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Saintgifts: Storia di vendetta basata sulla leggenda dei Fortyseven Ronin. L'azione che riempie tutta la seconda parte spettacolarizza combattimenti che mediano tra una visione orientale e occidentale, come pure i costumi e i personaggi, collocati in una dimensione spazio-temporale non ben definita. L'impronta del regista giapponese è fortemente sentita anche nella serietà dei protagonisti privi di sfumature, con alto senso dell'onore e di rispetto verso il comando supremo, accettato senza obiezioni. Notturno e cupo, discretamente interpretato.
Nick franc: Seguito decisamente inferiore di Amore mio non farmi male: le vicende dei due ragazzi, diventati genitori, vengono completamente ignorate per lasciare spazio a quelle dei nonni che, però, funzionano poco: i tentativi di esperienze extraconiugali e di ravvivare il matrimonio di Chiari e Salce strappano raramente le risate e la Cortese risulta insopportabile. Il quadro generale è piuttosto patetico e il film si sgonfia progressivamente fino all'improbabile finale. Nel quadro generale si salvano solo Robutti e Trieste: decisamente troppo poco.
MEMORABILE: I titoli di testa; Il colonnello folle di Trieste; In negativo: l'estenuante parte del "rapimento della bambina".
Galbo: Stanca (e inevitabile) conclusione della saga di Piedone, questa in egitto è la meno godibile avventura della serie. Sono state evidentemente esaurite tutte le cartucce possibili e si tenta di ravvivare la storia (probabilmente ad esclusivi fini commerciali) prospettando un'ennesima avventura esotica che però si rivela quanto mai ripetitiva con attori e regista piuttosto svogliati.
Il Gobbo: Galeazzo è un odontotecnico di Procida, circondato da invadenti donne di famiglia e con moglie bisbetica e tirchissima. Ma quando ariva una bella dirimpettaia... Commediola abbastanza scontata, con un Montesano in gran forma attorniato da valenti caratteriste (e una grande Vukotic) e una Barbarona bellissima che da sola giustifica la visione. Tranquilli, non mancano lepidezze legate all'assonanza col nome del protagonista. Molto urlacchiato, così così. Però Barbarona...
Pessoa: Classico lacrima-movie girato con mano ferma dal solito Brecia. La trama ruota intorno al contrabbando e vede Merola nel consueto ruolo di caporione che amministra la giustizia nel quartiere e viene colpito negli affetti più cari. Tutto molto prevedibile, ma la bella sceneggiatura e il ritmo elevato fanno di questo film uno dei migliori del genere, anche se la love story e alcune tirate patetiche appesantiscono il tutto. Con il protagonista, bravissimo, segnalo Zamuto, Pelligra e la Walter, tutti molto in ruolo. Piccolo cameo per il regista.
MEMORABILE: L'inseguimento coi motoscafi; La banda dei pulcinella.
Puppigallo: Patton è un militare fino al midollo e ha l'esercito nel sangue. La guerra è la sua linfa vitale, è un uomo tutto d'un pezzo, con pregi e inevitabili difetti e male convive con gli altri graduati, che spesso vede come ostacoli. Bravo Scott nel disegnare un personaggio che rischiava di scivolare nella caricatura, visto il carattere esuberante. Belli gli scambi con Malden ("Come stai, vecchia baldracca..."), ma un plauso va anche alle scene di guerra e allo studio delle strategie. Si soffre un po' l'eccessivo minutaggio e qualche fase di stanca, ma resta una pellicola bellica notevole.
MEMORABILE: "Al nemico gli faremo sputare sangue; e quando non avrà più sangue, gli faremo sputare la bile"; I carri armati americani definiti "bare mobili".
Ghostship: Troppo fiacco, derivativo e svelto per diventare un vero cult. Martino sfrutta l'onda de L'allenatore nel pallone copiandone la trama, inserendo i due comici di moda all'epoca e premendo l'accelleratore sul grottesco più sfrenato. A tratti insulso, raramente divertente, male interpretato.
Saintgifts: L'impressione è quella che dietro un'idea iniziale che ha entusiasmato qualcuno (fino a mettere in opera un film con fior di attori e di tecnici, fotografia in testa), ci si sia poi dimenticati di innestare un prosieguo degno da soddisfare il paziente spettatore, non solo un regista con la volontà di mostrare quanto fosse talentuoso. Già si sospetta qualcosa nella laconicità dei dialoghi, usando in sostituzione inquadrature e primi piani sofferti a camuffare l'insostenibilità di una situazione che doveva "esplodere" in ben altro modo, se possibile.
