in tv in prima serata? Ma non solo questa sera, anche la mattina o il pomeriggio, se capita una giornata di pausa. E i più nottambuli possono trovare anche i film che vanno in onda a tarda notte, i cosiddetti fuori orario. Cliccate sulle frecce per cercare tra i palinsesti passati e futuri oppure controllate direttamente tutta la settimana. Il numero del canale si trova tra parentesi dopo il suo nome. Se non c'è, cercatelo qui: numero canale. Cliccate sull'icona calendario a fianco della scheda per appuntare un promemoria su quel film in agenda. Se siete loggati potete cliccare anche sulla stella per contribuire alle segnalazioni. Come? Scopritelo
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Supercruel: Tristissima marchetta concepita con l'unico scopo di cavalcare l'onda del successo (povera Italia...) del famigerato duo Costantino/Daniele. L'impronta è palesemente televisiva ed è tutto un'ammiccare dei due pratoginisti, che in realtà non recitano (perché non sono capaci), bensì si mettono in posa per le ragazzine (tarde) che li idolatrano. Spudoratissima, poi, l'esibizione di una marca d'abbigliamento, giusto per non farci mancare nemmeno un po'di marketing pubblicitario. Desolante.
Vitgar: Classico film che non dice niente. Luoghi comuni uno dietro l'altro, scenette che dovrebbero far ridere e una morale da parrocchia di fondo. La trama è insulsa come un brodino senza sale e Bisio, che pure è simpatico, non riesce a dare vigore. Il cast è ricco di nomi importanti (Antonutti, Girone tra gli altri). Simpatica l'idea della telefonata finale.
Siska80: Scooby-Doo e i suoi inseparabili amici vengono coinvolti in spaventose disavventure all'interno di un sinistro maniero. Simpatico cartone destinato a un pubblico eterogeneo che ha il suo punto forte nella trama certamente non originale ma comunque coinvolgente per la sua capacità di strappare qualche blando brivido di macabro umorismo. Fra scienziati pazzi, cigolii notturni inspiegabili e personaggi non proprio raccomandabili non ci si annoia, mai ma si chiude al contrario un occhio al cospetto di una grafica non esaltante. In sostanza i Nostri non deludono, quindi niente male.
Diamond: Commedia trash che comincia maluccio ma che si riprende alla grande dall'entrata in scena di Salerno e tutta la parte relativa all'addestramento e relative truffe. Villaggio è nel periodo nero in cui è autocaricatura di se stesso ma con Banfi (in formissima) funziona sempre bene. Boldi anello debole del trio, Salerno perfetto. Il film diverte il giusto ma è poco coeso, sembra quasi che i comici vadano un po' tutti per i fatti loro. Dal grande successo commerciale.
MEMORABILE: Banfi all'organo; L'interrogatorio di Nero a Banfi; "E sempre a me le dai le botte?".
Harden1980: Prendi un pizzico di Desperate housewives, aggiungi un bel po' di Sex & the city 2, una spruzzata di Quel mostro di suocera e la ricetta è pronta. Poi aggiungici un po' di commedia romantica estiva e il film è servito. Un cast di tutto rispetto dove a spiccare sono Caterina Guzzanti come non divertiva da molto tempo e una Loretta Goggi brillante non basta a salvare una commediola sciocchina e inconsistente, seppure con un buon ritmo e tutto sommato leggera e godibile. Angela Finocchiaro sottotono, protagonista maschile insignificante.
Giùan: Affidati alla custodia di un giovane cugino spiantato di papà David (costretto in ospedale), i nostri scoiattoli, ormai assurti nell'olimpo musicale, dovranno affrontare a scuola un bullo e soprattutto la rivalità delle Chipettes. Il secondo capitolo (cinematografico) della band "creata" da Bagdasarian a fine anni '50 rischia davvero la superfetazione, cercando di giustificare la sua ragione filmica per accumulo e sovrapposizione di situazioni e personaggi. Il risultato, invece dell'evidentemente ricercato ritmo forsennato, è quello di mandar tutto in conformistica caciara. Falsetto!
Cangaceiro: Ebbene sì, è l'unico film della serie che ho visto (più e più volte). Non potendo confrontarlo con gli altri e giudicandolo su due piedi lo considero una delle migliori pellicole d'azione di sempre. Willis è al ruolo della vita: sembra nato per la parte unendo spacconate incredibili a divertenti uscite brillanti. Strepitoso anche S. L. Jackson alla sua miglior prova, superiore a quelle nei film di Tarantino. Irons poi è antagonista credibile e sgradevole. Non c'è un minuto di pausa, si corre a 100 all'ora ed è difficile anche solo distrarsi un attimo!
MEMORABILE: McClane sul marciapiede di Harlem esibisce il cartello con scritto "Io odio i negracci".
Cotola: Dal bel romanzo della Christie, uno dei migliori episodi della serie. Stavolta, infatti, il lavoro realizzato, per quanto trattasi di un tv-movie, mantiene intatto tutto il suo fascino e riesce a coinvolgere molto più della media. Bella la storia ed il suo svolgimento, così come anche la confezione e tutto il resto.
Didda23: A suo modo il film vorrebbe essere originale e sperimentale, ma a ben vedere il risultato finale è solamente un'accozzaglia incolore di luoghi comuni triti e ritriti. La regia di Salvatores è sicura e funzionale alla storia, peccato che la sceneggiatura sia priva di acuti e trovate sostanzialmente riuscite. Gli attori forniscono una prova accettabile. Nella sua mediocrità si può vedere.
Vitgar: I film di Hitchcock hanno sempre un valore aggiunto che li rende unici nel loro genere. Nel caso di Marnie la trama vede prevalere nettamente le problematiche psicologiche rispetto al più classico giallo-suspence. Forse il film è più lungo di quanto necessario, ma la costruzione, i dialoghi e la fotografia sono di livello. Buono il cast con una Diane Baker molto graziosa e brava a far la parte della cognata impicciona. Buone musiche di Hermann.
