Che film ci sono stasera in tv in prima serata? Ma non solo questa sera, anche la mattina o il pomeriggio, se capita una giornata di pausa. E i più nottambuli possono trovare anche i film che vanno in onda a tarda notte, i cosiddetti fuori orario. Cliccate sulle frecce per cercare tra i palinsesti passati e futuri oppure controllate direttamente tutta la settimana. Il numero del canale si trova tra parentesi dopo il suo nome. Se non c'è, cercatelo qui: numero canale. Cliccate sull'icona calendario a fianco della scheda per appuntare un promemoria su quel film in agenda. Se siete loggati potete cliccare anche sulla stella per contribuire alle segnalazioni. Come? Scopritelo
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Daniela: Ragazza orfana ingenua si innamora dell'amante della matrigna che la sta derubando dell'eredità paterna con la complicità di un ragioniere a sua volta abbindolato dalla maliarda ... La trama sentimental-melodrammatica è di scarso interesse in questo simil musicarello con Carosone che fa inutilmente gli occhi dolci ad Allasio, sfolgorante bellezza nordica, a sua volta attratta dallo stoccafisso Serato. Del resto, in film di questo genere, la trama è solo un pretesto per inanellare una serie di canzoni: qui sono simpaticamente ruspanti, per cui sotto questo aspetto il film è apprezzabile.
B. Legnani: Film di medio livello (**) del bel tempo del cinema italiano che fu. Nulla di eccezionale, con una vicenda gialla conclusiva i cui barocchi e inverosimili movimenti ricordano addirittura quelli della complessa soluzione di Assassinio sul Nilo. Dorelli come sempre perfetto in questi ruoli, che sono un misto di astuzia e di candore. Dufilho inverosimile coma italo-americano. Carina la Villoresi, ma soccombe al grande fascino della Spina (oggi la si direbbe MILF...). Divertente Robutti. Qualche gag non è vecchia, ma addirittura stravecchia.
Galbo: Robert Luketic dirige un thriller ambientato nel mondo della tecnologia e della finanza, il cui titolo originale (Paranoia) non ha nulla a che vedere con quello italiano. Piuttosto ben realizzato tecnicamente, è limitato da alcuni buchi evidenti della sceneggiatura e da un protagonista (Hemsworth) pochissimo convincente (anche per la caratterizzazione banale del suo personaggio), specie se messo a confronto con i grossi "calibri" (Oldman, Ford e Dreyfuss) che gli sono affiancati. Routinario.
Gabrius79: Ennesima variazione fantozziana della ditta Parenti-Villaggio ma tutto sommato gustosa e con alcune gag frizzanti, seppur banali. Si ride nelle gag di Villaggio al telequiz con Mike Bongiorno e nei duetti con un ottimo Alessandro Haber. La presenza di Alida Valli è gradevole ma tutto sommato inutile. Godibile e spensierato.
Tomastich: Unanimamente considerato il peggiore della serie di Dirty Harry, questo quinto capitolo tuttavia se la cava tirando fuori il mestiere e una scena finale di una violenza assurda. Da aggiungere la presenza di un Jim Carrey (nel ruolo dell'attore rocker, che tenta di ricantare "Welcome to the Jungle"... ah sono presenti pure i Guns 'N' Roses) e di Liam Neeson.
Saintgifts: In una perfetta ambientazione inglese tra le due guerre, un "serial killer" sfida Poirot annunciando, con lettere, la data dei suoi assassinii. Assieme al suo amico, il divertente capitano Hastings, il famoso investigatore belga inizia a lavorare su un caso che si rivelerà poi su di un altro piano rispetto alle prime deduzioni. La sceneggiatura fila piuttosto liscia, non confondendo mai lo spettatore e lasciandolo all'oscuro quel tanto necessario per un finale tutt'altro che fiacco. Suchet è un buon Poirot e il resto del cast è all'altezza.
Daniela: La conduttrice di un talk show rischia di perdere la direzione del programma da lei stessa creato. Accusata di essere autoritaria e non volere donne nel suo staff, fa assumere la prima che si presenta, una ragazza dal carattere diametralmente opposto... Non si tratta di una nuova versione di Eva contro Eva ma del racconto di come una Eva dolce tenti di ammorbidire l'Eva resa acida dalle circostanze. Grazie alla grinta di Thompson, è proprio quest'ultimo personaggio a costituire il principale motivo di interesse di una commedia non irresistibile, oltre che scontata nei suoi sviluppi.
Lovejoy: Sorta di Per Un Pugno Di Dollari trasportato agli anni '30, con i feroci gangsters per protagonisti della vicenda. Teso, mozzafiato, girato da un Walter Hill in grande forma e con alcune sequenze da mandare a memoria. Cast perfetto, a partire da un Bruce Willis che non toccherà piùsimili vette, ad un Walken al solito magistrale. Niente male anche il redivivo Bruce Dern. Da riscoprire.
