Che film ci sono stasera in tv in prima serata? Ma non solo questa sera, anche la mattina o il pomeriggio, se capita una giornata di pausa. E i più nottambuli possono trovare anche i film che vanno in onda a tarda notte, i cosiddetti fuori orario. Cliccate sulle frecce per cercare tra i palinsesti passati e futuri oppure controllate direttamente tutta la settimana. Il numero del canale si trova tra parentesi dopo il suo nome. Se non c'è, cercatelo qui: numero canale. Cliccate sull'icona calendario a fianco della scheda per appuntare un promemoria su quel film in agenda. Se siete loggati potete cliccare anche sulla stella per contribuire alle segnalazioni. Come? Scopritelo
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B. Legnani: Grazioso quadretto di vita proletaria in quel di Roma, tra truffette varie e malriuscite. Spiccano Franco Fabrizi (perfetto per il ruolo) e il sorprendente Giancarlo Costa, a me - lo confesso - totalmente ignoto. Fra le donne domina Giovanna Ralli. Totò viaggia da par suo e De Sica pare divertirsi. Caruccio e corretto, ma nulla di più: **.
Undying: Alfredo Pea, dopo la sua "performance" data ne L'Insegnante, viene diretto dal medesimo regista; la storia viene quasi riproprosta (anche l'obiettivo è lo stesso: la Fenech) con variante tematica (qui l'angusto ambiente da caserma) e con insistenza su situazioni comico-volgari quasi estreme. Primo film di una trilogia surreale che accarezza il lato volgare, facendo ricorso alla presenza di ottimi caratteristi.
Lupus73: Come remake di una commedia dei '40 ci si aspetterebbe che in qualche modo lo humor fosse un po' rivisitato per stare al passo coi tempi senza snaturare lo "spirito" originale, ma purtroppo la comicità risulta piuttosto datata e si alternano momenti divertenti ad altri insipidi. Molto curati la confezione, la scelta dei colori vividi, gli arredi e le ambientazioni che rispecchiano anni in cui si accavallava un obsoleto eclettismo o il neo liberty al nascente razionalismo del movimento moderno (si veda la villa). Dan Stevens sprecato per una frivolezza del genere.
Motorship: Terrificante commedia erotica ambientata in Toscana. Un film nel quale è difficile trovare qualcosa da salvare, tranne forse la bellissima Dagmar Lassander (che tra l'altro ruba la scena all'altrettanto gradevole Stella Carnacina, protagonista del film) che ci allieta con dei nudi da urlo. Per il resto non funziona proprio nulla, dai dialoghi alla sceneggiatura, per non parlare della povertà dei mezzi. Anche se c'è da dire che il cast male non se la cava e la caratterizzazione di Arena sindaco è abbastanza buona.
Rigoletto: Come western ha un difetto non da poco: la mancanza di una vera azione concreta, cosa che contribuisce a farlo invecchiare precocemente; e è un peccato perché la confezione scelta dal regista Thorpe era sicuramente di valore e ovviamente da sola non è bastata per riassettare un equilibrio ormai compromesso. Burt Lancaster non è più alle prime sgambate e che sia un cavallo di razza lo si vede chiaramente anche in un film che non lo aiuta a tirare fuori il meglio di sé. Visto per completezza ma evitabile.
Samuel1979: Splendido e doveroso omaggio al compianto musicista e compositore la cui recente scomparsa brucia ancora, per gli amanti della buona musica. Merito di Pino è quello di aver riscattato il dialetto napoletano conferendogli una maggiore popolarità fra i giovani; il suo è un linguaggio sicuramente nuovo e raffinato che ha saputo unire le varie sfaccettature della città di Napoli pur non dimenticando di denunciarne i problemi sociali al suo interno. Fra i vari artisti che gli rendono omaggio risalta indubbiamente Phil Manzanera, celebre chitarrista dei Roxy Music.
Pstarvaggi: Un piacevolissimo filmetto, girato con mestiere da Comencini. Totò vi è protagonista assoluto, ottimamente spalleggiato da attori di vaglia (Castellani, Benti e la Gallini su tutti). Le tante belle donne del cast, per una volta, non sono solo una presenza di contorno. La grande quantità di battute e gag, oltre che dall’estro del Principe, è assicurata dalla sceneggiatura firmata da umoristi di prim’ordine quali Metz e Marchesi.
Puppigallo: Parte bene, con qualche buona battuta e piacevoli duetti dei due protagonisti, ma più si va avanti e più la grana s'ingrossa, diventando macigno nella parte finale (l'orango partoriente). Simpatica la presenza di Leroy, in formato Janez. Troppo poco però per salvare una pellicola tirata come una gomma da masticare. Nota di merito per la Arcuri che, alla fine, farà una bella sorpresa a noi maschietti. Per il resto il film è quasi totalmente perdibile.
Ducaspezzi: Non è un disaster-movie. Ergo, le godibili spettacolarizzazioni della primissima parte - che stanno benissimo dove e come stanno - servono solo come forte preambolo (utile all'economia della trama per i vari dettagli e modi del catastrofico incidente) della vicenda che, poi, ci narrerà sì di un "disaster", ma interiore ed esistenziale, con tutti i giusti crismi strutturali e recitativi della cosa! Quindi alla fine risulta appropriato non cedere alla immediata tentazione di attribuire al film due velocità disomogeneizzanti. E che Denzel!
Ercardo85: Ha ragione chi dice che Cimino è un manierista/narcisista e la splendida sequenza della cadillac che corre in mezzo ai cavalli fra le strade impolverate al tramonto con la Monument Valley sullo sfondo confermerebbe questa teoria. Come film di avventura è veramente notevole, anche se il messaggio New Age di fondo ed il finale con lo stregone indiano che appare come fosse la Madonna di Lourdes potrebbero irritare (giustamente) qualcuno. Letteralmente massacrato dalla critica USA.
MEMORABILE: La corsa della Cadillac fra i cavalli.
Galbo: Sebbene sia il primo lungometraggio animato del maestro Hayao Miyazaki (lo studio Ghibli non è stato ancora fondato) e non si basi su un personaggio da lui creato, già in questo film il grande artista giapponese mostra appieno la sua grande personalità creativa. La cura dei personaggi, la dinamica delle scene e la ricchezza di sfumature in sfondi e paesaggi, saranno elemento centrale nella produzione del disegnatore ed impreziosiscono in modo evidente questa avventura di Lupin senza snaturare il personaggio.
