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Pessoa: Puntuale rivisitazione del film sbanca-botteghino di Leone con Franco e Ciccio che si mantengono questa volta su livelli accettabili, grazie anche alla regia dell'esperto Lupo, il quale più tardi si cimenterà anche con il western "serio". La visione si mantiene gradevole fino a quando il film rimane parallelo ella pellicola leoniana, di cui riprende anche le somiglianze di alcuni personaggi e molte battute, naturalmente trasformate "ad usum Delphini". Cast spagnolo di poco spessore e budget ridotto all'osso ne frenano le ambizioni. Guardabile.
MEMORABILE: "Andale!... Vamos!... Amuninne!" (Ciccio) "Oh e habla italiano!" (Franco).
Marcellobi: Margheriti conferma nel cast Marvin Hagler e Tetchie Agbayani e Donaggio alle musiche. Di nuovo ci sono un po' di crudeltà in più e la fotografia, lustrata, di Roberto Benvenuti (che sostituisce Sergio D'Offizi). L'ex pugile è l'anello debole dell'operazione, che comunque Margheriti porta a casa con professionalità. Il messaggio ecologico del film, a ogni modo, benché spiccio, è icastico.
Ultimo: Un pazzo tiene sotto ricatto un deejay minacciando di farsi esplodere. Buon thriller psicologico e claustrofobico, costruito quasi interamente indoor, con la tensione che aumenta con il passare dei minuti. A farla da padroni sono i dialoghi, ed è proprio qui che Castellitto e Richelmy si esaltano. Ottimi colpi di scena negli ultimi dieci minuti per un film consigliato ai fan del thriller. Brava anche Anna Foglietta.
Nicola81: Primo capitolo di una saga fortunatissima. Spielberg mette da parte qualsiasi velleità autoriale, mira esclusivamente a intrattenere e a divertire e ci riesce benissimo, indovinando il giusto mix di avventura, esoterismo e ironia. Ford interpreta uno dei suoi personaggi più memorabili e amati dal pubblico, ma anche i comprimari sono all'altezza. Grande ritmo, ambientazioni suggestive, azzeccata colonna sonora di John Williams e persino le inevitabili americanate risultano più sopportabili del consueto.
Lucius: Un affresco della Ciociaria di una volta in stile neorealista, in questa pellicola fascinosa caratterizzata da un bianco e nero avvolgente e da una regìa altamente professionale. La semplicità della storia interpretata da una Lucia Bosè che illumina la pellicola con la sua bellezza riporta la memoria al passato di una terra profondamente cambiata. De Santis maestro assoluto ci regala una perla di film.
Hackett: Con equilibrio e maturità Clooney ci regala un film politico ma più che altro morale. Impietoso reportage della spietatezza di un mondo fatto di compromessi e sottili equilibri mutevoli. Sceneggiatura robusta, regia sicura e interpretazioni efficaci. Il regista ritaglia per sé il ruolo più spiacevole ed equivoco. Bella prova.
Stefania: E' bella la storia di Celie, cenerentola nera senza principe azzurro che ama il colore viola, quello dei campi fioriti, l'unico bel ricordo della sua infanzia. Lo conserva sempre, quel ricordo, forse per questo riesce a sopravvivere a trent'anni di disgrazie assortite. Film che va visto senza paura di commuoversi, senza mettere paletti all'emotività, altrimenti non lo si apprezza più di tanto. Ma è anche una buona ricostruzione storica e un omaggio alla forza di tutte le donne che scelgono di non essere, a nessun titolo, schiave.
Motorship: Filmettino (ma davvero ino ino) balneare stile Rimini Rimini, egualmente insufficente. Solo un Banfi leggermente sottotono regala qualche attimo di risate vere in un'ora e 45 di film. Per il resto si ride poco o nulla: l'episodio con Pozzetto è proprio scadente e il comico milanese è spaesato e assai sottotono, quello con Villaggio poco meglio; si salvano solo i duetti con Micheli. Scarsissime le performance interpretative della Grandi ma soprattutto della Dellera, mentre la splendida Antonelli è poco ispirata (anche se più attrice sicuramente). *!