Markus: Rieccoci a parlare di "catastrofico". Stavolta la luna se la prende col pianeta Terra ed ecco partire una sorta di guerra tra noi e una strana entità venuta da lontano. Un cinema tutto effetti speciali - qui a dire il vero sottotono, tanto che pare un film di vent'anni fa - che un tempo avrebbe creato file ai botteghini e oggi accoglie solo sbadiglianti spettatori ancorati alla vecchia abitudine della sala cinematografica. Il film è mediocre, così come i personaggi di rara sciatteria mostrati (ancora col belloccio con la barbetta che punge, il nerd grassoccio con gli occhialoni...).
Paulaster: Nella toscana liberata una compagine di pugili fa esibizioni. Più che un quadro di guerra il film racconta una vicenda nostalgica, quando sopravvivere era meglio che vivere, come viene detto. Forse l'ultimo Monicelli degno di nota: con un camion scassato, un ring di fortuna e un gruppo di grulli le vicende scorrono briosamente. I toni non sono accesi e l'ironia toscana impera (pure gli inglesi son sgraditi). Villaggio ha la giusta verve, la Macola un ruolo scomodo e il gruppo di giovani dà un prezioso contributo. Ben scelte le ambientazioni.
MEMORABILE: Il primo match senza colpi; Gli stivali di Handel; La fucilazione dei partigiani.
Lucius: Evergreen bellico di immutata bellezza, pregno di avventura, su format alla James Bond (vedi Al servizio segreto di suà maestà). Nonostante possa oggi apparire datata in alcuni passaggi, resta una pellicola di grande impatto visivo, tappa fondamentale del cinema sul periodo storico nazista. Mostri sacri nel cast e paesaggi innevati di grande suggestione (nonché una location centrale fascinosa come poche) alcuni degli ingredienti del film, che coniuga avventura, spionaggio e rischio. Inossidabile.
Nando: Pellicola animata di produzione russa che brilla per dinamismo, colori e valide musiche; indubbiamente un prodotto per bambini, che cerca comunque in qualche modo di far apprendere certi valori e alcune posizioni oramai perdute. La breve durata, utile soprattutto per i più piccoli, facilita la visione che rimane complessivamente piacevole. Simpatico il pollo.
Ira72: Una commedia leggera, che vira talvolta sulle difficoltà quotidiane dell’italiano medio ma che vuole essenzialmente divertire. E lo fa discretamente, grazie ad un Brignano a cui le gag riescono particolarmente bene. La sceneggiatura non apporta nulla di nuovo ma, pur essendo déjà vu, mette il buonumore e intrattiene. Brave anche le due partner femminili (ia “borgatara” Minaccioni strappa più di una risata, forte anche di un look coatto che ne esalta il personaggio). Godibile e perfetto per una calda serata estiva senza pretese.
MEMORABILE: “Eri un principe e manco ce lo sapevi! Guarda come me butta!” Brignano, in smoking non suo, compiacendosi allo specchio.
Piero68: Nonostante il soggetto e la sceneggiatura di Lehane, The Drop è un noir troppo lento e soporifero per essere godibile appieno. Colpa di un regia e di un montaggio assolutamente anonimi. Il povero Gandolfini fa il solito Gandolfini mentre sulle spalle di Hardy ricade il peso forse maggiore, vista la caratterizzazione ambigua del suo personaggio. Ma Hardy riesce a svolgere solo a metà il suo compitino visto che è un attore che conta molto sulla sua fisicità. Nel complesso un film che va guardato con una particolare predisposizione.
Belfagor: Qué hiciste, Jennifer? Un thriller senza originalità (per eventuali referenze, andare a letto con il nemico, please) in cui paradossalmente l'unico personaggio interessante è il violento marito Jekyll-Hyde. La trama è risaputa e peraltro affrontata con poca professionalità. La Lopez realizza una delle sue peggiori interpretazioni. Meglio lasciar perdere.
Reeves: Melodramma nel quale Giuseppe De Santis abbandona il mondo contadino che aveva raccontato in quasi tutti i film precedenti per concentrarsi su una città (Napoli) e su una donna (Silvana Pampanini) vittima dell'arretratezza e dei pregiudizi. Ancora una volta il regista di Fondi mostra il proprio grande talento, la capacità di scolpire i personaggi. C'è anche Pisacane, che non parla ancora in bolognese come farà in I soliti ignoti...
