Che film ci sono stasera in tv in prima serata? Ma non solo questa sera, anche la mattina o il pomeriggio, se capita una giornata di pausa. E i più nottambuli possono trovare anche i film che vanno in onda a tarda notte, i cosiddetti fuori orario. Cliccate sulle frecce per cercare tra i palinsesti passati e futuri oppure controllate direttamente tutta la settimana. Cliccate sull'icona calendario a fianco della scheda per appuntare un promemoria su quel film in agenda. Se siete loggati potete cliccare anche sulla stella per contribuire alle segnalazioni. Come? Scopritelo
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Undying: Nell'epoca della rivalutazione dei "generi" (gran parte del merito lo si deve a riviste come "Amarcord" e "Nocturno") Mariano Laurenti intravide la possibilità di far rivivere il genere "boccaccesco" o della commedia in costume. Traendo essenza dal celeberrimo Quel gran pezzo dell'Ubalda, il regista ripropone il medesimo tema, con effetti men che mediocri, dati dalla presenza di icone televisive. Ci infila dentro pure l'icona della pubblicità, anche se il balbuziente venditore resta la cosa più divertente.
MEMORABILE: Silvio Spaccesi rappresenta il trait d'union tra il cinema degli Anni Settanta e questo film.
Saintgifts: Non mi sembra invecchiare bene questo dramma a cavallo tra il politico e il sentimentale, poco credibile in entrambi i casi. Difficile anche capire cosa voglia mettere in primo piano Pollack: la storia d'amore sembra prevalere, ma sembra anche una scusa per parlare di come era visto il comunismo nella libera America in quegli anni, prima sulla costa est e poi su quella ovest, dove la mecca del cinema era sotto pressione proprio per quel motivo. Forse la brava Streisand è stata imposta, ma ci sono anche altre esigenze che il cinema impone.
Indagini al campus, dove una studentessa è scomparsa assieme all'amica. Victoria (Pratt), la madre della prima, è una detective già scossa dalla morte del marito (Pearl) durante una sparatoria di due mesi prima (ripropostaci insistentemente in flashback)... perdere pure la figlia sarebbe troppo; e infatti, lasciata a casa la madre dell'altra ragazza (evidentemente una casalinga poco votata all'azione), Victoria si riprende il proprio ruolo alla polizia e parte in missione al campus, dove incontra sorprendentemente una certa renitenza a parlare della figlia. Anche...Leggi tutto perché era stata espulsa, si viene a sapere, e aveva messo il naso non doveva; probabilmente nel laboratorio dove un esimio ricercatore (Lea) conduce poco chiari esperimenti di biogenetica usando come cavie dei poveri animali. La ragazza, che combatteva apertamente gli studi e l'eccessivo sfruttamento degli animali per gli stessi, è forse scomparsa perché dava fastidio? Possibile, visto che qualcuno ha cancellato dai terminali della scuola e non solo tutti gli account “social” della giovane e della sua amica. Gatta ci cova, come si suol dire, e Victoria sa come muoversi per ottenere le informazioni che le servono, sa trovare le persone giuste in grado di aiutarla nel suo tentativo di risalire a chi potrebbe aver sequestrato - o magari ucciso - la figlia. La prima parte, in cui si riesce in qualche modo a creare attorno al campus e ad alcuni personaggi il giusto alone di mistero, il thriller procede sui binari giusti. Senza brillare, come molto difficilmente avviene per questi tv-movie canadesi quasi sempre girati a Vancouver e dintorni, ma potendo contare su una confezione degna a partire da fotografia e colonna sonora. Si mescolano con garbo il tema degli esperimenti scientifici e gli elementi giallo-thriller senza scadere nel ridicolo come spesso avviene in questi casi, fondendoli anzi in un prodotto di buona omogeneità. C'è una discreta varietà nelle indagini e una regia che regge il ritmo scandendolo con perizia. Poi però, quando è il momento di cominciare a tirare le somme, il film sembra bloccarsi, arenandosi in fasi in cui l'azione ristagna e la sceneggiatura - è evidente - non sa più cosa inventarsi (i soliti hackers) per rimpolpare un soggetto che esaurisce le cartucce troppo presto. E così si moltiplicano i flashback, le scene in cui la protagonista si sofferma davanti alle foto col marito defunto o siede sul divano a godersi i video fatti in casa alle feste con la famiglia riunita (un classico, in America). La Pratt oltretutto mantiene una freddezza che non la rende troppo credibile come madre cui è scomparsa chissà dove la figlia. Vuole andare a fondo ma il collega in centrale (Bacon) continua a ripeterle di controllarsi, di volerla aiutare ma di fare attenzione a non esagerare. La solita storia insomma, declinata senza fantasia alcuna all'interno di sviluppi assai tipici, per il genere, che fanno rientrare il film nell'anonimato anche per interpretazioni non proprio memorabili. Finale che conferma le difficoltà nella seconda parte di mantenere il buon risultato delle discrete premesse.Chiudi
B. Legnani: Che lo spunto sia originale è indiscutibile, perché ipotizzare la Cassini follemente innamorata di Banfi (senza, peraltro, che se ne dia uno straccio di motivazione...) non stava già scritto in nessun luogo. Dopo una prima mezzora carina, però, il film si perde in banalità e ripetizioni, finendo coll’essere tranquillamente confuso nella mediocre massa delle produzioni similari e coeve. Da notare che Suor Fulgenzia e Suor Agnese sono Lucio Montanaro e Valentino Simeoni. Varie immagini sono presenti nella sigla di "Stracult".
MEMORABILE: Banfi che spiega alla Cassini perché lui si auto-definisca cattolico "osservante".
Redeyes: Doverosamente incentrato sulla presentazione dei due protagonisti. L'impostazione "on the road" riesce a conferire più dinamicità agli eventi soprattutto grazie all'imbranato e poco empatico Danno Wolfe che non potrebbe avere nome migliore, per noi italiani. La morale è chiaramente dietro l'angolo e si viene catapultati in un circo di avventure. Finale tenero con Kayla ricongiunta al Mago e Ted sugli allori.
Undying: Titolo inserito nell'inesauribile collana di VHS Shendene (serie Commedia Sexy) prima di trovare sbocco nel formato digitale (DVD). Mariano Laurenti predilige in questo caso un clima comico/funebre decisamente mal riuscito a discapito del valido cast: la Fenech, la Perego e Giuffrè lo stesso anno diretti, per la regia di Giuliano Carnimeo, nell'altrettanto volgarotto La Signora gioca bene a scopa?. Il registro comico funziona male e quello erotico è appannato dal "cattivo gusto". Una particina anche per Carla Mancini...