MEMORABILE: La Kidman che chiede a Sean, di dieci anni, se pensa di essere in grado di soddisfare le esigenze di una donna. Tremendo.
Nella prima sequenza Eric Roberts finisce investito, forse ucciso. Possibile che la star esca di scena così presto? No. Si torna infatti a quattro settimane prima; a quando cioè la filiforme Laurie (Morris), in rotta di collisione col fidanzato (McNamara) beccato in casa con l'amichetta, decide di trasferirsi dalla sorella; la quale è via per un mese ma gli lascia le chiavi di una stanza nella splendida villa con piscina dove vive con la figlia (Chomer). Tra zia e nipote c'è un bel rapporto, e ancora migliore è quello con Alan Cypher (Scott), un aitante...Leggi tutto artista a tempo perso che ha preso in affitto la dependance ed esibisce il suo fisico scolpito appena può. Laurie e la sua collega di lavoro (Swain) ci scherzano, al liceo dove insegnano, e proprio lì ricompare Eric Roberts, nel ruolo a sua volta di un professore. Poche scene, ma almeno si vede. E di tanto in tanto si rivede anche l'ex fidanzato di Laurie, che ammette le sue colpe ma non riesce ad accettare che lei lo abbia lasciato. Questo lo scenario in cui Laurie si muove, sempre più attratta dal bellimbusto del "piano di sopra" (la traduzione italiana del titolo peraltro spoilera non poco, anche se meno di quello originale). David DeCoteau, ormai specializzatosi in tv-movie televisivi senza grandi ambizioni, mette al servizio il suo mestiere per una storia assai tradizionale, in cui l'ambiguità comincia a farsi sentire solo nella seconda parte, visto che inizialmente i pericoli sembra possano venire semmai dall'ex fidanzato invadente al limite dello stalker. Ma allora chi ha investito Eric Roberts? E' ancora presto ma le soluzioni ci verranno date, senza che la polizia a dire il vero faccia granché per arrivarci. Anzi, la detective incaricata delle indagini (Viveca A. Fox, ovvero l'altra "star" del cast) si vede pochissimo e quasi sempre senza che la sua presenza lasci il segno. Meglio allora Roberts, che almeno un paio di scene in cui poter incidere a suo modo le ha (specialmente il faccia a faccia con Scott, in cui ne riconosciamo l'inconfondibile ghigno sornione). E va detto che nella seconda parte in qualche modo la storia, fin lì adagiata a raccontare la nascente relazione tra Laurie e Alan (tenuta in piedi da una sceneggiatura decente e da interpretazioni valide), decolla e piazza il suo bel colpo di scena che tutti s'aspettavano, mantenendo la storia su discreti livelli fino all'ultima parte, nella quale invece cede a una chiusura da thriller convenzionale senza idee in cui nemmeno la regia di DeCoteau può far molto. E sempre accompagnati da una fotografia scintillante e patinata si scivola verso un epilogo consolatorio da dimenticare... Chiudi
Il Gobbo: Aridaje: industriali cattivissimi che disboscano l'Amazzonia per fare strade, un oppositore ci lascia le penne, ma era amico di Marvin Hagler, e allora per i disboscatori sono cavoli amari. Sequel-fotocopia di Indio, col solo Hagler. Al posto di Dennehy i cattivoni sono due, Charles Napier e Dirk Galuba, caratterista finito a recitare ('nsomma..) nell'agghiacciante soap crucca Tempesta d'amore trasmessa su Mediaset!
Galbo: Disaster movie ambientato tra le piattaforme petrolifere norvegesi, ha un tipo di narrazione che lo colloca a metà tra il thriller d’azione e la denuncia ecologica ed è realizzato nel complesso con un certo rigore scientifico e un realismo che lo allontana dai prodotti hollywoodiani del genere. La tensione aumenta progressivamente con un buon lavoro del regista e gli interpreti sono credibili. Buoni anche gli effetti speciali.
Ultimo: Visto il buon successo della coppia Boldi-Mattioli in Un ciclone in famiglia, si è pensato bene di riproporre gli attori in altra veste. Il guaio è che qui i due attori non hanno alle spalle una sceneggiatura nemmeno lontanamente passabile e così, seppur con qualche momento non disprezzabile, ci si annoia e il prodotto risulta così insufficiente. Grossa delusione.
