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Galbo: Ambientata poco dopo la guerra di secessione, è la storia dell'assalto al forte Yuma da parte di un gruppo di confederati. Tecnicamente curato, il film si avvale di alcune sequenze riuscite e di una buona prova di Giuliano Gemma. Il limite del film è quello di presentare personaggi troppo stereotipati e "rifugiarsi" entro schemi narrativi un po' logori.
Redeyes: Un Nero poco credibile affronta il tema dell'ecologismo ai tempi del far west; peccato lo faccia arrivando una ventina di anni in ritardo. La storia muove i passi dalla vendetta per scivolare nell'accoglienza degli indiani, e infine attraverso speculatori senza scrupoli che freddano persino il buon mono espressivo Hess prima di fare i conti con il piccolo orso. La regia non brilla e lo stesso dicasi per la sceneggiatura, spesso stiracchiata e poco avvincente. Nero ce la mette tutta, ma il risultato non convince.
Pinhead80: Nonostante negli ultimi suoi lavori Scola abbia dimostrato di aver perso lo smalto di un tempo, questo film non è malaccio. Parte con la contesa tra due commercianti di stoffe/vestiti per trasformarsi in qualcosa di estremamente diverso. E' proprio la piega che prende nella seconda parte il film a renderlo interessante e a tratti commovente. Ottima la recitazione dei due bambini mentre un po' bolso mi è sembrato Depardieu.
Markus: Per certi versi l'inizio della fine, almeno a livello cinematografico, di Jerry Calà: conclusasi l'epoca in cui il suo nome in cartellone valeva un riempi-sala, l'attore si getta con scarsi mezzi in questo esordio da regista "buttandola" sulla parodia; prendere però certi miti come Jurrasic park per farne dello spirito (dal fiato corto) è assai azzardato. Poche le battute e gli sketch degni di una risata; se poi ci si aggiunge un ritmo non esaltante ahimè non resta moto da salvare. Con il film successivo Jerry riuscirà a trovare - a suo modo - la quadra.
Daniela: Un Carpenter decisamente minore, nonostante la nobiltà dell'assunto (l'alieno portatore di un messaggio di pace, con riflessi cristologici di redenzione per una umanità che non se la passa mica bene, a giudicare dagli esemplari rappresentati nel corso della vicenda) e le buone prove di Bridges e della commovente Allen. Mancano, soprattutto nella seconda parte, ritmo e tensione, per cui il viaggio dell'alieno e della vedova dell'uomo di cui ha assunte le sembianze risulta privo di reali sorprese e poco appassionante.
MEMORABILE: L'alieno "risveglia" il cervo ucciso dai cacciatori
Maik271: Piuttosto lungo, discretamente diretto e ben interpretato: queste in definitiva le impressioni principali. Il cast con Duvall che è bravissimo è di buon livello, le ambientazioni lacustri rilassanti. Ben rappresentato il rapporto difficile tra padre e figlio. Un film che fa sorridere in alcuni frangenti, riflettere in altri e con un pizzico di commozione nel finale.
MEMORABILE: Padre e figlio che pescano in mezzo al lago.
Galbo: Diretto da Camillo Mastrocinque è una sorta di instant-movie, realizzato sull'onda del successo della trasmissione televisiva (ed è giocoforza uno dei primi film italiani che parlino sia pure in chiave parodistica della televisione); si tratta di una commedia tutto sommato divertente in cui al di là della trama (piuttosto debole in realtà) il pezzo forte è ovviamente la partecipazione del comico all'omonima trasmissione con Mike Bongiorno nei panni (calzati discretamente) della spalla.
Galbo: Non esaltante film scritto, diretto ed interpretato da Vincenzo Salemme, il quale recupera la tradizione partenopea dell'avanspettacolo confezionando una sorta di teatro-cinema particolarmente evidente in alcune scene ma non incisivo sopratutto a causa di una sceneggiatura opaca e poco divertente se non a tratti. Va comunque apprezzato, come sempre nei film di Salemme, il tono leggero e l'assenza di volgarità.