Samuel1979: Considerando i due attori e il loro talento pensavo facessero a gara a suon di battute, invece a sorpresa c'è molta sintonia e nessuno prevarica sull'altro; in fin dei conti se la commedia è di buona fattura il merito va attribuito al duo Salvi-Battista, poiché il film comunque nel finale scende di livello. Ceccherini si sarebbe potuto sfruttare meglio e la sua presenza passa inosservata; ottima colonna sonora e bellissima la Bonanno.
MEMORABILE: Salvi a Battista: "Te perchè stai qua? Hai rapinato un negozio de parucche?"
Piero68: Finalmente un fight-movie con una storia alle spalle se non altro potabile. E anche se la sceneggiatura è zeppa di stereotipi, ruffiana e telefonata, se non altro c'è. O' Connor, dopo Pride and glory dimostra ancora una volta di avere una buona confidenza con la mdp. E se i due fighter risulteranno buoni, nel complesso chi delude (e tanto, visto il suo curriculum) è proprio Nolte, totalmente incapace di confezionare un'espressione credibile. E' vero che anche il ruolo non lo aiuta, visto che petulante proprio non lo è. Belle le coreografie MMA.
Furetto60: L'11 settembre è una ferita ancora aperta per il popolo americano e newyorkese in particolare; il film affronta il tema visto con gli occhi di un ragazzino che perde il padre. Lo spunto è interessante e coinvolgente, i nodi sospesi vengono felicemente sciolti nel finale. Forse troppo calcate alcune situazioni che potrebbero trasformare il film in un facile lacrima-movie, ma a salvare il tutto c'è l'eccezionale interpretazione del giovane Horn che, per intensità interpretativa, ricorda Billy Elliot.
MEMORABILE: Papà diceva che i racconti devono essere condivisi. La chiave non è... la chiave di tutto.
Mascherato: Almeno all'inizio Seagal si accontentava di interpretare o poliziotti o militari. Poi ha alzato il tiro e, dopo essere stato scienziato in The Patriot, qui fa addirittura l'archeologo (sic!). L’approssimazione della regia di Oblowitz (che ha già diretto, con Seagal, il disarmante The Foreigner) ha del sublime (il carrello sul tavolo attorno al quale sono riuniti i componenti del team “fetentone” pare lo stesso, anche se i momenti narrativi sono diversi). Ma che fatica arrivare alla fine!
Markus: Il tema dell'amicizia è affrontato da Alessandro Siani attraverso una commedia romantica dai toni caramellosi ma almeno, in quest'ultima fatica, tenuti a bada in favore d'un modesto ghigno che talvolta fa capolino. In questo senso è benevola la presenza di Max Tortora - una spanna sopra a tutti, compreso il protagonista - che regala verve e qualche guizzo di umorismo romano che pare, in taluni frangenti, una boccata d'ossigeno. Matilde Gioli spaesata e si vede, non funziona quasi mai. Notevole il ripescaggio di un ex grande caratterista come Pippo Santonastaso.
Anthonyvm: Notevole dramma survivalista che, grazie a un ottimo cast e a una seconda parte efficacemente cruda, si fa ricordare nonostante certe convenzionalità narrative e dialoghi non sempre incisivi. I personaggi sono sufficientemente tratteggiati (il pubblico simpatizza a prescindere dall'affinità che si ha con certi sport estremi) e gli effetti visivi talvolta sbalordiscono. Nonostante il setup si prenda tempi parecchio lunghi, piccole parentesi adrenaliniche (Brolin che rischia di cadere nel crepaccio) spezzano strategicamente la lentezza, prima dell'intensa tranche conclusiva. Non male.
MEMORABILE: I ponti sospesi; Rob e Doug senza ossigeno; Il toccante dialogo telefonico fra Rob e sua moglie; Le condizioni di Brolin alla fine dell'avventura.
Rigoletto: Va bene che Batman è un personaggio della notte, ma vederlo cercare di districarsi in mezzo al buio pesto è troppo anche per lui. Burton cede il timone a Schumacher e la nave cambia rotta, passando dalle tinte scure e oniriche che ci hanno ammaliato nei primi film a un action movie tutto basato sulla spettacolarità; scelte interpretative diverse, è evidente, ma a soffrirne maggiormente sarà lo spettatore più conservatore. Ottimi Carrey/Jones, mentre il protagonista Kilmer (prova onesta) si riscopre più umano di Keaton e perde il confronto.
Giacomovie: Panariello si fa in quattro (personaggi), ma a differenza di Verdone non ne azzecca uno; anzi, per la pochezza di idee e l'inconsistenza degli sketch fa rimpiangere il peggior Vitali. Un film dalle pretese comiche che non riesce a tirar fuori nemmeno la comicità involontaria è un pieno fallimento. Magra consolazione le scollature della Arcuri. Tra i peggiori film che ho visto, questo è tra i primi in classifica.
Enzus79: Commedia semplice, deliziosa e intelligente. Freeman e la Tendy sono la classica coppia cane e gatto che poi finirà con una solidissima amicizia. Da ricordare anche Aykroyd, che qui è un pancione simpatico. Comunque reputo eccessiva la vittoria dell'Oscar come miglior film.
Il ferrini: Classico disaster movie a stelle e strisce nel quale un manipolo di improvvisati eroi deve salvare il mondo (vedi Armageddon, ma anche Deep Impact). Stavolta però la minaccia non arriva dallo spazio bensì dal nucleo della Terra, che avrebbe cessato la sua attività (un po' come il sole in Sunshine di Boyle). La storia è del tutto inverosimile, la CGI rivista oggi abbastanza grossolana - specie la distruzione di Roma - e i personaggi piuttosto anonimi. Si salva per il ritmo e per il coraggio dello spunto iniziale. Staccando il cervello ci si può divertire.
Siska80: Due amiche vengono separate in maniera inattesa quando cade il muro di Berlino: ce la faranno a ricongiungersi? Poco contano l'assoluta mancanza di tridimensionalità e il design fumettistico: storie come questa, ampiamente educative, riescono a trasmettere non solo l'atmosfera claustrofobica e desolante che si respirava all'epoca, ma anche la voglia di lottare per i propri ideali e di credere nella possibilità di un domani migliore. Empatico il personaggio della ragazzina protagonista, tenera e determinata (e con la pessima ma spesso utile abitudine di origliare dietro le porte).