Luluke: Cinque nomination e due Oscar, a Penn e Robbins, per un film in cui Eastwood, dopo qualche passo falso, torna ai racconti in cui prima di tutto conta la caratterizzazione di ambiente e personaggi. Boston come neppure con Scorsese e nei noir successivi: città in cui il l'indole criminale è accettata come endemica e la giustizia è di strada (così in fondo già per Sacco e Vanzetti). Ed è più forte anche dei sentimenti di amicizia formatisi dall'infanzia. Mantenendo lento il ritmo della narrazione, il regista ci fornisce un ritratto impressionista dell'insieme. Con malinconica magia.
Galbo: Nonostante il monumentale cast che annovera parecchi volti noti (e di talento) del cinema italiano, è una delle commedie meno riuscite di Castellano & Pipolo. Non tanto per la frammentarietà delle situazioni, insita in un film di questo genere, quanto per lo scarso senso del ritmo impresso dalla regia (che fa sembrare il tutto un prodotto televisivo) e per la scarsa brillantezza delle situazioni che fa sì che lo stesso cast (con alcune eccezioni tipo Manfredi e Montesano) sia sfruttato poco e male.
Gabigol: Rinvigorire un personaggio come Broly non è una cattiva idea, visti i terrificanti OAV a deturpare la continuità temporale di una serie animata già di per sé non irresistibile per coerenza narrativa. Se il personaggio guadagna dei minimi tratti caratteriali, è indubbio che a catturare maggiormente l'attenzione sia il flashback sul pianeta Vegeta. Esauritosi nella prima metà questo focus, il resto della vicenda si barcamena tra le solite botte da orbi e le trasformazioni infinite che vanno a sovraccaricare troppo le battaglia.
Dopo il successo dei tanti film ispirati al mondo dei Lego ci prova anche la Playmobil a portare su grande schermo i suoi caratteristici pupazzi animati, ma il risultato non è dello stesso livello. Già nella realtà i Playmobil (tedeschi) sono stati introdotti molti anni più tardi dei Lego (danesi) e senza raggiungerne lo stesso grado di popolarità; identica sudditanza, in qualche modo, si riflette al cinema, con un film che guarda all'esempio altrui riprendendo (con meno creatività) l'idea del prologo in carne ed ossa, in cui la fresca diciottenne...Leggi tutto Marla (Taylor-Joy) perde i genitori rimanendo a vivere col fratellino Charlie (Bateman). Quattro anni dopo la disgrazia lei non sembra riuscire a dimenticare e lui, intristito, raggiunge un negozio di giocattoli dove sono esposti centinaia di Playmobil. Grazie alla luce di un faro giocattolo che d'improvviso s'accende, Charlie e Marla (che lì è arrivata cercando il fratello) finiscono proiettati in un mondo immaginario popolato dai noti pupazzetti. Mentre tuttavia lei mantiene un aspetto "moderno", lui si trasforma in vichingo, con tanto di barba ed elmo; perché il primo "mondo" visitato dai due è quello, tra drakkar che sbarcano sulla spiaggia dando il via a una "feroce" battaglia. Più che un film, a dire il vero, si ha spesso la sensazione di guardare shorts pubblicitari che esibiscono il prodotto. Ben realizzati dal punto di vista grafico, comunque: immediatamente riconoscibili, i Playmobil diventano parte di un universo che anche i non più giovani non tarderanno a ritrovare nei loro ricordi, con ambientazioni diverse che corrispondono perlopiù a quelle in cui abitualmente i pupazzetti sono inseriti nelle confezioni giocattolo. Dai vichinghi si passa al villaggio western fino agli antichi romani (in cui l'imperatore è doppiato in Italia dal rapper J-Ax, interprete pure di una delle quattro o cinque canzoni che di tanto in tanto s'inseriscono nella storia fin dall'inizio). Ci sono inseguimenti, spostamenti velocissimi da un luogo all'altro, mostri, dinosauri, cavalli alati e pure qualche personaggio destinato ad accompagnare Marla nella ricerca del fratellino, che nel mondo virtuale riscompare presto. In particolare saranno con lei Del, venditore ambulante che gira con il suo furgoncino ed è convinto che la ragazza porti con sé un tesoro, e Rex Dasher (in originale doppiato da Daniel Radcliffe, in Italia da Davide Perino), un agente segreto in giacca, cravatta e occhiali da sole. Non esiste una vera storia, solo una traccia minimale da seguire che funge da pretesto per mostrare più situazioni diverse possibili attraverso una regia comunque competente che rende discretamente spettacolare l'azione. Qualche idea fa sorridere (il riconoscimento della retina per passare una porta blindata quando l'occhio dei Playmobil è solo una palla nera; la maschera alla 007 che nasconde un volto praticamente identico...), qualche personaggio suscita simpatia, ma la forza del film sta soprattutto – per gli appassionati - nel ritrovare in versione animata quei bizzarri, rigidi pupazzetti che per molti rappresentano solo una versione semplicizzata dei Lego ma che invece nei Settanta e negli Ottanta, soprattutto, avevano una loro dignità e che tutti i bambini di allora vedevano esposti nei negozi. E anzi, quando nel 1974 comparvero per la prima volta, la Lego non aveva ancora introdotto le figure umanizzate così come oggi tutti le conoscono e che tanto ricordano per molti versi i Playmobil (le mani a tenaglia, lo snodo unico tra busto e gambe, i capelli da incastrare in blocco sulla testa...). Senza nessuna pretesa se non quella di divertire i più piccoli, il film svolge parzialmente il compito puntando sui colori accesi, la velocità e la fluidità dei movimenti, ma prima di ogni cosa sull'originalità data dai pupazzetti Playmobil, che sono indubbiamente quelli e solo quelli. Chiudi
124c: Cinque spie in gonnella prima combattono fra loro per mezzo mondo e poi si associano per mettere le mani su un hard disk che potrebbe fare gola a diversi fanatici guerrafondai e, per farlo, devono partecipare a un'asta a Hong Kong. La cosa migliore di questo film di spionaggio action è il bel cast di attrici, specie Jessica Chastain e Diane Kruger che, inizialmente, s'inseguono come Gene Hackman e Fernando Rey ne Il braccio violento della legge. Penelope Cruz, versione analista e dolce mammina, è credibile anche quando si trasforma in donna fatale durante l'asta. Godibile.
MEMORABILE: Il bel cattivo mette in guardia il suo gorilla pelato contro Jessica Chastain: "Non sottovalutarla, perché ti può veramente far male, se lo fai".