Il ferrini: Non male, pur essendo un genere abusato e che per quanto si sforzi di sorprendere non ci riesce mai, proprio perché è implicito che debba farlo. Forse Owen convince più della Roberts ma sono entrambi in forma e lo sarebbe anche Giamatti, se il suo personaggio fosse un po' meno cartoonesco. Ritmo serrato, location di grande impatto (Roma su tutte), divertimento assicurato per chi ama gli action ma anche la parte sentimentale è ben scritta, anche se lo si capisce dopo un po'. Quasi tre.
Siska80: Una coppia comincia ad avere seri problemi dopo l'incontro con una persona del passato. Rispetto ad altre produzioni simili tedesche, la trama presenta un intreccio più interessante (grazie all'assenza di melassa sia nelle sequenze, sia nei dialoghi) che ad un certo punto si tinge di mistero, e il finale non è così scontato come parrebbe (nonostante sia in qualche modo consolatorio), mentre le location sono di ampio respiro, il ritmo sostenuto e gli attori regalano una buona performance; non c'è male.
MEMORABILE: Il chiarimento tra fratelli; L'arresto.
Delpiero89: Kolossal “importante” di Mario Camerini, riproduzione piuttosto fedele e sommaria dell'Odissea omerica. Il film ha il grosso merito di essere tutt'oggi ricco di fascino (certamente la storia aiuta...) mantenendo una certa autenticità (i trucchi ci sono e si vedono ma restano allo stesso tempo apprezzabili). Kirk Douglas dimostra di avere le physique du rôle per impersonare il grande eroe, così come la fascinosa Mangano. Qualche errore qua e là, ma rimane comunque una buona rappresentazione e un buon ripasso del poema di Omero.
Il Gobbo: Bzzzzzz......lo stordente ronzio delle incollerite api si confonde con il ronfare degli spettatori, dato che una volta messe le non sorprendenti carte sul tavolo non c'è che da aspettare l'ineluttabile, prevedibilissimo, compassato svolgimento. Cosa che fanno anche i venerati babbioni che compongono il cast (età media tipo il Milan), pensando con bramosia all'assegno.
Markus: L'ultimo film che visto con i miei genitori al cinema e forse per questo motivo "poetico" (almeno per me); sorvolerò sul fatto che come si suol dire "m'ero fatto due c.....i". Sarà stata l'arroganza dei miei (allora) 17 anni... Rivisto in età più matura, ho trovato il film ben interpretato e con una certa passione. Merito senz’altro della presenza di due grandi attori che sanno rendere giustizia anche a sceneggiature lievi e fini a se stesse. Non è diventato di culto, ma il film ha motivo di essere considerato sentimentalmente valido.
Il ferrini: Di una tristezza agghiacciante. Se il primo film era simpatico (sebbene sopravvalutato) questo è decisamente osceno sotto ogni punto di vista. Le varie comparsate sono terrificanti: Totti pietoso, Buffon lo stesso, Mughini più odioso del solito ma è quando tocca ad Antognoni che la tentazione di spegnere si fa altissima. Regia e montaggio impresentabili, "effetti speciali" realizzati col Commodore 64, qualche battuta becera sugli stranieri et voilà, quasi due ore di spazzatura. Povero Banfi.
Homesick: Peplum interessante e al di sopra della media, che introduce una ventata di freschezza, giovinezza e autoironia al posto dell'ampollosa retorica spesso tipica del genere. Il merito va innanzitutto a Gemma - umanissimo eroe con pochi muscoli ma molto cervello e infinita astuzia - e a una fotografia luminosa e splendente. Le esibizioni di forza pura sono affidate al culturista nero S. Nubret; la perfidia è incarnata dalla coppia Lualdi-Armendariz. Deliziosa la Sassard.
Daniela: Una donna inglese assume un famoso cacciatore perché guidi una spedizione in Africa alla ricerca del marito scomparso mentre stava cercando miniere forse inesistenti... Classico film d'avventura in cui la trama sentimentale resta sottotraccia rispetto all'ambientazione. Ed una fortuna, perché l'interesse non risiede nelle schermaglie fra Kerr e Granger, entrambi corretti ma un poco ingessati nei rispettivi ruoli, ma nelle bellissime riprese di carattere semi-documentario, sia naturalistiche che etnografiche, esaltate dalla smagliante fotografia di Robert Surtee.