Stefania: Bel film, che certo coinvolge e convince di meno rispetto a quello di Frears, perché meno cupo, cervellotico, enigmatico. I caratteri sono più leggeri e giocosi, spumeggianti cascatelle più che temibili acque chete, la linea di confine tra manipolatori e vittime è più indistinta: gli uni sono meno crudeli, le altre meno innocenti. L'impatto drammatico è quindi minore, ma forse questa versione è più autenticamente libertina. Firth e la Bening non hanno la personalità e la potenza fisiognomica della Close e di Malkovich. Interessante, a suo modo.
Pessoa: Anche in questo caso una trama robusta e originale, sceneggiata in punta di penna da Benvenuti e De Bernardi, giova a Peppino e Totò e gli permette di tirare fuori le loro grandi capacità attoriali. Molto bravi anche Caprioli, incontenibile, la solita Valeri e la grande Raspani Dandolo. Si ride spesso, quasi sempre amaro, come nella tradizione del miglior Pirandello. Il film si ispira alla realtà contemporanea, quando la legge Merlin aveva cambiato le abitudini di buona parte dei maschi italici, ma la tematica universale lo rende ancora godibile.
MEMORABILE: I battibecchi fra Totò e Majeroni; L'Associazione inquilini ex case chiuse.
Daniela: Colpi d'arma da fuoco concludono le due parti di quello che appare un dittico: con il primo Palla di Lardo chiude i conti con il suo vero nemico, col secondo Joker uccide il nemico ufficiale ma inaspettato. Non un film sul Vietnam ma sulla mentalità della guerra, più ancora che sulla guerra: complesso, contraddittorio come il simbolo della pace accoppiato col grido di battaglia inciso sull'elmetto. Non il film di Kubrick più perfetto, ma uno dei più spiazzanti e coinvolgenti, con sequenze ansiogene che si stampano in testa in modo indelebile.
MEMORABILE: La sequenza nei cessi, illuminata da una luce livida; I soldati che marciano prima dell'alba fra le rovine in fiamme, cantando l'inno di Topolino.
Puppigallo: Quando si è convinti che l'esercizio di stile, la forma, la ripresa studiata e la propria arte filmica possano permettere allo spettatore di sorbirsi quattro ore di pellicola senza battere ciglio, ecco che nascono i chilometrici mostro movie come questo. Che il regista disponga di talento visivo è fuori dubbio, ma qui sembra bearsene e specchiarsi in un tempo che pare infinito, dove i super eroi, Flash a parte, il più essere umano, paiono modelli dai visi lisci sul grigio pallido, pronti a inondare il pubblico di dialoghi e dissertazioni. L'azione c'è, ma anche i rallenty purtroppo.
MEMORABILE: Flash salva la ragazza in auto; I faccia a faccia tra cornutone e portavoce del capo (tipo [f=1277]Fantozzi[/f] e Megadirettore di turno); "Fanculo il mondo".
Pessoa: Commedia sexy nella media del genere in cui si susseguono le consuete situazioni alla Feydeau sceneggiate senza garbo né ironia. Unici elementi positivi sono Banfi, come sempre una garanzia (che purtroppo si vede poco) e la divina Fenech, che concede le sue grazie senza parsimonia. La regia esperta di Tarantini garantisce un ritmo decente e anche alcuni comprimari sono all'altezza del loro mestiere (Sposito, Barra, De Simone), ma il "bello" di turno, Gelardini, riesce a essere particolarmente antipatico (e non è invidia). Solo per appassionati.
MEMORABILE: "Perché non sono nato spugna?" (Vitali spiando la Fenech sotto la doccia).
Taxius: Per salvare la moglie incinta il protagonista Vince Vaughn è disposto a tutto, pure ad andare all'inferno, un inferno in terra in un angosciante e claustrofobico penitenziario. Film carcerario di estrema violenza che parte lentamente ma finisce a teste mozzate e braccia spezzate. Zahler è bravo a mescolare violenza fisica e violenza psicologica con quest'ultima, assolutamente più atroce. L'ambientazione è sudicia, marcia e puzzolente tanto da sembrare un girone infernale dantesco. Non per tutti, ma assolutamente affascinante e coinvolgente.
MEMORABILE: Le piccole parti di Don Johnson e Uno Kier.
Lovejoy: Una commediola d'azione non molto originale, per la verità, a cui solo le movimentate scene d'azione, un buon ritmo e due interpreti in splendida forma quali Eastwood ed il sempre eccellente Geoffrey Lewis (padre di Juliette) bastano per non annoiare. Non un film imperdibile ma si lascia vedere.
Mco: Ci sono film che, nella loro semplicità, riescono a trasmettere il buonumore per tutta una giornata. Facciamo fiesta è uno di questi, immerso com'è nella splendida cornice di Cuba, con mare e cielo che si baciano e la cultura che si erge dalle mura dell'Havana vecchia. La coppia dei figli d'arte se la cava abbastanza bene, tentando di sollevare un plot basico con qualche guizzo sparso qua e là. Le bellezze d'ordinanza non mancano e quindi il piatto è servito! Senza pretese, sia chiaro...
Piero68: Sequel non troppo convincente delle avventure dei due macao blu. Variopinto e fantasmagorico, con il solito samba predominante all'interno come già successo con il primo episodio. Solo che questa volta la storia convince poco e appassiona ancor meno. Ridotta al minimo la presenza di "umani", sono davvero poche le gag che strappano sorrisi. Terribile il doppiaggio con i soliti Insegno, Lopez e De Luigi. Francamente mi aspettavo di più, visto che l'ambientazione amazzonica e selvaggia poteva donare davvero tantissimi spunti.
Onion1973: Il diavolo reclama l'anima di uno spietato soldato di ventura, ma questo non ne vuole sapere e fugge diventando un uomo di pace. Ma siamo in epoca di guerre e pestilenze, mantenersi pacifico è davvero dura. Film di avventure fantastiche senza infamia (la storia c'è, l'immaginario pure) e senza lode (superficiale in alcuni passaggi e scontato in altri). Il clone di Jackman si comporta bene e da quel minimo di spessore al personaggio da renderlo sufficientemente carismatico. Ma qualcuno mi spiega perché i cattivi sono tutti calvi, tranne uno?
