Che film ci sono stasera in tv in prima serata? Ma non solo questa sera, anche la mattina o il pomeriggio, se capita una giornata di pausa. E i più nottambuli possono trovare anche i film che vanno in onda a tarda notte, i cosiddetti fuori orario. Cliccate sulle frecce per cercare tra i palinsesti passati e futuri oppure controllate direttamente tutta la settimana. Cliccate sull'icona calendario a fianco della scheda per appuntare un promemoria su quel film in agenda. Se siete loggati potete cliccare anche sulla stella per contribuire alle segnalazioni. Come? Scopritelo
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Galbo: Come molti dei comici televisivi, più avvezzi ai ritmi brevi del piccolo schermo, Ezio Greggio "soffre" del passaggio cinematografico, limite che si rivela anche maggiore quando l'attore si cala nei panni del regista. Killer per caso è una commedia dal fiato corto, che supporta poco il non originale spunto d'inizio (lo scambio di persona) e si appoggia ad una sceneggiatura stiracchiata, i cui limiti sono resi ancora più evidenti dal blando ritmo della narrazione. Giusto qualche risata quà e là.
Problemi seri d'instabilità mentale per un giovane condannato fin dal titolo a non mascherare la propria colpevolezza ai nostri occhi: John David Finn (Cotton) ha un volto apparentemente rassicurante, ma quando la ragazza con cui stava scompare e il padre di lei si presenta in polizia dicendosi certo che le sia successo qualcosa, la detective protagonista Ronnie McAdams (Dent) non può che recarsi subito a interpellarlo. Finn vive con la madre (Norry), che si occupa di comunicazioni in polizia ed è la persona più scorbutica che si possa immaginare, pronta a minacciare...Leggi tutto chiunque la disturbi dall'alto delle sue conoscenze in materia legislativa. Ronnie ci sbatte la faccia e non ci mette molto a capire che in quella famiglia, comprendente anche uno zio dall'aria trasandata (Jarrett), c'è qualcosa che non va.
Finn con le donne ci sa fare: attratto dalle rosse lentigginose, era il fidanzato già di altre due trovate poi defunte, quindi a fare un rapido ragionamento ci arriva chiunque. Ci era arrivato anche il precedente incaricato delle indagini, l'italiano Mark Petrocelli (McBeath), che tuttavia aveva dovuto mollare la presa per mancanza di prove. Si rifà sotto ora e affianca Ronnie spiegandole come la giovane scomparsa sarà presto trovata morta.
Insomma, nessun segreto sull'identità del colpevole e infatti più che al giallo si punta sul thriller e sull'azione attraverso una sceneggiatura corretta che offre al cast la possibilità di mostrare il proprio valore. Tra tutti - al di là di una Dent solo corretta che ricopre il ruolo con professionalità e approccio maturo senza però aggiungervi granché - si fa notare il buon Tom McBeath: il suo Petrocelli, perennemente in conflitto con la madre di John, è il personaggio tratteggiato meglio, a suo modo originale al netto di un'apparenza ordinaria, l'unico che sappia dare ai dialoghi il giusto sapore; perché anche lo squilibrato "malvagio" non ha nulla di originale, nonostante il rapporto quasi romantico con le sue prede, alle quali promette amore e dopo pochi giorni il matrimonio.
Il film racconta di come i due detective cerchino di mettere sotto pressione lui e sua madre e di come questi ultimi (e lo zio) rispondano per le rime ostentando un'odiosa sicumera. Se la storia nel complesso è uguale a quella di tanti thriller che rimescolano senza gran fantasia gli elementi del genere, c'è tuttavia da apprezzare la capacità in regia di Neill Fearnley, che organizza bene il materiale a disposizione e mantiene un certo rigore nella messa in scena e nella direzione degli attori, dovendo fare i conti tuttavia con le poco interessanti fasi riguardanti la figlia sedicenne (Moss) della protagonista, ribelle e strafottente, che va ad affiancarsi alle tante figure antipatiche e irritanti del film. L'ultima parte è più lunga del previsto e ci mostra quanto l'arresto non sempre corrisponda all'immediata conclusione di tutto...Chiudi
Camibella: Caleb è il ladrone buono che vive di truffe e furtarelli vari mentre osserva con invidia i miracoli di Gesù cercando invano di imitarlo. È senza dubbio un bel film quello girato da Festa Campanile e ben interpretato da un Montesano in stato di grazia, che sa far sorridere ma anche commuovere in più di una scena. Girata in Tunisia, che ben si presta a sembrare la Galilea, è una commedia che nel complesso ha tante virtù e qualche perdonabile difettuccio.
MEMORABILE: La scena dell'uccisione del cane; Caleb ridicolizza il centurione; L'avvenenza della Fenech.
Corinne: Le selezioni per un reality con partecipanti "all'ultima spiaggia" è il pretesto per assemblare quattro episodi alquanto eterogenei e per niente memorabili. Si ride a tratti, e pur nella sua prevedibilità la seconda parte del film intrattiene, quantomeno; ma della buona commedia all'italiana con spunti di attualità in cui il soggetto faceva sperare, c'è ben poca traccia, confinata perlopiù nelle macchiette tra un episodio e l'altro.