Saralex: Il caro vecchio Tanio Boccia colpisce ancora. Sua la regia di questo peplum "macistiano"... e si vede! Legato alla sua fama non troppo illustre, ci offre un prodotto, ahimè, al di sotto della media. Non tanto per la sceneggiatura, che non cambia molto dai soliti film di genere, quanto per alcune scene e decisioni, che potevano essere sicuramente diverse. L'inespressività di Kirk Morris e la recitazione penosa delle comparse peggiorano le cose. Si salvano le generose curve di Cathia Caro, il bravo Attilio Dottesio e il doppiaggio di tutto rispetto.
Giacomovie: Bella prova di Hitchcock in un intenso thriller che costruisce il suo alto livello di tensione sotterranea giocando bene con le questioni di psiche e con la psicologia dei personaggi. C'è qualche periodo preparatorio di una certa piattezza, compensato però da situazioni in cui la tensione emerge dai soli dialoghi. Le inquadrature sono come sempre perfette e i colori, sgargianti, fanno risaltare il contesto obsoleto degli interni e dell'arredamento. Bene sia la Hedren sia Connery. ***1/2
Gugly: A differenza del film gemello quasi omonimo, non c'è la collaborazione tra Monnezza e il commissario (qui un Merenda belloccio e dai metodi spicci ma senza il carisma di un Merli); la trama pertanto si sdoppia tra rapine e banditi sanguinari e un'improbabile mala "buona" con tanto di ladruncoli con avventure quasi fantozziane; le perle del nostro eroe riccioluto con tanto di Monnezzino sono sempre un bel vedere e un bel sentire (con la voce del fido Amendola), ma il film sconta la nota ed evidente antipatia tra i coprotagonisti, che pertanto girano ognuno una propria pellicola.
MEMORABILE: I tentativi dei due "allievi" di Monnezza di fare rapine che si risolvono puntualmente in disastri.
Simdek: Ansiogeno, esasperante, onirico e allucinogeno. Mine è tutto questo, mescolato con l'Attak; dopo la visione quasi si percepisce il dolore fisico del protagonista e non si comprende pienamente cosa è reale e cosa è immaginazione. Coprotagonista berbero piuttosto fastidioso e ripetitivo. Manicheo tra pace e guerra fino allo stancamento. Un po' di melassa evitabile nelle scene oniriche di infanzia, tipiche di zio Sam.
Ciavazzaro: Pessimo. Neanche paragonabile al primo capitolo, non c'e più Jim Carrey, gli effetti speciali sono abbastanza penosi, il cast offre interpretazioni tremendamente anonime. Insomma, c'e ben poco da salvare e molto da buttare nella pellicola - dei sequel raramente se ne sente il bisogno e questo ne è la prova.
Maxspur: Il regista di So cosa hai fatto ripropone a grandi linee il canovaccio che gli portò discreta fortuna; da location marine si passa a ben piu inquietanti paesaggi montani e da un cast "teen" ad uno decisamente"old". L'ex edificio militare teatro degli eventi non è privo di un certo "appeal"; quello che accade al suo interno, invece, è meno originale. L'incipit desta un certo interesse per poi procedere più per accumulo e confusamente quando la luce diminuisce e la neve aumenta. Curioso Stallone alle prese con un serial killer e con i fumi dell'l'alcol.
Stelio: Thriller sommesso e senza molto da dire, girato in modo banale dal discreto Harold Becker (in passato e futuro, pur con pochi squilli da capolavoro, decisamente più ispirato). Sceneggiatura abbastanza terra terra, coraggiosa nel proporre una storia divisa in due tronconi quanto fallimentare nella riuscita del progetto. Attori tutti sotto tono.
Lou: Commedia per ragazzi gradevole anche per gli adulti. Il contesto è quello del mondo della High School americana e le dinamiche descritte sono credibili e in linea con i tempi attuali. Proprio la freschezza della sceneggiatura costituisce uno dei punti di forza del film, insieme alla vivacità dei dialoghi e al buon livello del cast. Nel complesso niente di nuovo, andamento e finale scontati, ma il risultato è vivace e godibile. Il titolo originale "The Duff" è l'acronimo per "Designated Ugly Fat Friend".