Smoker85: Un Totò che torna a uno dei suoi primi amori, ovvero il genere comico-surreale (che però non gli ha mai portato troppa fortuna), cercando di incastrarlo col parodistico, dove invece è sempre stato abbastanza forte. Il risultato non poteva che essere un film altalenante, simpatico ma non troppo riuscito in quanto avrebbe richiesto ben altri mezzi tecnici per assecondare l'estro del mattatore napoletano. Il cast è affiatato; unica nota stonata forse Petri, troppo antipatico e forzato nel proprio ruolo. Ottimi Castellani, Giuffré e Carloni.
Pinhead80: Una donna frustrata da un lavoro che le porta via energie senza ottenere risultati e da una separazione dolorosa, finisce per unirsi a una confraternita femminile che si rivelerà essere meno ospitale di quanto crede. Pessimo film per la televisione che si caratterizza per personaggi che hanno lo spessore di un foglio di carta velina e una sceneggiatura che sfiora più di una volta il ridicolo involontario. L'opera non riesce mai a decollare e vive delle continue minacce perpetrate dalla leader del gruppo al resto delle affiliate. Di una pochezza disarmante.
Hackett: Lo slendido talento di Leone per il racconto epico e le scene di massa trova ancora una volta sfogo in un film avvincente e ben costruito. I due protagonisti si dividono diligentemente la scena creando una sinergia memorabile in questa storia politica di amicizia e ribellione. Momenti splendidamente incorniciati da Morricone e flashback di spensierata giovinezza che commuovono e rendono la storia piú malinconica che feroce.
Siska80: Due famiglie e una mongolfiera in fuga per la libertà. Nonostante la durata importante, il film riesce ad avvincere lo spettatore sino al bellissimo, adrenalinico finale anche grazie a un cast ben scelto, paesaggi suggestivi, buoni costumi, un'inquietante musica di sottofondo e numerose sequenze destabilizzanti oltre che toccanti (coinvolgente e comprensibile la paura che domina i protagonisti dopo il primo tentativo miseramente andato in fumo). Ancora una volta viene dimostrato che certe opportunità non bisogna lasciarsele sfuggire, anche a costo della stessa vita.
MEMORABILE: L'elica in fondo al lago; La mongolfiera in fiamme; Le lacrime davanti alla tv.
Travis76: Mi sono rifiutato di andarlo a vedere al cinema: avevo ragione. Trama: Nonno Libero diventa allenatore della Longobarda e di fronte al vuoto della sceneggiatura si improvvisa imitatore del celeberrimo Oronzo Canà! Più che un sequel, un malriuscito remake degno di Ed Wood. E per di più le scene d'azione calcistica sono fatte davvero male (gli spettatori dello stadio sembrano "incollati" dietro i calciatori), le comparsate dei "campioni" sono pietose e la Falchi non si spoglia. Tenersi alla larga: si rischia di compromettere la purezza dell'originale.
Daniela: Al momento di lasciare l'esercito per andare a vivere in una fattoria, una guida accoglie sotto la sua protezione una donna bianca ed il suo bambino meticcio... Buon western in cui, secondo lo stile del regista, le parti intimistiche sono trattate con delicatezza e pudore. Però aver caratterizzato il padre indiano del ragazzino come un assassino spietato dai poteri quasi sovrannaturali, se da un lato fa virare il film sul metafisico, dall'altro ne impoverisce i contenuti, privando uno dei contendenti di ogni umanità e quindi di ogni possibile empatia verso le sue motivazioni.