Daniela: Per aver scoperto una truffa messa in atto all'interno della compagnia finanziaria in cui lavora, una ambiziosa donna manager finisce nel mirino di un killer maldestro e resta intrappolata all'interno di un ascensore... Insignificante thrilleruccio, prevedibile nella sua inverosimilianza, goffo nei dialoghi e nel disegno dei personaggi, banale nell'epilogo moralistico. Difficile immedesimarsi in una protagonista col fisico da top model che mena come Rambo ed in un lampo capisce tutto l'inghippo contabile. Quanto a McDowell, la sua prestazione marchettara si limita a pochi minuti.
Ryo: Film deludente. Ci si aspettava di più da un film programmato al cinema che la solita caciara con urla interminabili e irritanti, combattimenti e trasformazioni continue. Queste ultime poi, perdono anche l'efficacia, l'attesa e l'epicità di un evento che nella serie animata Z si verificava di rado e solo in momenti di altissimo climax. Belli gli effetti grafici e ben curato il doppiaggio italiano.
Gabrius79: Allegra e spumeggiante commedia teatrale dove Vincenzo Salemme dà il meglio di sé attorniato da un cast che gli tiene egregiamente testa. Battute a raffica e giochi di parole si susseguono senza sosta nelle due ore di questo ritmato spettacolo senza mai annoiare. Davvero una piacevole sorpresa nel panorama teatrale. Da vedere perché si ride di cuore.
Saintgifts: Nonostante le sparatorie e tanti morti ammazzati, lo definirei un western per famiglie. Per famiglie perché "morbido": non c'è nessuna tensione, si sa in anticipo quello che succederà con la certezza che tutto andrà per il meglio. Ci sono pellerossa buoni, troppo buoni e pellerossa cattivi ma che non fanno paura. Hondo è sicuro di se, nulla gli può succedere; se non fosse per qualche bicchiere di whisky sarebbe il più morigerato degli uomini. Una visione rilassante con vicende e personaggi reali, ma lontani dalla realtà.
Markus: Bella donna single, dedita completamente al lavoro (gestisce un'azienda ereditata dal padre), per una serie di complicazioni burocratiche... deve trovare marito! La graziosa Jes Macallan si è messa nelle mani più esperte per questo genere di film sentimentali di grana assai grossa: la regista Letia Clouston. Il film si muove con qualche "colpo di scena" per dare vigore a una vicenda altrimenti assai prevedibile. Si guarda in ogni caso volentieri, ma senza lasciare traccia.
Daniela: Dopo un infarto, un autista d'autobus vuol rintracciare la figlia abbandonata venti anni prima. Scoperto che insegna in una scuola di danza, decide di iscriversi sotto falso nome al suo corso di rumba... Alla seconda regia, Dubosc conferma il garbo mostrato nell'esordio con un film forse meno brillante ma comunque piacevole che, dopo una prima parte da commedia degli equivoci piuttosto scontata, acquista spessore nella seconda più intimista e con un epilogo che riserva un pizzicotto al cuore per l'inaspettata tenerezza, tale da far guadagnare mezzo punto nel giudizio finale.
Homesick: Ambivalente. Da un lato, il potere delle multinazionali, i rapporti interpersonali sempre più astratti, i licenziamenti come drastica soluzione ai problemi di una grande azienda; dall'altro, un dispensabile taglio da soap-opera, con la moglie incinta fuori tempo massimo e i novelli Giulietta e Romeo. Tutto sommato, il film si mantiene in equilibrio grazie alla spiritosità di fondo e al mestiere degli attori: il maturo Quaid, il rampante Grace, il dimesso Paymer e - in un folgorante cameo - il pescecane McDowall.
Siska80: Cacciato dalla foresta, Picchiarello finisce in un campo estivo dove però combina altri guai. Spassosa pellicola per tutta la famiglia in cui il pennuto protagonista dà il meglio di sé strappando più di una volta un sorriso: ciò è favorito dall'ambientazione che, per quanto sia monotematica, ingloba una serie di personaggi di ogni età che non passa inosservato. Dal punto di vista degli effetti speciali, al contrario, l'uso del digitale è palese e il risultato complessivo non è in tal senso soddisfacente. Ciononostante, merita la visione perché sa come intrattenere piacevolmente.
Ryo: Una perdita di tempo: noioso, scadente (e non solo per i pessimi effetti speciali) e con una credibilità sotto lo zero. I personaggi fanno di tutto per mettersi in pericolo da soli, prendono le decisioni più stupide e rischiose. Per non parlare del protagonista, un colonnello militare che va in giro con giubbotto in pelle e Harley Davidson venendo meno alle proprie responsabilità per agire in maniera totalmente egoistica. E infine, nessuna spiegazione sul perchè queste metoere si siano accanite tutte su San Francisco (?). Disgustoso...
MEMORABILE: Tutto cade a pezzi? Ma sì... andiamo sul golden gate! Saliamo su un palazzo! Andiamo all'aria aperta a fare riprese Tv, corriamo in moto...
Kanon: La prima parte è sicuramente la migliore. Ricca di ironia, con dialoghi veramente incalzanti e ben caratterizzata con lo scontro istruttore/allievi ed i suoi metodi di formazioni fuori dagli schemi. Poi però, una volta addestrati, occorre una guerra per dimostrare che adesso sono uomini e non più pischelli. Ed ecco la seconda parte costituita da un tranquillo film di guerra neanche tanto coinvolgente. Van Peebles scatenato: io sono l'Ayatollah del Rock and Roll!
Capannelle: Si vede subito che deriva da un fumetto e White riesce a mantenerlo carico senza scadere troppo nel ridicolo. Qualche passaggio risulta prevedibile, qualche carattere troppo spinto (il cattivo ad esempio quando l'ombrello cade), ma il film è anche capace di regalarci alcune scene da antologia: il congedo di Aisha dai cinque, lo "swish" del coltello stile Diabolik e il tiro a segno sulla Ducati. Il tutto affogato nel nonsense tipico del genere e con un casting appropriato (con Morgan divertito nello scoprire i piaceri di una Avatariana ritornata reale).
MEMORABILE: "Clay, lei ha due pistole e una è puntata sul mio cazzo"... "Beh, meglio che sulla testa"... "Non saprei".
Paulaster: L’età di Pieraccioni arriva ai quaranta e si passa alle donne mature e separate con figli. Lo svolgimento è lineare con punte di leggerezza, momenti umani con Panariello (alla lunga annoia però) e con la sacralità di Ceccherini autentica sorpresa. Estremo buonismo con le seconde linee meno efficaci (vedi Papaleo spalla occasionale). Buona presenza di Guccini.