Il Gobbo: Dai romanzi di Anne e Serge Golon. La bellissima Angelica nella Francia del Re Sole deve sposare il mostruoso, ma buono, conte di Peyrac. Però questi si trova nei guai e... Trionfo del feuilleton riadattato per il cinema nazional-poplare, con un riuscitissimo mix di cappa e spada, sentimenti e drammoni. Harmony le fa un baffo, ad Angelica. Superbona (e col décolleté in perenne evidenza) la Mercièr, che divenne una star e, anche nella realtà, moglie di Hossein. Qui ci sono anche la Rosalbona Neri e il grande Gemma!
Rambo90: Grande successo western dell'epoca ma ancora oggi godibile grazie a un buon ritmo e ad ottime scene action. La regia di Brooks è autorevole e il cast è semplicemente fantastico con i quattro grandi in prima fila (Marvin, Lancaster, Ryan e Strode) e un Jack Palance che incarna gli ideali del periodo della rivoluzione messicana alla perfezione. Bello il finale.
MEMORABILE: Bellamy: "Lei è un bastardo", Marvin: "È vero, solo che io ci sono nato, mentre lei si è fatto da solo!"
Gabrius79: La pellicola è ben diretta da Guido Chiesa e mette in pista la coppia Abatantuono-Matano, che funziona a fasi alterne. Spassosi e godibili sono i momenti nei quali i due collaborano a distanza (uno in aiuto e uno dai pazienti), mentre cala il ritmo e si affaccia un po' la noia quando si toccano le corde del sentimento. Bene la fotografia, quasi tutta in notturna.
Lou: Un super DiCaprio rende interessante un film che per altri versi risulta eccessivamente cupo e claustrofobico. Tutto ruota attorno alla controversa figura di J. Edgar Hoover, per 48 anni a capo dell'FBI con otto diversi Presidenti USA. Il ritratto di Eastwood si concentra sugli aspetti privati di una personalità disturbata, dal rapporto morboso con la madre alla assidua relazione con il fido collaboratore Clyde Tolson.
MEMORABILE: La reazione di Nixon alla notizia della morte di J. Edgar.
Enzus79: Notevole western firmato Sergio Leone. Innanzitutto non è un semplice spaghetti western, poiché affronta tematiche che a quei tempi andavano di moda come la rivoluzione. La nota dolente è la durata, che purtroppo fa cadere il film in troppe scene che si ripetono o rallentano il coinvolgimento che dà invece la storia. Ottime le interpretazioni di Coburn e Steiger.
Lovejoy: Divertente trasposizione su grande schermo dei racconti di Guareschi. All'inizio, però, a interpretare il ruolo di Don Camillo avrebbe dovuto esserci Spencer Tracy. A parte ciò, la regia di Duvivier riesce a rendere alla perfezione l'evolversi della vicenda, grazie ad un ritmo brioso e, sopratutto, a due attori in grandissima forma. Fernandel e Cervi si rendono protagonisti di scene memorabili.
MEMORABILE: Gli innumerevoli scontri Don Camillo/Peppone; don Camillo e il crocefisso.
Siska80: Nel 1874 un mediatore arriva in Arizona per favorire una tregua tra gli americani bianchi e gli Apaches, ma non sarà un'impresa facile. Uno di quei film che appassionano dal primo momento grazie a uno stile narrativo scorrevole che alterna equamente scene tranquille ad altre d'azione mostrando l'altra faccia faccia della medaglia (se gli indiani sono nemici ostici, nemmeno quelli che non hanno la pelle rossa scherzano, anzi sono spesso antipatici nel loro stare sempre sul piede di guerra). Bella la foto, buoni il cast e la ricostruzione d'epoca, finale soddisfacente. Avvincente.
Ultimo: Un film in pieno stile Ozpetek, ove si mischiano il genere sentimentale con la commedia e il dramma. Di positivo c'è il coraggio del regista nel voler eseguire un film di peso, con una vicenda che inizia nei primi anni 2000 e, in seguito, fa un balzo temporale di 13 anni mostrando i cambiamenti estetici dei personaggi alla perfezione. Di negativo, per contro, troviamo uno sviluppo narrativo diseguale, con l'inserimento di personaggi forzati. Il finale con "rientro" nel passato rivitalizza il tutto, rendendo il film più che discreto.
