Che film ci sono stasera in tv in prima serata? Ma non solo questa sera, anche la mattina o il pomeriggio, se capita una giornata di pausa. E i più nottambuli possono trovare anche i film che vanno in onda a tarda notte, i cosiddetti fuori orario. Cliccate sulle frecce per cercare tra i palinsesti passati e futuri oppure controllate direttamente tutta la settimana. Cliccate sull'icona calendario a fianco della scheda per appuntare un promemoria su quel film in agenda. Se siete loggati potete cliccare anche sulla stella per contribuire alle segnalazioni. Come? Scopritelo
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Panza: Da Trinità in poi, moltissimi si cimentarono nel filone western-comico, producendo scadenti epigoni come questo. Corbucci ci mette mestiere nella regia, ma gli inserti kung fu sono piuttosto scadenti e fra risse e trama di poco conto si può notare la presenza di un cast nemmeno così scarno penalizzato da un contesto generale a dir poco povero e insignificante. Nell'insieme qualcosina da salvare c'è, ma alla fine della visione rimane un senso di vuoto a causa di un film caciarone senza sostanza.
Rambo90: Per girare questo film Boldi ha saltato il giro del film natalizio e ha fatto malissimo, perché è molto al di sotto degli standard dei suoi ultimi film (soprattutto di Olè): le battute non fanno mai ridere, il cast è poco in parte (se si eccettua il sempre simpatico Catania) e la noia regna invincibile. Il finale poi è talmente assurdo da risultare solo patetico e ridicolo.
Cloack 77: Pessimo film, banale, scontato, abbastanza stupido. Gli attori sicuramente non lo risollevano, anzi glamour e immobilismo (ascetismo delle espressioni, per essere eleganti) lo affossano ancora di più. In alcuni momenti, non so perché, ho pensato a Malena: lì almeno la Bellucci ci metteva il corpo, qui la Jolie solo quantità eccessive di rossetto. E anche per l'Italia, il film sembra una marchetta: Venezia è meravigliosa anche senza cinema e la nazionale attori è davvero un tristissimo contorno per un piatto indigesto.
Giùan: Non tra le cose migliori di Lenzi, che tuttavia fa valere la sua proverbiale cadenza cinematografica scandita dai battiti della musica di Micalizzi. Milian, partito dall’ambizioso progetto di trasporre First blood di Morrell, si accontenta di anticipar Stallone solo nell’utilizzo del nome del suo futuro eroe, richiamandosi per il resto a Cavalieri della metropoli solitaria (vedi anche la insistita presenza dei bambini) ma anche a certi antieroi borderline di Di Leo. Spiccio ma meritevole d’un occhiata. L’immenso Jo Cotten costretto a fare il patetico.
MEMORABILE: L’attesa dello sparo dalla finestra da parte del bimbo rapito e la successiva sparatoria alla luce del tracciante.
Lovejoy: Bel western crepuscolare, realizzato in un periodo in cui proliferavano i poliziotteschi e i western da un pezzo erano morti e sepolti. La prima mezz'ora è la migliore, con quel senso di straniamento che pervade i personaggi. La seconda è meno coinvolgente, ma rimane comunque interessante. Ottimo il cast, con menzione particolare per Claudio Undari (o Robert Hundar), il solito Tom Felleghy e Chris Avram. Merita almeno una visione.
Motorship: Ottimo noir del grande Pietro Germi, che descrive con un certo pessimismo di fondo una parte di Roma popolare. Un film perfetto in ogni dettaglio con una trama interessante, una sceneggiatura perfetta e senza buchi, ma anche con un'analisi sociologica davvero perfetta e una regia attenta e scrupolosa. Note di merito alle interpretazioni del cast, in particolare a Fabrizi, Urzì e allo stesso Germi (ottimo). Assolutamente da vedere.
Galbo: Thriller diretto da Clark Johnson ed interpretato da star direttamente importate dalla televisione (dalla Longoria e Sutherland, senza dimenticare che Michael Douglas all'esordio interpretò proprio un poliziotto nel telefilm Le strade di San Francisco). Il film è basato su un complotto per uccidere il presidende degli Stati Uniti e non è mal realizzato (oltre che segnato da una discreta regia e un buon montaggio) anche se non brilla per originalità sia nello spunto che nelle soluzioni narrative.