Galbo: Ad Amsterdam nel 1600, la giovane orfana Sophie sposa un ricco ed anziano mercante e cerca di dargli un figlio. Dramma in costume ambientato durante il commercio dei ricercati fiori di tulipano (da qui il titolo originale), il film di Justin Chadwick eccelle nella ricostruzione ambientale, con scene e costumi impeccabili. Lo stile oscilla tra quello della commedia nella prima parte e il dramma sentimentale nella seconda: le due componenti sono ben equilibrate e la vicenda, peraltro interpretata da ottimi attori, si segue con piacere. Buon film
Magi94: Buon dramma carcerario che rompe gli schemi ed elegge a protagonista "buono" il nuovo direttore del carcere. Criticati con corretta ferocia i soprusi contro i prigionieri più deboli e i malsani rapporti col mondo della politica, la sceneggiatura è scritta bene anche se il film si prolunga un po' troppo. Molto bravo Robert Redford, malgrado a volte appaia lezioso (com'è d'altronde nel suo stile). Un buon film.
Siska80: Non ci si lasci ingannare dalla nuova ambientazione (l'Andalusia), giacché la sequenza narrativa è la solita: ecco infatti giungere anche in quel di Spagna un problema da risolvere, un avversario da fronteggiare, quindi la svolta risolutiva nell'ultimissima parte. Gli scenari sono senza ombra di dubbio spettacolari e la full immersion nella natura è talmente imponente da dare al film l'aspetto di un documentario sui cavalli; proprio per questo il coinvolgimento dello spettatore risulta minimo e il risultato finale è nel complesso mediocre, quanto lo fu nei capitoli precedenti.
Siska80: Strano e non completamente riuscito mix tra commedia e dramma che propone alcune interessanti figure femminili accomunate dall'ambizione (tranne la giovane ingenua interpretata dalla deliziosa ma un po' acerba Lollobrigida): la nipote del prete che si sente soffocata dall'ambiente religioso, la prostituta perseguitata, la paralitica frustrata... La prima parte è interessante, la seconda oscilla tra lo scontato (l'immancabile love story) e il fuori luogo (l'epilogo noir); buono il cast, ma idea di base non è sfruttata appieno.
MEMORABILE: Il sindaco "coraggioso"; Tutti contro tutti durante il concorso; La fuga di Lilly.
Disorder: Non è il mio Kubrick preferito (amo decisamente quello shockante e anarchico di altri film) ma si tratta ancora una volta di grande cinema. Forse qui come non mai ci appare chiaro tutto il suo talento per la regia in ogni suo aspetto: dalla fotografia a dir poco eccelsa alle musiche (solito repertorio classico ma inserito alla perfezione), ai costumi ultra-barocchi e sfarzosi. Ma dietro a tutto ciò il regista ci fà riflettere ancora una volta sulla stupidità e sulla meschinità dell'essere umano, qui sta la sua grandezza. Imperdibile.
MEMORABILE: I soldati inglesi che si fanno abbattere come birilli per dimostrare coraggio.
Daniela: Una famiglia quacchera dell'Indiana vive una vita serena in un clima severo, ma le truppe sudiste si stanno avvicinando ed il figliolo maggiore vorrebbe fare la propria parte... Regista di capolavori drammatici, Wyler si concede una vacanza con questo affresco bucolico pieno di bonaria ironia che, dopo aver accennato agli orrori della guerra civile, mostra il grande potere della gentilezza, in grado di trasformare invasori brutali in ospiti rispettosi. Film troppo edulcorato? Certo, ma in modo delizioso. Bella l'ambientazione, di pregio fotografia e ost (Tiomkin), perfetto il cast.
MEMORABILE: Il bambino e l'oca; Le corse al calesse con il vicino di casa; Il discorso infervorato a voce molto alta per coprire il suono della pianola.
Nando: Racconto di formazione riservato ai ragazzi e alle famiglie. Un adolescente sulle Alpi austriache salva e cresce un cucciolo di aquila condividendo con lui emozioni. Una pellicola semplice e allo stesso tempo gradevole che mostra paesaggi naturali incontaminati e un notevole buonismo di fondo. Reno è appropriato nel ruolo del vecchio guardacaccia che insegnerà al giovane protagonista alcuni validi rudimenti.
Belfagor: Un Vanzina così non lo vedevo da Vacanze di Natale 2000. Nella sua leggerezza, il film racconta di una vita che proprio meravigliosa non è, fra intrallazzi, scappatelle e raccomandazioni varie. Sarà che ogni tanto bisogna ridere per non piangere? Comunque, il cast lavora bene, con Proietti e Salemme in gran spolvero e un degno cast di contorno. C'è spazio anche per la storia sentimentale e per fortuna che c'è Brignano ad evitare la pesantezza. Certo, se solo la realtà fosse facile come il finale...
MEMORABILE: Brignano che imita la nonna di Campobasso; "Un fijo de 'na mignotta... ma perbene!"
Anthonyvm: Rosenberg firma una valida opera di denuncia sociale ispirata a fatti realmente accaduti, avvalendosi di un Redford in splendida forma nei panni dell'impegnatissimo paladino della giustizia. Le quasi inevitabili ostentazioni di moralistica liberal, a un passo dallo sdolcinato (la conclusione corale in stile L'attimo fuggente), vengono magistralmente controbilanciate da crudi momenti di brutalità carceraria (concentrati nella prima mezz'ora) e un costante senso di minaccia in crescendo, che flirta apertamente col thriller durante l'ultima tranche. Pellicola appassionante e memorabile.
MEMORABILE: Spinell supervisiona le frustate; Freeman perde la testa; Crollo del tetto; Il testimone appeso all'asta a testa in giù; Il campo di cadaveri sepolti.