Piero68: Film sicuramente non eccelso. D'Amore non demerita nemmeno alla regia, anche se all'enfasi conosciuta della serie antepone più sentimentalismo e introspezione. Quello che funziona poco è una sceneggiatura piuttosto sciatta che nel finale va alla deriva con alcuni vuoti narrativi che inficiano gran parte del lavoro. Che sia discepolo di Sollima si percepisce quasi in ogni inquadratura, ma Gomorra era anche sostanza, oltre che stile. Non dispiace il cast in generale, anche se un attore di peso in più avrebbe più che giovato. Tanto rumore per nulla.
Puppigallo: Se nel primo il baraccone videoclippato funzionava abbastanza bene (la novità), qui sa troppo di ripetizione, con l'aggravante dell'aver voluto ulteriormente enfatizzare le scene (ormai siamo ai livelli di Matrix; e gli ultraralenti da fighetto fintautore poi...). Persino l'idea della capacità del protagonista di prevedere un attacco e elaborare la difesa non ha la stessa presa. Ci voleva vera nuova linfa. La storia non è niente di che; e il super cattivo dotato di cerebro è sfruttato piuttosto male. Attori e azione garantiscono quel minimo di ossigeno, ma è tutto un deja vu anabolizzato.
MEMORABILE: La figura del fratello di Holmes; La scena sul treno; L'uomo poltrona.
Ultimo: Una giovane morta, la mafia russa e un'ostetrica molto curiosa sono gli ingredienti base di questo bel film firmato Cronemberg. La regia è magistrale e non lascia nulla al caso (belle le riprese della periferia londinese). Naomi Watts se la cava piuttosto bene, ma Viggo Mortensen risulta insuperabile per bravura, a differenza di Cassel, il cui personaggio è un poco forzato. La vicenda viene gestita con giustezza, inserendo quella dose di violenza che fa sobbalzare sulla poltrona (gole tagliate a più riprese). Davvero notevole!
Enzus79: Cult made in USA degli anni Ottanta che si contraddistingue più per la colonna sonora che per altro. La trama non è niente di eccezionale, romantica a rasentare il mieloso. Finale assai prevedibile e forse anche un po' banale. I personaggi comunque sono ben scritti e delineati. Intrattenimento fine a se stesso. Brava Jennifer Beals. Da apprezzare in modo particolare la fotografia.
Vito: Riggs e Murtaugh stavolta se la devono vedere con dei trafficanti di droga capeggiati da un diplomatico sudafricano che sfrutta la sua immunità. In questo secondo capitolo si spinge ancora di più l'acceleratore dell'ironia, anche con l'introduzione del logorroico Pesci; comunque le scene d'azione sono sempre toste e ben realizzate. Il film lancia anche un chiaro messaggio contro l'apartheid. Buon poliziesco.
Nando: Gli ultimi vent'anni di vita del grande pittore inglese Turner, considerato il pittore della luce, in questa pellicola curatissima nelle immagini e nelle ricostruzioni ambientali. Un valido affresco ottocentesco che si avvale di un monumentale Spall ottimo nel ricreare nevrosi e comportamenti dell'eccentrico artista. Cast di contorno appropriato.
Daidae: Mi aspettavo di peggio. Ritorna (inspiegabilmente intatta) la moglie di Chucky ed entra in scena un figlio dalla doppia personalità che porta un po' di originalità alla storia. Si barcamena tra il comico e lo splatter, effetti speciali davvero ben realizzati, recitazione discutibile. Rispetto al capitolo precedente è già qualcosa di più; tutto sommato una visione la merita.
Cangaceiro: Come diceva Nanni Moretti? Facciamoci del male. Con i film di Seagal va quasi sempre così. Per l'occasione il protagonista, nonostante i molteplici cadaveri seminati, appare abulico e pietrificato, praticamente la versione zen di se stesso. La mega vendetta è robotica nel suo svolgimento, all'insegna della prevedibilità più totale e di una sconfortante stitichezza emotiva. L'abusato ricorso ai ralenti è così compulsivo che farebbe rivoltare nella tomba Sam Peckinpah. Da segnalare un paio di effettacci in computergrafica a dir poco ridicoli. Pessimo.