Hackett: Concreto film di guerra che come altri celebri predecessori riesce a coinvolgere lo spettatore nello sconvolgente viaggio personale di un giovane soldato, partito con entusiasmo e sete di eroismo e finito a strisciare nella melma di un conflitto che ha ben pochi motivi di orgoglio. Ottimi interpreti praticamente sconosciuti, regia solida asciutta e molto abile nelle scene di tensione.
Giacomovie: Film d’atmosfera western che scorre dinamico. L’attrazione principale è la magnifica Monroe, per lei questo è uno dei film-icona della sua mitica ma anche troppo mitizzata femminilità. Dichiarò di non amare questo film, ma la sua prova è positiva ed offre anche dell’intrattenimento musicale con un paio di canzoni. Ma con lei non si esaurisce lo spettacolo visivo, le riprese fatte con un bel cinemascope esaltano i paesaggi e le belle ultime scene in zattera sul fiume. Regge ancora i segni del tempo ma gli avrebbe giovato una trama più ricca. ***
Markus: Stelvio Massi prende in mano la vicenda a grandi linee già impostata da Umberto Lenzi con Il trucido e lo sbirro. Non precisamente un capitolo secondo, ma il personaggio del "trucido" (detto "er monnezza", così ben definito da Tomas Milian e aiutato dal doppiaggio di Ferruccio Amendola) riporta a fatti già gustati. Subentra il dinamicissimo Luc Merenda, ma è solo una bella presenza. Il regista mette in rilievo l'aspetto comico (volgare) e lo amalgama non sempre felicemente al classico poliziesco all'italiana allora in voga. Per appassionati.
Homesick: Brioso poliziesco umoristico girato a Nizza, che ruota tutto intorno alla figura di Constantin, leggendario duro dal cuore tenero del cinema francese, e alla bellezza della Darc; i loro umoristici duetti sono catalizzati dalla presenza di Hillien, il di lei pestifero bambino. La quota italiana di questa produzione transalpina è onorata dal nostro Venantini, parodia di un infallibile killer anglofono. Tra i vari caratteristi si segnala il nordafricano Robert Castel, nei panni del logorroico e impiccione Rodrgiguez.
MEMORABILE: Gli incontri di Constantin con i due poliziotti ignari della sua missione in incognito. Lo scontro finale tra Constantin, Venantini e… gli spaghetti.
Herrkinski: Un thriller abbastanza classico che vede contrapposta la coppia Travolta/Vaughn; entrambi gli attori se la cavano con la consueta professionalità, col secondo che già dimostra il talento non comune. La vicenda, di stampo noir, è discretamente raccontata e offre alcuni buoni momenti di tensione, oltre a una location suggestiva; l'intreccio del tipo "nemico in casa" può dirsi già visto ma è comunque messo in scena con stile navigato e mano sicura da parte del regista. Rimane tuttavia la sensazione che manchi qualcosa per elevare il film dalla massa di prodotti similari del periodo.
Daniela: Fidanzatini americani pensano di rinsaldare il loro traballante legame di coppia con una bella vacanza in Australia, scegliendo con cura i posti più pericolosi affrontati con le minori precauzioni... Sembra quasi uno spot turistico al contrario questo scialbo survival-movie dove non solo i personaggi hanno comportamenti tanto sciocchi ed insensati da giocarsi in partenza ogni possibilità di empatia ma anche ciò che li circonda appare insolitamente privo di fascino e di mistero, almeno se paragonato ad altri film di identica ambientazione. Modeste anche le prestazioni attoriali.
Galbo: Commedia italiana piuttosto gradevole che tocca con leggerezza temi importanti come la disoccupazione e la delicatezza dei rapporti interpersonali. I protagonisti si rivelano validi attori anche al di fuori del circuito del cabaret grazie ad una buona sceneggiatura che dà il meglio di sè nella prima parte del film per poi scadere leggermente nella seconda. Il film merita comunque una visione.
Delpiero89: Caduta all'interno della buona filmografia di Paolo Virzi. Il tema è trito e ritrito e poche sono le differenze con i numerosi prodotti analoghi. Il personaggio interpretato da Fortuna sarebbe anche piuttosto interessante, ma alla lunga la noia prevale su tutto. Alla fine rimane ben poco, di questa pellicola. Inutile.