Indagini al campus, dove una studentessa è scomparsa assieme all'amica. Victoria (Pratt), la madre della prima, è una detective già scossa dalla morte del marito (Pearl) durante una sparatoria di due mesi prima (ripropostaci insistentemente in flashback)... perdere pure la figlia sarebbe troppo; e infatti, lasciata a casa la madre dell'altra ragazza (evidentemente una casalinga poco votata all'azione), Victoria si riprende il proprio ruolo alla polizia e parte in missione al campus, dove incontra sorprendentemente una certa renitenza a parlare della figlia. Anche...Leggi tutto perché era stata espulsa, si viene a sapere, e aveva messo il naso non doveva; probabilmente nel laboratorio dove un esimio ricercatore (Lea) conduce poco chiari esperimenti di biogenetica usando come cavie dei poveri animali. La ragazza, che combatteva apertamente gli studi e l'eccessivo sfruttamento degli animali per gli stessi, è forse scomparsa perché dava fastidio? Possibile, visto che qualcuno ha cancellato dai terminali della scuola e non solo tutti gli account “social” della giovane e della sua amica. Gatta ci cova, come si suol dire, e Victoria sa come muoversi per ottenere le informazioni che le servono, sa trovare le persone giuste in grado di aiutarla nel suo tentativo di risalire a chi potrebbe aver sequestrato - o magari ucciso - la figlia. La prima parte, in cui si riesce in qualche modo a creare attorno al campus e ad alcuni personaggi il giusto alone di mistero, il thriller procede sui binari giusti. Senza brillare, come molto difficilmente avviene per questi tv-movie canadesi quasi sempre girati a Vancouver e dintorni, ma potendo contare su una confezione degna a partire da fotografia e colonna sonora. Si mescolano con garbo il tema degli esperimenti scientifici e gli elementi giallo-thriller senza scadere nel ridicolo come spesso avviene in questi casi, fondendoli anzi in un prodotto di buona omogeneità. C'è una discreta varietà nelle indagini e una regia che regge il ritmo scandendolo con perizia. Poi però, quando è il momento di cominciare a tirare le somme, il film sembra bloccarsi, arenandosi in fasi in cui l'azione ristagna e la sceneggiatura - è evidente - non sa più cosa inventarsi (i soliti hackers) per rimpolpare un soggetto che esaurisce le cartucce troppo presto. E così si moltiplicano i flashback, le scene in cui la protagonista si sofferma davanti alle foto col marito defunto o siede sul divano a godersi i video fatti in casa alle feste con la famiglia riunita (un classico, in America). La Pratt oltretutto mantiene una freddezza che non la rende troppo credibile come madre cui è scomparsa chissà dove la figlia. Vuole andare a fondo ma il collega in centrale (Bacon) continua a ripeterle di controllarsi, di volerla aiutare ma di fare attenzione a non esagerare. La solita storia insomma, declinata senza fantasia alcuna all'interno di sviluppi assai tipici, per il genere, che fanno rientrare il film nell'anonimato anche per interpretazioni non proprio memorabili. Finale che conferma le difficoltà nella seconda parte di mantenere il buon risultato delle discrete premesse.Chiudi
Bruce: Ne avevo un buon ricordo, ma visto recentemente ho dovuto ricredermi. Girato per lo più sulle innevate montagne intorno a Cortina, è un discreto action, con Stallone al solito protagonista assoluto e purtroppo una sceneggiatura terribile, zeppa di assurdità e incongruenze. Insomma, si può comodamente evitare.
Pstarvaggi: Il cine-cocomero 2009 dà davvero l’idea del prodotto di seconda mano. Spiace veder sprecati tanti bravi attori (Buccirosso, Proietti, Brignano, Mattioli e Izzo, che pure s’impegnano) in un copione così raffazzonato, con idee rubacchiate (quando non palesemente ricalcate) da film del passato. Vanzina decisamente sottotono, anche se Carlo dirige con solido mestiere e senso del ritmo. L’avvenenza del reparto femminile è inversamente proporzionale alla sua capacità recitativa.
Puppigallo: E' dura ribellarsi al Sistema Globale, soprattutto se si è soli contro tutti; e il protagonista della pellicola (cocciuto e ribelle) se ne accorgerà. Il vero tallone d'Achille di questo film, l'eccessiva lentezza e lunghezza, è reso più evidente dalle invece adrenaliniche fasi di gioco (se così lo si può chiamare), ben girate e parecchio violente (l'ultima partita è praticamente un massacro). Certo, anche quando non ci si prende a mazzate, il tutto ha un suo perchè, col protagonista che si sente abbandonato persino da chi ha sempre amato, ma qualcosa doveva essere tagliato per snellire.
MEMORABILE: Il discorso del Presidente negli spogliatoi e quello in privato col campione; Campione vs il duro; Il dottore vuole la firma per staccare la spina.
Siska80: Per salvare un vitellino in pericolo Nocedicocco si mette in guai seri: come farà a venirne fuori? Sebbene indirizzato a un pubblico perlopiù adulto, il cartone risulta comunque avvincente sin da subito per il ritmo costante, la vivacità della trama che presenta una serie di disavventure divertenti ma soprattutto per la galleria di simpaticissimi personaggi spesso in contrasto tra loro. Il design è soddisfacente anche se da videogioco, gli sfondi essenziali, colorati e immobili (fatta eccezione per i liquidi come l'acqua, la lava il vomito, ecc.). Happy end assicurato. Riuscito.
Mco: Adriano Giannini in un ruolo duro e spietato, come lo sport che rimane al centro della narrazione. Deve cercare di far esplodere le doti di un giovane immigrato senegalese sul ring, prendendosi al contempo la rivincita in un mondo che troppo presto lo ha messo ai margini. Vero è che non mancano caratterizzazioni un po' risapute dei personaggi (con un Frassica vecchio allenatore un po' in ombra e Serena Rossi innamorata del bello e dannato), ma il ritmo che sale via via che il ragazzo manda k.o. gli avversari lascia nello spettatore un gusto buono in bocca. Sicuramente un buon film.
Daniela: Mentre sta portando i figli a scuola, un uomo riceve una telefonata da uno sconosciuto che minaccia di far saltare in aria l'auto su cui si trova se non riceverà una grossa somma di denaro. Lo stesso accadrà se uno dei passeggeri proverà a scendere dal veicolo... Remake tedesco superfluo: le modifiche rispetto all'originale sono insignificanti e il confronto dal punto di vista della messa in scena è tutto a vantaggio della pellicola spagnola che poteva contare su due interpreti eccellenti come Tosar e Gutiérrez, qui sostituiti da attori sconosciuti, almeno da noi. Evitabile.
Domino86: Pellicola che inizia un po' in sordina e che sicuramente non ha una grande originalità nel tema scelto né nel suo svolgimento, come quando viene escogitato il piano e si ha un'alternanza tra ciò che si sta preparando e ciò che realmente accade. Tuttavia riesce a coinvolgere, attirando l'attenzione e lasciando con il fiato sospeso circa le sorti dei personaggi. Due buone trovate che tirano su il tutto sono la donna incinta e il finale.
Pigro: Se si prescinde dal racconto originario di Beatrix Potter, il film è decisamente gustoso, ricalcato più sulla vivace comicità delle Puzzole alla riscossa che su un suggestivo richiamo bucolico. La scatenata squadra di conigli che mettono a dura prova l’ostilità anti-natura del vicino di casa è di grande simpatia, anche grazie a un’animazione spettacolare e a una caratterizzazione perfetta. Il ritmo vivace, le situazioni comiche, il meccanismo intero della narrazione cattura dall’inizio alla fine: insomma, divertimento assicurato.