Lythops: Film di cui naturalmente si conosce il finale, ma di cui purtroppo s'intuisce subito come vadano a finire anche le vicende dei protagonisti. Cinema spettacolo fine a se stesso in cui il professionismo dei realizzatori è fuori discussione, ma si scopiazza nel cinema di genere e non elaborandolo non poco come sarebbe giusto che sia, visto che è inevitabile che la tecnica faccia passi da gigante. Purtroppo le idee non fanno altrettanto.
Greymouser: Un buon cast coinvolto in una catastrofe cinematografica: questo, in sintesi, l'unico commento possibile per un film che mescola in modo scriteriato elementi pseudo-storici e pseudo-fantastici, riuscendo - per fortuna - a farsi dimenticare in un batter d'occhio. Del resto, cosa mai dovrebbe essere ricordato di un simile esempio di inutilità narrativa? L'oblio, in questo caso, sia benedetto.
Ultimo: Film romantico, basato sulla storia d'amore tra lei, donna in carriera nei primi 2000 e lui, uomo dell'Ottocento "trasportato" ai tempi moderni. Nulla di eclatante ma un film leggero, sincero, magari da vedere con la dolce metà, in cui non manca qualche situazione divertente. Bravi Meg Ryan e Hugh Jackman, i due protagonisti, mentre il resto del cast passa parecchio in secondo piano. Promosso.
MEMORABILE: I modi di fare di Leopold, uomo chiaramente "di altri tempi".
Dusso: Incipit stupidotto. Il film è piuttosto banale e non molto riuscito, al contrario di alcune singole scene. In questo genere è meglio "Un principe tutto mio". Molto brava la Bynes, malissimo (almeno in questo film) Colin Firth con faccia da pesce lesso e assolutamente fuori parte.
Rigoletto: Visionato più per la presenza di un attore-totem come Hackman, conferma l'impressione di base: un film politico (e non dei più fini) che non ha molto da comunicare allo spettatore se non una certa faciloneria narrativa. Tra luoghi comuni e baggianate lungo la strada, risulta dimenticabile. Scaduto l'interesse per il film e per il co-protagonista (Wilson), il solo Hackman non può diventare l'uomo dei miracoli.
Herrkinski: Tra thriller poliziesco e neo-noir, uno slow-burner che descrive la complicata operazione della Polizia australiana sotto copertura per inchiodare l'assassino di un ragazzino, impunito da otto anni. Sorprende più che altro l'architettura dell'indagine costruita intorno al killer per incastrarlo, a tratti davvero cervellotica; una vita parallela dove convivono tanti personaggi, tutti ben resi da un cast all'altezza, anche se a svettare sono i due protagonisti, entrambi molto espressivi. Ne esce un lavoro anomalo, ben fotografato e atmosferico, non privo di risvolti drammatici.
Greymouser: Sicuramente un po' ruffianello e incline a scansare le situazioni più realistiche e disperanti, il film scivola fresco e godibile sulla vena interpretativa dei due protagonisti, in grado senza troppi artifici di spaziare dal registro comico-esilarante a quello drammatico-riflessivo. Pregio del film sono le basse percentuali di moralismo e sentimentalismo, e di contro l'alto tasso di battute e gag di irresistibile cinismo e poco "politically correct". Per fortuna, aggiungo io.
Pinhead80: Era da tantissimo tempo che non si trovava un seguito di Chucky degno di questo nome, ed ecco che arrivati alla "maledizione" sembra che finalmente la terribile involuzione della saga sia giunta al termine. Il personaggio principale (soprattutto nella prima parte) torna ad essere la bambola killer tanto apprezzata all'esordio, meno chiaccherona e più spietata. La sceneggiatura si libera finalmente da tutte le derive parentali che avevano reso i sequel delle baracconate insopportabili, le scene horror sono gustose e la parte finale è tutta da seguire, titoli di coda compresi.
Lovejoy: Thriller erotico che definire poco riuscito è sempre poco. Scritto e diretto con una tale approssimazione da fare invidia al peggior regista del mondo (Ed Wood), condito da dialoghi imbarazzanti e una recitazione indegna di definirsi tale. Pessimo.