Puppigallo: Bellico atipico, vista la missione del treno che nulla ha a che fare con la guerra, se non sottolineare la rapacità predatoria dei tedeschi, qui ostacolata in tutti i modi. A rendere piacevole la visione ci pensano un ritmo quasi costante e, soprattutto, un Lancaster in parte. Comunque, in generale, si tratta di una convincente prova corale degli attori. Certo, l'andata e ritorno all'albergo di Lancaster è un po' eccessiva, facendo passare i tedeschi per allocchi, come anche l'ingenuità di chi cerca il fuggitivo dopo il deragliamento, ma nel complesso il film è notevole e da vedere.
MEMORABILE: La proprietaria dell'albergo: "Voglio cento franchi per la porta rotta". E Lancaster: "E quanto vuole per avermi salvato la vita?"; Quadri e cadaveri.
Nando: Commediola venata da spruzzate di poliziesco in cui si assiste al dualismo Roma-Milano impersonificato dai due interpreti principali, un arruffone quanto furbo Montesano e un fessacchiotto quanto metodico Pozzetto. Il risultato è una pellicola poco entusiasmante, con qualche situazione al limite dell'inverosimile ma che strappa qualche risata.
Pigro: Affermato regista torna al paesello e rievoca la sua personale scoperta infantile del cinema. Accorato tuffo nella memoria per cinefili, ma non solo: la forza del film sta proprio nel riuscire a trascendere il banale autobiografismo di un cineasta e a trasformare la vicenda in una memoria universale, quella di tutti gli adulti che da bambini hanno scoperto una passione. Tecnicamente ineccepibile sotto tutti i punti di vista, con buon dosaggio degli elementi. Forse un po’ lungo, ma del resto è il respiro giusto per un grande atto d’amore.
Mfisk: Un polpettone, per quanto servito in crosta e con patate duchessa di contorno, sempre polpettone resta. A questo film non bastano la lucida fotografia né la grandiosità delle scene di battaglia per riscattare i suoi vizi capitali. La trama risulta sfilacciata, il metraggio inutilmente ridondante e la recitazione dignitosa ma senza granché più: manca insomma l'anima stessa del cinema; e un film senz'anima non se ne può comprare una a suon di stazioni di computer graphic.
Cotola: Una splendida villa in Italia (a Todi); un vacanza a tutto relax; due innamorati. Ma c'è il terzo incomodo: in carne e ossa. Ed anche il quarto: la derivatività della pellicola che la rende simile a molte altre. E così la tensione ed il coinvolgimento non sono certo ai massimi livelli, ma il film si lascia comunque guardare senza problemi anche grazie ad una durata, per fortuna, contenuta. Lascia il tempo che trova, il primo colpo di scena. Quello finale anche, ma almeno è deliziosamente beffardo.
Dengus: Ritrovarsi dopo 20 anni per un'assurda (maturità annullata!!!) situazione diventa il pretesto per fare il punto della situazione. Buono il cast e ammetto che vedere Luca dispensatore di consigli nei confronti di una diciottenne è una cosa che mai avrei immaginato; non si ride a crepapelle (non è nemmeno l'intento del regista) ma quando c'è Mattioli si ride! Memphis secchione-mammone è una gustosa novità riuscita comunque bene; la Fiera delle nostalgie, per capire che forse non si è mai abbastanza cresciuti. Valido e a tratti veritiero.
Paulaster: Avvocato difenderà ragazzo di colore accusato di stupro. Sceneggiatura di ispirazione civile per gli adulti e di formazione per i ragazzini. Temi caldi come il razzismo e la paura che si insinua a livello inconscio. Peck recita sommesso dando importanza a ogni parola; esordio importante per Duvall, anche se non parla. Conclusione compensatoria che stona col senso di giustizia da tribunale.
MEMORABILE: L'uccisione del cane; L'arringa; Il debito pagato con le noccioline; Lo sputo non restituito.
Didda23: Dopo l'adozione di una bambina, i genitori adottivi decidono di assumere una tata. L'idillio familiare durerà ben poco... Thrillerino televisivo dalle bassissime pretese, girato quasi interamente in interni, scarsissimo dal punto di vista visivo e piattissimo sia nel coinvolgimento emotivo sia nelle dinamiche narrative. Qualche colpo di scena (telefonato) desta un minimo di interesse e il finale non riserva chissà che sorprese. La classica opera che riempie un palinsesto televisivo senza troppa infamia e senza lode. Cast meno peggio del previsto.
MEMORABILE: Il disegno fatto con la tata; La giornata al mare; La furia della tata nel momento in cui la bambina "osa" toccare la collezione di bambole.
Galbo: Se si sorvola sull'ovvia inverosimiglianza della trama (basata sull'assunto dell'adozione di un topo al posto di un bambino), si può trarre da qualche motivo di godimento da questo film di Rob Minkoff, a patto di non aspettarsi troppo. Il motivo principale di interesse è senza dubbio dato dai buoni effetti speciali. La storia porta a qualche insegnamento morale sulla tolleranza della diversità ma lo zucchero è profuso a piene mani. Mediocre il doppiaggio italiano.
Il Dandi: Titolo fra i migliori e più rappresentativi del cinema action: a differenza dei suoi innumerevoli epigoni e sequel ufficiali può contare su una miscela in perfetto equilibrio tra dramma, umorismo e tensione. La confezione (effetti speciali analogici, commento orchestrale) e la sceneggiatura (azzeccato per una volta il titolo italiano, visto che l'ambientazione interamente chiusa nel grattacielo ricorda L'inferno di cristallo) hanno la statura del vero classico, di cui Willis in canottiera diventa immagine iconica da consegnare alla posterità.
MEMORABILE: La tecnica di chiudere i piedi scalzi "a pugno" sulla moquette.
Rambo90: Commedia di equivoci, sotterfugi e vendette, che va avanti tra uno sketch e l'altro molto velocemente e con tanti dialoghi spiritosi, come nel classico stile di Salemme. Non tutto riesce appieno, come la forzata svolta romantica, ma scorre piacevolmente e non conosce momenti di stanca. Salemme e Buccirosso da antologia (soprattutto il secondo nella sua incredibile naturalezza), più spaesato invece Calabresi. Tra le due protagoniste brava la D'Aquino, insignificante la Autieri. Gradito il ripescaggio del vecchio ma spassoso Giuffrè. Buono.