Pau: Laddove nell'originale i toni erano più ambigui e prevaleva il non visto/non detto, il remake americano punta su una tensione esplicita, "sudata" e va spesso sopra le righe. Nondimeno funziona, grazie a un soggetto che è un pugno nello stomaco (dal romanzo Brainwash di John Wainwright) e ai due protagonisti, il compassato Freeman e l'istrionico (a tratti troppo) Hackman. Sotto l'aspetto stilistico perde il confronto col raggelato e claustrofobico predecessore; ma poche dive del cinema sono apparse più belle di Monica Bellucci in questo film.
MEMORABILE: Le inquadrature in esterni (il film è ambientato a Portorico) conferiscono al film un'atmosfera torbida, torrida, morbosamente sensuale.
Galbo: Grazie ad un macchinario di Van Helsing, il genero di Dracula si trasforma in un rettile mostruoso e lo stesso conte acquisisce caratteristiche umane. Il quarto capitolo della serie dedicata all’hotel dei mostri è il migliore dai tempi del capostipite, grazie sopratutto alla trovata dell’umanizzazione del protagonista, che, grazie ad una sceneggiatura brillante, è il pretesto di gag brillanti condotte con ritmo elevato. Non mancano i riferimenti più seri, come quello del ricambio generazionale. Come sempre elevato il livello dell’animazione. Ottimo anche il doppiaggio.
Siska80: Produzione palesemente ambientalista, racconta delle peripezie che una sorta di Tarzan in gonnella affronta per salvare dalla distruzione la giungla amazzonica. Nonostante la trama non particolarmente originale, il film è inappuntabile dal punto di vista di grafica e animazione, gode di un ritmo costante, presenta personaggi simpatici (in special modo le due guide spirituali), una protagonista graziosa (fragile e nel contempo tosta) e un finale che scalda il cuore. Adatto a tutta la famiglia, merita un plauso anche per il doppiaggio italiano accurato. In definitiva buono.
MEMORABILE: La tartaruga gigantesca; Il disboscamento.
Digital: I revenge movie spuntano un po’ come funghi, il che rende complicato defilarsi dai cliché tipici di questo genere. Il film di Morel difetta proprio per la scarsa originalità, con una trama che segue pedissequamente tutti i vari passaggi topici e una regia senza alcun colpo d’ala. Non dispiace particolarmente ma tocca settare al massimo il livello di sospensione di incredulità per pensare a una casalinga che di punto in bianco diventa meglio di Rambo nei suoi giorni migliori. Puro e semplice divertissement per trastullarsi tra un popcorn e l'altro.
Don Masino: Film pieraccioniano nel solco dei precedenti, col prevedibile rispolvero di caratteristi amici (Ceccherini e Papaleo innazitutto, ma anche un redivivo Giorgio Ariani nella fuggevole parte dell'onorevole terrorizzato dagli attentati). Storiellina vista mille volte con lui e lei che si amano fino al momento in cui interviene un fattore esterno (la proposta per un calendario vagamente sozzo). Il protagonista appare un po' stanco al contrario della Torrisi, pimpante, bella e simpatica. Col suo toscano "verace" funziona abbastanza: una bella sorpresa.
MEMORABILE: Ceccherini/Baccano che balla sulle note di [f=1571]Grease [/f]cantate da Papaleo e Chiara Francini (anche nella realtà).
Capannelle: La seconda guerra in Iraq e come i governi inglese e americano hanno cercato di forzare il consenso dell'opinione pubblica. Cose ormai dibattute che cercano di riprendere vigore con la prova della Knightley in un film per la verità abbastanza soporifero. La trama si sviluppa secondo binari prevedibili e quando cerca un'accelerazione, tipo quando si interessa del marito di lei, trova poi un epilogo neanche convincente. Cast e fotografia come si deve ma le emozioni latitano.
Funesto: Non è altro che il classico filmetto americano natalizio per famiglie e, trattando addirittura un argomento struggente come la morte di un padre di famiglia, offre senz'altro il destro a grandi colate di miele. In effetti l'opera non s'eleva dalla mediocrità, avendo come unica freccia al proprio arco l'originalità della trasformazione dello spirito inquieto in un pupazzo di neve. Per il resto poco divertimento, gag scontate (anche se qualcosa funziona), molto buonismo e perbenismo e discreti SFX. Ps: ma quant'è bona la mamma del protagonista...
MEMORABILE: Il ragazzino suona l'armonica difronte al suo pupazzo di neve e questo... prenderà vita.
Bibi: Scene di famiglia finché non scompare la figlia di una giovane donna, già divenuta nonna e costretta a provvedere al suo nipotino. In seguito la scomparsa diventa un dettaglio, fuoriesce quasi del tutto dalla narrazione e la sceneggiatura si focalizza totalmente sul vissuto della madre, con i suoi amori infelici e il suo bel rapporto con la sorella e il nipote. E la scomparsa della figlia? Solo verso la fine si verrà a sapere come sono andate le cose. Il tutto senza mai approfondire nulla. Il cast lavora discretamente e in parte risolleva le sorti di un film altrimenti insufficiente.
Undying: Colossale (in senso economico) prodotto marchiato Steven Spielberg. Ha fatto epoca e resta strano come il regista abbia saputo inserire elementi (in particolare gore) poco adatti ad un pubblico adolescenziale, mentre il titolo è indirizzato alla classica famiglia al completo. Parte del successo è da attribuire ad Harrison Ford, perfettamente calato nei panni dell'intraprendente personaggio del film; oltre, ovviamente, alla magnifica messa in scena. Ad ogni modo, rivisto oggi, ha perso buona parte del suo fascino...
Daniela: Avvocatino fresco di studi e molto ambizioso viene assunto da uno studio di Memphis. Lo stipendio è altissimo, le prebende ricche, ma Babbo Natale non esiste e la realtà si rivelerà ben presto diversa... Solido film di intrattenimento, come spesso accade per le trasposizioni dei romanzi du Grisham può contare su una trama ben congegnata, professionalmente messa in scena da Pollack, ma un pò scontata nei suoi sviluppi. Visione comunque resa gradevole dal cast di contorno, prestigioso anche nei ruoli minori, guidato dal rodato Hackman.