Ramon: Trama esile esile e troppo inverosimile. Verdone rifà per l'ennesima volta, e meno bene del solito, il coatto buono che finge di essere ciò che non è, Sordi è persino irritante nella sua macchietta. Persa la preziosa occasione di valorizzare i personaggi di contorno (oltre a Brega c'è anche il milianiano Quinto Gambi!). Ma è toccante e persino poetica la storia del perdente che vince, riperde, rivince e ri-riperde tutto, e però continua a vivere attaccato al suo sogno. Verdone ha fatto di meglio (Borotalco, Acqua e sapone, Vita da Carlo) ma anche di peggio.
Kolly: Ma quanto ci fa piangere questo Muccino? Ennesima prova che il capace della famiglia è uno solo, Gabriele. Storia interessante e commovente. Forse un eccessivo uso della macchina a mano con rispettivo effetto da mal di mare al cinema. Interpreti bravi. L'unica pecca è il lieto fine a tutti i costi. Per questo si apprezza di più La ricerca della felicità, che è semplicemente più dosato di realismo. Non male, anche se la durata poteva essere ridotta. Un applauso al made in Italy.
Galbo: Già autore di un buon film sul rapporto tra un adulto e un bambino, il regista Paul Weitz torna sul tema della paternità con un film che si mantiene sempre al limite tra il registro drammatico e la commedia, non rinunciando a momenti strappalacrime che per fortuna sono solo accennati e trattati con molto pudore. Ottima la prova del protagonista, che risulta lontano dagli eccessi di alcuni dei suoi film e appare assai misurato. Vincente la scelta della piccola coprotagonista. Non male.
Lupoprezzo: Melodramma in pieno stile Sirk: turgido e lacrimevole come si confà alla tradizone hollywoodiana del melò. Il dramma prettamente femminile messo in scena dal regista conquista soprattutto per la solida interpretazione del cast, piuttosto che per i temi trattati (il razzismo, la carriera frapposta agli affetti, il dramma d'essere madri). La sequenza del pestaggio è decisamente un gran bel pezzo di cinema e non lascia indifferenti, così come il finale. Regia di gran classe, che predilige la profondità e le inquadrature da basso.
Daniela: Perdigiorno viene rimorchiato da una sventola mozzafiato che cerca di coinvolgerlo in un grosso furto, ma il tizio è meno sprovveduto di quel che sembra... Il romanzo di Elmore da cui è tratto il soggetto era stato già trasposto sullo schermo nel 1969 in un film non particolarmente riuscito per colpa di una sceneggiatura ed una regia poco grintose. Le cose non migliorano molto in questo remake, ma il tono più leggero ed ironico rende lo spettacolo gradevole. Decisiva in questo senso la presenza di Owen Wilson che, come recita in una nota pubblicità, è "il biondo che non impegna".
Trivex: Per quanto banale e prevedibilissima, la storia alla fine incuriosisce e risulta complessivamente abbastanza gradevole. I dialoghi sono volgari, anche troppo, mentre ci sono un paio di di momenti di puro spasso, indispensabili per attribuire un grado sufficiente di peculiarità al prodotto. Mi pare una ulteriore testimonianza dell'assoluta dimestichezza degli americani con il cinema, in grado di sfornare del pane (quotidiano) appetitoso anche utilizzando alcuni ingredienti senza troppo insapore.
MEMORABILE: Le mutandine "stimolanti" con telecomando; Il pubblico "massaggio" durante la partita.
Nando: Stanca commedia che vede il mitico ragioniere, oramai pensionato, alla ricerca di uno scopo nella vita tra impegni come giudice popolare e nonno non sempre esemplare. Il risultato è una serie di situazioni legate tra loro ma poco costruttive che talvolta strappano il sorriso ma rivelano una ripetitività del personaggio che oramai ha poco da dire. Clima malinconico con un finale tendente al romantico.
Parsifal68: Il riscatto di una donna vessata dalle continue violenze del marito è il plot di questo filmetto che tenta di consolidare come attrice la Lopez, la quale fornirà sì buone prove ma non in questo caso, anche a causa di una debole sceneggiatura e di situazioni abbastanza inverosimili. Salverei solo le scene di lei che si allena, sensuale come non mai, ma è poca cosa...
Herrkinski: Sempre più distante dal prototipo, la serie qui incrementa ulteriormente gli slanci da commedia inseriti nel solito canovaccio action adrenalinico; il ritmo è molto alto ma questa volta la trama non giustifica le due ore di durata e qualche elemento pare aggiunto un po' a forza (la digressione sulle gang, il ritorno di Pesci). Non male la grintosa Russo; un blockbuster fracassone senza pretese ma la costante di Donner in regia garantisce se non altro una continuity e mantiene il livello medio/alto, senza snaturare troppo lo spirito e i punti vincenti della fortunata saga.