Homesick: Commedia proletaria e scanzonata, con una briosa sceneggiatura ricca di gag che hanno fatto scuola (come il fingersi ciechi per poter toccare le ragazze) e affidata ad interpreti che funzionano sempre: i vitelloni Salvatori ed Arena, la bellisisma e maliziosa Allasio (che appare anche in un bikini dal top molto succinto) e le adolescenziali Panaro e De Luca. «Neorealismo adattato alle esigenze della nostra società»: così Risi stesso definì questo film.
MEMORABILE: Arena e Salvatori si cambiano in quello che sembra essere un camerino ed invece... si ritrovano in vetrina in mutande!
Galbo: Film di genere fantapolitico, si può vedere come una commedia garbata, girata con grande professionalità, ben diretta e con gustose interpretazione di tutto il cast da Kline e la Weaver fino a Kingsley e al perfido Langella. Lo scambio di ruoli e persone è un classico del cinema da tempo immemorabile così come lo svolgimento di questo genere di film. In realtà il film è anche una (piuttosto riuscita) satira dei costumi politici americani e delle logiche spietate del potere. Da vedere.
Modo: Rivisitazione del Vedovo con pochi alti e molti bassi. Superare il dualismo Sordi-Valeri era cosa impossibile. Diciamo che quando la trama prende spunti diversi dal vecchio film di Risi si vedono le cose migliori. Quando invece lo si ricalca per filo e per segno l'abisso è notevole. Fra tutti positiva l'interpretazione di Besentini del mitico ragionier Stucchi. De Luigi-Littizzetto a fasi alterne. Potevano lasciare il nomignolo cretinetti! Prova superata a metà.
B. Legnani: Insolito giallo, i cui meriti stanno essenzialmente nella sua originalità e nell'azzeccata cadenza dei vari flashback. Funziona Jürgens e funziona Rosalba Neri, pure brava. Restano però inopinatamente aperte alcune piste (ma la figlia dell'anziano e l'avvocato perché spariscono dalla trama?) ed il finale lascia un po' delusi, pur se giunge inaspettato. Così così.
Ci si ficca dentro un po' di tutto: i Maya, lo zodiaco, i Sumeri col loro Nibiru, Indiana Jones... Un fantaminestrone catastrofico che partendo da un'incisione rupestre che si fa meccanismo distruttivo apre a un'apocalisse che dovrebbe coinvolgere il mondo ma si concentra in un chilometro quadrato. Già, perché mentre si sparge la solita eco che Parigi è distrutta, il mondo civile a pezzi eccetera, i fenomeni al centro della storia - che fin lì si erano verificati in Cina, in Sudamerica e chissà dove - d'improvviso si sviluppano tutti nella stessa...Leggi tutto area, ovvero quella nella quale si muovono i protagonisti. In una grotta lo scienziato sbarazzino Neil Martin (Gretsch) rinviene la complessa incisione di cui sopra, che oltre a mostrare il sistema solare con un pianeta fuori dalle orbite normali (il nono pianeta, Nibiru), riporta attorno allo stesso tutti i simboli dei segni zodiacali. Andrà tutto interpretato, naturalmente, ma Neil ci arriva in un batter d'occhio: gli incredibili fenomeni atmosferici a cui stiamo assistendo sono immediatamente collegabili ognuno a un diverso segno dello zodiaco. In pratica il disegno stilizzato degli stessi (l'iconografia è quella classica) si riflette nella forma del disastro di turno. Forzature, ovvio, ma siccome è un film (e pure parecchio balzano) ci si adatta a vedere meteoriti che scatenano il caos immaginandoci dentro la forma del Leone, onde di uno tsunami in Sudamerica che ricordano lo Scorpione e via dicendo. In aggiunta, la società che ha incaricato una bella professoressa (Holmes) di rintracciare Neil, è in possesso di una pietra misteriosissima che tale natura è destinata a conservare: ha la potenza di un'arma nucleare ma è piccola quanto un pugno e ha proprietà non chiare che scopriremo (a grandi linee) nel corso del film. Neil la fa sua e con quella se ne scorrazza in Chevrolet per i dintorni assieme al figlio (Dolman) e a una sua coetanea (Brooks) incontrata per via. E Christopher Lloyd, strillato a caratteri cubitali in alcune locandine? Lui compare dopo più di un'ora e sta in scena cinque minuti a blaterare di una sua scoperta sensazionale prima dell'arrivo degli immancabii militari. Una presenza a dir poco marginale che deve lasciare spazio a chi fa il film e alle teorie strampalate, azzardatissime ma com'è ovvio infallibilmente esatte del professor Martin, che una volta azzeccata la sequenza con cui si manifestano i pericolosissimi fenomeni naturali simili nella forma a un segno zodiacale di volta in volta diverso, se li vede apparire uno dopo l'altro a due passi da sé, realizzati in modo terribile a colpi di rozza computergrafica (il dramma sono soprattutto quelli "acquatici", disgustosi, mentre quelli "d'aria" sono quasi passabili). Quando comunque i nostri eroi fuggono in auto dalle catastrofi almeno qualcosa di vagamente piacevole (anche grazie ai paesaggi) si vede e il giovane (Cotton) che li accoglie nel proprio personalissimo garage-bunker è perfino simpatico, nel suo atteggiamento da complottista fuori di testa. L'ultima parte invece, da Lloyd in poi, è semplicemte tremenda, con uno spreco di luci ed effetti a dir poco ripetitivi che si accompagnano a spiegazioni parascientifiche abbozzate e del tutto incomprensibili: un guazzabuglio dal quale si esce solo, boccheggiando, ai titoli di coda. Tv-movie che a livello di idee poteva anche promettere meglio del solito ma che nella realizzazione (specialmente degli effetti) si accoda ai peggiori del filone, anche per la scarsa simpatia dei personaggi...Chiudi
Orson: Ad appena trent'anni Tornatore esordisce con un'opera dal budget elevato, inusuale per un'opera prima. Eppure la mano è sicura, riuscendo a gestire il racconto con viscerale passione. Le ambizioni sono alte, più volte si occhieggia all'epica de Il Padrino (come nella sequenza del matrimonio alternata ad una barbara uccisione, o nelle musiche di Piovani), ma il taglio sensazionalistico si avvicina più alla serie televisiva La piovra e al cinema di Giuseppe Ferrara, di cui Tornatore fu sceneggiatore. La spettacolarità c'è e Ben Gazzara è strepitoso, peccato la lunghezza eccessiva.