Il ferrini: Non è irresistibile ma neanche quel disastro che era lecito attendersi eliminando Schwarzenegger e affidando la direzione al regista di Charlie's angels. Gran lavoro sulla fotografia e sulla CGI, ottima l'interpretazione di Worthington, qui ibrido uomo-macchina. Le scene d'azione sono ben girate e nonostante gli innegabili eccessi risultano piacevoli da guardare. Il limite più grande del film è quello di essere molto legato al precedente capitolo, la cui visione risulta determinante per apprezzare a pieno questo. Arrosto: 2 pallini Fumo: 4.
Viccrowley: Nel 1994 ancora non si era spenta l'eco veroheveniana di Basic Iinstinct, in particolare quella della sua protagonista. Quindi, perché non riciclare il suo ruolo da nuda femme fatale mischiando il tutto con l'action di marca Sly? Queste le intenzioni, ben più misero il risultato finale con un imbarazzato Stallone ex agente CIA che crea bombe come un MacGyver palestrato e si spupazza la Stone in una scena che di bollente ha ben poco. Puerile lo svolgimento così come il resto del cast, con l'unica nota positiva di un sempre grandissimo Woods.
MEMORABILE: Woods che dà di matto nella centrale di polizia.
Tomslick: La battaglia col poema è persa in partenza, questo è almeno evidente (e avrei pure voluto vedere...): allora proviamo a guardarlo per quel che è, cioè puro intrattenimento. E, ebbene sì, non è nemmeno male. La "trama" d'altra parte è semplice e nel contempo ha tutto (chi ha detto che già Omero aveva raccontato ogni cosa e ciò che è venuto dopo è solo una rivisitazione?), nella costruzione del classico peplum hollywoodiano in cui i divi sono tali e niente più e le scene di massa e/o di battaglia fanno comunque la loro porca figura. Potabile.
Puppigallo: Durante la prima mezz’ora il rischio di spararsi è concreto. Una serie di personaggi più o meno variopinti, tutti amici, che si incontrano per parlare, cenare, divertirsi… Trito e ritrito insomma. Poi, dopo il fattaccio, il film inizia a decollare e ne viene fuori una buona prova di squadra degli attori (persino Ambra se la cava. Brava anche la Vukotic). Ciò non toglie che dei primi trenta minuti si ricordi solo un temporale con tuoni realistici (vorrà pur dire qualcosa). Nel complesso, comunque, non è male.
Daniela: La privatizzazione delle Ferrovie di Stato britanniche raccontata attraverso l'impatto sulle vite di alcuni operai inglesi per i quali il principio della libera concorrenza, sbandierato come una conquista, significa perdita dei diritti sindacali acquisiti, precarietà del posto di lavoro, minori tutele e anche minore sicurezza. Basandosi su una sceneggiature scritta da un ex dipendente delle ferrovie attingendo dalle proprie esperienze, Loach dirige un piccolo film prezioso che nella sua immediatezza sembra quasi una candid camera ma riesce a informare quanto un buon documentario.
Gugly: Film che potrebbe ricordare qualcosa di Witness, ma a non funzionare è l'intero impianto: la Griffith è troppo scafata e, guarda caso, getta l'occhio sull'ebreo ortodosso ma belloccio (l'altro meno carino che le fa il filo riceve subito il due di picche); interessante la descrizione della comunità, ma siamo a rischio caricatura, un po' più di rispetto avrebbe giovato. Piacevole alla visione per indovinare la risoluzione del giallo ma niente di più.
Markus: Film "liceale" che immagina una classe - di serie Zeta, appunto - di alunni un po' problematici e l'incontro/scontro con il loro giovane insegnante. Attraverso l'uso di caratteri diversificati la pellicola cerca di essere quantomeno varia puntando a strappare un sorriso che, va detto, quasi mai arriva. Il tema è di certo non originale, ma alcuni passaggi talvolta con venature "poetiche" e in linea generale la discreta resa attoriale riescono a rendere la visione complessivamente piacevole. Ah, questi giovani d'oggi!
Stubby: Dopo Band camp non avevo molte pretese, invece questo "Nudi alla meta" non è affatto malvagio (forse a sprazzi un po troppo volgare, stessa sorte comunque toccò a Porky's e alla Rivincita dei nerds)); anzi, alcune sequenze sono piuttosto divertenti, anche se certamente i primi capitoli con Jason Biggs sono inarrivabili. Unico neo il finale telefonato già dopo due minuti dall'inizio.