MEMORABILE: Il piccolo ruolo di Busey (adorabile sempre), detective arruffone, con una spiritosa Holly Hunter versione pupa rossa come socia/amante
Von Leppe: Prende spunto da un demone femminile del folclore abruzzese, una sorta di succubo che ghermisce i bambini la notte; malgrado ciò la trama non presenta niente di nuovo rispetto a ciò che propongono molti film dell'orrore attuali, oltre a essere poco risolta. Riuscita invece l'ambientazione rurale appenninica (c'è pure il Lago del Turano) e soprattutto il casale antico dove è ambientata la storia, il quale rappresenta un'ottima alternativa alle consuete case visibili nei tipici horror odierni, specie quelli d'oltreoceano.
Smoker85: Proseguono le disavventure dell'orco bonario, accasatosi con la principessa e liberatosi degli inquilini che avevano invaso la sua cara palude. La love story tra i protagonisti impone la conoscenza coi regali genitori di Fiona e le interferenze subdole di un altro classico personaggio delle fiabe ancora una volta rovesciato nelle logiche di trama della serie. Si ride un po' meno rispetto al primo capitolo, ma il ritmo e le gag sorreggono bene anche in questo primo sequel. Abbastanza divertente la new entry rappresentata dal Gatto con gli stivali.
MEMORABILE: Gli sguardi tenerelli del Gatto con gli stivali.
Giacomovie: Sulla scia del boom in quegli anni delle discipline new-age, Jena-Jacques Annaud produce e dirige un film spettacolare, con una ricchezza visiva e un fascino mistico-spirituale che attraggono; ma la pellicola non va oltre, risultando povera di contenuti. Si è cercato di farne un kolossal diluendone la durata, in modo non sempre opportuno. Curiosa la scena (per noi occidentali) in cui degli operai che scavano si fermano per salvare i lombrichi, mettendoli scrupolosamente da parte: un invito al rispetto per ogni forma di vita.
Galbo: Dopo la conclusione poco memorabile della serie precedente, una ripresa di cui non si sentiva il bisogno. Nonostante gli importanti cambiamenti davanti e dietro la macchina da presa, la sostanza cambia poco è il film “vive” delle gag create dagli insoliti personaggi digitali ben realizzati e dalla varietà delle location scelte, che ne fanno quasi un “Bond” in salsa fantascientifica. Per il resto, poco da segnalare e molta ripetitività. Mediocre.
Siska80: Un uomo che sta pregustando momenti di serenità con la moglie riceve due (s)gradite sorprese in un colpo solo. Il titolo della serie svela il finale, che comunque è intuibile, visto l'andazzo da commedia che si respira sin dai primi minuti. Lo spunto non è originale ma comunque è verosimile e attuale, dando vita a una storia nel complesso mediocre ma che si lascia seguire per qualche momento grottesco riuscito e dei protagonisti simpatici e in sintonia: ci si riferisce ovviamente alla coppia adulta Autieri/Marcorè, dato che quella giovanile è scontata e a volte un po' noiosa.
Paulaster: Agente pubblicitario si finge il marito della vicina di casa per ottenere un'eredità. Commedia degli equivoci che almeno nella prima parte offre anche spunti sociologici e di costume. Gli spunti si riducono man mano nei passaggi da una casa all'altra e le tinteggiature finali debordano dal clima leggero. Lemmon si spegne di conseguenza, tanto che la famosa eredità esce dai radar e si rimane con un classico lieto fine. La Schneider è fresca ma in scena ha bisogno di appoggio.
MEMORABILE: Il periscopio del camioncino dell’investigatore privato; La prostituta verniciata.
Lovejoy: Rivisitazione in chiave parodistica del celebre romanzo di Collodi, ha dalla sua un buon ritmo e diverse gag e battute molto divertenti. Affiatati e simpatici i tre divi protagonisti, su cui spicca la figura di Geppetto (interpretato in maniera magistrale da un irresistibile Carlo Monni). In definitiva, un buon prodotto.
Il ferrini: Sceneggiatura poco convincente (Giallini dal 2019 si ritrova nel 1982 e guarda caso ha con sé mezzo milione di lire? Ma sul serio?) e un Gassman totalmente fuori parte - andrà meglio nel secondo capitolo - sono i grandi difetti di un film che la potenzialità e il cast per fare molto bene ce l'aveva. Giallini e Leo infatti sono impeccabili, Tognazzi se la cava, convincente la Pastorelli. Non tutte le gag sono irresistibili, non tutto s'incastra, ma il film si fa seguire e il finale aperto fa tanto Zemeckis de noartri. Buona la ricostruzione degli anni '80 (auto, TV, costumi).
Ciavazzaro: Discreto seguito fotocopia del primo. Per l'ultima volta torna Scheider e c'è pure il bravo Joseph Mascolo, ma la solfa non cambia e in questo caso non si riscontano particolari guizzi inventivi. Comunque il film rimane discreto, pur non sullo stesso piano del precedente film. Guardabile.
Straffuori: Poliziotto italoamericano cresciuto accanto alla mafia ma onesto per vocazione vuole vendicare l'amico e collega ucciso a sangue freddo da un delinquente spacciatore di quartiere drogato fino al midollo. Nell'arco di una giornata cercherà di fare giustizia a modo suo. Film divertente e completo in cui vediamo piccoli spaccati di vita familiare, amore e rispetto per la "famiglia" e gli animali oltre a begli inseguimenti, combattimenti, violenza, sparatorie. Seagal nel pieno del successo funziona, il cattivissimo e flippatissimo Forsythe anche. La Gershon un fiore. Bel film.
MEMORABILE: Combattimento in macelleria con mannaie conficcate nella mano e uomini urlanti; Combattimento con stecche e palle da biliardo.
Puppigallo: Pellicola, che va vista come documento storico in grado dimostrare cosa abbiano dovuto subire le persone di colore, anche in ambito sportivo. Il film in sè non offre molto, anzi, si limita a mostrare il pregiudizio, senza approfondire troppo e lasciando tutto sulle spalle del protagonista, che tenta di ergere un muro di indifferenza (cosa "piuttosto" complicata, vista anche l'esposizione, che lo sport comporta). Gli attori sono dignitosi (Ford, vecchio padrone della squadra, fa il compito); e il risultato, che sa però un po' di alleggerito, rispetto a quella realtà, non è poi così male.
MEMORABILE: Il coach della squadra avversaria, che lo insulta e gli urla "Negro negro negro negro!"; Ford spiega al protagonista perchè l'ha voluto in squadra.