Redeyes: La legge di Murphy colpisce ancora: qui non si parla di catastrofi in senso stretto, ma di certo cinematograficamente parlando siamo dinanzi al nulla o poco più. I "buffi" personaggi sono ormai ridotti a meri buzzurri fra flautolenze, abbuffate e doppi sensi sessuali. Lo stesso Murphy/professore galleggia nella mediocrità e anche il ghignante Love/Murphy pare non aver più niente da dire, così come la paffutella Jackson, graziosa e nulla più. Inaccettabile vaccata pare eccessivo ma da salvare cosa c'è?
Nick franc: Polanski dirige con classe ed eleganza un thriller politico di impianto classico di indubbia qualità: l'atmosfera funziona, grazie anche all'azzeccata ambientazione isolana piovosa, e la messa in scena è impeccabile. Buona la prova del cast, con un'ottima Williams in versione Lady Macbeth, un Wilkinson sui consueti elevati standard e un memorabile Wallach in uno dei suoi ultimi ruoli. Peccato solo per alcune forzature di sceneggiatura (il navigatore satellitare) che gli impediscono di essere all'altezza delle migliori prove del regista, ma l'epilogo è di indubbia efficacia.
MEMORABILE: Wallach; Il finale durante la presentazione del libro; La pioggia che batte costantemente l'isola.
Pigro: Una ragazza transessuale a scuola, tra problemi burocratici e bullismo, e in famiglia, col padre assente e due amici presenti. Bel ritratto che punta non tanto sulla condizione trans in sé e per sé quanto su come questa venga recepita nei rapporti sociali. Ma è soprattutto l’adolescenza, con il portato di diversità e richiesta di accettazione espressa da ogni giovane, il vero fulcro di questo film, che punta direttamente a una narrazione agile e intensa, capace di coinvolgere e, in un finale retorico ma genuino, di emozionare.
Pinhead80: Allegra commedia sexy all'italiana a episodi che vede nel cast un numero grandissimo di attori molto in voga in quel periodo associati a un altro che mai ci saremmo aspettati in un film del genere: Marty Feldman. Proprio quello di Feldman è l'episodio più divertente, grazie alla sue immense capacità comiche. Impossibile non citare anche il sempre bravo Alberto Lionello, qui nei panni di un autista infoiato. Nel comparto femminile non manca la solita quantità di bellezze nostrane e non, che ci deliziano con una dose ragguardevole di nudi.
Galbo: Girato in modo adrenalico, Speed è un film che dichiara sin dal (riuscito) titolo le sue intenzioni. Già dalle riuscite sequenze iniziali, a farla da padrone è il ritmo, la velocità: non a caso il frenetico montaggio è forse l'elemento chiave, serrato e senza un'attimno di respiro. Per il resto la trama è abbastanza originale e gli interpreti sono azzeccati, specie la Bullock, particolarmente a suo agio in questo genere di film ed il cativo Dennis Hopper. Ha generato un seguito non all'altezza dell'originale.
Markus: Stavolta Pieraccioni è un prete che eredita - a sua insaputa - un bordello a Lugano con bellissime escort. Il classico sacro e profano della commedia italiana che ancora, nel 2022, trova spazio per una basica comicità ormai fuori tempo massimo. Per il comico toscano pare davvero che gli Anni '90 non siano mai terminati: ci ritroviamo ancora una sceneggiatura fatta di equivoci del vecchio teatro leggero su uno sfondo sentimentale. Resta il professionista Pieraccioni che prevarica su tutti, ma la commedia è fiacca e povera d'idee. Fonte e Ferilli mal diretti a dire poco.
Reeves: Negli ultimi anni dell'Ottocento una faida di paese porta a un numero elevato di vittime e a un odio senza fine. Una sorta di western sardo, con pochissimi dialoghi e interpreti che si esprimono con suoni gutturali e sguardi. Un esperimento difficile, che affida alle capacità recitative degli attori tutta la forza del racconto. Il tiratore invincibile comunque finisce per affascinare e il finale non è scontato.
Siska80: Come farsi pubblicità sfruttando un vecchio caso di cronaca (come ce ne sono milioni, purtroppo) per narrare la solita storia del bambino incompreso (con l'aggravante di un finale prevedibile quanto fiabesco): il regista costruisce un meccanismo di sicuro impatto emotivo muovendo a piacimento le leve del sentimentalismo (senza cadere però nel patetismo, ciò gli va riconosciuto). Scordatevi una pellicola in stile Hachiko comunque, perché qui l'animale è solo un furbo pretesto per richiamare l'attenzione di un pubblico più ampio; l'esito è all'insegna della mediocrità (cast compreso).
Cotola: Legal thriller tratto da un famoso romanzo di Scott Turow che non presenta particolari guizzi e sorprese almeno fino all'epilogo a sorpresa che può anche non convincere del tutto, almeno sul piano della verosimiglianza (e qualche scricchiolio si inizia a sentire già prima della fine). Regia e svolgimento sono canonici e tradizionali e riescono ad intrattenere abbastanza bene, pur non riuscendo però a coinvolgere davvero pienamente lo spettatore. Non male, dopotutto.
Pinhead80: Sconclusionato terzo capitolo della saga di Amityville horror che non solo non aggiunge niente di nuovo alla storia, ma riesce nell'impresa di azzerare la tensione dei due precedenti film. Considerando che alla regia di quest'opera c'è Richard Fleischer le aspettative erano decisamente maggiori. L'utilizzo insistito delle mosche e dei relativi ronzii e il riciclo di alcune situazioni chiaramente mutuate da altri film annoiano e sconcertano.
Rufus68: Il già sopravvalutato antecedente, trasferito qui attori e bagagli, si sfarina in una serie di barzellette poco digeribili (Banfi, il boicottaggio del forzuto, gli equivoci sulla sessualità dell'adolescente) e di cortissimo respiro. Si avvicina più a certo cinema scollacciato e popolarissimo (senza scollature, però) che alle torbide e più complesse prurigini di alcune commedie coeve. Dal grigiore si salva solo Orlando, oltre alla Antonelli, bellissima, un autentico sex symbol.