Markus: Giovane e aitante musicista country, in procinto di sposarsi con un'attrice, torna prima del lieto evento nei luoghi in cui è nato e cresciuto. Lì incontrerà una sua "ex". Un classico che si ripete: tutti belli e riusciti nella vita, un fidanzamento e poi lo strappo dovuto al fatto che l'attuale amore è solamente basato sulla fisicità. Di buono c'è il ritmo, ma di cattivo tutto il resto: non si va mai oltre a uno stuolo di leggerezze da Baci Perugina e altre banalità facilmente intuibili già nei primi venti minuti. Un film davvero senza pretese.
Homesick: Caccia al tesoro con pirati, schiavi e militari inglesi in un film d'avventura veloce e scattante, che la pratica regia di Paolella imbottisce di energiche scene d'abbordaggio, battaglia e scontri all'arma bianca; c'è persino spazio per un attacco di piante antropofaghe (!) che pare prelevato direttamente da un peplum-fantasy. Buone la prestanza fisica di Harrison e le caratterizzazioni di Lupi, aguzzino pluriomicida, e di Barnes, filibustiere d'onore. Le donne si fanno notare per la loro avvenenza rassicurante (Mercier) o insidiosa (Marisa Belli, con improbabile trucco da selvaggia). **!/***
MEMORABILE: Harrison fatto incatenare agli scogli per farlo sommergere dall'alta marea; l'attacco delle piante carnivore.
Redeyes: Film in due parti, con Montesano e Celentano che non brillano in assoluto ma fanno divertire. Il primo episodio ha una maggior cura, ma a mio giudizio diverte meno (nonostante Panelli), il secondo (per quanto Molleggiato-dipendente) ha taluni spunti che ancor oggi ricordo con enorme piacere. Tenente Boghi è un mito della mia infanzia/adolescenza. Laganà, poi, risulta perfetto nella veste del disturbato. Scena finale con assurdo faccia a faccia Montesano/Celentano assolutamente delizioso.
MEMORABILE: Il dialogo su chi è che comanda tra Celentano e Montesano!
Cloack 77: Un personaggio come Jonny Groove poteva addirittura ambire ad uno studio sociologico sul quell' “amaro” sottobosco delle discoteche; invece, come al solito, siamo dalle parti del cazzeggio duro e puro, di un Abatantuono al punto più basso della carriera, dei quadretti familiari innocui, dei tormentoni ripetuti alla nausea, delle trame vuote già finite prima di iniziare. Da vedere solo per ripassare la lezione delle centinaia di epigoni.
Pigro: L’amore supera i secoli? Favolina secondo la moda americana (aristocratico sbalzato dal suo secolo ai giorni nostri) e quindi con tutti i luoghi comuni del caso: molta aria rifritta e poca fantasia. Eppure si fa guardare (se proprio non si ha altro da fare) almeno fino a poco prima dell’inevitabile lieto fine (molto da favola maschilista). E’ in parte Hugh Jackman (se non altro per il physique du rôle), mentre Meg Ryan non si sforza più di tanto. Per il resto lasciamo perdere.
Homesick: Amori contrastati e tragici nella Cartagine della Terza guerra punica, che sta per essere distrutta dall’esercito di Scipione Emiliano. Spettacolare sotto il profilo scenografico, vanta lunghe e numerose scene di arrembaggio e battaglia immortalate da uno sfavillante Technicolor, e l’adozione del punto di vista dei cartaginesi, gli eterni sconfitti. Rimarchevole la presenza sexy della Heywood nuda – coperta a malapena da un velo svolazzante – durante la scena del rito sacrificale.
Digital: Film che guarda più al modello americano piuttosto che al nascente spaghetti western. Opera gradevole: il ritmo è veloce e i momenti di stanca sono soltanto sporadici. Non manca nemmeno la violenza (sparatorie e soprusi sono all'ordine del giorno). Quel che manca è una sceneggiatura degna di tal nome: ricalca troppo da vicino quella di analoghi western a stelle e strisce (ma anche di casa nostra), producendo così uno sgradevole senso di déjà vu.
Undying: La buona accoglienza di pubblico (che non sempre - questo caso lo dimostra - coincide con la qualità) ha permesso di concepire - ex abrupto - questo seguito: nel quale si ripropone lo stesso plot (se proprio così vogliamo dire, giacché la sceneggiatura sa di work in progress) sviluppato sulle medesime (scarse) macchiette pre-(para)televisive. Non è un caso che il film passerà, in maniera pressoché "a latere" - un'estate si ed una no - come riempitivo dei palinsesti estivi: adatto cioè a rinfrescare la mente dello spettatore, cotta dalla calura.