Il Dandi: Si parte con due pesanti note di debito: misurarsi con un capolavoro intoccabile e un protagonista (belloccio e televisivo) che a meno di dare un calcio nel sedere a tutte le teorie del Mendel è impossibile immaginare come figlio del fumoso e silenzioso Ugo Piazza. Detto ciò la confezione è corretta ed è evidente lo sforzo apprezzabile di mantenere intatta l'etica dileiana, per quanto inevitabilmente risultino meno fascinosi sia il realismo documentario (come paragonare dei suv alle Giulie?) che l'aggiornamento hi-tech del colpo grosso. Siamo dalle parti di Febbre da cavallo 2.
Siska80: Quanto paga l'onestà, se davvero paga? Finalmente una bella produzione che affronta in maniera coinvolta e coinvolgente il tema della criminalità organizzata ricordando molto da vicino certi poliziotteschi Anni Ottanta, sebbene qui il punto di vista sia quello di un umile lavoratore stanco delle estorsioni che fa di tutto per evitare che il figlio quattordicenne si perda. Ritmo, tensione, musiche azzeccate, un ottimo cast (Giuseppe Zeno notevole) e la capacità di ricreare verosimilmente la vita nei quartieri disagiati (tra retti e reprobi) rendono la visione imperdibile.
MEMORABILE: Il finale, [f=2314]già visto[/f] ma sempre inquietante.
Giapo: Un terzo capitolo tutto azione e avventura che punta ad una comicità più fisica dedicata maggiormente ai bambini, con una caratterizzazione dei personaggi sempre efficace anche se le gags sono un po' ripetitive. Film nel complesso molto simpatico, anche se rimpiango la sceneggiatura arguta e brillante del primo episodio.
Renato: Terzo episodio, con qualche caduta di gusto (il match con "Labbra Tonanti" Hulk Hogan soprattutto, inserito giusto per attrarre anche il grosso pubblico del wrestling) ma complessivamente ancora divertente. Il vecchio Mickey viene a mancare, e Rocky per battere il tremendo Clubber Lang inizia a farsi allenare dall'ex grande rivale Apollo Creed: finale ovvio. Stallone dirige con ritmo ed una certa attenzione, e l'ultima sequenza coi due amici che si affrontano per una seconda, personale rivincita è un bel colpo.
Cineandrea: Un'immagine triste e malinconica sul disagio delle sale cinematografiche. Nonostante la storia d'amore in età avanzata tra Mastroianni e Vlady, e la lentezza del film, c'è un sentimento che alla fine prevale, l'amore per il cinema, che non si mostra più di tanto ma non viene trascurato. Poi la colonna sonora di Trovajoli, giusta ed emozionante. Troisi alla fine emerge un po' come quello di mezzo, tirando fuori qualche gag esilarante e sbiadita.
Piero68: Generalmente le proposte di Bruno sono quasi sempre superiori alla media italica. Anche perché è uno dei pochi che riesce a fare ancora satira facendola passare per comicità moderna. Questa volta invece toppa su tutti i fronti. Sia perché il soggetto è ormai abusato, sia perché anche la morale di fondo (e cioè che l'uso smodato della tecnologia porta ignoranza e distaccamento dai reali rapporti umani) è un vecchio luogo comune, sebbene condivisibile a tratti. Una sceneggiatura scialba e una prova registica e attoriale sotto gli standard completano il già triste quadro. Evitabile.
B. Legnani: I ricordi, nel finale, se ne vanno nella pioggia. Favoletta che mischia amore filiale, lutto, incontri ravvicinati e un bel po' di baracconate. Regala qualche momento azzeccato, ma la vicenda non ha né gli elementi né il respiro del lungometraggio: non a caso la vicenda, titoli esclusi, sta attorno all'ora e un quarto e, per arrivarci, deve ricorrere persino ad una storia d'amore. Mastandrea bravo come di consueto ma, a farsi ricordare, sono i due bravissimi attori giovanissimi. Napoletani, ovviamente.
Reeves: Ottimo lavoro, che mostra un profondo affetto e rispetto per il grande musicista che è l'oggetto del documentario. Non è un santino, non è un'esaltazione acritica, è un flusso continuo di immagini e di sonorità che ci restituiscono appieno chi era Ezio Bosso. Unica pecca, manca un po' la parte della sua vita con il gruppo mod degli Statuto, che in realtà è stata parecchio importante per la sua formazione.
Rebis: Impone il noir che non si può fuggire con i soldi e con la donna: qui si deve abbandonare anche la camicia - per chi ce l'ha alla nascita - e fare i conti con se stessi. Dall'assunto, Di Leo martella un film furibondo su volti che sembrano uscire dagli appunti di Michelangelo, e controlla la cinepresa sopra ataviche avidità intestine che si contorcono. Grande musica di Bacalov che abbatte la ruvidità maschile con il trasporto lirico del pianto. Non tutto è chiaro sulla carta e il personaggio di Pistilli ha eccedenze di significato, ma nella chiusura rimane un grande film.
Pumpkh75: Sorprendentemente non male: con mio (non sommo, però...) piacere, l’atmosfera claustrofobica tutta tunnel e cunicoli e il sapore alchemico aiutano a creare quel po’ d’inquietudine che proprio non ti aspetti. Siccome non tutte le ciambelle riescono con il buco, nella seconda parte l’estetica da Playstation prende il triste sopravvento, gli spaventi diventano artificiosi e la protagonista, troppo abile, esperta e fortunata per essere simpatica, viene a stancare. Nel complesso è tuttavia godibile e non ci avrei scommesso una lira.
Rambo90: Molto divertente. Sebbene la storia degli animali domestici dispersi sia abusatissima sia tra i cartoni che tra i live action, questo film sa inanellare una bella serie di gag con un ritmo pressoché sempre alto e nessun momento di stanca. Il design dei personaggi è centrato e simpatico e il doppiaggio italiano funziona molto bene (soprattutto la scelta di un Mandelli sopra le righe come villain). Niente di trascendentale ma fa il suo dovere.
Daniela: Il destino del piccolo Babe sembra interamente segnato, dato che del maiale non si butta via nulla, ma grazie alla mia intelligenza e alle sue buone maniere saprà trovare un nuovo ruolo nella fattoria... Adorabile dal primo all'ultimo fotogramma, una fiaba lieve con effetti speciali talmente ben fatti che si fanno dimenticare. Quando non in ambito cartoon, non apprezzo particolarmente gli animali parlanti ma qui è impossibile non affezionarsi al porcellino orfano ed ai suoi amici della fattoria. Ottimi anche gli umani. Una gioia per grandi e piccini, piacevole anche all'ennesima visione.