Von Leppe: Prende spunto da un demone femminile del folclore abruzzese, una sorta di succubo che ghermisce i bambini la notte; malgrado ciò la trama non presenta niente di nuovo rispetto a ciò che propongono molti film dell'orrore attuali, oltre a essere poco risolta. Riuscita invece l'ambientazione rurale appenninica (c'è pure il Lago del Turano) e soprattutto il casale antico dove è ambientata la storia, il quale rappresenta un'ottima alternativa alle consuete case visibili nei tipici horror odierni, specie quelli d'oltreoceano.
Homesick: I film hollywoodiani sui personaggi della storia antica finiscono sempre con l'abbandonare la coerenza della narrazione in favore di spettacolarità e banalizzazioni: e qui l'enfasi cade sulla bisessualità del condottiero, per la gioia e il vanto del trend attuale. Se la Jolie conferma la sua consueta mediocrità artistica e si limita sgranare i verdi occhioni, da attori altrove convincenti (Farrell e Kilmer) ci si aspettava di più. Alla fine restano impresse le grandiose scene di battaglia e lo sguardo sconfitto di un sorprendente Degan; Hopkins e Plummer confermano la loro consumata bravura.
Marcolino1: Il film è girato con un budget limitato, dalle scenografie di cartone ai costumi, ma il regista riesce a cavarsela dignitosamente nonostante tutto, confezionando nell'insieme un lungometraggio appetibile, anche nelle riprese degli esterni e della folla. Lo stile ricorda i peplum anni 50-60, anche se il film è del 1981, sia come ambientazione, sia per quanto concerne inquadrature e dialoghi. Con i due personaggi citati nel titolo logicamente si troveranno un crescendo di depravazioni, che degenereranno in animal-sex, nani e Salvatore Baccaro!
MEMORABILE: La coppia di neosposi con lui sodomizzato; Gli accoppiamenti tra asini e cavalli e la piscina col latte d'asina; La scena col nano e con Baccaro.
Katullo: Donen ha spesso preferito che l'ingrediente di base fosse la leggerezza e in questa quasi parodia bondiana non mancano incalzanti siparietti e dialoghi una spanna sopra la canonica commedia hollywoodiana. Peck sciorina verve e battute a profusione, la Loren, nel fiore della sua massima esposizione, è una Pollock-girl diligente anche se il suo impiego cine-internazionale annovera alti e bassi. Titoli iniziali alla 007 "fatto in casa" con ottimo corredo sonoro, vicenda annodata come non mai e sincopata a dovere, ma mai da prendere troppo sul serio. Qualche buco nel doppiaggio.
Minitina80: Una buona pellicola che affonda le radici nello spionaggio, per giunta all’interno della stessa FBI. Non ricorre, per fortuna, a scene d’azione folli e rumorose, né a stratagemmi ruffiani che ne avrebbero compromesso l’esito. Si muove sul gioco delle parti, puntando sulla psicologia dei personaggi ma senza approfondire molto, quasi fosse un divieto. A voler essere puntigliosi, mosso dal desiderio di portare le situazioni al limite e godere di rimando della tensione generata, non sempre riesce a essere perfettamente credibile, ma è un aspetto sul quale si può transigere.
Giùan: Interessante sia nel delineare l'oscuro rapporto individuo/istituzione negli USA che per come sabota gli elementi cardine del biopic. Richiamandosi alla controversa struttura polifonica del Quarto potere wellesiano (ma pure al vortice concentrico di stili del precedente Changeling), più che all'inattendibile "crescendo" spettacolare degli eponimi del genere, il gran vecchio Clint pare perseguire il progetto senza il necessario mordente, smarrendosi dietro lo stesso complessato grigiore del personaggio Hoover (ancora un [in]credibile Di Caprio).
MEMORABILE: L'inappuntabile sguardo di fedele, non aggressiva, burocratica tenerezza di Naomi Watts.
Saintgifts: La prima cosa a colpire, in questo bel film di Loach, è la violenza. Non dovrebbe meravigliare visto che di guerra si parla, ma è una guerra tra conterranei, non c'è da difendere la patria da un brutale invasore, c'è "solo" da mantenere un dominio della corona britannica. Loach dà il colpo di grazia con la guerra civile dopo il trattato, scendendo a rappresentarla con i legami di sangue più stretti. Film plumbeo come spesso sono i cieli d'Irlanda, penetra nelle ossa per come Loach ci porta per mano nelle brughiere, nelle case e nelle chiese.
MEMORABILE: La vecchia nonna non vuole lasciare la sua casa, appena bruciata e devastata.
Saintgifts: Per mandare quindici palle in buca con un colpo solo di stecca (o di manico di scopa) basta posizionarle nel giusto modo e allenarsi a più non posso, fino a riuscire nell'intento. Diverso è confezionare un film: anche se si possono posizionare gli interpreti, scegliere i punti di ripresa e le battute, non sempre tutto va a buon fine, anche perché se le palle sono andate tutte in buca lo decide lo spettatore, non chi manovra la stecca. Detto questo il film di Nuti non è proprio da buttare; è fatto con una certa cura, lieve e con simpatiche facce.
Herrkinski: Tra thriller poliziesco e neo-noir, uno slow-burner che descrive la complicata operazione della Polizia australiana sotto copertura per inchiodare l'assassino di un ragazzino, impunito da otto anni. Sorprende più che altro l'architettura dell'indagine costruita intorno al killer per incastrarlo, a tratti davvero cervellotica; una vita parallela dove convivono tanti personaggi, tutti ben resi da un cast all'altezza, anche se a svettare sono i due protagonisti, entrambi molto espressivi. Ne esce un lavoro anomalo, ben fotografato e atmosferico, non privo di risvolti drammatici.
Rebis: Film che segna l'ingresso nella mitologia animata di Lupin III - dopo il lento e faticoso avvio della prima stagione - nonché esordio al cinema di Hayao Miyazaki, che fuori dalle ingerenze e dai dictat della produzione televisiva reinterpreta in controtendenza il concept di Monkey Punch, smorzandone cupezza e cinismo, e facendo del protagonista un corpo anarchico apportatore di poesia, mosso da un vitalismo romantico del tutto inedito. Questa qualità umana è tutta nella morbidezza del tratto, nei colori pastello, nella trasversalità ai generi narrativi che dirotta l'azione nel fantastico.
Enzus79: Il dietro le quinte dell'America: il maccartismo e le sue vittime, il come era difficile fare cinema per chi aveva certe idee politiche o anche per chi aveva certe "amicizie". Gli anni bui degli USA e di conseguenza di Hollywood. Il film forse è un po' lento, ma comunque riesce a tener svegli. Forse un film di denuncia sociale ma con troppi sentimentalismi. De Niro non è ai suoi standard ma se la cava.