Giacomovie: La famiglia Portokalos organizza un altro matrimonio, inatteso ma ugualmente sfarzoso. Un sequel basato su un pretesto non può che risultare pretestuoso. Inoltre ricicla alcuni fattori del primo film in un modo ripetitivo che fa sembrare antipatici momenti che quattordici anni prima risultavano simpatici. Pure il lato romantico, allora rilevante, qui è quasi assente.
Undying: Una pellicola riuscita solo in parte, che presenta interessanti movimenti della macchina da presa atti a valorizzare la buona scenografia teatrale, perno centrale della sceneggiatura. Pur distanziandosi dall'eccellente modello di riferimento determina il proseguimento (avviato l'anno precedente da Lionel Delplanque con l'interessante In Fondo al Bosco) della lenta (ma costante) ripresa del cinema di genere francese, che sarà perfezionato in anni recenti da autori quali Aja, David Moreau/Xavier Palud, Pascal Laugier e Christophe Gans. Astruso.
Capannelle: Il "cassetto del dolore": non so se era da Oscar ma sono contento che sia stato premiato un film di personalità. Dalla Bigelow una denuncia asciutta sugli effetti della guerra, senza scadere nel retorico o nella demagogia. Senza risparmiarsi passaggi strazianti ma incontrovertibili come quello del cadavere del bambino. Grande la prova di Jeremy Renner, anche a rischio di cannibalizzare il resto. Peccato per quell'insistere con camera a mano e zoommate, funzionale ma alla lunga pesante.
MEMORABILE: Dalle bombe dell'Iraq allo scaffale dei cereali: l'intrepido soldato va in tilt.
Pigro: Per fare il suo nuovo film un divo decide di vivere la vita vera di un poliziotto, insieme a un agente che non lo vuole. L'idea è carina e consente alcune situazioni simpatiche. Ma la sceneggiatura anziché spingere il pedale sulle potenzialità date dai fraintendimenti sia professionali che caratteriali si butta sui cliché del poliziesco e dell'eroe per caso, buttando alle ortiche quel poco di originalità e di bravura attorale di cui poteva disporre. Affogando nel banale.
Lupus73: Ennesima setta fanatica, una comunità in una baracca nel bosco che segue le prediche di un santone sulla resurrezione e l'immortalità fino al suicidio di massa (1985). Anni dopo un'equipe ne ricerca le cause con l'unica superstite. Dopo una prima parte preparatoria ci si sposta nel territorio del paranormale con spettri vari. La confezione è negli standard con buoni SFX usati spesso per i jumpscare, che non sono l'unica sorpresa della pellicola; infatti il twist verso la fine cambia la lettura della vicenda. Tra tutti spicca il carisma del predicatore/Thomas Jane. Si guarda.
MEMORABILE: Il delirio farneticante del predicatore sul finale.
Redeyes: I film di Ozpetek risultano spesso più macchiettistici che profondi, per quanto i temi affrontati in questa pellicola, grazie alla coralità del racconto (un abbozzo di introspezione) non risultano menomanti, al contrario. Giusto connubio agrodolce in una storia fin troppo attuale fra segreti e machismi, memorie di gioventù e bagni "a' mare". Il cast azzeccato e una buona forografia fanno il resto.
Minitina80: L’idea di Placido oscilla tra il resoconto storico della breve vita di Merisi e l’esaltazione della sua visione, convogliata in un talento in grado di echeggiare nei secoli. Il travaglio delle opere si percepisce vivido e sofferente sulla pelle e ad esse il regista regala quel tocco cinematografico in grado di valorizzarle. Squarci di luce interrotti da una volontà narrativa che sembra dipendere dall’obbligo di raccontare le vicissitudini del Caravaggio, quasi a voler chiedere scusa all’artista e dimostrare la miopia della Chiesa dell’epoca. Meritevole di una visione, senza dubbio.
MEMORABILE: La riproduzione della Morte della Vergine.
Capannelle: Se Tom McCarthy ci aveva strabiliato con il precedente film, qui la sua conversione a una storia più sofferta e per certi versi più europea non sortisce gli effetti sperati. Valicare le due ore di durata si rivela infatti un'impresa abbastanza difficile e che l'esperienza interiore del protagonista, un Matt Damon quasi sempre in scena, da sola non riesce a sostenere. A tratti sembra qualcosa di televisivo, anche se questo non significa che la fattura sia poco curata. Manca però un vero coinvolgimento e nessuna prestazione è memorabile, da parte del cast.