Belfagor: Pellicola discreta, ma da cui mi aspettavo di più. La qualità dell'animazione è buona e i personaggi sono ben caratterizzati (soprattutto Melman e i quattro pinguini), ma il difetto principale si ha in una trama debole, che mostra le sue lacune soprattutto nella seconda parte. Vale la pena di guardarlo, comunque, anche per il doppiaggio italiano che annovera Ale & Franz, De Luigi e la Hunziker nei panni dei quattro protagonisti.
MEMORABILE: I pinguini arrivano in Antartide e condensano il commento nella frase: "Ma che schifo!".
Tarabas: Cantante da nightclub di Las Vegas diventa re d'Inghilterra. Ovviamente, combina un sacco di guai. Partendo da un'idea non male, il film si sviluppa giocando sulle differenze, un po' da barzelletta, tra yankees e britannici, dando spazio (e ne occorre) al comico extralarge John Goodman, che non si nega nulla incluso un fuoricampo nel giardino reale durante una compassatissima partita di cricket, con annessa e colorata esultanza da stadio. Senza pretese, ben fatto e divertente. Classico dei pomeriggi festivi sulle reti Mediaset.
Siska80: Ebrea romana segnata dalla strage nazista non si dà pace quando Erich Priebke viene rintracciato in Argentina... Ciò che più colpisce è, oltre al piglio meticolosamente documentaristico del regista (cui va comunque un plauso per la delicatezza con cui affronta l'orrore), la bravura di Ricci (talmente convincente da far dimenticare a volte di aver di fronte un'attrice). Immancabile il finale con video estratto dalla vera inchiesta giudiziaria (fa raggelare le vene per la lucida compostezza di Spizzichino da un lato e l'aria annoiata dell'ex agente e criminale della Gestapo dall'altra).
MEMORABILE: Il significativo titolo; L'intervista in tv con foto storiche sullo schermo retrostante.
Galbo: Un indagine su un gruppo di narcotrafficanti coinvolge squadre di poliziotti che si muovono tra la Francia e la Spagna. Olivier Marchal conferma la predilezione per il genere "polar" dirigendo un poliziesco cupo e ad alto tasso di violenza, ma molto efficace sul versante drammatico. Scene d'azione assai ben girate e un ritmo elevato per un film che mantiene alta la tensione per tutta la sua non indifferente durata. Non manca una buona caratterizzazione dei personaggi e un accenno sentimentale che umanizza la storia. Insieme a 36 Quai des orfevres il miglior film di Marchal.
Belfagor: Neoassunta si adopera per risollevare le sorti di un programma mattutino ormai prossimo alla chiusura, scontrandosi con conduttori nevrotici e dati d'ascolto in calo. Commedia leggera sulla dura legge dell'audience, che fa ridere non tanto per le frecciate contro le scorrettezze del mondo televisivo - esaminate in modo superficiale - quanto per la verve degli attori. Brava la MacAdams protagonista nervosa al punto giusto; Ford, Goldblum e la Keaton se la giocano con ruoli da antipatici e scontrosi e sembrano anche divertirsi.
MEMORABILE: Insulti in onda con conseguente picco di ascolti; Il reporter sulle montagne russe.
Yoghi: Uno spaccato di vita della nostra cara Italia del secondo dopo guerra. Cervi e Fernandel sono fantastici, ogni volta che rivedo questo film mi commuovo per l'umanità che esprimono questi due grandi attori. Trovo geniale la trovata di far dialogare Don Camillo con Gesù che, secondo il mio modesto parere, altro non è che la sua coscienza.
Galbo: La costante dei film di Tony Scott (fratello del più talentuoso Ridley) è la semplicità narrativa delle storie raccontate: anche in "Man on fire" la vicenda è priva di fronzoli ma presenta una sceneggiatura che va dritta all'azione, attraverso una storia che è di vendetta ma anche di redenzione personale interpretata dal bravo D. Washington, vero attore icona del regista. Il film è molto girato con stile da videoclip (e questo è talvolta un limite) e nel complesso godibile.
Rebis: Quando De Palma abbandona la riforma del cinema noir (dove ha messo a segno qualche capo d'opera: Scarface, Gli intoccabili, Carlito's way) trova nel thriller ad alta tensione il miglior campo di sperimentazione tecnica e metafilmica. "Omicidio in diretta" è un esercizio di puro virtuosismo che dispone la regia sfacciatamente in primo piano. Si fatica a metter a fuoco le proporzioni del complotto che si dirama sullo sfondo, ma le percezioni del pubblico sono sollecitate senza tregua. Cage è un vero mattatore: incastrato in un meccanismo a orologeria inarrestabile, non perde un colpo.
Cotola: Bastano gli ultimi cinque minuti a (s)qualificare il film per quello che è. Approfittare di un tema delicato e serio come quella della disabilità la dice lunga su tutto il resto. All'inizio se ne parla appena: si lascia la
cosa in sottofondo per dar vita ad una storiellina come tante altre. Ma alla fine, la sceneggiatura non si trattiene dal servire un epilogo che lascia basiti per la sua faciloneria: vorrebbe essere drammatico e commovente, ma risulta involontariamente ridicolo per come viene gestito e per un livello di verosimiglianza pari allo zero assoluto ed anche meno. Pessimo!
Belfagor: Commedia trash a sfondo militaresco-ospedialiero, con Banfi e Vitali coinvolti in un losco trapianto (indovinate di quale organo). Chiaramente la trama è poco più che un pretesto per mettere in mostra qualche curva, ma il film mostra di avere una verve che lo differenzia da altre pellicole del genere. Banfi, in particolare, domina la scena sparando battute a raffica e i suoi malintesi con la Cassini sono davvero godibili. Memorabile anche la burinissima suor Fulgenzia, interpretata da Montanaro.
Schramm: Il terremoto, sembra dirci fin dal titolo il corto (ma anche l’onnipresente capra, letterale icona della tragedia greca), è avvenuto anzitutto lassù dove qualcuno dovrebbe amarci, vedere e provvedere; e allora ecco che in tutta risposta anche alle anime più pie e devote non resta che abbracciare la gnosi negativa, tra macerie che sono anche quelle della fede. Citran, pastore senza più anime che non siano quelle spettatoriali, porta la dura crux filmica con una prestazione compunta; sulla regia di Pisano grava però l’impressione complessiva di una lotta insoluta tra pudore e disperazione.