Redeyes: Genovesi si affida al volto simpatico di Bisio per sopperire a una mancanza di idee in questo remake che ha ben poco di divertente, troppo ancorato all'intuizione iniziale. In effetti la bella moglie invisibile conquista fin da subito la scena con la sua presenza ma lascia il resto del cast in una sorta di limbo da cui non riesce a uscire. Dal canto loro Pozzetto e la Vanoni galleggiano ai bordi e Matano non ha mai la forza di incidere in alcun modo. L'incantevole Lodovini tenta di far sterzare la storia e la pellicola, ma senze risultato alcuno.
Nando: Una missione sul pianeta rosso causa la morte di alcuni astronauti e la conseguente partenza di un'azione di recupero. La pellicola è abbastanza generica, nonostante i validi effetti speciali, e non presenta uno sviluppo narrativo attraente. Cast nella norma anche se ben amalgamato e discretamente analizzato introspettivamente.
Markus: Una coppia perfetta, almeno sembrerebbe, con un matrimonio fissato che per mere questioni lavorative di lui si rivelerà... da dover rimandare. Lei non la prende bene, quindi si dà alla danza, scegliendo il valzer. Il maestro di ballo è casualmente un bellimbusto... La vicenda si snoda attraverso facili espedienti costruiti ad hoc per scaturire una facile empatia con la bella protagonista e di conseguenza la altrettanto facile lacrima. Film scorrevole, nel complesso mediocre nella vicenda ma indubbiamente ben realizzato e gradevolmente recitato secondo i "sacri" canoni del genere.
Luchi78: L'idea c'è e non a caso è già alla terza riproposizione. Anche il cast non è male, anzi il livello di recitazione è decisamente buono; peccato per una scrittura che si perde nel finale, dove ci si attendeva un vero colpo di scena che facesse sorridere o riflettere. Invece si va sul fiacco, a dispetto di un inizio piuttosto scoppiettante. Giallini dimostra di saper tenere benissimo la scena, davvero notevole la Gerini. Comunque gradevole.
Rambo90: La prima parte è molto modesta, con Chan che si destreggia fra cadute mirabolanti (quella nella foresta è incredibile) e gag orribili, come quella prolungata oltre il lecito in cui lo scambiano per un indigeno. Poi il ritmo decolla, la storia (ridotta comunque all'osso) si fa più seria e finalmente assistiamo a scene action di ottimo livello. È grazie soprattutto ai combattimenti finali e agli spericolati inseguimenti se mi sento comunque di dare la sufficienza a questa pellicola. Buona la colonna sonora.
Cerveza: Le esistenze malnate dei soliti ignoti, intesi come anonimi, ordinari, che millantano capacità superiori ma sono umanamente meschini nella loro pelosa moralità. Un cast perfettamente equilibrato in cui ognuno è mattatore senza ingarbugliare o sovrastare. Tutti i sapori dell’impasto possono essere infatti percepiti distintamente; ogni voce del coro è in grado di arricchire con le proprie sfumature personali testi di alto livello. Il ritmo è sornione ma costante, sempre pronto a offrire fresche virate ad articolare intrecci e rapporti umani. Nemmeno un fotogramma è andato perso.
MEMORABILE: La lezione di Cruciani; “La conosci questa?”; L'accento settentrionale di Peppe.
Daniela: Tra storia e leggenda, vita e gesta di El Cid Campeador, signore di Valenza e figura chiave della "Reconquista". Mann poteva essere la scelta giusta per una vicenda di largo respiro, Heston aveva il fisico e l'autorevolezza che il ruolo richiede, la confezione è di prestigio, le ambientazioni spagnole fanno la loro figura, ma il film funziona solo a tratti, soprattutto nelle scene d'azione, risultando per il resto pesante come un macigno per colpa di una sceneggiatura scolastica, dialoghi pomposi e prestazioni poco convincenti come quella di Loren. Nel complesso, tre ore soporifere.
MEMORABILE: Nell'epilogo, il "trucco" per continuare a combattere a fianco del re anche se....
Nando: Tipico melodrammone americano in cui il colpo di scena è perennemente in agguato. Il tono iniziale di denuncia si perde nel seguito della narrazione. Washington è credibile ma troppo sbilanciato verso la commozione gratuita. L'intera vicenda sembra tuttavia poco proponibile.
Tarabas: Cantante da nightclub di Las Vegas diventa re d'Inghilterra. Ovviamente, combina un sacco di guai. Partendo da un'idea non male, il film si sviluppa giocando sulle differenze, un po' da barzelletta, tra yankees e britannici, dando spazio (e ne occorre) al comico extralarge John Goodman, che non si nega nulla incluso un fuoricampo nel giardino reale durante una compassatissima partita di cricket, con annessa e colorata esultanza da stadio. Senza pretese, ben fatto e divertente. Classico dei pomeriggi festivi sulle reti Mediaset.