Domino86: Un grande classico della letteratura, già trasposto in film, viene preso e rivoluzionato aggiungendogli una nota horror con l'inserimento delle figure degli zombi. L'idea può risultare divertente, sicuramente qualcosa che esce dallo schema del classico, ma che riesca a convincere è tutto un altro discorso. Si lascia seguire ma, per chi non ama il genere specifico, sa troppo di fasullo.
Markus: Stuolo di celebri volti del cinema francese (e non solo) di ieri e di oggi al servizio d'una commedia a tinte gialle che potremmo definire senza paura di essere smentiti "fantozziana": Christian Clavier, infatti, pare fare più il verso al nostro Paolo Villaggio che ai "suoi" attori francesi di allora: il film - ambientato a Saint Tropez nel 1970 - ne carpisce gli stilemi ed è volutamente ispirato al cinema primi Anni '70 (quello con Jacques Dufilho, per esempio). Il lato giallo/poliziesco arranca, meglio si va sul versante dilettevole ma solo nel contesto citazionista.
Puppigallo: Non si sono certo dannati per la sceneggiatura di questo prequel e il cattivo è piuttosto misero, di quelli che si scordano in fretta. Ma se non altro, c'è molta azione, buoni effetti, i personaggi se la cavano (su tutti, il giovane dottor McCoy e un convincente Spock) e la presenza di Nimoy (lo Spock originale) aiuta a restare aggrappati alle origini. Insopportabile il giovane Scott. L'arma che produce buchi neri succhiapianeti non è male, come nel complesso non è comunque male la pellicola. P.S. Per i fan, viene citato il capitano Archer e compare il capitano Pike.
MEMORABILE: Il famoso test della Kobayashi Maru; L'incontro di Kirk con due creature poco amichevoli sul pianeta ghiacciato; Spock che parla con se stesso.
Pinhead80: Divertente commedia che vede uno sprovveduto insegnante di dizione entrare per caso nelle simpatie di una famosa famiglia calabrese dedita alla malavita. Da lì in avanti per lui e per la sua cerchia di conoscenti la vita non sarà più la stessa. Tra le tante commedie che circolano nel panorama italiano questa sa far ridere in maniera intelligente con attori decisamente in parte e una sceneggiatura graffiante capace di mettere in risalto i tanti problemi della nostra cultura. Per bravura spicca su tutti la spietata e passionale Lucia Ocone.
Galbo: Il celebre romanzo di Jane Austen in una trasposizione cinematografica diretta Douglas McGrath che risulta formalmente corretta. Buona la ricostruzione ambientale, con scene e costumi molto curati. Decisamente di ottimo livello l'interpretazione della Paltrow, davvero aderente al personaggio. Il grosso limite del film è la "freddezza" di fondo. Un film che al di là della rappresentazione calligrafica non emoziona mai, e lascia piuttosto indifferenti come un compito svolto correttamente ma privo di anima.
Renato: Terzo episodio, con qualche caduta di gusto (il match con "Labbra Tonanti" Hulk Hogan soprattutto, inserito giusto per attrarre anche il grosso pubblico del wrestling) ma complessivamente ancora divertente. Il vecchio Mickey viene a mancare, e Rocky per battere il tremendo Clubber Lang inizia a farsi allenare dall'ex grande rivale Apollo Creed: finale ovvio. Stallone dirige con ritmo ed una certa attenzione, e l'ultima sequenza coi due amici che si affrontano per una seconda, personale rivincita è un bel colpo.
Ruber: Banale commediola senza arte né parte, con la classica nipote indisciplinata che viene mandata dalla nonna per esser rieducata. La storia non regge minimamente, causa una sceneggiatura scialba e una regia di Marshall insufficiente; il cast entrta parecchio in cointrasto causa il voler accostare una grande attrice come la Finda con una ragazzina alle prime armi; qualche battuta qui e là la strappa, ma niente più.
Delpiero89: Gli ultimi due anni di vita della principessa Diana raccontati in questo modesto film. Era difficile aspettarsi più di un semplice biopic televisivo. Non basta la prova di Naomi Watts. Discutibili alcune sequenze comiche veramente di basso livello. Tuttavia senza grosso impegno si riesce a raggiungere la fine.
Daniela: Una pneumologa bretone intuisce il possibile legame tra alcune morti sospette e gli effetti del Mediavir, un farmaco utilizzato per la cura del diabete, anche se si tratta di un anoressico la cui dubbia efficacia era stata accertata sulla base studi finanziati dalla stessa casa produttrice... La vera storia di questo scandalo sanitario che sconvolse la Francia una ventina di anni fa è raccontata con scrupolo documentario e riesce a interessare ed infine indignare come tutti gli scontri impari David vs. Golia, nonostante alcune carenze nella messa in scena ed una durata eccessiva. Film utile.