Ciavazzaro: Il peggior special della serie. Il cast è discreto (compreso il futuro divo di Baywatch, Hasselhoff) e sono buone anche le musiche di Dick De Benedictis, ma a rovinare l'episodio è la sorpresa finale (questo è infatti l'unico episodio della serie a non avere vittime), che si poteva benissimo evitare.
Galbo: Gracie Hart, agente dell'FBI diventata famosa in seguito agli avvenimenti del primo film, viene adoperata come testimonial dalla sua agenzia, finchè torna in pista per un caso.Sequel di Miss Detective, Miss FBI è realizzato con pochissima fantasia sulla falsariga del primo film che possedeva una certa freschezza ed originalità che questo episodio perde completamente per diventare una commedia con spunti di film d'azione non particolarmente divertente e con interpreti piuttosto distratti.
Undying: Michael Kovak (Colin O'Donoghue) fin da piccolo impara a conoscere la morte. Figlio di un impresario di "onoranze funebri" (Rutger Hauer) e senza madre, persa in giovane età, pensa bene di fare beffa a Dio, scegliendo la vocazione di "esorcista". Si dice ispirato da una storia vera e, pur sulla falsa riga dell'Esorcista (scetticismo vs fede), Il rito compie dignitosamente bene il suo compito, complici evocativi effetti "sonori" in sourround. Bravi gli interpreti, tra i quali una convincente Marta Gastini, posseduta in stile Jennifer Carpenter. Nuoce al tutto un finale retorico, ed eccessivo.
MEMORABILE: "Quando il Diavolo non ha niente di meglio da fare, stupra i suoi figli."
Daniela: Ex campione di football perde la memoria a seguito di un grave incidente d'auto. Dovrà ricominciare tutto da capo, ma la famiglia gli starà accanto nonostante le difficoltà. Furbescamente il dvd italiano tenta di farlo passare per thriller, mentre è un tv movie canadese adatto ad una rassegna su Rai2 su "Il coraggio delle donne" o similiari, dato che la vicenda è vista soprattutto dalla parte della moglie. Non ignobile ma convenzionale e modesto sotto tutti i punti di vista, compresa la recitazione del protagonista (è quello del telefilm JAG).
Daidae: Dopo il deludente Arma letale 3 ecco risollevate le sorti della serie con un valido film di azione, con scene belle cariche girate bene, una su tutte l'inseguimento del cinese. Mancano le assurdità gratuite (ed è un bene) e non mancano le scene leggere che non guastano. Una pecca: non mi ha convinto troppo il "genero" di Glover. Per il resto pollice alto su tutta la linea.
MEMORABILE: L'inseguimento del cinese in autostrada; Jet Li che sfoggia un ottimo repertorio; "A Hong Kong saresti già morto".
Giapo: Avvincente americanata svilita da un'irritante retorica, dove è chiaro chi sono i cattivi da detestare (irrimediabilmente odiosi e meschini) e i buoni per cui tifare (persone semplici, passionali, magari un po' birichine ma, ehi, così irresistibilmente simpatiche!). Enzo Ferrari è ritratto in modo irriverente come una figura rozza e arrogante, lo sfortunato Bandini viene immortalato in smorfie caricaturali degne del peggior Dick Dastardly, gli italiani in genere ne escono come macchiette. Al di là di questo è un buon film d'intrattenimento.
Il Dandi: C'era materiale per fare due film: uno dal punto di vista del poliziotto e uno da quello del rapinatore. Mann sceglie di mostrarceli entrambi e nella prolissità che cerca di costruire a tavolino un film che si vuole per forza "classico" ed "epico" stanno i difetti più fastidiosi della sua pellicola. Inutile dire che con i due mostri sacri non poteva fallire e infatti non fallisce: la contrapposizione tra la disciplina di De Niro e le nevrosi di Pacino produce momenti memorabili (anche se i due interagiscono poco). Furbo, ma efficace.
MEMORABILE: Il dialogo tra Pacino e De Niro seduti al caffé: -"Una vita regolata non ti piacerebbe?" -"Perché, tu la fai?"
Daniela: Tanti soldi ed effetti speciali per ottenere un guazzaguglio pacchiano, in cui la (altrove) bellissima Kate Beckinsale è abbigliata e truccata come una baldracca (scollacciata anche sotto zero) e Richard Roxburgh (Dracula!) fa quasi tenerezza per quanto è patetico. Quanto a Hugh Jackman, resta uno degli uomini più affascinanti del globo, eppure, durante la visione, ho sperato che comparisse Peter Cushing a randellarlo. Avesse spinto un po' più il pedale, sarebbe stato uno scult da ricordare, così solo gli amanti del trash apprezzeranno.
Siregon: Lasciamo perdere i paragoni con Manhunter che sarebbero impietosi. "Red Dragon" resta un buon thriller vecchia maniera, con interpretazioni convincenti e una regia solida anche se da mestierante qual è Ratner. Seppur superiore al poco riuscito Hannibal, questa pellicola non eccelle in niente, riesce a farsi dimenticare abbastanza in fretta in un anonimato che le si addice; è infatti una pura operazione commerciale del solito Dino De Laurentiis e come tale va trattata.
Rambo90: Storiella simpatica, anche se spalmata su una durata a volte troppo lunga e con schemi ripetitivi; confezione dignitosa e regia spigliata. Owen e la Roberts duettano benissimo e grazie ai dialoghi frizzanti riscattano la trama nei punti più lenti. Adeguata la colonna sonora, bravi i comprimari. Gradevole.
Siska80: In America non sono gradite le lezioni di arti marziali ai non cinesi: ci pensa Ip Man a risolvere il problema. Si deve avere una propensione per film del genere, in cui le coreografie di combattimento e i relativi effetti speciali sono estremizzati all'ennesima potenza. Eppure, nella fattispecie, si tratta delle uniche cose da salvare (fotografia e protagonista a parte): la trama - che segna la conclusione della saga - si rivela subito risicata e fastidiosamente patetica: avrebbe potuto essere fatto molto di meglio, se non si fosse scelto di puntare solo sull'aspetto agonistico.