Noodles: Ok la povertà di mezzi, ma quando apri un film usando come mostro marino una placida foca doppiandola con dei versi orribili... beh, hai perso in partenza. Anche perché la noia avvolge lo spettatore dal primo all'ultimo momento. È pieno di trovate comiche... peccato che siano involontarie. Mancano invece totalmente quelle in grado di salvare una sceneggiatura davvero insipida. La fotografia è di valore, unica cosa funzionante.
Tomastich: Dopo i buoni risultati di Il gatto dagli occhi di giada e Solamente nero, torna Antonio Bido con un film che mischia sentimento ed un pizzico di avventura. Protagonisti sono Rosita Celentano (la mamma Claudia Mori era la produttrice) e Christophe Bouquin. Interessante l'ambientazione a Livorno (e Castiglioncello), molto meno il filo logico del film, sviluppato in maniera superficiale e facilona. Resta tuttavia un film da inserire nel filone giovanilistico italiano degli anni 80 insieme alla serie sportiva di Stefania Casini.
124c: Ultima pellicola e secondo viaggio in Africa per Piedone, sempre accompagnato dal brigadiere Caputo (Enzo Cannavale) e dal bambino zulù Bodo (che qui viene doppiato in napoletano). Ormai le avventure del commissario Rizzo, in arte Piedone, hanno preso una piega molto distante dal prototipo del 1974 (qui si va a caccia di petrolio e non di spacciatori di droga), lo dimostra il personaggio eccentrico di Leopoldo Trieste, che sembra uscito da un fumetto di "Topolino". Robert Loggia è, insolitamente, buono, mentre Angelo Infanti fa il beduino. **
MEMORABILE: Leopoldo Trieste: "Grazie a questo scarafaggio ho scoperto il modo per trovare il Tropelio... che significa Petrolio!"
Markus: Sull'onda lunga dell’umorismo pugliese "alla Zalone", ecco spuntare alcuni cloni o presunti tali. Pio (la spalla) e Amedeo (il comico) gettati nel turbine d'una sorta di road-movie (Foggia, Roma, Milano, Amsterdam e ritorno) tra battute di grana grossa - ma di sicura presa - e alcuni momenti di genialità comica tipica di una certa spigliatezza verbale meridionale che rivela la stoffa del duo comico (in special modo Grieco). La regia pecca nella seconda parte di un calo di ritmo che in parte sminuisce la pellicola; peccato. Musica dei Modà.
Puppigallo: L'idea della miniera abbandonata da saccheggiare in contemporanea con quella attiva adiacente, per coprire rumori e esplosioni, non era male. Ma purtroppo, il film in sè è eccessivamente Hollywoodiano, ripulito, anche nei personaggi e zeppo di stereotipi. Borgnine è simpatico; e la sua presenza dà almeno un perchè al tutto. Ma nel complesso, escludendo la parte nella miniera, la pellicola è davvero poca cosa.
MEMORABILE: Il vice sceriffo, che spara meglio da ubriaco; Borgnine si becca una pallottola e, a distanza di poche ore, salta già come un grillo; Uomo incendiato.
Daniela: Crocevia per il mercato di bestiame, Dodge City potrebbe prosperare se non fosse in mano a tipacci senza scrupoli, ma per fortuna c'è chi non ha paura di loro... Dopo il botto dell'anno precedente, il trio non si ripete agli stessi livelli: Curtiz dirige con professionalità ma è più a suo agio nel genere avventuroso, i baffetti di Flynn mal si intonano con le rudi vesti del cowboy e de Havilland è una ritrosa prevedibile. Nel cast si rivede Hale, già fido Little John, e fa la sua bella figura la fulva Sheridan. Da segnalare il Technicolor sgargiante di Sol Polito e le musiche di Max Steiner.
Daniela: Venuto in possesso di una fortuna inaspettata, ne approfitta per crearsi una doppia vita, ritrovandosi suo malgrado con una doppia famiglia, con complicazioni a non finire... Il canovaccio è quello, vecchissimo, che vede Arlecchino servo di due padroni, ma il risultato è fresco e gradevole, nonostante l'aura televisiva (non proprio simpaticissima) dei due protagonisti e della Littizzetto. Niente di originale, ma alcune gags sono divertenti, la conclusione "aperta" carina.
Ishiwara: Il protagonista ha acquisito spessore e l'ambientazione ha finalmente un suo carattere più definito. Tolto Gibson, gli attori qualitativamente sono peggiorati, ma contano poco in fondo: la forza del film sta nell'atmosfera e i veri protagonisti sono i veicoli e la benzina, le soli ragioni per cui si vive, si lotta, si uccide. Non si cercano cibo od acqua, ma solo mezzi per rimanere in movimento in un mondo in cui pare non sia rimasto nulla. Spettacolare e con la giusta dose di ironia. Colmo di difetti, che si ignorano piacevolmente.