Victorvega: A stento un pallino per la versione che passa in TV: finale tagliato, cambiato di senso e riproposto all'inizio; cambiamenti d'ordine (e logica) per alcune scene; doppiaggio rieseguito. Meglio la versione originale, pur non eccellendo. Un po' noioso nello sviluppo, risente dei cambiamenti nella morale e nel costume per cui si perde l'aria trasgressiva dell'epoca. Uno spaccato sulle trasgressioni di quel tempo. I venti minuti finali sono un altro film ed è ammirevole l'originalità nel far convivere i due. Splendide le protagoniste.
Rambo90: Una specie di Predator calato nel mondo delle arti marziali, dalla confezione nemmeno tanto male (fotografia e location valgono) ma scritto in modo talmente goffo da risultare indigesto. I personaggi dicono frasi ridicole e cosa ancora peggiore i combattimenti mostrano tutta la loro falsità, senza mai riuscire a nascondere le coreografie alla base causa lentezza e brutte inquadrature. Cast curioso, in cui l'unico però che sembra divertirsi un minimo è Nicolas Cage. La trama pare minacciare sequel ma si spera tutti siano pentiti del risultato.
Luchi78: Come musical può anche funzionare, peccato che siamo abituati a vedere un Woody Allen in panni diversi, sicuramente più pungente e sarcastico di quanto un balletto con associata canzone possa offrire. Una sorta di ibrido che alla fine rischia di lasciare scontenti un po' tutti; e poi qualcuno mi spieghi Julia Roberts ed Edward Norton cosa c'entrano coi tipici personaggi dei film di Allen...
Il ferrini: Spielberg non si limita a girare Duel sott'acqua, che di per sé sarebbe già idea meritevole, ma aggiunge a una perfetta struttura thriller un comparto effetti speciali che a distanza di quarant'anni conserva un realismo straordinario. Gli attori sono diretti splendidamente, compresi i caratteristi, la composizione delle inquadrature è meticolosa (memorabile la prima vittima) e superbi i movimenti di macchina (c'è anche un hitchcockiano effetto vertigo su Scheider). Come in Alien di Scott il "mostro" si vede poco, ed è valore aggiunto. Immenso.
MEMORABILE: Il bambino che a tavola ripete i movimenti del padre (Scheider).
Fabbiu: Nel cellulare ci sono informazioni che in mani sbagliate possono creare gravi conseguenze. Non è un'intuizione, piuttosto un ovvietà che abbiamo appreso già da molti film, ma qui è il soggetto portante sul quale è innestata l'intera sceneggiatura. Qualche risata la strappa, ma in generale regna uno troppa ingenuità (nelle vicende, nelle conseguenze, nelle reazioni) che alla fine finisce per essere il vero elemento umoristico di fondo. Ruffini rende antipatico e con naturalezza il suo personaggio. La coppia Lillo-Abbrescia funziona ed è il motore umoristico di tutto lo sviluppo.
Daidae: Che bruttura... La pessima Ines Pellegrini va a fare la domestica in una casa di ricconi, ove troviamo un ridicolo figlio di papà dagli insaziabili appetiti. Montagnani bravo ma ripetitivo, sprecata la Merlini, la Pellegrini al solito fa pena... Unica nota di merito: Orchidea de Santis, veramente bella qui. Per il resto mediocrità assoluta.
Paulaster: Negli anni Venti una giornalista vuole smascherare un eroe di guerra. Commedia retrò con dialoghi brillanti e discreta rappresentazione del tempo che fu. Clooney come regista si difende prendendo a esempio dai vecchi classici e usa una sceneggiatura che poteva essere nelle corde dell'umorismo dei Coen. Zellweger non freschissima per il ruolo. Lieve calo nel classico, romantico finale.
MEMORABILE: "Ma che bella pentolaccia" (riferito al cappello della Zellweger); Il football d'annata; Le foto d'epoca; In trincea.
Ciavazzaro: Pessimo. Neanche paragonabile al primo capitolo, non c'e più Jim Carrey, gli effetti speciali sono abbastanza penosi, il cast offre interpretazioni tremendamente anonime. Insomma, c'e ben poco da salvare e molto da buttare nella pellicola - dei sequel raramente se ne sente il bisogno e questo ne è la prova.