Parsifal68: Terzo fortunatissimo film del trio Aldo, Giovanni e Giacomo che gode di una sceneggiatura più solida rispetto ai due precedenti e di buone e spassose trovate. Qui il sentimento dell'amicizia diventa il fulcro centrale della storia, messo a repentaglio da un madornale equivoco (ma poi tornerà a splendere). Il trio è cresciuto, lo si vede benissimo dal modo in cui alcune scene sono concepite e dal taglio della trama, che nasconde anche alcuni risvolti semi-amari. La Massironi è molto brava.
MEMORABILE: La cena a "casa" di Aldo; La commedia finale.
Saintgifts: Una sorpresa; rivisto oggi devo ammettere che tiene bene il tempo, addirittura con accenni a una rivalutazione. La coppia di protagonisti, bene assortita, tiene banco, ma anche il ricco contorno fa bene la sua parte. Quello che sembrava un eccesso di patinatura d'epoca (troppa eleganza, troppa brillantina, troppi "borsalino") rivela invece accessori adatti all'atmosfera semidrammatica (e a volte decisamente da commedia) del gangster movie che scimmiotta quello americano della stessa epoca. Simpatici i confronti con la polizia locale.
Markus: Un fatto di cronaca del 1997 (il film è ambientato in quell'anno) trasformato in una pellicola "demenziale". Appare sin da subito chiaro che la spina dorsale è la verve del protagonista Galifianakis ma, ahimè, sul piatto del divertimento ci sono ben poche portate. La pellicola "gira" male, con momenti di vuoto piuttosto evidenti; fatto curioso e per certi versi disastroso per un film americano che, alla mancanza di espressività (tipica invece del nostro umorismo), dovrebbe supplire con la scrittura. Si ride davvero troppo poco per essere indulgenti.
Lattepiù: Nel 1921 la salma del Soldato Ignoto (una delle tante vittime senza nome dei campi di battaglia della prima guerra mondiale, a rappresentarle tutte), partendo dalla chiesa di Aquileia, attraversò tutta Italia per venire onorata in una solenne cerimonia all’Altare della Patria. Questo documenta il film, le tappe del viaggio in treno nelle principali città, sempre accolto da ali di folla commossa, fino alla commemorazione finale. Un documento prezioso ed emozionante e la testimonianza di un’Italia unita e partecipe, lontanissima da quella attuale.
Myvincent: Un road movie che ha come protagonisti due anziani coniugi (uno malato di mente, l'altro minato nel fisico) e che si sviluppa attraverso un viaggio, come ai tempi gloriosi della loro gioventù lontana. Virzì al solito mescola alla tragedia i toni brillanti da commedia irresistibile, senza cadere nel macchiettistico. Inutile dilungarsi sulla professionalità dei protagonisti, mentre la convenzionalità dei personaggi secondari e il finale forse un po' troppo studiato non fanno gridare questa volta al miracolo.
Piero68: Sequel pasticciato e fracassone che si ricorderà solo per la ridicola versione in CG del Re Scorpione con la faccia di The Rock. Mettere insieme avventura, action e commedia non è la parte difficile; quello che è difficile è cercare di interessare le spettatore con una storia almeno potabile. E' chiaro che il target di riferimento (inteso come età) del film si è abbassato e, vista anche la presenza del pargoletto, è fin troppo ovvio che si mira ai teen-ager, ma essendo intrattenimento puro non avrebbe guastato un tocco più ruvido.
Markus: Due ventenni bellocci vogliono repentinamente sposarsi, ma le rispettive famiglie non sono propriamente compatibili. Ennesimo film con l'incontro/scontro Nord/Sud e la stra-abusata formula del matrimonio come collante per una puerile vicenda "umana". Se pareva persino mortificante per Boldi in Matrimonio al Sud, figuriamoci per la coppia Abatantuono/Salemme... di ben altro spessore artistico. L'opera di Miccichè ha il solo vantaggio della scorrevolezza, ma la comicità non pervenuta e la scarsa sceneggiatura fanno davvero danni.