Cangaceiro: Il primo sottoprodotto della serie di American pie è molto modesto. È deludente constatare che l'unico superstite del nucleo iniziale è il sempre simpatico Eugene Levy, molto defilato, costretto a lasciare la scena a un gruppo di ragazzini (alcuni ancora a tutti gli effetti bambini!) che inscenano una sorta di patetica recita di fine anno, il tutto calato nella famigerata (vero Michelle?) e desolante cornice del campo della banda. Il fratello di Stiffler si impegna molto ma Scott era tutta un'altra cosa... Pollice verso.
Gestarsh99: Bloccata in ascensore per ficcanasàggine acuta, l'autoeletta detective Butler ne avrà di tempo a disposizione per pensare al genere di film in cui s'è andata a cacciare. Thriller californiano da viaggio in autobus e pènnica pomeridiana, imprevedibile, stravagante e originale quanto un posacenere pieno di mozziconi: i cattivi hanno il marchio da colpevoli stampigliato addosso già due secondi dopo i titoli di testa, mentre tutti gli altri personaggi frignano e fanno le vittime ancor prima di ricevere le minacce. La morte del villain e le scenette conclusive si classificano al di là del cringe...
MEMORABILE: Il sicario "frenchtoastato" nella tromba degli ascensori...
Il Gobbo: Ma c'è mai stato un decamerotico senza il pittore o sedicente tale? In ogni caso, nonostante un pizzico di cura in più nella messa in scena (Albertini dopotutto non era un incapace) e un'idea di partenza discreta siamo sempre nel consueto squallore, a corto di trovate e di un minimo di simpatia dei protagonisti. La parlata fiorentina posticcia come in questo caso è insopportabile. C'è anche Fortunato Arena.
MEMORABILE: "Di che ordine siete sorelle?" "Marchettare" "Ah, delle Marche"
Considerato che di thriller televisivo si tratta e che conseguentemente si scontano un'ovvia superficialità, sottotrame spesso pretestuose utili solo a riempire i minuti e qualche goffa sdolcinatura, quel che abbiamo davanti è comunque un film nel suo campo discretamente riuscito grazie a una protagonista convincente in grado di dare lo spessore necessario al proprio personaggio, quello di una procuratrice dal passato burrascoso. Yasmine Winters (Williamson), infatti, nel 1987 assiste con la sorella maggiore a una scena raccapricciante, in cui il padre (Salter) spinge involontariamente...Leggi tutto la moglie giù dalle scale uccidendola, comportamento anticipato da vari maltrattamenti e dovuto all'abuso di alcol.
Cresciuta, Yasmine è diventata procuratrice in gamba, ma durante il processo a un farabutto (Allon) che ha ucciso la moglie nel medesimo modo ha un mancamento in aula rivedendo mentalmente la stessa fine che aveva subito sua madre. Meglio concedersi una breve vacanza; così la donna prende con sé la figlia adolescente (Barabanc) e va a trovare la sorella (Morrison), che non vedeva da anni ed è rimasta ad abitare nella casa di famiglia. Mentre pensa a come incastrare l'assassino del cui processo ancora si occupa, conosce un affascinante psichiatra vicino di casa (Dopud) e studia come aiutare una giovane amica tossica (Avarado) della sorella che vuole riavere il suo bambino. Particolarmente quest'ultima appartiene a una sottotrama aggiuntiva che poco dice ma permette comunque alla bella Bree Williamson di mostrare la risolutezza di Yasmine ampliando la varietà di approcci e costruendone passo dopo passo la credibilità cinematografica.
Sono quindi spunti diversi che s'intrecciano, a partire da quello del padre redivivo ansioso di farsi perdonare da Yasmine dopo esservi già riuscito con la sorella e del rapporto con la sorella dal carattere completamente opposto (gioviale, semplice, un po' tonta). Ci sono poi il confronto con la figlia (leggermente più vivace e “creativo” del consueto), la relazione matura col medico e gli incontri con la ragazza tossica da instradare. A farsi però lentamente strada sul fondo è la vicenda che riguarda il killer che ha ucciso la moglie, protetto dal padre governatore: isterico, ai confini della follia, represso, è il garante della componente thriller del film, un po' affrettata dovendo lasciare spazio a molto altro ma destinata a fare da terreno ideale per una conclusione che apporti un minimo d'azione. Certo, poi nel finale all'atto pratico si lambisce il ridicolo involontario in più parti, ma sulla carta un minimo di coerenza (anche psicologica) esiste. Modesto, in definitiva, ma la buona prova della Williamson permette di seguire la trama ramificata senza perdere di vista le diverse situazioni. Le riprese dall'alto con lo “space needle” di Seattle sono ormai un classico per ambientare idealmente ogni storia utilizzando una sola ripresa.Chiudi
Paulaster: Coppia in crisi si rivolge a una coppia di psicologi. Il rimpiattino amoroso ha un certo senso, specie all'inizio, in cui la realtà e le componenti filosofiche sono messe a confronto. Una volta esaurita questa fase il film ha poco da dire e l'unica mossa plausibile è mescolare le carte. Kessisoglu ha più vis comica di Bizzarri e dalle seconde linee non c'è aiuto; Sassanelli riesce a fare qualcosina mentre la Spaak è totalmente sprecata. I momenti musicali fanno solo da riempitivo, come a pubblicizzare la scena torinese del periodo.
MEMORABILE: Bizzarri che canta “Amore che vieni, amore che vai”; Papandreu; Il tentato suicidio in giacca.
Leandrino: Il documentario racconta una fase decisiva nella vita di Amber, adolescente con disforia di genere in procinto di richiedere un intervento di mastectomia. Racconto (volutamente) disomogeneo, creato da frammenti di video rubati dalle autrici o registrati dalla stessa protagonista. Intasato da filtri social e scritte in caratteri cubitali al neon, descritto da pomeriggi al gusto di sigaretta e junk food: linguaggio aperto, laconico e malinconico. La colonna sonora degli Shitkid fa aderire il tutto nella sua disordinata coerenza, resa tale da alcuni perfetti stacchi di montaggio.