Rambo90: Megaproduzione russa che unisce arti marziali, tocchi fantasy e ricostruzioni storiche (oltre a rimaneggiare la storia della maschera di ferro) in una sceneggiatura confusa che a tratti convince anche, ma che risulta appesantita dai brutti effetti e da una moltitudine di personaggi non sempre utili. La parte migliore è l'inizio, in cui vediamo Chan e Schwarzenegger all'opera per una mezz'ora che culmina in un divertente combattimento. Poi spariscono e lasciano il campo a Flemyng e compagnia, non tutti a fuoco come dovrebbero. Qua e là ci si annoia.
Capannelle: Discreto nella prima parte in cui il pathos drammatico, per quanto segua strade già viste, sembra tenere. Grazie soprattutto alla strana coppia dei due ragazzi che si conoscono in riabilitazione e a un Alessio Boni capace di misurare l'intensità della sua partecipazione senza mai strafare. Poi succede che il brodo un po' si allunga e che bisogna fare i conti con la storia d'amore inevitabilmente piatta e con dialoghi che scivolano nella consuetudine.
Daniela: Scapolone impenitente e sciupafemmine si trova a dover condividere il lussuoso appartamento con una splendida donna che però ha un grosso handicap, anzi due, ossia un maschietto di otto anni e una femminuccia di cinque. Indovinate come va a finire... Commediola banale che inanella una serie di gag stantie o discutibili per arrivare a un epilogo scontatissimo. Per risollevarne le sorti ci sarebbe voluto un attore di spirito ma Ducret non è Dujardin o Lellouche e le sue disavventure non divertono ma urticano.
Redeyes: L'acerbo toscano dipinge l'Italia delle ipocrisie e dei luoghi comuni, uno spaccato di destra e sinistra, volutamente esasperato e inverosimile. Un ricco cast su cui spiccano, giocoforza, Orlando e Fantastichini. La storia ha i suoi punti di forza nelle cena e nelle discussioni che ne conseguono. Il finale agrodolce appare scontato e manifesta la freschezza ma pure una certa immaturità (che non è una critica ma una constatazione) del regista.
Belfagor: Una tragedia narrata con toni ironici: quale stile migliore per una saga familiare? Sfortunatamente, a differenza del romanzo di McCourt, l'ironia manca in questo film, che si riduce così ad una giustapposizione di disgrazie e miserie affrontate senza il necessario distacco. Ci sono le ambientazioni giuste (Limerick, la città più cattolica e piovosa d'Irlanda), la fotografia livida, il cast di un certo livello, ma non si va oltre l'oleografia, a tratti piuttosto lagnosa.
Rambo90: Un film ingiustamente sottovalutato, perché al di là di una confezione quasi televisiva (la scenografia e i costumi son buoni, le musiche e la fotografia decisamente meno), offre una delle migliori interpretazioni degli ultimi anni di Sordi. Scatenato, con intercalare ormai cult (dindiridin...) ed espressioni spassose, affiancato poi da un cast di prima grandezza dove spiccano l'ancora piacente Antonelli, un Lee malefico (anche qui!) e un Croccolo davvero divertente. Il ritmo è un po' lento, ma è un film sicuramente gradevole. Promosso.
Taxius: Un figlio bacchettone, moralista e tontolone con la mania per i gabbiani e un padre donnaiolo e amante della vita in un viaggio on the road insieme in cui ne combineranno di tutti i colori. Il film non è male ma procede a fasi altere, in quanto si alternano momenti spassosi ad altri assolutamente soporiferi. La trama è simpatica e i due protagonisti sono molto affiatati, ma al film manca qualcosa per essere considerato davvero riuscito. La visione comunque è gradevole.
Nando: Il viaggio post tarda maturità per il gruppo di quarantenni del primo episodio. La narrazione vira ampiamente sul lato sentimentale ed appare particolarmente melensa. Le situazioni non spiccano per originalità nonostante le location e le musiche appropriate. Buono, al contrario, il cast, che appare amalgamato. Si sorride con le brevi apparizioni di Mattioli. Tra le situazioni scadente quella di Bizzarri, lievemente toccante quella di Kessisoglu e Caprioli.
Problemi seri d'instabilità mentale per un giovane condannato fin dal titolo a non mascherare la propria colpevolezza ai nostri occhi: John David Finn (Cotton) ha un volto apparentemente rassicurante, ma quando la ragazza con cui stava scompare e il padre di lei si presenta in polizia dicendosi certo che le sia successo qualcosa, la detective protagonista Ronnie McAdams (Dent) non può che recarsi subito a interpellarlo. Finn vive con la madre (Norry), che si occupa di comunicazioni in polizia ed è la persona più scorbutica che si possa immaginare, pronta a minacciare...Leggi tutto chiunque la disturbi dall'alto delle sue conoscenze in materia legislativa. Ronnie ci sbatte la faccia e non ci mette molto a capire che in quella famiglia, comprendente anche uno zio dall'aria trasandata (Jarrett), c'è qualcosa che non va.