Puppigallo: La bravura di Atkinson nelle comiche di Mr Bean era ben nota, ma era lecito temere che il personaggio non potesse reggere un lungometraggio. Invece bisogna dire che se l’è cavata piuttosto bene. Ci sono infatti parecchie buone gag (Davanti al vetro; Al Luna Park; La cenetta improvvisata; La missione notturna; Il discorso; In sala operatoria). Certo, più che un film è una serie di scenette comiche, non tutte comunque riuscite, ma alla fine il risultato è decente e si ridacchia abbastanza spesso.
MEMORABILE: Il disastro al museo (il nuovo volto del dipinto: Bean che porta via la tela fingendo che sia un carrello e facendo il rumore delle ruote cigolanti).
Puppigallo: Visivamente interessante (costumi e ambientazione), ma sia la storia che i personaggi non convincono, portando anche qua e là a sbuffare. Le divinità ormai sono viste come super star; e divini e terrestri, a parte il tamarro Iperione-Rourke (troppo caricaturale) e il suo esercito di freak e straccioni, sono eccessivamente lindi e pinti. 300 ha comunque fatto decisamente scuola (le scene di battaglia coi titani, particolarmente cruente, con ralenti che enfatizzano gli scontri, facendoti gustare le carni che si aprono). Peccato che qui manchi totalmente quella marcia talentuosa in più.
MEMORABILE: L'interno del monte Tartaro (il cubo coi titani imprigionati); Palle fracassate da una martellata (quasi una parodia); Il toro di ferro con sorpresa.
Homesick: Hitchcockiano e intricato. Donen dirige nel suo stile raffinato e multiforme già ammirato in Sciarada, unendo commedia, thrilling, spionaggio, azione, love-story. Le scenografie sono arzigogolate e talora lisergiche; la sceneggiatura arguta e incalzante. Peck recita con molta ironia, alla maniera di Cary Grant, affiancato da una splendida e vivacissima Loren e da un perfidamente mellifluo Badel. Suggestivi i titoli di testa commentati dalle armonie mediorientali di Henry Mancini.
MEMORABILE: Peck, drogato e abbandonato in una strada trafficata, crede di essere un torero nell'arena.
Puppigallo: Piacevole western, dove i ruoli sono stati ben distribuiti e calibrati. Ognuno dà il suo contributo, con battute, colpi di testa, serietà e freddezza nel momento giusto (tranne, ovviamente, il più giovane dei quattro), rendendo più sopportabile l'eccessivo minutaggio. Non tutto pare indispensabile, quindi qualche sforbiciata avrebbe giovato alla pellicola. Ma nel complesso, resta un buon prodotto vecchio stampo. Nota di merito per il ragazzino che parla della lapide "Era un angelo col dito puntato". "Puntato a chi?". "A nessuno! In alto. Ma poi glie l'han staccato e sembrava agitare il pugno".
MEMORABILE: L'inconfondibile camminata del Duca, che qui si sposta parecchio anche senza il cavallo sotto; La sedia a dondolo dondolante (ha un perchè).
Daniela: Dopo il ritrovamento del cadavere di un neonato dentro una valigia, un impiegato dell'ufficio oggetti smarriti inizia ad indagare per proprio conto per chiarire un mistero che la poilizia non sembra interessata a risolvere... Thriller all'inizio reso intrigante dal carattere del protagonista, ossessionato dal proprio lavoro; con il procedere della storia però, che si dipana tra Spagna e Argentina tra prostituzione d'alto bordo e adozioni clandestine, le forzature diventano troppe per poter giudicare il film del tutto riuscito, anche se il finale risulta più realistico del previsto.
Galbo: Già autore di un buon film sul rapporto tra un adulto e un bambino, il regista Paul Weitz torna sul tema della paternità con un film che si mantiene sempre al limite tra il registro drammatico e la commedia, non rinunciando a momenti strappalacrime che per fortuna sono solo accennati e trattati con molto pudore. Ottima la prova del protagonista, che risulta lontano dagli eccessi di alcuni dei suoi film e appare assai misurato. Vincente la scelta della piccola coprotagonista. Non male.