Lou: Un super DiCaprio rende interessante un film che per altri versi risulta eccessivamente cupo e claustrofobico. Tutto ruota attorno alla controversa figura di J. Edgar Hoover, per 48 anni a capo dell'FBI con otto diversi Presidenti USA. Il ritratto di Eastwood si concentra sugli aspetti privati di una personalità disturbata, dal rapporto morboso con la madre alla assidua relazione con il fido collaboratore Clyde Tolson.
MEMORABILE: La reazione di Nixon alla notizia della morte di J. Edgar.
Homesick: Dopo la presentazione degli stravaganti personaggi, Avallone ha già esaurito le frecce del proprio arco e tira avanti con un avventuroso dai lontani richiami ecologisti, votato alla commedia e a scazzottate stile Spencer-Hill al netto delle esagerazioni sin troppo puerili dei film con il manesco duo. Nell'eterogeneo cast si ricordano le mimiche infernali di Arana, il sorriso spalancato di Del Prete e un Reed imponente, istrionico e chiaramente divertito di questa sua licenza premio in Martinica. Fumettistico.
MEMORABILE: Il gruppo (cane compreso) che si riunisce chiamandosi con i fischi.
B. Legnani: Se l'obiettivo era di farci vivere la noia esistenziale della coppia borghese, l'obiettivo è raggiunto: peccato che come spettatori si sia colti da un raro e sgradevole torpore, dovuto anche a inutili lentezze, mirate a dilazionare un finale previsto da troppo tempo. Si sciupano così un mostro sacro come Tognazzi, una Senta Berger bella-brava-adorabile, comprimari centrati come Tranquilli ed un'incantevole ambientazione lacustre. La trovata mignottesca dello scambio sarà ripresa da Prisco.
Digital: Tre persone ricevono una telecamera da utilizzare per compiere azioni prestabilite sgarrando le quali moriranno. L’ennesimo mockumentary è, differentemente dalla maggior parte dei suoi omologhi, un buon esempio di horror a basso costo. La storia elargisce una discreta dose di mistero e suspense, sebbene rinunci – eccezion fatta per il finale – a scene particolarmente “forti”, piazzando oltretutto un colpo di scena che, per quanto subodorabile, è di una crudeltà e perfidia notevole. Bertino, dopo un buon esordio, si conferma regista sopraffino.
Pigro: Le vicende di una giovane donna nella Francia del 500 in 5 film: il primo presenta la nostra eroina alle prese con un matrimonio combinato con un nobile, gentile ma sfregiato, che la ripugna. Classico feuilleton in costume che oscilla tra avventura cortigiano-militare e sentimentalismo sexy. Il film funziona proprio per la sua natura di romanzone d’appendice (con mille colpi di scena). L’accoppiata della bella (e prosperosa) Michèlle Mercier e del mostro (e fascinoso) Robert Hossein finisce dritta dritta nel gotha delle coppie memorabili.
Jurgen77: Commediola di basso livello di cui tuttavia Buzzanca, da vero istrione, sa risollevare il valore grazie alla sua maestria. Belle anche le comprimarie, che si concedono in qualche cameo sexy con la complicità del focoso protagonista siculo. Trama tutto sommato divertente per una pellicola che non pretende molto, ma al contempo si lascia guardare con leggerezza. Tematiche sessuali che, per l'epoca, erano ancora da sdoganare.
Enzus79: In una giornata particolare il contesto in cui si trovavano i due protagonisti era un condominio, qui un quartiere. Sulla carta dovrebbe essere un film divertente mentre invece annoia un po', anche se Castellitto e Abatantuono sono in parte. La voce off del bambino si poteva evitare...
Belfagor: I dialoghi in protolatino sembrano una scelta azzardata ma sono perfettamente funzionali all'immersione nel racconto sull'origine di Roma in cui la storia si fonde col mito pur ergendosi dal fango e dal sangue. La trama è ridotta all'osso ma il film si riscatta pienamente grazie alle ambientazioni (valorizzate da una splendida fotografia) e all'intensità recitativa, con Borghi e Lapice quali tragici fratelli e la sorprendente vestale interpretata dalla Garribba. "Non sembra un film italiano" dice qualcuno, invece è italianissimo.
MEMORABILE: Il cervo; La divinazione delle viscere.