Giuliam: Più che banale, più che retorico, questo nuovo personaggio di Hoffaman è davvero antipatico. Il problema è stato proprio di non aver saputo regalare una storia ben originale e soprattutto dei personaggi veramente "validi" da affezionarsi (come negli altri film natalizi per bambini). Dialoghi inopportuni e battute fuori luogo, un finale dove Hoffman fa un monologo insensato (lasciate stare Shakespeare!!!).
Piero68: Se il primo aveva qualche spunto interessante e un cast decente, qui siamo al classico z-movie squalesco da comiche involontarie. E non solo per un CG che proprio non funziona ma anche e soprattutto per una storia vuota che non sta in piedi nemmeno per un attimo, per un cast pessimo e una regia approssimativa. Per non parlare dei dialoghi pseudo-scientifici, che uniti alle gestualità degli attori (su tutti Beach) fanno sbellicare dal ridere. Qualche buona scena si registra pure, ma è talmente poco rispetto al pietismo del resto...
MEMORABILE: In negativo: uno squalo "spia" attraverso un oblò una discussione tra Durant e il suo tirapiedi. E sembra pure capire cosa dicono!
Herrkinski: Produzione dal budget contenuto per Lundgren che torna a dirigere, oltre ad essere co-protagonista con l'atletico Adkins, una sorta di buddy-movie con una montagna di soldi da recuperare in un edificio dismesso pronto per la demolizione. Con pochi mezzi Lundgren dimostra di saper confezionare un action efficace e lascia la maggior parte dello spazio ad Adkins, con qualche scontro corpo a corpo niente male, oltre a sparatorie, vari pericoli e cariche di dinamite pronte ad esplodere; un canovaccio già visto ma girato con mestiere, nonostante ci metta un po' troppo ad ingranare.
Jandileida: Se già il primo non si poteva annoverare tra i capolavori del genere, questa seconda fatica di Fowler dedicata al riccio blu più famoso dell'universo procede più o meno sulla stessa falsariga. Stavolta le interazioni tra Sonic e gli umani passano in secondo piano: si parla di salvare l'universo ma è qualcosa che compete solo a esseri extraterrestri. Si aggiungono così due nuovi protagonisti, mentre il cattivone è sempre il solito Carrey, che va a tutta smorfia. A non cambiare sono il ritmo esagitato, gli scoppi a tutto spiano e la solita storiella scritta veloce veloce. Indolore.
Lou: Ancor oggi tra amici ci si ritrova a citare alcune scene di questo film spassoso, costruito attorno alla mimica esilarante di un Pozzetto che qui esprime una delle sue migliori performance comiche. La sceneggiatura in sé non ha nessun particolare merito; ciò che rende il film a suo modo memorabile è la serie di gag divertenti che si susseguono numerose, con un Pozzetto perfetto nei panni del sempliciotto di campagna incapace di adattarsi ai meccanismi della vita metropolitana. Un cult, nel suo genere.
Furetto60: Thriller soft erotico che narra dell’attrazione tra due mirabili esemplari del rispettivo sesso, di cui lui appena sfornato dalla galera, lei noiosamente annoiata dalla vita di provincia e da un marito da barzelletta della Settimana enigmistica. Che ognuno si riveli peggio di quel che sembra è l’unico e piccolo pregio di una pellicola lenta e noiosa, carente anzitutto nel mantenere le promesse di pruderie.
Markus: E' proprio vero il detto che "Quando si chiude una porta, si apre un portone": la bella protagonista, infatti, verrà scartata per un incarico ospedaliero a Boston ma per ripiego ne troverà uno minore in Alaska che si rivelerà fortunato, a partire dal bellimbusto che l'accoglierà. Al primo sorriso del bel trentenne si capisce dove si andrà a parare; d'altro canto, il veterano del genere Peter Sullivan sa bene che è meglio non dar fregature al suo pubblico. Il miele del Natale, con i suoi riti e le sue musichette scampanellanti, sono il "non plus ultra". Film a suo modo efficace.
Galbo: Produzione a basso costo con (ex) star in disarmo (Cage, ma anche Bratt), appartenente al genere “revenge movie” e certo non uno degli esempi migliori dello stesso. A parte alcune vistose incongruenze della storia legate al pseudo colpo di scena finale, il film vive di stereotipi, con Cage più monoespressivo che mai e una sensazione di dilettantesco che va dal montaggio, con “stacchi” improvvisi e incomprensibili, al make up, con una ferita che va e viene, talvolta spostandosi, dal volto del protagonista. Evitabile, tranne che dagli estremi estimatori del genere.