Rocchiola: Ormai perso nei meandri di un cinema sempre più commerciale, Scott firma una commedia romantico-vinicola scontata, noiosa e fighetta. La storia del cinico broker che riscopre i veri valori della vita nell’amore e nella natura sembra uscita direttamente dai telefilm romantici che infestano i palinsesti tv in fascia protetta con l’aggiunta di un tocco da reality eno-gastronomico. E a poco servono le splendide quanto patinate immagini provenzali da cartolina. C’è da chiedersi come Scott abbia potuto dirigere i capolavori d’inizio carriera.
MEMORABILE: L’investimento di Fanny; Il riempimento della piscina vuota con Max al suo interno.
Galbo: Thriller assai mediocre diretto da un regista il cui passato (Pomodori verdi fritti) è assai migliore dell’opaco presente. In questo film non funziona quasi niente, a partire dalla sceneggiatura che è colma all’inverosimile di “buchi” narrativi e situazioni inspiegabili. Assai raramente inoltre il regista riesce a costruire un minimo di tensione che ci fa ricordare che stiamo assistendo ad un thriller. Unico elemento positivo, la carismatica presenza di Pacino, ma è decisamente troppo poco.
Mco: Il cinema popolare di casa nostra ha abituato le platee a mutevoli registri all'interno dello stesso plot. Ecco pertanto la pars comica, qui demandata a un attore di fiction, che si accompagna a quella melanconica (la crisi di identità, caratteristica un po' di tutti i personaggi coinvolti, la paternità putativa). Rubini si conferma attore che fatica nel ruolo di comprimario al pari di Salemme come primadonna. Si abbozza qualche sorriso grazie soprattutto a Panariello, la struttura resti deboluccia ma nel complesso si può guardare.
Markus: Un fatto di cronaca del 1997 (il film è ambientato in quell'anno) trasformato in una pellicola "demenziale". Appare sin da subito chiaro che la spina dorsale è la verve del protagonista Galifianakis ma, ahimè, sul piatto del divertimento ci sono ben poche portate. La pellicola "gira" male, con momenti di vuoto piuttosto evidenti; fatto curioso e per certi versi disastroso per un film americano che, alla mancanza di espressività (tipica invece del nostro umorismo), dovrebbe supplire con la scrittura. Si ride davvero troppo poco per essere indulgenti.
Nicola81: Dopo aver diretto quello che è considerato uno dei primi western dalla parte dei nativi, Daves stavolta si rifugia nella rituale contrapposizione bianchi buoni/indiani cattivi, ma evita comunque di fare di ogni erba un fascio, e il messaggio che trasmette è un inno alla pace e alla fratellanza tra i popoli. Regia di ampio respiro nelle riprese paesaggistiche e sul versante spettacolare, mentre il lato sentimentale dimostra tutti gli anni che ha. Un Bronson fanatico e con la fissa delle uniformi ruba spesso la scena al protagonista Ladd, la Pavan indiana è più credibile del previsto.
Silvia75: Gradevole film tedesco che racconta l'amore non corrisposto del giovane Goethe ventiquatrenne studente di legge per Lotte, amore che ispirerà il suo capolavoro letterario e best seller "I dolori del giovane Werther". Bella l'ambientazione settecentesca e intelligente la scelta della volitiva Miriam Stein per una Lotte controcorrente. Non convince invece la scelta degli sceneggiatori di un giovane Goethe distratto e quasi sciocco, per quanto interpretato con impegno da Alexander Fehling.
Mco: Fuori Rapace (e Rooney Mara), dentro Claire Foy. Il cambio di formazione non apporta benefici a questo reboot legato a ciò che nacque dalla penna di Stieg Larsson. Si lasciano per strada le componenti vindici e morbose per lanciarsi in una corsa a perdifiato tra strade, ponti e palazzi, come in un comunissimo spy action. Manca la carica di adrenalina cui la saga ci aveva abituato e l'idea di scrutare il passato della protagonista non è sfruttata in maniera compiuta. Indi resta un film che si può guardare senza troppe pretese di sorta.