Nando: Disaster-movie inerente un'imprecisata isola pseudo cinese in cui, dopo anni, si verifica una nuova tragica eruzione. Il legame familiare lega le due vicende per un film molto digitale nelle eruzioni ma comunque onesto nel delineare le personalità dei vari personaggi che porta al solito finale buonista. Comunque rispetto ad altri prodotti simili qui si nota una buona cura della vicende e delle scena d'azione.
Rambo90: Parte bene, con una premessa interessante e una prima parte che procede spedita. Si arena verso la metà, quando alcune soluzioni diventano improbabili e si fanno largo varie dimenticanze/buchi di sceneggiatura. Reeves comunque sostiene il suo ruolo, assistito dal simpatico Middleditch, mentre la Eve rimane piuttosto imbambolata per tutto il film. Poteva essere molto meglio.
Reeves: Ritratto approfondito e per nulla scontato di Giuseppe De Santis. Del regista viene raccontata da allievi e amici la capacità di insegnare e la padronanza del mezzo, ma si insiste molto sull'aspetto politico che lo ha portato a essere emarginato, e in questo senso Violante e Bertinotti dicono cose interessanti. Ottimo materiale d'archivio, qualche sorpresa e ogni tanto anche un po' di commozione.
Herrkinski: Come gli altri lavori recenti di Daniels, è un throwback a certo cinema action e di arti marziali dei 90s ma con un budget ancora più risicato; se all'epoca si potevano accettare certe sue sottoproduzioni in virtù della moda del periodo e delle abilità dell'attore, adesso risulta anacronistico seppur come ultra-cinquantenne abbia ancora un fisico invidiabile. I combattimenti comunque sono lenti e risentono dei limiti dell'età e la vicenda - un intrigo con scommesse clandestine in Messico - è improbabile e con buchi di script evidenti. Resta potabile per i fans del sottostimato Gary.
Ronax: In Italia si tentò di spacciarlo per un decamerotico, scimmiottando il fortunato Metti lo diavolo... di Albertini. In realtà, era l'ultimo affanoso respiro della saga anteliana di Susanna giunta ormai allo stadio terminale. La Tordai campeggia nei titoli di testa fra gli interpreti principali, ma in realtà si limita a una comparsata iniziale e a riapparire in spezzoni tratti da alri film della serie e truffaldinamente inseriti per fare metraggio: operazione indispensabile visto il nulla della trama. Come sempre, la Benussi è un film a parte.
Enzus79: Gran bel film. I Coen si rifanno al bianco e nero per raccontarci la storia di un uomo che per cambiarsi la vita se la complica, con un tragico finale. I due fratelli non danno il meglio di sè solo nelle black comedy ma anche in un film drammatico come questo. Non ho mai amato Thornton come in questo film. Bravi anche gli attori di contorno.
Modo: "Puntatone" della serie Dragon Ball non particolarmente accattivante e abbastanza fracassone. Nel caos risulta sicuramente Freezer il più simpatico! Buoni anche se ripetitivi i combattimenti tra i vari superdotati Saiyan. Storia con una trama semplice nonostante un interessante inizio dettato da un ritmo incalzante. Per gli appassionati può considerarsi valido, per i neofiti abbastanza arduo da digerire.
Daniela: Questa volta il cambio in regia pesa meno della conferma dello sceneggiatore Sheridan: Soldado è un sequel valido, meno complesso del primo capitolo ma ugualmente cupo e pessimista, con scene d'azione grintose ed essenziali, dialoghi ridotti al minimo, gli stessi interrogativi etici su fini e mezzi. Efficace Brolin, funzionale gli altri, mentre è superlativa, come in Sicario, la prova del sofferto Del Toro nei panni di un personaggio spietato e vendicativo ma anche capace di misericordia verso i più deboli, protagonista di un bell'epilogo aperto che apre la strada al terzo capitolo della saga.
MEMORABILE: Prima fa mettere gli occhiali al ferito e si scopre il volto per farsi riconoscere, poi spara
Geppo: Splendido, con un cast tutto di rispetto. Ben girato e ben interpretato. Zeppo di personaggi con tante piccole storie parallele che raccontano i rapporti tra padri e figli. La sceneggiatura è scritta bene perché ogni attore sembra un personaggio con la propria storia e non soltanto comparsa per fare da contorno ai protagonisti. Se vi piace il mondo di Mario Monicelli non perdete questo film, merita di essere visto. Marcello Mastroianni e Vittorio De Sica sono da Oscar.
Cresciuta, Yasmine è diventata procuratrice in gamba, ma durante il processo a un farabutto (Allon) che ha ucciso la moglie nel medesimo modo ha un mancamento in aula rivedendo mentalmente la stessa fine che aveva subito sua madre. Meglio concedersi una breve vacanza; così la donna prende con sé la figlia adolescente (Barabanc) e va a trovare la sorella (Morrison), che non vedeva da anni ed è rimasta ad abitare nella casa di famiglia. Mentre pensa a come incastrare l'assassino del cui processo ancora si occupa, conosce un affascinante psichiatra vicino di casa (Dopud) e studia come aiutare una giovane amica tossica (Avarado) della sorella che vuole riavere il suo bambino. Particolarmente quest'ultima appartiene a una sottotrama aggiuntiva che poco dice ma permette comunque alla bella Bree Williamson di mostrare la risolutezza di Yasmine ampliando la varietà di approcci e costruendone passo dopo passo la credibilità cinematografica.
Sono quindi spunti diversi che s'intrecciano, a partire da quello del padre redivivo ansioso di farsi perdonare da Yasmine dopo esservi già riuscito con la sorella e del rapporto con la sorella dal carattere completamente opposto (gioviale, semplice, un po' tonta). Ci sono poi il confronto con la figlia (leggermente più vivace e “creativo” del consueto), la relazione matura col medico e gli incontri con la ragazza tossica da instradare. A farsi però lentamente strada sul fondo è la vicenda che riguarda il killer che ha ucciso la moglie, protetto dal padre governatore: isterico, ai confini della follia, represso, è il garante della componente thriller del film, un po' affrettata dovendo lasciare spazio a molto altro ma destinata a fare da terreno ideale per una conclusione che apporti un minimo d'azione. Certo, poi nel finale all'atto pratico si lambisce il ridicolo involontario in più parti, ma sulla carta un minimo di coerenza (anche psicologica) esiste. Modesto, in definitiva, ma la buona prova della Williamson permette di seguire la trama ramificata senza perdere di vista le diverse situazioni. Le riprese dall'alto con lo “space needle” di Seattle sono ormai un classico per ambientare idealmente ogni storia utilizzando una sola ripresa. Chiudi