Siska80: Una giovane (e naturalmente bella) negoziante trova l'amore in un (affascinante, ci mancherebbe) erede, ma non tutto fila liscio come l'olio. Produzione canadese che lascia il tempo che trova essendo sin dall'inizio prevedibile, dozzinale (in perfetta sintonia col mestiere della protagonista) e incapace di suscitare emozioni (nemmeno nel momento del consueto bacio conclusivo); ideale comunque per trascorrere un pomeriggio disimpegnativo, si lascia guardare più che altro per la simpatia di Newbrough (l'unica ad essere espressiva all'interno di un cast abbastanza anonimo).
Siska80: Alla quattordicenne analfabeta e di salute cagionevole Bernadette appare un giorno la Madonna, ma nessuno vuol crederle. Il racconto procede in maniera lineare senza generare particolare coinvolgimento nello spettatore dando l'idea di un compitino esaustivo quanto anonimo, nonostante la ricostruzione dell'epoca sia accettabile e la giovane protagonista abbia l'espressione "giusta" (ossia innocente e ispirata). Ciononostante si segue senza annoiarsi poiché, trattandosi di una vicenda realmente accaduta, si ha in qualche modo la curiosità di vederne la messinscena. Mediocre con stile.
Rambo90: La saga del poliziotto Dooley e del suo cane Jerry Lee arriva al capolinea: Belushi è ancora in parte e riesce a piazzare due o tre battute buone, ma il divertimento è sempre più rivolto a un pubblico infantile, così come le scene action scontano molto il budget ridotto all'osso. Come passatempo può anche funzionare, ma la freschezza del primo capitolo è lontana.
Kinodrop: Uno specchio antico diventa strumento del demonio per annientare chi lo possiede, compresa una famiglia americana i cui superstiti, fratello e sorella, cercheranno di ripercorrere il tragico passato e mettere fine in qualche modo alla maledizione. Una confezione apprezzabile che non basta a rendere originale e disturbante una storia troppo lucida e pseudorazionale, ma che non riesce a evitare nel finale contorsioni e tardivi ingredienti horror di facile presa, con in più una sovrapposizione di piani temporali per un crescendo finale non proprio riuscito. Cast appena sufficiente.
Cangaceiro: Non inganni l'ambientazione londinese e la coproduzione internazionale perché siamo in pieno stampo Vanzina ultima generazione con una regia televisiva ed una storia corale zeppa di luoghi comuni, in testa quello degli italiani all'estero casinari, inciucioni ma buoni come il pane. Le solite situazioni da commedia almeno scorrono all'insegna del ritmo e addirittura del garbo (assente ogni volgarità). Stranamente inappropriata la scelta delle canzoni. Everett all'inizio è spaesato ma poi se la cava con l'italiano, Morelli sembra Siani, bravo Brignano.
Pinhead80: Quello che dovrebbe essere un documentario sulla vita di Franco Trentalance si rivela in realtà una riflessione generale sul mondo della pornografia arricchito dalle testimonianze di Priscilla Salerno e di Max Felicitas. Generazioni diverse a confronto che denotano differenti modalità sia di fare che di fruire il porno. Non tutto funziona alla perfezione anche perché manca un minimo di corrispettivo visivo che giustifichi quanto raccontato. L'unico che prova ad entrare più nel particolare è Cruciani che, con le sue domande, cerca di fare uscire allo scoperto il performer italiano.
Galbo: Il regista A. Fuqua (autore del bel Training day) torna con un discreto action che se non brilla per originalità (l'eroe solitario braccato da un complotto antigovernativo) è tuttavia ben realizzato, se si è pronti a trascurare qualche citazione (anche da Rambo) ed assurdità di sceneggiatura di troppo. Mark Wahlberg fa suo il personaggio ottimamente affiancato da un anonimo Michael Pena e dall'istrionico Danny Glover negli inediti panni del cattivo. Totalmente inidonea la protagonista femminile, uno dei punti deboli del film. Di evasione.
Puppigallo: E' un film quasi di fantascienza, perché la reazione di Gibson al rapimento del figlio (non pagare e arrivare a voler mettere una taglia sul rapitore, tra lo sconcerto della moglie) va un po' al di là dell'umano. Ma il film funziona, ha un buon ritmo e un bravo e credibile Gary Sinise nella doppia parte... Insomma, si tratta di un film d'azione carico di tensione (imprigionato, la reazione del bambino quando sentirà la voce del suo carceriere, i dialoghi rapitore-Gibson) che dà una certa soddisfazione. Finale esagerato. Buono.
MEMORABILE: Il percorso che deve fare il povero Gibson e la [f=356]teoria degli Eloy e dei Morloch[/f].