Burattino: Come mandare in malora un racconto che è già una sceneggiatura perfetta diluendo gli ottimi elementi con una serie di figure macchiettistiche inutili nell'economia della trama. Il senso della storia viene stravolto in un impeto moralista di cui questo signor Longo e Gibson sembrano inspiegabilmente complici. Il regista manca completamente della visionarietà necessaria per un soggetto del genere, tanto che il film sembra girato 10 anni prima della sua uscita. Da evitare come la peste.
Siska80: Edificante, commovente storia di dolore e rivalsa in cui un piccolo giocatore di scherma deve affrontare il cancro per poi spiccare da grande il volo verso la vittoria. La narrazione a base di frequenti flashback non inficia l'attenzione, al contrario serve a vivacizzare il ritmo e la scelta del cast si rivela abbastanza azzeccata: i migliori sono Carrino nella parte del protagonista da bambino (cui tocca rappresentare la paura di fronte alla malattia) e Insinna (ancora una volta in un ruolo burbero ma dal cuore buono), mentre Vassallo (Paolo adulto) appare invece poco espressivo.
Daniela: Non si chiama ebola ma ne é parente stretto questo nuovo virus che arriva negli USA nel corpo di un'innocente cappuccina importata illegalmente: il cassandro colonnello Hoffman cerca di mettere in guardia dalla sua estrema pericolosità, ma Freemam versione bastardo nicchia perché ricattato da Sutherland, più bastardo di lui. Se a questi aggiungiamo Spacey caustico e Gooding jr.asso volante, ecco un cast extra-lusso sprecato per un film medical-catastrofico ipertrofico, stereotipato nel disegno dei personaggi, inattendibile in alcuni snodi fondamentali, tronfio nella colonna sonora. Perdibile.
Maxx g: Non porta grande entusiasmo, nonostante le numerose scene d'azione e l'umorismo di Seagal. Trama piuttosto semplice, chi ama il genere trova pane per i propri denti. Cosa non funziona? Essenzialmente l'eccessivo tono horror di alcune scene, specie nel finale. Il meglio l'attore lo darà con film successivi. Il titolo italiano poi appare fuorviante: sembra che il protagonista sia un cyborg, ma non è proprio così...
MEMORABILE: La fuga di Hatcher dall'auto in fiamme.
Ciavazzaro: Pessimo. L'unico a dare un minimo di professionalità all'operazione (uscendone anche lui maluccio) è Leslie Nielsen, per il resto il vuoto più totale. Non c'e divertimento e viene il dubbio che i cani siano i veri attori. Bruttissimo! Stroncatura senza possibilità di recupero.
Nando: L'essenza di Big Luciano in un documentario curato da Howard che non tralascia nulla; anzi, evidenzia i suoi inizi non sempre facili per poi seguirlo sino ad arrivare al successo, che culmina con i grandi concerti benefici. Immagini di repertorio notevoli anche se appare un film costruito per gli americani ansiosi di conoscere il grande tenore. Nel complesso valido, ma probabilmente in Itallia l'avremmo potuto realizzare meglio.
Siska80: Due giovani di etnie diverse si incontrano e innamorano a Hong Kong, ma un segreto sconvolge tutto. Uno degli esempi più clamorosi di come si possa impostare un film praticamente sul nulla: l'ambientazione in prevalenza notturna - più che a rendere l'atmosfera intrigante - serve a mostrare la sfolgorante bellezza del Sudest asiatico, mentre la coppia protagonista, seppur affiatata, non riesce ad emergere all'interno di un intreccio tanto esile, banale e poco credibile il cui finale aperto cerca di riscattare in parte lo spettatore dall'attesa (vana) di chissà quale colpo di scena.
Panza: Uno soggetto che in potenza offriva moltissimo viene tradotto su celluloide non al meglio attingendo in alcuni frangenti alle solite gag facilone che si fanno sulla pornografia. La Pozzi è attorialmente discreta, ma è il grande Novelli a trasmettere compassione e dolcezza anche solo con lo sguardo. Il rapporto tra i due è reso abbastanza bene ed è soprattutto la reazione di Novelli allo squarcio del velo di Maya a essere ben gestita. Tutte le parti sui set hard e il lungo finale invece sono più abbozzati e meno convincenti.
MEMORABILE: Novelli entra nel cinema a luci rosse.
C'è un po' di imbarazzo nel commentare un film il cui titolo italiano già pensa bene di svelare ciò che si scopre solo non nell'ultima parte (in originale il titolo è un più anonimo THE NURSE), ma tant'è... L'infermiera Lynette (Ford), una bomba sexy non da poco che si piazza nella lussuosissima villa di una coppia giunta in zona per lavoro, viene chiamata per assistere il padre (Heard) di lei (Brannagh), psicoterapeuta autrice di libri di successo. Tornata lì, nel paese della propria infanzia, per seguire un incarico dato a suo marito (Noseworthy), assunto come dirigente d'albergo a due...Leggi tutto passi per una sorta di coincidenza, Cara si trova costretta quasi subito a ospitare in casa papà, vittima di un attacco di cuore. L'assicurazione consente all'uomo di usufruire di un'infermiera h24, che a sua volta quindi s'installa subito in villa. Non che nelle ampie stanze non ci sia posto, ma Cara e suo marito Brian avevano pensato a un altro tipo di intimità. Inizialmente comunque, come sempre in questi casi, le cose sembrano andare per il meglio: Lynette è dolce, servizievole... addirittura dimostra di saper intervenire al momento giusto quando Cara, nel suo studio insieme a un paziente particolarmente irrequieto, si trova da questi quasi minacciata. Poi però subentrano gli screzi, le prime incomprensioni, ed emerge sempre più in Lynette un'ambiguità che dovrebbe, a questo punto, instillare qualche dubbio sulla sua dirittura morale. Dovrebbe, appunto, perché il titolo italiano non lascia spazio all'immaginazione e se anche finora l'unico delitto presente è quello di una ragazza in camice spinta giù da un precipizio da un killer incappucciato nell'incipit, si capisce che difficilmente l'infermiera potrà risultare l'angioletto che magari qualcuno sperava immaginando una seconda parte meno prevedibile della prima... Nel frattempo entrano in scena l'anziana vicina col cane che qualcosa di strano in Lynette percepisce e pure il fisioterapista del padre malato, un palestrato che subito precisa di non aver sentito dire da nessuno che l'infermiera dedicata al paziente era stata sostituita. E così alla brava Lynette, che comunque s'era già un bel po' accanita sull'ammalato sparandogli raffiche di iniezioni a casaccio nelle gambe dopo averlo stordito, sale il sangue agli occhi. E anche Cara e suo marito, fino a quel momento forse ancora convinti di essere un po' troppo malfidati, capiscono che nella procace bionda dallo sguardo malizioso qualcosa non va. Infine qualche morto arriverà, fatalmente... Fondato quindi sul sospetto circa la vera natura dell'infermiera, il film vi costruisce attorno una storia facile facile, introdotta e saltuariamente interrotta da primi piani di Cara che pontifica sui comportamenti umani generalizzando, come se volesse far rientrare la vicenda in una casistica più ampia (capiremo nel finale il perché). L'unico elemento disturbatore, che in un thriller potrebbe deviare l'attenzione da Lynette, è il paziente irrequieto già citato, che spunta spesso fuori dal nulla minacciando con vaghezza la psicoterapeuta durante le sedute. Ma tutto fa parte di un gioco già visto mille volte. Si salva fortunatamente la recitazione e anche la confezione non è delle peggiori, ma ben poco di coinvolgente si ritrova nella storia, risolta con un colpo di scena ridicolo che pare veramente buttato là tanto per movimentare un po' il copione stantio. Troppo tardi...Chiudi
Samdalmas: In un futuro prossimo, dove sono abolite le guerre e la violenza, l'unica valvola di sfogo è uno sport a metà tra il motociclismo e l'hockey che esalta le masse. Uno dei migliori film di Norman Jewison, abile regista canadese, spesso sottovalutato dalla critica, che realizza spettacolari scene sportive. Perfetto James Caan nel ruolo del campione veterano che si ribella alle regole. Interessante l'uso della musica classica.