MEMORABILE: L'inverosimile lotta tra Maestri con il vetro del tavolo durante una riunione.
Claudius: Interessante e riuscito esercizio di stile (ma non il miglior film di Sua Maestà Hitch), che rivisto ai giorni nostri risente di un'impostazione troppo teatrale (a cominciare dai dialoghi). Ottima la scelta delle location e il cast, soprattutto Stewart e il luciferino Dall, troppo esasperato Granger. Per essere un film di quasi 70 anni fa regge ancora bene.
MEMORABILE: Il momento in cui Stewart apre la cassapanca.
Redeyes: Specchio specchio delle mie brame sono io il più bravo del reame? Da questo quesito muove i passi il nostro Quentin, più attento a dispensare amor proprio e per il cinema che a regalarci un quadro realmente godibile. Sia chiaro, la pellicola non è male, ma pare quasi sorreggersi più sull'idea, sul sogno che sulla realtà; la verbosità che ci piace invece si defila, il pulp appare in pochi frangenti e la dinamicità soccombe. Per assurdo che sia, senza i due "mostri" sacri Brad e sopratutto Leo saremmo qua a enfatizzarlo?
MEMORABILE: La pappa al cane; La visita al ranch di Manson; Il "sacrilego" match con Bruce Lee.
Mark70: Panariello aveva avuto un grande successo in TV con i suoi personaggi, ma una cosa è una scenetta di pochi minuti, un'altra è un intero film: le sue esili figurine scompaiono sul grande schermo, balbettano battute ingenue, non reggono alla distanza. Complice una sceneggiatura approssimativa e comprimari di scarso livello (persino Ugo Pagliai sembra una macchietta...) il film non decolla mai e affonda nella noia.
Jorge: Mi aspettavo una boiata specie considerando il precedente film di Gordon (Blades of Glory), eufemisticamente una schifezza... ed invece ne sono rimasto abbastanza favorevolmente colpito; il film è ben scritto e sceneggiato, non cede mai al volgare, il ritmo è sempre costante, gli attori molto bravi con una tendenza al naturale e mai alla recitazione forzata. Per carità, il finale lo si immagina dall'inizio, ma d'altronde ci sta. Ben confezionato e recitato, bella storia... piaciuto ed ottimo per una serata di evasione non stupida.
Viccrowley: Dopo innumerevoli episodi più o meno dentro la continuity, l'opera di Toriyama ritenta la strada delle sale con un lungometraggio totalmente fanservice che può vantare un buon character design ma eccede spesso con una CGI invasiva. Goku e Vegeta insieme per sconfiggere Broly, incarnazione berserker dei Super Sayan, incattivito dalle bugie di un Freezer redivivo e pronto a conquistare la galassia. Interessanti alcuni flashback sul passato di personaggi chiave, ma da metà in poi il tutto si riduce a scontri sempre più esagerati. Per fan incalliti.
MEMORABILE: La Fusion tra Goku e Vegeta; Il cameo di Piccolo.
Redeyes: La legge di Murphy colpisce ancora: qui non si parla di catastrofi in senso stretto, ma di certo cinematograficamente parlando siamo dinanzi al nulla o poco più. I "buffi" personaggi sono ormai ridotti a meri buzzurri fra flautolenze, abbuffate e doppi sensi sessuali. Lo stesso Murphy/professore galleggia nella mediocrità e anche il ghignante Love/Murphy pare non aver più niente da dire, così come la paffutella Jackson, graziosa e nulla più. Inaccettabile vaccata pare eccessivo ma da salvare cosa c'è?
Galbo: La passione politica è un bel tema per un film, ma anche un argomento insidioso per una commedia. Prova a realizzarla il regista Marco Ponti con un film tratto da un romanzo di Chiara Gamberale. Il film è abbastanza riuscito per la caratterizzazione dei personaggi, interpretati da attori ben scelti. Di contro la sceneggiatura sembra appena abbozzata e la storia avrebbe meritato una maggiore vivacità.
Herrkinski: Thriller d'impianto classico, ambientato nei meandri di un ospedale, nel quale la testimone di un delitto è rincorsa dai killer. Il sistema di chiusure automatiche, porte di sicurezza e reparti abbandonati avrebbe dovuto conferire almeno un po' d'atmosfera e tensione ma le possibilità vengono sfruttate poco e male; l'attenzione cala presto, il cast è incolore (su tutti Willis e Guttenberg, in apparizioni opache definibili "alimentari") e c'è una tale assenza di scene memorabili che il film si dimentica immediatamente dopo la visione. Si può evitare.
Belfagor: Come aveva già fatto con Il gladiatore, Scott rilegge una sezione cruciale della storia europea secondo i canoni del cinema americano. Il risultato, per quanto allettante nella componente visiva (le battaglie hanno un indubbio gusto epico), delude molto per quanto riguarda la parte storiografica. L'impostazione, oltre che limitata ai singoli individui, è improntata ad un politically correct che rende il tutto anacronistico e antistorico. Il ricco cast di contorno permette comunque di delineare discretamente i vari personaggi.
MEMORABILE: Baldovino che obbliga Reginaldo di Chatillon a baciargli la mano consumata dalla lebbra.
Gugly: Pellicola sulla carta sfiziosa e contro l'ipocrisia nei rapporti tra uomo e donna, nei fatti risalta come documento di "come eravamo" in termini di sfavillante arredamento della buona borghesia italiana; invece il tira e molla tra i coniugi (una bellissima giovin signora Spaak e un Manfredi di maniera) mostra presto la corda tra espedienti vari (compreso il finale en travesti) e caratteristi simpatici (Buccella solita bella svampita e Caprioli spalla di lusso per il piano della moglie); main theme onnipresente il cui titolo non coincide col nome della tradita in cerca di vendetta.
MEMORABILE: Una delle punizioni che vorrebbe subire Franco per farsi perdonare: "Salto la partita della domenica".