Siska80: Metafora sull'infanzia rubata dalla parte di chi l'ha vissuta: una bambina e il colore rosa, come si è già visto altrove. La bellezza della pellicola sta nel mantenere intatto lo stile narrativo del romanzo dal quale è tratta, raccontando in maniera sincera ma non crudele la vicenda di una famiglia ebrea che attraversa l'Europa per scampare al regime fascista. Il messaggio sull'importanza decisiva di affrontare le difficoltà uniti giunge forte e chiaro e non si può non provare tenerezza e solidarietà per i benestanti Kemper ridotti alla fame. Bravissima la piccola Riva Krymalowski.
Galbo: Semplicemente il miglior film mai girato (insieme a Fuga per la vittoria) sul calcio. Il regista in modo arguto sposta il tema non tanto sul calcio come sport ma come passione vista dalla parte del tifoso che si divide tra il tifo per la squadra del cuore in uno dei momenti topici della sua storia e la propria (problematica) vita primaria. Ne deriva una commedia ben realizzata e efficamente interpretata da un solido cast dominato da Colin Firth.
Galbo: Film d’azione senza troppe pretese basato su un complotto che impegna due agenti della CIA, padre e figlio. Benché la storia sia totalmente prevedibile e utilizzi molti dei luoghi comuni dei film del genere, il film può contare su scene d’azione ben strutturate e su due protagonisti convincenti come Lutz e la Carano. C’è anche Bruce Willis, che non incide più di tanto in un ruolo decisamente minore.
Rambo90: Interessante anche se già visto (lei chiude in cantina un uomo che forse è stato il suo stupratore durante la seconda guerra mondiale), costruito con una discreta tensione anche se mal confezionato (molte inquadrature tirate via, spesso mal fotografate). Si lascia guardare, con una Rapace intensa e un Messina perfettamente in parte a fare da contraltare ragionevole della coppia, mentre Kinnaman passa il film quasi sempre imbavagliato. Il finale sgonfia le attese confermando una scrittura poco originale, ma nel complesso non è male.
Luluke: Il problema del film, come in altri della seconda fase della carriera di Verdone, è quello della spalla al suo protagonismo. Fiorello, come poi succederà a Muccino, non riesce in effetti a stargli dietro, costringendolo a inserire all'interno della narrazione gag non sempre riuscite (la sfida in kart con il bambino) che ne minano la linearità. Peccato, perché qui Verdone sembrava quasi volersi lanciare in un lavoro di stampo più autoriale, per poi ridursi ancora una volta a rincorrere tempi comici individuali. È comunque divertente. Bel finale con la barzelletta/MacGuffin.
Ruber: Divertente e solare, vista l'ambientazione californiana. Il film trova in Wilson un surfista dal fascino sublime, rimorchiato da una bella bionda che gli promette soldi a go go con un semplice furto (naturalmente il tutto andrà in modo diverso). Il cast è veramente in forma e i dialoghi sono ben congegnati sopratutto nei momenti dove il divertimento sale. Ottima regia di Armitage che sa ben gestire le risorse, mentre lascia un po' a desiderare nella parte finale quando il film monta su un paranoico gia visto.
Giùan: Molto più dalle parti di Diritti che non di Peckinpah. Sorogoyen tuttavia è autore vero e stratifica con personale, bruciante senso politico e cinematografico le contrapposizioni sociologiche sul terreno, facendo sì una netta scelta di campo ma insinuando come sempre progressivi dubbi sulle ragioni della superiorità intellettuale dei "forestieri" quanto sui bisogni ancestrali dei villici ispanici. Sul piano prettamente filmico semplicemente magistrale la costruzione d’una tensione diffusa, orizzontalmente insostenibile, che sfocia quasi fisiologicamente in un finale non all'altezza.
MEMORABILE: La faccia lombrosiana dello straordinario Zahera; La sobrietà della Fois e la paura espressa da Menochet; Lo sfogo tra madre e figlia.
Siska80: Blogger frustrata "cacciatrice di maiali" (ossia fedifraghi) incontra Calvin, pronto a dimostrarle che esistono uomini capaci di essere fedeli: chi vincerà la sfida? Innocua commedia che sfrutta i social per raccontare una storiella banale e prevedibile da capo a coda. Il cast è alquanto modesto (si salva in calcio d'angolo giusto il protagonista, simpatico e con una recitazione meno straripante), i personaggi stereotipati e la noia la fa da padrona. Trascurabile.
Homesick: Liberamente tratto dal racconto “Tre donne sole” di Pavese, una delle opere più deboli e meno personali di Antonioni, ancora distante dall’intensità dei capolavori su crisi e incomunicabilità che partorirà di lì a poco. La tecnica del Maestro si vede nella direzione di attori e attrici – comunque non al massimo delle loro potenzialità – e nella fotografia della Torino anni Cinquanta, affidata all’esperto Gianni De Venanzio.