Finn con le donne ci sa fare: attratto dalle rosse lentigginose, era il fidanzato già di altre due trovate poi defunte, quindi a fare un rapido ragionamento ci arriva chiunque. Ci era arrivato anche il precedente incaricato delle indagini, l'italiano Mark Petrocelli (McBeath), che tuttavia aveva dovuto mollare la presa per mancanza di prove. Si rifà sotto ora e affianca Ronnie spiegandole come la giovane scomparsa sarà presto trovata morta.
Insomma, nessun segreto sull'identità del colpevole e infatti più che al giallo si punta sul thriller e sull'azione attraverso una sceneggiatura corretta che offre al cast la possibilità di mostrare il proprio valore. Tra tutti - al di là di una Dent solo corretta che ricopre il ruolo con professionalità e approccio maturo senza però aggiungervi granché - si fa notare il buon Tom McBeath: il suo Petrocelli, perennemente in conflitto con la madre di John, è il personaggio tratteggiato meglio, a suo modo originale al netto di un'apparenza ordinaria, l'unico che sappia dare ai dialoghi il giusto sapore; perché anche lo squilibrato "malvagio" non ha nulla di originale, nonostante il rapporto quasi romantico con le sue prede, alle quali promette amore e dopo pochi giorni il matrimonio.
Il film racconta di come i due detective cerchino di mettere sotto pressione lui e sua madre e di come questi ultimi (e lo zio) rispondano per le rime ostentando un'odiosa sicumera. Se la storia nel complesso è uguale a quella di tanti thriller che rimescolano senza gran fantasia gli elementi del genere, c'è tuttavia da apprezzare la capacità in regia di Neill Fearnley, che organizza bene il materiale a disposizione e mantiene un certo rigore nella messa in scena e nella direzione degli attori, dovendo fare i conti tuttavia con le poco interessanti fasi riguardanti la figlia sedicenne (Moss) della protagonista, ribelle e strafottente, che va ad affiancarsi alle tante figure antipatiche e irritanti del film. L'ultima parte è più lunga del previsto e ci mostra quanto l'arresto non sempre corrisponda all'immediata conclusione di tutto...Chiudi
Galbo: L'eterna vicenda di Caino e Abele (fratelli coltelli !) ripresa in questo western diretto da Robert Parrish e sceneggiato dall'esperto autore Rod Serling. Benchè la vicenda non sia inedita, il film appassiona lo spettatore grazie alla progressiva trasformazione del personaggio del fratello minore (splendidamente interpretato da John Cassavetes) da simpatico guascone a psicopatico e violento. Buona la regia.
Rambo90: Alla terza prova, Siani autore non cambia: sceneggiatura dai passaggi orridi, battute che non vanno da nessuna parte, regia scolastica con punte trash. La prima parte scorre meglio, con qualche simpatica battutina e un Abatantuono in gran forma. Poi ci si perde nel romanticismo, con il protagonista che scimmiotta Troisi non avendone la verve né la vena malinconica. La Cucci è bella e bravina, ma quello che c'è di buono annega nel dilettantismo della scrittura. Finale da brividi. Evitabile.
Dusso: Mitico musicarello datato 1983 con la bellissima Roberta Olivieri, Sebastiano Somma e la immancabile coppia Bombolo-Cannavale. Grosso successo di pubblico e lancio definitivo di Nino D'Angelo sul grande schermo. La storia vede Nino corteggiare la bella Annamaria in quel di Capri.
Kinodrop: Comincia come un'avventura l’impresa in solitaria di Rike per raggiungere con la propria barca a vela un’isola tropicale nel segno della scoperta dell’esotico. Ma il registro cambia quando si imbatte in un barcone alla deriva carico di migranti in gravissime difficoltà. Paradossalmente la storia, invece di prendere un abbrivio anche emozionale, si incaglia e con una certa freddezza procede verso un finale insoddisfacente e dal messaggio equivoco. La bellissima fotografia di mare non “riscalda” e non coinvolge, pur trattando un tema così drammatico.
MEMORABILE: Il soccorso al giovane naufrago con problemi annessi; Gli aiuti a rilento; Le incertezze sul da farsi; Sul barcone tra i derelitti.
Pessoa: Un bravissimo Perlman presta la sua maschera ad un killer sui generis, degno erede dei personaggi dei grandi noir di una volta. La storia, pur non essendo banale, non presenta grossi colpi di scena e procede spedita e lineare verso un prevedibile finale parzialmente consolatorio. Buona la sceneggiatura, che offre momenti forti e qualche battuta da incorniciare, molto buono il cast principale, con gli attori decisamente in ruolo. Il commento musicale di Bowsell è da incorniciare e vale da solo il prezzo del biglietto. Un gran bel film, che merita sicuramente una visione.
MEMORABILE: La colonna sonora; Gli omicidi da sotto il pavimento.