Corinne: Non memorabile ma decisamente godibile. Il personaggio di Milian, giustiziere spietato coi cattivi ma di buoni sentimenti, anticipa Er Monnezza col giusto equilibrio tra serietà e ironia (personalmente lo preferisco così) e innalza di qualche gradino una trama piuttosto semplice e uno svolgimento dignitoso ma non spettacolare.
MEMORABILE: "Chi è?" "L'anima de li mortacci tua".
Saintgifts: Tempesta perfetta contro uomini... non perfetti. Orgoglio, caparbietà, autostima alle stelle, sono alla base di tutto. C'è senz'altro anche una morale che poi cede il passo alle paurose immagini di una natura scatenata che fa il suo mestiere (come del resto fanno il loro mestiere i pescatori, ma non bene fino in fondo). Anche il profitto fa la sua parte; insomma, gli elementi (e non solo quelli naturali) ci sono tutti, comprese "storielle" più o meno grandi d'amore, per rispettare le tradizionali angosce di chi aspetta in terraferma.
Capannelle: Dando poca importanza all'aderenza nei confronti della serie originale (non è un delitto proporre una lettura diversa dei personaggi) mi baso piuttosto sulla godibilità della storia che, pur essendo diretta con un certo stile, non va oltre la media. Sarà il fatto che mescolare commedia, a tratti demenziale, col poliziesco light non è proprio impresa da tutti. Abbastanza bene Stiller. Camicie e abiti in genere flashanti.
Ryo: Forse per gli appassionati di ballo hip-hop e parkour potrebbe essere un passatempo gustarsi le performances e le coeregrafie dei (bravissimi) ballerini. Per il resto del pubblico ci si trova di fronte ad un collage di videoclip sul ballo hip-hop di gruppo, senza il minimo sforzo di scrivere una sceneggiatura decente, ma solo lo stretto indispensabile per avere il pretesto di ammorbare con balli, balli e balli intervallati da sprazzi di dialoghi (ridicoli). Inconcludente e irritante: meglio guardarsi veri spettacoli.
Fabbiu: Con la produzione del secondo Conan c'è un evidente intento di smorzare la violenza notevole del primo e di attenuarne i toni in chiave di "favola epica" più leggera; lo stesso Arnold viene "umanizzato" e reso più divertente (si ubriaca, fa qualche espressione e battuta buffa) e viene accompagnato da nuovi alleati, tra cui un "simpaticone" (il ladruncolo); la guerriera nera (Grace Jones) è invece di tutto rispetto, un personaggio che sembra uscire dai fumetti di Buscema. Le atmosfere epiche sono ancora gradevoli ed efficaci.
Bruce: Solido action thriller ambientato in Canada tra paesaggi montani e innevati, con protagonista il gigantesco Jason Momoa pronto a tutto pur di salvare la propria famiglia. Il soggetto, davvero minimale, vede contrapporsi i cattivi trafficanti di droga contro la coraggiosa famiglia Braven che, a sua insaputa, è stata coinvolta nel losco commercio. Le scene d’azione si susseguono senza tregua, i dialoghi sono ridotti al minimo. Semplice intrattenimento ma di discreto livello. Vedibile.
Capannelle: Buon film grazie alle ottime interpretazioni di tutto il cast e alla scelta, da parte di chi ha scritto la sceneggiatura, di non ricorrere a patetismi o drammoni già visti troppe volte. Il tutto viene invece giocato in bilico tra una sottile ironia e i problemi concreti di un gruppo familiare messo di fronte allo specchio.
Piero68: Godzilla è decisamente il reboot che non ti aspetti. Superiore senza ombra di dubbio al precedente lavoro di Emmerich, Edwards riesce a miscelare sapientemente la tradizione giapponese con la rivisitazione dei migliori film catastrofistici. Dirige in maniera impeccabile e in più si avvale di una fotografia quasi maniacale nella sua perfezione. Si aggiungano ottimi effetti sonori e lo spettacolo è garantito. Anche perché la sceneggiatura va oltre il semplice scontro uomo-mostro ma affronta anche problematiche di tipo etico sull'uso del nucleare.
skinner: Commediola di basso livello, che sarebbe potuta arrivare molto più in alto. Infatti nonostante la premessa ridicola, la Hudson che dà di matto e riempie di assorbenti il mobile del bagno di McCounaghey è divertente. Poi però l'ultima mezzora è la fiera del prevedibile e del già visto (oltre ad essere l'happy end più indecentemente diluito degli ultimi 10 anni...). Quasi intollerabile.