MEMORABILE: L'incipit con le due giovani sorelle Lisbeth e Camilla.
Teopanda: Pellcola fantascientifica in cui una minaccia aliena attacca la Terra (e cioè gli USA). La sceneggiatura, intrisa di patriottismo americano, sa di già visto ed è pure estremamente prevedibile; a una fotografia pessima si alterna un ancor peggior regia. I personaggi, seppur stereotipatissimi, non sono interpretati così male (peccato però che un attore come Neeson si riduca a un ruolo del genere) e gli effetti speciali risultano apprezzabili. Coerente il finale, che continua il perpetuo elogio alla Marina Americana presente per tutto il film.
Deepred89: La storiella è ben poca cosa, forse ancora meno interessante di quella del precedente Io vi troverò (che perlomeno aveva una trascinante idea di partenza), ma la regia riesce a salvare la baracca e a rendere il film godibilissimo grazie a un notevole senso dell'azione e ad una buona direzione del cast (che funziona sia per quanto riguarda i protagonisti, sia per gli attori secondari, con volti ben scelti). Non mancano neppure un paio di colpi di scena riusciti, ma che non riescono ad eclissare l'assenza di una solida trama di base. Guardabile.
Nando: Il top del trash italico anni 80 si raggiunge con questa pellicola storico-demenziale che rappresenta il canto del cigno del personaggio creato da Abatantuono. La pellicola si ricorda per alcune citazioni in slang del protagonista (alcune esilaranti) ma nel complesso appare abbastanza carente. La Rusic mostra un'ammaliante quanto selvaggia bellezza.
Galbo: Se come pare è tratto da una storia vera si spera che i personaggi siano meno fessacchiotti di quelli portati sullo schermo. La storia si sgonfia rapidamente e si trascina stancamente ricorrendo a gag che al massimo fanno sorridere ma spesso sono di natura "escatologica". Zach Galifianakis fa quello che può per tenere il film sulle spalle ma lui per primo non pare più di tento convinto. Ancora più deboli le altre interpretazioni. Scarso.
Paulaster: Loach riesce a documentare uno stile di vita suburbano modulando l’emotività. Fasi più leggere come il calcio o il flirt tra i protagonisti, abbinate alle dipendenze da droghe o bere. Né totalmente dramma né commedia, vive in una terra di mezzo dove la cultura dei personaggi e l’ambiente povero si fondono e Mullan ricopre il ruolo del paladino risorto a dar l’esempio alla comunità. Finale che raddrizza le carte, anche se non convince del tutto.
Lattepiù: Nel 1921 la salma del Soldato Ignoto (una delle tante vittime senza nome dei campi di battaglia della prima guerra mondiale, a rappresentarle tutte), partendo dalla chiesa di Aquileia, attraversò tutta Italia per venire onorata in una solenne cerimonia all’Altare della Patria. Questo documenta il film, le tappe del viaggio in treno nelle principali città, sempre accolto da ali di folla commossa, fino alla commemorazione finale. Un documento prezioso ed emozionante e la testimonianza di un’Italia unita e partecipe, lontanissima da quella attuale.
Saul: Un film bellissimo e colmo d'azione in un Medioevo reso cupo, visto che d'epoca buia non si dovrebbe parlare. Ottimo Rutger Hauer, che spicca fra tutti: personaggio fiero, bellicoso ma tormentato da un amore che mai prima aveva provato. La Leigh ne esce come un personaggio ipocrita che tutto farebbe per salvarsi la pelle. Anch'essa tormentata dal non saper scegliere chi dovrebbe amare o meno o... di chi fidarsi per vivere e di chi no. Bellissima la musica. Consigliato.