Daniela: Il ritorno negli USA giova al regista che questa volta non si limita alla solita e un poco usurata ronda sentimentale venata di ironia/nostalgia, ma dirige un dramma, pur travestito da commedia brillante, che può essere accostato alle sue precedenti opere del genere. Sotto la scorza di superficialità e snobismo, Blanchett è una donna sull'orlo del crollo, incapace di far i conti con la realtà, prigioniera di un'involucro di apparenze e finzione. Brava lei ed anche Hawkins che replica il personaggio interpretato per Leigh, efficace il resto del cast. Il migliore Allen degli ultimi anni.
Galbo: Durante l'epoca del proibizionismo, due piccoli truffatori vengono arrestati e condannati all'ergastolo con l'ingiusta accusa di omicidio. Passeranno in prigione gran parte della vita scoprendo i valori dell'amicizia e della solidarietà. Il film di Demme è sulla carta abbastanza intrigante ma si rivela nei fatti piuttosto deludente. Le potenzialità della storia non sono adeguatamente sfruttate e le situazioni comiche strapppano a malapena qualche tiepido sorriso, nonostante gli sforzi di due protagonisti piuttosto in forma.
Markus: Film per la tv abbastanza poverello nelle ambientazioni e non solo, che segue un po' la moda di un rinnovato cinema vacanziero/balneare aggiornato agli anni Ottanta. Buon ritmo e ogni tanto si ridacchia, ma la sensazione è quella del B-movie. Stuolo di caratteristi e starlette dell’epoca, ma a reggere la baracca c'è solo l'innata simpatia del compianto Spaccesi (si apprezza l'impegno del buon Vignali); quasi micidiale, invece, l'accoppiata Di Francesco-Ciardo. Per i canoni televisivi di allora la pellicola risultava comunque a tratti godibile.
Elsup: Interessante kolossal russo, un fantasy medioevale di tutto rispetto, completamente passato inosservato nella grande distribuzione italiana. La storia non ha spunti di brillantezza eccessiva, ma il film ha una fotografia di tutto rispetto anche se molto cupa. Non è ai livelli del Signore degli anelli, ma è certamente migliore di boiate tipo Eragon.
Trivex: C'è lo squalo mutante, le cui teste pare litighino tra loro, divorando lattine ed esseri umani. Ma c'è di peggio, ovvero numerosi dialoghi e siparietti giovanilistici assurdi che fanno inesorabilmente parteggiare per il pescecane "alterato". Il film è assolutamente trash, ma la patina e il tentativo di apparire serio, soprattutto nella prima parte, neutralizzano il fascino del "cestino" rendendo la visione notevolmente noiosa. Lasciate agli squali la loro testa (unica) e fate in modo che i loro pasti avvengano senza queste eresie da competizione.
Galbo: La vita di due gemelli, uno dei quali schizofrenico, l’altro tormentato dai sensi di colpa per il destino del primo. L’ottimo Mark Ruffalo interpreta in maniera eccellente entrambi i personaggi principali in una serie che scava nel dolore e nelle contraddizioni di due vite segnate da sofferenze e difficoltà . Protesa verso la ricerca di traumi che hanno segnato la vita dei personaggi, Un volto due destini parla dei legami familiari nelle famiglie disfunzionali e di due vite che attraversano un momento decisivo della storia. Eccellenti interpretazioni, ambientazione e colonna sonora.
Belfagor: Un gruppo bloccato in un luogo deserto è garanzia di problemi; se poi si aggiungono delle orribili mutazioni la situazione non può che peggiorare. Di chiara ispirazione lovecraftiana, il film si rifà allo stile carpenteriano, con chiari rimandi a La cosa soprattutto per gli effetti speciali e l'aspetto delle creature, entrambi ben funzionanti. Il difetto principale è la troppa carne al fuoco, che fa ingarbugliare la storia nella seconda parte e spiega poco o nulla di alcuni elementi (i cultisti, in particolare, sono del tutto superflui).
Deepred89: Disarmante commedia erotica basata su un imbarazzante (non certo per le scene di nudo) susseguirsi di sketch pieni di natiche al vento (non interrotti dalla sterzata noir/kung-fu verso la fine): umorismo ripetitivo, spossante, una totale mancanza di sensibilità comica tale da sfiorare, a tratti, la repulsione. L'inadeguatissimo protagonista e la confezione sgangherata (inquadrature fuori fuoco, montaggio incerto) danno il colpo di grazia, lasciando scivolare nell'abisso taluni nomi noti. Le musiche sono forse la cosa migliore.
Dusso: Teen movie inaspettatamente molto divertente, frizzante e con una protagonista (Mae Whitman) perfetta (anche il belloccio maschile di turno recita meglio del solito). Diciamo che vale la pena darci un'occhiata per gli amanti del genere perché è sicuramente meglio di tanti prodotti visti negli ultimi anni. Peccato per il doppiaggio di alcuni personaggi (pessimo quello di Casey). Qualche canzoncina non è niente male!