Mark70: Garbata e tenera questa storia d'amore tra un adulto in crisi di identità e una bambina di 11 anni (e mezzo...). Calà in un ruolo diverso dal solito è molto bravo a fare il "bamboccione" immaturo e tutto sommato è convincente, ed è coadiuvato da ottimi comprimari (su tutti Ricky Tognazzi). Forse la prima parte, che sembra solo un prologo, è troppo prolissa, ma tutto sommato è un film riuscito e che merita di essere rivisto.
Galbo: La trama estremamente intricata serve probabilmente a mascherare evidenti "falle" della sceneggiatura. Non si comprende se si voglia praticare un omaggio al cinema spionistico e una elegante parodia dello stesso. Alcune sequenze d'azione sono accettabili e ben realizzate, ma quando il ritmo cala emerge la scarsa espressività dei due protagonisti (della Bellucci si sa, ma anche Cassel è assai poco convincente) sottolineata da un pedestre doppiaggio italiano. Riservato solo ai "completisiti" del genere.
Von Leppe: Poteva essere interessante un vero horror gotico d'ambientazione ottocentesca mescolato agli zombi (cosa poco sfruttata nel cinema) invece di questo cocktail indigesto di sentimentalismo, arti marziali e morti viventi. L'orrore latita e il sentimentalismo abbonda; le scene d'azione non sono molto riuscite (le ragazze combattenti c'entrano ben poco). Non male invece gli effetti speciali e le location. La ricostruzione dell'epoca è buona, anche se manca un po' di quella tipica atmosfera macabra che si addice a un horror in costume.
Lupoprezzo: Divertente ritratto del borghesotto di città in terra straniera, tanto arrogante quanto inadatto a qualsiasi situazione che lo veda protagonista al di fuori del suo mondo. Il film si sofferma anche, ma in tono minore, sul bisogno di fuga dal soffocante trantran moderno. Qualche lungaggine di troppo (le parentesi che vedono il furfantello portoghese all'opera) e stereotipi a iosa. Immenso come sempre Alberto Sordi, qui intento a dare vita ad un vero e proprio scontro classista col proletario (e suo sottoposto) Bernard Blier. Piccola parte per Manfredi.
Lou: Michelle Pfeiffer in una delle sue interpretazioni più autentiche: il suo volto pallido e scarno e lo sguardo distaccato e deluso sanno esprimere con grande intensità la disillusione e la diffidenza nei confronti degli uomini, conseguenza dalla precedente drammatica esperienza affettiva. Al Pacino riuscirà comunque a far breccia nel suo cuore, al termine di un estenuante corteggiamento, complice anche la struggente melodia di "Clair de lune" di Debussy. Apprezzabile l'ambientazione newyorkese per una volta umile e dimessa.
Thedude94: Riflessione intimista sulla cristianità e sulla religiosità di Scorsese che, prendendo spunto da un libro molto importante dal punto di vista teologico, realizza un'opera molto buona che fa della messa in scena magniloquente e dei dialoghi filosofici sull'esistenza i suoi punti di forza. Nonostante ci sia qualche ripetitività di troppo, in particolare sulle torture afflitte ai contadini e agli stessi preti, il film si lascia guardare, anche grazie all'intensa performance di un inaspettato Garfield e del resto del cast. Uno Scorsese riflessivo, che non ha paura di rischiare nulla.
Minitina80: Superata l’impasse di uno squalo dai comportamenti predatori immotivati e innaturali, ci si arena in maniera definitiva sulle ceneri di una sceneggiatura brodosa che si limita a ricercare pretesti per mettere la bestia nelle condizioni di farsi vivo. Le occasioni, però, non sono molte e per gran parte del tempo ci si deve sorbire parentesi superflue e diluite fin troppo. Qualche buon momento di tensione non manca, ma se voleva avere qualche speranza di riuscita doveva essere più conciso e concentrarsi sull’animale, senza usarlo in quel modo.