Ciavazzaro: Pessimo. Il cast è come al solito penoso: da salvare solo Donald Pleasence, Erna Schurer (qui alla sua ultima interpretazione, in un piccolo cameo) e Perotti. Per il resto, effetti di sangue approssimativi e troppo brevi, recitazioni penose, pochissima suspence, finale ridicolo. Peccato perché l'ambientazione è interessante. Insufficiente, senza ombra di dubbio.
Jena: Action bello tosto di metà anni '90. Winfrey non va tanto per il sottile e allestisce 90 minuti frenetici a suon di inseguimenti, esplosioni e combattimenti corpo a corpo. Ma il vero asso nella manica del film è una bellissima Stacie Randall, ultrafisicata, in cerca di vendetta che mena a destra e a manca, facendola vedere brutta ai maschi cattivoni che l'hanno tradita. Cinema leggero ma divertente
MEMORABILE: All'inizio la Randall sgomina a mani nude una banda di teppisti; La sua incursione nel bordello a suon di calcioni in faccia.
Leandrino: Il documentario racconta una fase decisiva nella vita di Amber, adolescente con disforia di genere in procinto di richiedere un intervento di mastectomia. Racconto (volutamente) disomogeneo, creato da frammenti di video rubati dalle autrici o registrati dalla stessa protagonista. Intasato da filtri social e scritte in caratteri cubitali al neon, descritto da pomeriggi al gusto di sigaretta e junk food: linguaggio aperto, laconico e malinconico. La colonna sonora degli Shitkid fa aderire il tutto nella sua disordinata coerenza, resa tale da alcuni perfetti stacchi di montaggio.
Kekkomereq: Amo i ventriloqui sin da quando ero bambino e mi facevano impazzire quelle teste di legno parlanti. Peccato che il film non mi convinca fino in fondo. Qualche parte è salvabile e interessante, ma il resto è noia. Naturalmente la noia è inclusa anche nel finale che, anche se inaspettato, ti lascia l'amaro in bocca.
Cotola: Bizzarro film a metà tra il giallo e il poliziottesco che, pur non essendo impeccabile dal punto di vista della sceneggiatura che a tratti è un po' confusa e presenta qualche buco dal punto di vista della logica, si lascia seguire piacevolmente dall'inizio fino al colpo di scena finale. Abbastanza sperimentale la regia di Zuffi. Bizzarro il cast attoriale (che può annoverare Isa Miranda ed un Carmelo Bene nel ruolo del killer) così come pure la collaborazione di Flaiano alla sceneggiatura. Fotografia di Pasquale De Santis.
MEMORABILE: La preparazione del "dono" iniziale. Il finale.
Pussycat: Il film non è un granché, la storia è quel che è e Scipioni e Terzo fanno una gran fatica a tenerlo in piedi, fino a che non arriva la Jeannine. Che stravolge tutto e dà un senso alla seconda parte della pellicola, grazie ad una sensualità innata e debordante. Oltre a ciò, da salvare ci sono un paio di gag di Terzo, marito vampirizzato dalla moglie assatanata.
Graf: Michele Lupo firma una parodia convincente e spiritosa del primo western di Sergio Leone. Conserva alcuni topoi del film leoniano ma ne ribalta gli schemi e la logica narrativa raggiungendo, con scioltezza, l’effetto caricaturale voluto. I comici siciliani sostengono l’esito introducendo nella vicenda il carico da novanta della loro comicità fisica, ribalda e caciarona, aggiungendo il sale di una valanga di battute che fanno il verso agli slogan pubblicitari di Carosello e storpiando, con furbizia, le frasi più celebri del capolavoro di Leone.
Reeves: Il promettente sportivo è accusato di stupro e il mondo sembra crollare attorno a lui. Legal drama infarcito di luoghi comuni, recitato pesantemente e con ogni situazione ampiamente prevedibile, finale (ahinoi...) compreso. Il caso era stato molto coperto dai mass media in America e il film è quasi un instant movie, che sconta però il fatto di essere retorico e al tempo stesso raffazzonato.