Gabrius79: Questo quarto capitolo a dieci anni di distanza dal primo è sicuramente divertente e frizzante quasi quanto quello, addirittura in certi momenti anche migliore! Si ride molto in particolare con Sean William Scott, al quale vengono affidati i momenti migliori, senza dimenticare il buon Levy nel ruolo del padre del protagonista, che ha sempre la battuta pronta. Simpatico.
Galbo: Nuova trasposizione del romanzo di Jane Austen, uno dei più fortunati dell’autrice. La messa in scena è decisamente sfarzosa ed elegante, punteggiata da una colonna sonora deliziosa anche se a tratti un po’ invadente. Anche la scelta degli interpreti è vincente, con la Taylor Joy sempre più eclettica e una prova più che buona di tutti gli interpreti. In alcuni momenti prevale la leziositá sul contenuto ma nel complesso si tratta di una pellicola godibile.
Thedude94: Simpatico e divertente episodio speciale di Lupin terzo, che assieme ai colleghi di sempre si mette alla ricerca di un diamante conficcato niente di meno che nella Statua della Libertà. L'anime si caratterizza per i continui momenti di scontro tra i nemici e il gruppo solito di ladri, oltre che allo strampalato "Zazà"; i disegni sono ottimi e le rappresentazioni delle varie nazioni degli Stati Uniti sono molto realistiche. Non mancano come tradizione i momenti più fantasiosi e surreali che sono un marchio di fabbrica di questo franchise vincente in tutto e per tutto.
Puppigallo: Produzione russa che sembra un ibrido scaturito dai Guardiani della galassia e gli X-Men. Il risultato è di rara pochezza dal punto di vista delle idee (più facile copiare) e avvilente da quello del doppiaggio e della caratterizzazione dei personaggi. L'uomo orso è una sorta di cartone animato su due e quattro zampe; il veloce pseudosamurai ricorda altri killer di pellicole passate; e la donna invisibile e l'attira pietre poi... Insomma, decisamente evitabile, pur qua e là con qualche discreto spunto come i robot granchioidi anche rotolanti che, se non altro, sono realizzati decentemente.
MEMORABILE: L'inespressività tipicamente Russa della protagonista, al cui confronto Ivan Drago ("Io Ti spiezzo in due") è Jim Carrey; La minaccia di un seguito.
Daniela: Ancora una volta agente ed ancora una volta incapace di tenere abbottonata la patta dei pantaloni: è Douglas, qui responsabile della protezione della first lady che, avendo una relazione con la medesima, si trova incastrato in un complotto per assassinare il Presidente... Thriller discretamente girato ma senza particolarità di rilevo nello sviluppo della trama o nella caratterizzazione dei personaggi. Se Douglas e Sutherland se la cavano col mestiere, peggio va alle colleghe Basinger e Longoria, penalizzate da ruoli insignificanti.
Panza: Commedia mediocre retta esclusivamente dai soliti topos riproposti da Montagnani nei panni dell'imprenditore con moglie, figlio casanova e amante-segretaria al seguito. E' lui che fa divertire un po' lo spettatore: il suo solito ohiohiohi e qualche piccata risposta al figlio rendono dignitosa la baracca. La Pellegrini sembra la versione magra della Gemser mentre la de Santis, quando gira nuda per casa con una sigaretta, è la sensualità fatta donna. Tremende le apparizioni di Gianfranco D'Angelo, per fortuna limitate.
Rambo90: Thriller fatto con lo stampino che non risparmia nessun luogo comune del genere, dalla trama con i cattivi che vogliono svaligiare la solita casa ricca alla madre pronta a tutto per salvare i figli. Non sarebbe nemmeno un male se almeno ci fossero ritmo e tensione alti; invece, dopo un veloce inizio, il film annaspa in una noiosissima situazione di stallo che non ci risparmia i classici dialoghi tra il capo, il più cattivo del gruppo e quello che sembra pentirsi. Regia piatta, pochi sussulti e nemmeno un cast in forma. Evitabile.
Markus: Sceneggiato da Leo e Benvenuti, un "vacanziero/balneare" di quelli tipici di quegli anni ma già proiettato verso gli Anni '60, per la completa privazione di ormai inutili sentimentalismi e piagnucolii in virtù di una fresca commedia. Gli episodi s'intrecciano come da manuale con amori desiderati, processi a presunte nudità (il pretesto sarà utile per mostrare le velleità di un'attrice), giovinastri questi mattacchioni e altre situazioni tra l'italico cielo azzurro e i tipici pini a ombrello. Presenza puramente "alimentare" per Vittorio De Sica.
Ryo: Ozpetek, con questo ultima pellicola, cambia radicalmente stile e modo di raccontare la sua storia. Il film risulta di un'elevata introspezione e di lentezza esagerata. I personaggi sono sicuramente profondi, ma le loro storie non destano un'interesse tale da tenere viva la voglia di arrivare a sapere la fine (se non fosse per il mistero del regista scomparso a inizio film, di cui è lecito chiedersi dove sia finito, come e perché).