Piero68: Modesta, anzi modestissima, commedia de borgata che dalla prima all'ultima scena non si capisce dove voglia andare a parare. Troppo centrale sui personaggi di Memphis e Tirabassi nonostante non rappresentino nemmeno una novità nel panorama cinematografico. Tutto sa di già visto e gag decenti se ne ricordano ben poche. Unica nota positiva il personaggio di Imparato, che almeno dà un po' di respiro sul versante commedia. Assolutamente sconsigliato.
Tarabas: Terzo capitolo della storia. L'ultimo rimasto della sfida, Lau, ha ormai perso il sonno e il senno. Sa che altre talpe di Hong Sam sono in attività e le elimina, ma si scontra con altri infiltrati. Complicato da una disfunzionale struttura a incastro, mutua dal numero 2 una lunghezza non necessaria (la parentesi con la dottoressa non "gira" granché). Il cast recupera Leung nei vari flashback, tutti centrati sulla data della sua morte. Cast notevolissimo, ma si rimpiange la geometrica essenzialità e potenza del capostipite.
Magerehein: Soggetto che poteva anche essere interessante (madre e figlia circuiscono gonzi ricchi per spillar loro denaro, ma per una volta trovano un contrattempo), vuoi per l'idea di base, vuoi per un cast con nomi di peso (assai seducente la Weaver, più macchiettistico il tabagista Hackman). Nel complesso però si rimane piuttosto delusi; l'umorismo utilizzato è prevalentemente banale e poco raffinato, la Hewitt non riesce a essere una protagonista all'altezza e l'evoluzione romantica del tutto finisce per appiattire le iniziali premesse. Ritmato e non scadente, ma nemmeno eccezionale.
MEMORABILE: Hackman che non riesce a fumarsi un sigaro in pace (gli si spezzano sempre); La Hewitt che, tentando di atteggiarsi, rischia di soffocare.
B. Legnani: Assai carino. In questo film Ale e Franz riescono sia ad essere diversi dal cliché televisivo, sia, di tanto in tanto, a scambiare qualche duetto che, per analogìa, ricorda qualche momento fra i migliori dei due sul piccolo schermo (penso all'incontro al bar). Venier si conferma regista adatto a portare sul grande schermo i divi milanesi del piccolo. Nel cast si notano faccie simpaticissime, come quelle di Citran, di Zucchi, di Marzocca e di Mathieux.
Brainiac: "Niente zombie, siete inglesi", questo è il refrain a cui farei scalare Top of the pops e a cui assegnerei la prima dell'N.M.E. Sì, perchè da quell'alba mentecatta dalla perfida Albione d'intonati live-set ne azzeccano pochi. Che si vada a "casa del cane" a svegliarlo coi feedback oppure a far "colazione con la morte" l'andamento è quello. Pochi riff, zero squilli di tromba. Non si salva questo palco-indiavolato, perso com'è fra actioneggianti fuori-tempo e dialoghucci scordati, virus stonati e malacci "residenti" più di Dj Shadow. Inaccettabile zombata.
Didda23: Viste le basse aspettative, mi sono imbattuto in una piacevole sorpresa piena di idee e dal ritmo sempre spinto sull'acceleratore. Feig, dopo il successo de Le amiche della sposa, si guadagna con merito il primato di "specialista di commedie in rosa". La volgarità è solo nel linguaggio e la qualità delle battute emerge molteplici volte. Forse non tutto funziona e qualche gag è tirata per le lunghe, ma la qualità della regia e la bravura delle protagoniste (soprattutto la Bullock, che mostra un camaleontismo inaspettato) sono apprezzabilissime. Il crossover fra action/poliziesco e commedia funziona alla perfezione.
Saintgifts: L'impressione è quella che dietro un'idea iniziale che ha entusiasmato qualcuno (fino a mettere in opera un film con fior di attori e di tecnici, fotografia in testa), ci si sia poi dimenticati di innestare un prosieguo degno da soddisfare il paziente spettatore, non solo un regista con la volontà di mostrare quanto fosse talentuoso. Già si sospetta qualcosa nella laconicità dei dialoghi, usando in sostituzione inquadrature e primi piani sofferti a camuffare l'insostenibilità di una situazione che doveva "esplodere" in ben altro modo, se possibile.