Jdelarge: L'importanza di un film come questo risiede senza dubbio nella buona riuscita dei virtuosismi che investono perlopiù la sceneggiatura e l'immagine; e mentre nel primo capitolo la credibilità dei dialoghi e delle scene restava solida, in questo caso si assiste a un film che funziona a sprazzi, con pochi personaggi in grado di lasciare il segno (non a caso il carattere più prorompente è quello del riciclato e stanco Marv, che non agisce nemmeno più per obiettivi personali). Il fascino moderno del film rimane comunque intatto.
Pessoa: Franchi e Ingrassia parodiano il western americano prima che Leone e co. ne comincino la revisione che lo cambierà per sempre, e questo è già di per sé un titolo di merito. Inoltre nell'intelligente sceneggiatura di Ciorciolini si trova tanto del successivo spaghetti cui il grande mestiere dei protagonisti dona una grande vitalità che in parte supplisce alla fisiologica lentezza del genere. Lo script, pur ancora piuttosto grezzo, azzecca parecchie battute che sfociano in una risata convinta. Nel complesso uno dei migliori film del duo siciliano, imperdibile per i loro fans.
MEMORABILE: "Io quasi quasi me ne torno in Sicilia che lì almeno non ammazzano nessuno" (Ingrassia).
Ciavazzaro: Mastroianni filma l'ennesimo tv-movie catastrofico, con un cast televisivo e Wagner (conosciuto per il ruolo di Nick Marone, nella soap Beautiful). Come al solito, la tensione latita e il pazzo del film medita una vendetta assurda (per vendicarsi della ragazza vuole uccidere tutti su un aereo?). L'elemento catastrofico è limitato a un po' di gas nervino.
Saintgifts: La seconda parte, quando la commedia si trasforma in giallo mantenendo comunque un tono brillante, è senz'altro la migliore. Il film ha una benefica scossa, e aiuta anche l'entrata in scena di Pino Caruso, commissario siciliano, naturalmente. Gli attori fanno bene la loro parte, Dorelli è una sicurezza, ma a me è rimasta impressa la Villoresi, diciannovenne da far girare la testa e dalla recitazione molto disinvolta e convincente. Ad aiutare il bravo Festa Campanile c'è Neri Parenti.
Ciavazzaro: Buon classico della coppia, non una delle pellicole migliori ma molto bella. Stanlio che resta per vent'anni in trincea è una buona idea e, nonostante il film duri poco, vi sono belle trovate comiche (ad esempio quando Ollio, saputo che Stanlio è vivo, cerca disperatamente di uscire dallo stabile procurando a se stesso e agli altri guai di tutti i generi).
Homesick: Estivo e langarolo, ripropone fedelmente il racconto di Pavese da cui è tratto, riflettendo sugli interrogativi filosofici di tre giovani studenti e di una coppia da tempo in crisi, interpretata dal viveur Barberini e dalla bella, ambigua e ammaliatrice Silverio. Il ritmo è lento e la recitazione di stampo televisivo, ma il film è da vedere almeno per effettuare un confronto con il bel testo di Pavese.
Cotola: Routinario thriller sovrannaturale che si avvale di una confezione professionale ma che non riesce mai davvero ad intrigare ed avvincere come si richiederebbe al genere, poiché tutto risulta troppo piatto e scialbo. Così di spaventi ce ne sono pochi e di colpi di scena pure. Mediocre: e dire che il regista sembrava promettere bene.
Ciavazzaro: Insomma. L'Albertone nazionale in trasferta londinese recita (neanche con troppo impegno, a mio avviso) in una pellicola del tutto dimenticabile. Cast secondario così così, non si ride molto. La sceneggiatura è abbastanza approssimativa. Da citare solo Sordi vestito da perfetto inglese con bombetta.
124c: Lo Sturmtruppen di Salvatore Samperi, tratto dalle famose strisce a fumetti di Bonvi, generò questa parodia della parodia. Se Samperi mischiava i fumetti con la comicità del Derby, inserendo, accanto a Cochi e Renato, un sacco di cabarettisti milanesi fra cui Boldi e Teocoli, "Kakkientruppen" cerca di usare i comici più in degli anni 70: Lino Banfi, Giafranco d'Angelo, Mario Carotenuto e Oreste Lionello, in una satira anti-militare debole e piena di barzellette. Fra le gag: i karateki omosex.
MEMORABILE: Soldato uno: "Kara, te!" Soldato due: "No, te kara!" Lionello agente Gestapo: "Il nazismo non è più duro!" Soldati: "No, usa il Cia... cia.. cianuro!"