Magi94: Film intimista dalla durata smisurata (i titoli di testa appaiono dopo un prologo di più di 45 minuti) ma comunque mai eccessiva. La storia si lascia gustare con lentezza godendo dei piccoli dettagli estetico-cinematografici che il regista evidentemente controlla alla perfezione, senza sprofondare nella noia o negli inutili eccessi. D'altra parte l'opera non spicca mai veramente il volo, visto che tutto ciò che ruota attorno alla curiosa pièce e ai particolari secondari risulta più interessante dei drammi esistenzialisti dei personaggi. Buono e abile, non rivoluzionario.
MEMORABILE: La pièce multilingue, compreso il coreano muto.
Daniela: Dopo un incontro casuale, un manager licenziato che non ha il coraggio di confessare la verità alla moglie e un imbroglioncello che vorrebbe mettersi sulla retta via ma è oppresso dai debiti si mettono in società per mettere a segno piccole truffe. Commedia poco originale ma gradevole, in quanto non si limita a riproporre i personaggi che hanno portato i due comici al successo televisivo, ma costruisce attorno a loro una storia che regge, anche grazie all'apporto del cast di contorno. Magari si ride poco, ma si sorride abbastanza spesso.
MEMORABILE: La tirata sull'"omino dell'acqua" - 42 pollici di felicità
Nick franc: Mogherini cerca di innestare Banfi e Villaggio in un contesto tra il comico e l'avventuroso ma non convince del tutto: il film, specie nella parte centrale, è stiracchiato e viste le forze in campo si ride poco. Tuttavia i due mattatori se la cavano sempre, anche se il meglio viene dalle seconde linee: le parti più riuscite sono quelle con il cinico e viscido Moschin (che seduce la minorenne Boccoli), il nevrotico Haber e Bucci religioso iettatore. Modesto ma la parte finale malinconica dopo il naufragio e la bella colonna sonora lo portano alla sufficienza.
MEMORABILE: La punizione che il beduino infligge a Banfi; Bucci religioso iettatore; Wanna Marchi alla radio.
Capannelle: Cosa preparo oggi per mio marito, pardon per il presidente? La nostra affabile ed energica cuoca pare avere le idee precise e il suo unico problema sono l'etichetta e l'invidia dei colleghi maschi. Brava la protagonista e discreto lo stile narrativo e di regia. Si incarta un po' nella parte centrale e nei passaggi sul presente (la base scientifica). Lascia un retrogusto amaro a pensare allo spreco di risorse per far mangiare i potenti, ma in fondo c'è di peggio.
Myvincent: Seguito di White noise - non ascoltate del 2005, il film ripropone le tematiche paranormali, anche qui usate come pretesto per costruire un thriller discreto, cupo e dal finale tragico. Sopravvissuto alla morte, Abe Dale acquista poteri per riconoscere morti impellenti. Ma da salvatore di anime ben presto si trasformerà in cacciatore di queste stesse. La trama è contorta, ma l'ultima mezz'ora la riscatta. Nota positiva: la bella e briosa presenza di Katee Sackoff.
Puppigallo: In certi luoghi sarebbe meglio avere le ali, come insegna il rapace all'inizio della pellicola. E non solo quelle, visti i pericoli che dovranno affrontare i protagonisti. La mano registica è buona, come anche le varie interpretazioni; e il ritmo contribuisce a mantenere vivo l'interesse dello spettatore. Meglio la parte nella natura, in cui alle insidie create da un ambiente ostile si aggiungono quelle umane ("Questo è il prezzo della tua nobiltà"). Verso la fine si esagera un po' con gli scontri armati, ma resta un buon prodotto, meritevole di visione.
MEMORABILE: A testa in giù nel panico; Corda tagliata e sassate, con volo particolarmente realistico; "Fai ancora un passo indietro"; "Voglio vederlo morire".
Pinhead80: Per poter ottenere successo sul lavoro due designer vengono invitati a scambiarsi le proprie vite. Questo strano esperimento permetterà loro di scoprire e apprezzare abitudini che in precedenza ignoravano o detestavano. C'è poca sostanza in quest'opera di Max Croci che si regge esclusivamente sulla vena comica dell'ottimo Stefano Fresi, capace come al solito di essere autoironico come pochi. Ad Argentero è affidata la parte del bello che fugge dalle relazioni serie e ci può anche stare. Cast femminile sottotono.