Lucius: Ha il coraggio de Il prete e la passione di Uccelli di rovo, sopperisce al budget (pochi attori, poche location) con un esordio promettente. Una prova attoriale totalizzante per Dionisi, full nature. Sacro e profano, chiesa e carnalità al centro del conflitto interiore di un uomo di chiesa diviso tra la passione di Cristo e l'appagamento dei sensi. Carmen Maura sempre strepitosa, (non è una novità). Plauso al regista per il coraggio di realizzare un'opera come questa sotto l'ombra del Vaticano. Grande estetica nelle immagini e valide suite strumentali. Sinuosamente seduttivo.
Bubobubo: Il soggetto, pur buono, è ampiamente derivativo e attinge forme e stilemi narrativi da tutta una serie di fonti illustri (le prime a venire in mente, in ordine di pervasività: Fight club per l'idea generale, Misery per il confronto centrale, Strade perdute per la chiaccherata-pretesto al party). Nessuna particolare sorpresa, dunque (il twist, come in Profondo rosso, può essere colto già dopo pochissimi minuti), ma un solido thriller d'autore, impreziosito dall'opprimente e un filo diabolica performance di Eva Green.
MEMORABILE: La prima (e già narrativamente decisiva) apparizione di Elle; Il finale, che costringe a chiedersi cosa abbiamo realmente visto.
Daniela: In California all'inizio degli anni 70, Cary e Alana si attraggono e si respingono come poli magnetici: lui ha 15 anni, una notorietà effimera conquistata grazie al cinema e tante idee per la testa, lei è una venticinquenne che non vede l'ora di emanciparsi dalla famiglia... Un film tenero e nostalgico, raccontato con una leggerezza che sottende una messa in scena curatissima. Convincenti le prove dell'esordiente Hoffman e della quasi esordiente Haim, gustosi i camei di Penn e Cooper, citazioni cinefile a pioggia, ost ricca di hit che faranno battere il cuore agli ex giovani.
Kinodrop: Giovane coppia in vacanza sulle montagne innevate della Repubblica Georgiana vuole sfidare con lo snowboard una zona tanto spettacolare quanto off limits a causa di incidenti mortali sospette, con conseguenze nefaste. A metà tra il survivor e lo slasher, può contare su immagini meravigliose di quei luoghi e sulla prova attoriale di Ivanna Sakhno, mentre la narrazione soffre di un forte squilibrio tra ciò che accade e il pregresso sentimentale tra i due, che fa perdere la tensione per le fasi più critiche sia dal punto di vista fisico che psicologico. Si guarda comunque volentieri.
MEMORABILE: La valanga provocata; La grotta delle croci; Il pupazzo di neve e sangue.
Il Gobbo: Oggetto di esteso (e preventivo) vituperio, è un prodotto né migliore né peggiore di tanta robaccia che circola impunemente sulle tv nazionali spacciata per fiction edificante, ma non meglio recitata né diretta. Casomai ad apparire folle è l'idea di farne un prodotto per le sale quando il piccolo schermo pareva la destinazione naturale e inevitabile. Posture e riprese dei protagonisti rafforzano il sospetto che il vero target di Troppo belli non fossero le donne. La marca d'abbigliamento, Datch, occupa ogni inquadratura come una Pejo d'antan.
Daniela: Alle soglie dell'anno Mille, una serie di episodi intrecciati, aventi tutti un legame più o meno stretto con lo spirito religioso e la superstizione. Alcune parti hanno un quieto sapore semi-documentario, come quelle riguardanti la bimba avviata alla vita monastica e il fraticello che va da un convento all'altro a registrare le morti dei confratelli, ma è quella drammatica con venature horror, avente per protagonisti il boia e il suo aiutante alle prime armi, a risultare di gran lunga più riuscita. Risultato squilibrato ma interessante, migliore del successivo excursus medievale di Avati.
MEMORABILE: L'annegamento della donna; lo squartamento dell'uomo che per giorni ha seguito i suoi carnefici, in attesa dell'esito del "giudizio di Dio"
Zaratozom: Ormai non c'è più nemmeno il beneficio del dubbio: il regista romano è alla deriva. Non sarebbe più in grado di tenere il filo della sceneggiatura di uno spot di 30 secondi di un tampone vaginale. La sua incapace figliola si salva solo se la dirige Romero. La terza madre, cubista delle catacombe, meriterebbe una soundtrack dei Pet Shop Boys. Stivaletti si rovina la carriera imbastendo dei trucchi da teatro dei pupi. Rimane solo il desiderio di non aver mai voluto vedere la fine della trilogia.
MEMORABILE: La scimmietta spiona così dispettosa, eppure così simpatica se si pensa alle capacità attoriali del cast.
Didda23: Dopo l'adozione di una bambina, i genitori adottivi decidono di assumere una tata. L'idillio familiare durerà ben poco... Thrillerino televisivo dalle bassissime pretese, girato quasi interamente in interni, scarsissimo dal punto di vista visivo e piattissimo sia nel coinvolgimento emotivo sia nelle dinamiche narrative. Qualche colpo di scena (telefonato) desta un minimo di interesse e il finale non riserva chissà che sorprese. La classica opera che riempie un palinsesto televisivo senza troppa infamia e senza lode. Cast meno peggio del previsto.
MEMORABILE: Il disegno fatto con la tata; La giornata al mare; La furia della tata nel momento in cui la bambina "osa" toccare la collezione di bambole.
Panza: Forse un filo più in alto rispetto a tutti quei film della Fininvest (o Mediaset che dir si voglia) della coppia Wertmüller-Loren che vengono schiaffati come tappabuchi la domenica pomeriggio. Siamo nel Novecento e si racconta di un'orfana che per un voto religioso viene adottata da una ricca signora. Il tono è quello di una revocazione del passato messa in scena dal punto di vista formale in maniera ineccepibile (bello il pastificio) ma sceneggiato con poca verve. Non è proprio da buttare via (bravo Giannini), ma alla fine pare insignificante.
Rufus68: Unicum della fantascienza cinematografica, dovuto, forse, all'irruzione di Hawks in sede di regia. Il nerbo favoloso della storia (il ritrovamento dell'astronave, la desolazione della location polare), già potente, è declinato nei modi della screwball comedy: una serie di dialoghi fitti e brillanti che amplificano i toni camerateschi (l'avamposto umano che serra le fila contro l'alieno) e alleggeriscono virilmente la tensione (le schermaglie fra il capitano e la ragazza, le battute del giornalista). Una miscela irripetibile.