MEMORABILE: La Kidman che chiede a Sean, di dieci anni, se pensa di essere in grado di soddisfare le esigenze di una donna. Tremendo.
Redeyes: Jet Lì è sinonimo di qualità e cura dei combattimenti e qui, con la sua aria da cinese orogoglioso e idealista, ben equilibra l'amalgama di corruzione francese e malignità. Il film ha un bel ritmo che non viene scalfito da una sceneggiatura che non brilla per colpi a sorpresa, se escludiamo l'interessante "colpo" da cui il titolo della pellicola. L'improbabile coppia non scivola sull'intreccio amoroso e ne siamo grati agli autori; il perfido Karyo ci ricorda lo Stansfield di leonina memoria, ci delizia con la sua malavagità.
MEMORABILE: Il bacio del dragone: dai tempi di [f=9223]Kenshiro[/f] non si apprezzavano certi colpi proibiti...
Nando: Il genio visionario di Malick in una emozionante cavalcata sulla vita. Immagini suggestive con adeguato commento musicale e situazioni coinvolgenti, nonostante all'apparenza emerga una certa freddezza di fondo. Tutto appare ben costruito e il rigore morale di Pitt ben si sposa con la purezza della Going. Intenso Pitt.
Rambo90: Divertente farsa spionistica, con un ritmo molto veloce e un gruppetto di protagonisti davvero simpatico, in cui spiccano Manfredi e Moschin. La sceneggiatura si sofferma molto sull'inettitudine dei killer improvvisati, guardando in alcuni momenti alla Signora omicidi. Peccato per un finale un po' troppo assurdo e sbrigativo, comico come il resto del film ma forse eccessivo. Comunque molto godibile.
Pigro: Pericolosa spedizione nell’Africa nera alla ricerca dell’esploratore scomparso. Pur costretta nell’inevitabile griglia hollywoodiana, l’opera ha spunti di interesse e suggestione grazie all’intelligente scelta di tenere in secondo piano la storia d’amore (peraltro assente nel romanzo originario) a favore di un taglio quasi da National Geographic, grazie a numerose sequenze con animali selvaggi e con varie e vere tribù africane (fino ai Vatussi con la loro elegantissima danza). Insomma, più esotismo che sentimentalismo: e il film ne guadagna.
Homesick: Il proseguo di Amore mio non farmi male, commedia leggera e gradevole sulla sessualità degli adolescenti, è una spossante fiera del pecoreccio su flussi e riflussi ormonali delle coppie over-40, in cui i quattro signori attori coinvolti – gli sbercianti Chiari e Cortese e i più controllati Salce e Méril – fanno vivere momenti di tremendo imbarazzo. Davvero triste. Non salgono sul patibolo i commenti sornioni di Robutti e i titoli di testa con l’intera troupe nei panni degli invitati al matrimonio Chevalier-Fani, ma la sentenza capitale è ormai inappellabile.
MEMORABILE: Chiari e Salce che, impasticcati di Viagra ante-litteram, vanno maldestramente a caccia di giovani straniere e puttane da strada: inguardabili.
Pessoa: Angelopoulos ci porta sul confine greco-turco (sempre molto caldo, allora come oggi e per ragioni molto simili) dove un giornalista ateniese a capo di una troupe televisiva crede di vedere, fra i migranti su cui sta girando un documentario, un noto uomo politico scomparso all'apice della carriera. Un film dai toni epici, con molte pause riflessive e lunghe inquadrature fisse che lo rendono a tratti molto lento e di difficile digestione a stomaci non preparati. Un misurato Mastroianni e una torbida Moreau regalano pensieri intensi. Avvolgente!
Myvincent: Una parte della vita del geniale artista toscano, durante il delicato passaggio papale dai Della Rovere ai Medici, che tanto infierì sulle sue sorti. Michelangelo viene descritto come una sorta di disadattato, in bilico fra diverse istanze: quelle materialistiche, altre più spiritualmente elevate. Un quadro complessivo che ben caratterizza la tempra dei geni. Belle e maestose le ricostruzioni dei lavori alle cave di Carrara, ma tutto il progetto ha il sapore della ennesima biografia teleromanzata, che accontenta soprattutto i palati meno raffinati.