Azione70: Film molto particolare e incentrato esclusivamente sulle capacità espressive di una irresistibile Franca Valeri, improbabile prostituta in visita parenti a Parigi. Sullo sfondo, appunto, una Parigi di periferia, livida e triste, come i personaggi che la animano. Di fronte alla Valeri, al suo sorriso amaro, alla sua candida ingenuità, alla sua cadenza dialettale, tutto il resto passa in secondo piano (anche il fratello gay, Fiorenzo Fiorentini o Caprioli, ristoratore italiano pentito di essere emigrato in Francia). Da recuperare.
MEMORABILE: La trattativa della Valeri con un cliente, sotto un lampione.
Hackett: Divertente commedia in cui Virzì capitalizza al massimo la presenza di un attore bravo e simpatico come Fortuna. La presenza goffa e spiritosa dell'interprete permette al regista di non sforzarsi troppo e di imbastire una sceneggiatura abbastanza classica e leggera che tutto sommato funziona. Non ci sono momenti esilaranti ma nella commedia italiana sono ormai sempre più rari. Si sorride.
Pigro: Dietro il raccontino borghese e intimista della giovane che non vuole sposarsi per stare col padre vedovo si nasconde il Giappone tempestoso postbellico, tra modernità e tradizione. Echi della nuovissima legge sul matrimonio e della presenza americana (anche nella censura), così come dello scontro tra vecchio e nuovo, rimbalzano silenziosi in una storia apparentemente anodina, dove Ozu porta ad alto livello il suo cinema fatto di elissi e depistaggi narrativi, di lunghe parentesi (il teatro no) e di sguardi esotici (la mdp bassa). Raffinato.
Siska80: A metà Settecento un intrepido uomo viene ingiustamente accusato di contrabbandare armi... riuscirà a provare la sua innocenza? Risposta scontata nel caso di questa mediocre pellicola che percorre senza sosta la strada della prevedibilità e non solo in merito all'intreccio esiguo, ma anche per quanto riguarda l'inserimento di una figura femminile di spicco (interpretata dalla bella e simpatica Trevor), la quale riesce a tener testa all'amato protagonista (il solito Wayne in versione spaccona). Singolare l'utilizzo di dialoghi di stampo moderno, sufficienti le sequenze d'azione.
Renato: Sorta di western comico costruito interamente sul personaggio di Tina Pica, tremenda vecchietta in grado di farsi sentire anche dai fuorilegge del selvaggio west. Che poi in questo film sono più che altro macchiette da avanspettacolo corrette e riviste... Ad ogni modo, il film è simpatico e non annoia (se non in un paio di sequenze, palesemente girate per fare metraggio). Vedibile, una volta e non di più.
MEMORABILE: Ugo Tognazzi rinchiuso in cella che si toglie uno stivale per sentirsi "a piede libero".
B. Legnani: Tediosa commediola, commistione fra cappa&spada/decamerotico. Esiti pessimi, per una lentezza quasi esasperante, con scene troppo lunghe, prive di sale, per di più girate quasi solamente in interni, il che fornisce una sensazione sgradevole, quasi claustrofobica, allo spettatore. Nel gineceo, accanto a volti (e corpi) conosciuti (la Gonella è sempre un bel vedere...), varie fanciulle mai viste prima, ma velocissime nel togliersi gli abiti di dosso. Brega burineggia, mentre Rosi cerca di darsi un tono, ma il testo di base di certo non lo aiuta. Tòpos: la Mancini fa l'ancella (della Di Lazzaro).
Metakosmos: Forse il film nel quale Argento raggiunge la sua perfezione formale nel genere del giallo italiano prima di addentrarsi definitivamente nell'horror. La trama è esilissima e cercare una logica a tutti i costi è inutile, ma la confezione è un perfetto equilibrio funzionale di ricercatezza visuale, eleganza tecnica e soprattutto inquietudine imperante che deve più al sogno che alla ragione. Non un film perfetto ma è il momento in cui Argento e le caratteristiche del suo cinema coincidono con lo zeitgeist trasformandolo non nell'iniziatore ma nel punto di riferimento per molti a seguire.
Hackett: Il degrado a pochi passi dal sogno incantato. Sean Baker ci racconta le vacanze estive di un pugno di bambini residenti di un quartiere emarginato a pochi passi da Disneyland, probabilmente progettato per un'espansione del parco mai più avvenuta. Tra case colorate con tinte fiabesche e incuria si aggirano quindi i disperati contemporanei, così vicini eppure così lontani dal sogno americano. Tra commedia e dramma sociale, un film raccontato ad altezza di bambino. Bello, toccante, significativo.