Kinodrop: Pur basandosi su una storia vera, la regia di Waller non ci fa percepire quasi nulla del reale dramma sia dei bambini prigionieri della grotta, sia dei familiari, per puntare tutto sulla spettacolarità costruita a tavolino sull'organizzazione dei soccorsi e su intoppi e problemi che distraggono più che renderci partecipi. Quasi un documentario con personaggi/supereroi (l'irlandese stratega volontario, il decisionismo dei militari) che smentiscono un po' la coralità della narrazione per un finale dalla patina moraleggiante e sentimentalistica. Una tragedia ridotta a entertainment.
Stubby: Personalmente a me questo film non è affatto dispiaciuto. La storia è molto contorta e ci vuole tutto il film per capire cosa stia succedendo, però l'atmosfera sinistra del film ha un bell'effetto sullo spettatore. La cosa comunque più bella e agghiacciante è il finale del film, che farà comprendere finalmente cosa diavolo succedeva durante l'evolversi delle situazioni. Da vedere almeno due volte per goderselo in pieno.
Galbo: A metà degli anni ’30 una famigli irlandese emigrata negli USA, lascia il nuovo continente per fare ritorno in Europa. Qui il figlio Frank cresce insieme alla madre Angela con il desiderio di fare ritorno in America. Tratto dal libro autobiografico di Frank McCourt, Le ceneri di Angela è un’ottima trasposizione cinematografica di un’opera letteraria. Il regista Alan Parker affronta il tema con grande passione dirigendo un’opera che si caratterizza per l’intensità con la quale sono ritratti i personaggi principali, efficacemente interpretati dal cast.
Herrkinski: Ultima apparizione ufficiale dei "Gatti di Vicolo Miracoli" al completo. Il quartetto sembra sempre che sia al cabaret, con scambi di battute ormai rodate e gag non propriamente innovative; ma nell'enormità di scenette (pseudo)comiche sicuramente riescono ad imbroccarne qualcuna strappando qualche risata (specialmente quando è Calà ad intervenire). Abatantuono farà di meglio in seguito, Teocoli che fa il marocchino invece è abbastanza divertente. Nel complesso molto datato, seppur storicamente interessante per chi ama la comicità all'italiana.
MEMORABILE: La parte finale con Guido Nicheli; i "Viaggi Grandissima Libidine".
Lythops: Ottimo lavoro che può rientrare comodamente nei bei film neorealisti in cui a essere ritratta è la figura di un uomo chiuso nel proprio elevato concetto di sé e incapace di aprirsi all'esterno. La sua professione è quella di macchinista nelle Ferrovie dello Stato, ambiente descritto molto fedelmente così come perfetti sono gli ambienti familiari e quello dell'osteria, a quei tempi seconda casa per molti uomini. Forse si può rimproverare al film l'eccessiva morale finale e una recitazione troppo caricata di Germi.
Jandileida: In un periodo lacrime e sangue come questo i bisogni culinari del presidente francese occupano un posto abbastanza basso nella mia scala di valori. Detto questo, il film è comunque mediocre: cuoca di campagna fa riscoprire i sapori delle Francia profonda all'inquilino dell'Eliseo. Il tentativo di risvegliare sentimenti patriottici attraverso lo stomaco non funziona, la protagonista è di un'antipatia difficile da eguagliare e "Monsieur le President" vorrebbe essere una specie di Pertini ma risulta solo implausibile. Una carbonara, s.v.p.
Myvincent: Gianni Macchia ancora un un ruolo di giovane uomo vezzeggiato dalle donne, oggetto (più che soggetto) di svariate avventure sotto le lenzuola. Lui è un architetto mediocre senza ambizioni, lei una donna senza scrupoli che ama solo il potere. Il film descrive la corruzione di alcuni ambienti altolocati di provincia (Modena) in cui l'apparire prevale sempre sull'essere. Poteva dire di più, ma poteva anche dire di meno con volgarità e amenità varie. Invece, tutto sommato, centra il bersaglio.
MEMORABILE: La festosa riunione senza dialoghi, solo musica, in cui parlano gli sguardi.
Parsifal68: La tragedia più emozionante del Bardo Shakespeare trova la sua ennesima trasposizione in questa versione dell'italiano Carlei, che si avvale di un mix di attori giovani emergenti (bravi ma ancora acerbi) e di altri più validi ed esperti che danno al film un tocco di doverosa professionalità. Non male la ricostruzione della location e i costumi, ma il film non aggiunge e non toglie niente a quanto già visto. Lo si può comunque vedere per emozionarsi.
Ultimo: Una commedia del primo periodo vanziniano, non perfetta ma sicuramente fondamentale nell'evoluzione della comicità anni '80. Abatantuono si scopre nella sua veste migliore, quella del "terruncello" che parla un dialetto misto e regala gag a raffica (molte delle quali riprese nei film successivi); al contempo Jerry Calà si cuce sulla pelle la parte del seduttore che conquista con la simpatia, ruolo che sarà il suo marchio di fabbrica. Scorrevole e divertente.
MEMORABILE: Ma per caso lei ha affittato un appartamento a Loch Ness? (Abatantuono dileggia una ragazza bruttina...)
Panza: Noioisa pochade a tema mafioso che promuove a protagonista un discreto caratterista affidandogli un personaggio abbastanza odioso. Insomma, di ridere non se ne parla, nemmeno ricorrendo ai soliti luoghi comuni sulla mafia, tanto che, rispetto a Monteduro, più simpatici risultano Mulè e Musco. A salvare la situazione sono i generosi nudi, anche se comunque manca il tono vivace e brioso che dovrebbe invece esserci. Nemmeno la trama è sviluppata a dovere, sopratutto quando si dovrebbe capire come faccia "carriera" Monteduro. Buone le musiche.
Marcolino1: Il film non è proprio un rip-off di Olivier Olivier, ma ne è chiaramente ispirato, seppur privo della maestria e della finezza psicologica del predecessore francese. Gli attori sembrano presi dalla pubblicità e ci sono le fisime statunitensi per le prove del dna e gli studi forensi: il sentimento della perdita di un figlio si riduce a un cumulo di burocrazia. Si tenta di uscire dal piattume con una accelerata da thrilling nel secondo tempo e i flashback poetici della bimba scomparsa che danno un senso di sospesa e irrisolta malinconia, ma non basta.
Reeves: Terribile commediaccia tutta urlata e sguaiata, forse il peggior film di Lina Wertmüller che spreca anche un bravo attore come Luigi Diberti in una commedia senza idee, senza costrutto e piena di scene di cattivo gusto e di battute che non fanno proprio ridere. Se la vedevano quelli degli Oscar, forse cambiavano (giustamente) idea: da salvare davvero non c'è proprio niente.
Homesick: Mete elevate, ma voli bassi. Considerati anche i nomi di chi sta dietro la macchina da presa, per una radiografia dello stato matrimoniale nell’Italia anni Sessanta sarebbe occorsa una commedia di costume piccante e mordace e non una farsa leggerina che scalfisce appena l’epidermide con i suoi luoghi comuni su mariti, mogli, gelosia e tradimenti veri, presunti o opportunistici. Si discosta solo l’episodio di Zampa, che bacchetta la provincia meschina e bigotta. Sordi e Tognazzi non al di sopra dei loro consueti standard d’attori.
Il Gobbo: Ambizioso, magniloquente, un po' "troppo" tutto, ma l'equilibrio non era certamente l'obiettivo degli autori. Contro i quali sono spiccati capi d'accusa che appaiono eccessivi, il film essendo sì sensazionalista ma non poi così indulgente con nessuno, a costo di scorrettezze plurime ("scusi professore, lei è per caso ebreo?"). Impeccabile, al solito, la confezione (montaggio, musiche, fotografia)
Finn con le donne ci sa fare: attratto dalle rosse lentigginose, era il fidanzato già di altre due trovate poi defunte, quindi a fare un rapido ragionamento ci arriva chiunque. Ci era arrivato anche il precedente incaricato delle indagini, l'italiano Mark Petrocelli (McBeath), che tuttavia aveva dovuto mollare la presa per mancanza di prove. Si rifà sotto ora e affianca Ronnie spiegandole come la giovane scomparsa sarà presto trovata morta.
Insomma, nessun segreto sull'identità del colpevole e infatti più che al giallo si punta sul thriller e sull'azione attraverso una sceneggiatura corretta che offre al cast la possibilità di mostrare il proprio valore. Tra tutti - al di là di una Dent solo corretta che ricopre il ruolo con professionalità e approccio maturo senza però aggiungervi granché - si fa notare il buon Tom McBeath: il suo Petrocelli, perennemente in conflitto con la madre di John, è il personaggio tratteggiato meglio, a suo modo originale al netto di un'apparenza ordinaria, l'unico che sappia dare ai dialoghi il giusto sapore; perché anche lo squilibrato "malvagio" non ha nulla di originale, nonostante il rapporto quasi romantico con le sue prede, alle quali promette amore e dopo pochi giorni il matrimonio.
Il film racconta di come i due detective cerchino di mettere sotto pressione lui e sua madre e di come questi ultimi (e lo zio) rispondano per le rime ostentando un'odiosa sicumera. Se la storia nel complesso è uguale a quella di tanti thriller che rimescolano senza gran fantasia gli elementi del genere, c'è tuttavia da apprezzare la capacità in regia di Neill Fearnley, che organizza bene il materiale a disposizione e mantiene un certo rigore nella messa in scena e nella direzione degli attori, dovendo fare i conti tuttavia con le poco interessanti fasi riguardanti la figlia sedicenne (Moss) della protagonista, ribelle e strafottente, che va ad affiancarsi alle tante figure antipatiche e irritanti del film. L'ultima parte è più lunga del previsto e ci mostra quanto l'arresto non sempre corrisponda all'immediata conclusione di tutto... Chiudi