MEMORABILE: L'incipit sulle note della "Toccata e fuga" di Bach; La partita col Tokyo.
Rebis: Particolarissimo film del brivido, pieno di ellissi narrative (la donna dispensatrice di morte) e personaggi liminari (la cartomante, il domatore di animali, il custode del cimitero), scompaginato nella scrittura ma magistrale e terrifico nelle scene di suspense (tre omicidi entrati a pieno titolo nell'immaginario cinematografico), allegorizza in poco più di 60 minuti la forza irriducibile del Male, declinandola nelle sue forme conclamate: il buio, la natura, la follia, la morte.
Disorder: Meno peggio di quanto mi aspettassi, ma è comunque un film improponibile da tutti i punti di vista. Ad affossare il progetto è soprattutto il cast, veramente male assortito. Martufello rifà Gassman, ma il paragone ovviamente non regge; dei comprimari la meno peggio risulta la Badescu, mentre Vastano proprio non si può vedere. Menzione d'onore solo per la fugace ma divertente comparsata di Roberto Da Crema, celeberrimo "baffo" delle televendite.
Capannelle: Un Cage atipico che coraggiosamente sceglie un copione meno banale del solito rivelando di non aver perso del tutto quelle capacità recitative che ne avevano caratterizzato l'inizio di carriera. Il racconto filmico sconta un'eccessiva lentezza e sceglie un epilogo che può non convincere a dovere ma ha il merito di illustrare la storia con un taglio personale, affrontando il vissuto sofferto del protagonista in modo meno scontato del solito. Wolff non proprio un portento ma discreta spalla.
Jena: Non è malaccio, nel genere "menare le mani" e "mitragliare i cattivi". Lester, autore del cult assoluto Commando, prende molti spunti da questa "opera" e si affida a un Dolph Lundgren post Ivan Drago all'epoca in forma smagliante. Ci mette anche un bel po' di nazionalismo Usa anti orientale quasi pretrumpiano. Comunque i due fanno a polpette i cattivoni e il film ha un ritmo vertiginoso no stop per tutta la sua breve durata (pregio, non difetto in questo caso). Brandon Lee quando parla fa danni ma mena bene, Tagawa fa un ottimo cattivone.
Il Gobbo: Terzo capitolo della saga (ma in Italia uscirono coi titoli invertiti!), che vede l’ormai mitica Angelica de Plessis-Bellières dama di corte, e incaricata di una missione diplomatica... Non sarà solo il cervello a dover essere utilizzato in questo cimento, e del resto non potrebbe essere altrimenti, ma anche in questo caso non mancano i colpi di scena (e che colpi! Chi ricompare nel cast?) e il divertimento, magari un po’ naif, ma genuino.
Markus: Solite questioni di corna per tre fiacchi episodi farseschi. Si parte con "Sabato mattina" (*): Maccione ci mette la professionalità, ma la storia è insulsa. La Viviani è solo sexy; si continua con "No, non è per gelosia" (*!): l'ennesimo spreco di Chiari compiuto dal cinema Anni '70 di bassa lega. Consola la prorompente bellezza della Poggi; si finisce con "L'omaggio" (*): bello vedere Aldo (con voce già bassa: di lì a pochi mesi la nota operazione) e Carlo Giuffré (ridotto a macchietta en travesti) insieme, ma la cosa inizia e finisce qui.
Daniela: Un medico si imbarca sul veliero del famigerato Barbanera con lo scopo di trovare le prove della sua collusione con l'ex corsaro Morgan, ma i due sono in realtà nemici... Film d'avventure con tutti gli ingredienti del genere, compreso un tesoro conteso ed un matto sull'isola deserta, diretto con mano sicura da Walsh, divertente con i suoi continui cambi di fronte. Darnell e Andes sono belli da vedere ma la parte del leone la fa Newton che, con gli occhi allucinati, la barba annodata e la voce possente, regala un altro personaggio memorabile dopo il magnifico Long John Silver di due anni prima.
Saintgifts: È già una trovata la sala di collaudo di ogni tipo di tromba dove, in mezzo a un frastuono infernale, un cartello avvisa di far silenzio mentre i collaudatori sono al lavoro. Finlayson (ultimo film insieme alla coppia) usa il suo vero nome nel personaggio del dottore che diagnostica la cornofobia a Ollio e, naturalmente, un viaggio per mare per curarla. Lunga prima parte, piena di trovate, come prologo al soggetto del film che si conclude appunto in mare. La goccia che fa traboccare il vaso è Stanlio che studia il trombone, ma c'è il suo perché.
Puppigallo: Buon action dal montaggio quasi schizofrenico, qua e là flashato e un po' velleitario, ma anche indovinato nel descrivere una Bangkok tra il cupo e il colorato. Il protagonista sordomuto fa il suo silenzioso dovere; e l'apparente distacco, che viene meno quando qualcosa di completamente diverso incrocia il suo cammino, è reso bene. Pur non essendo particolarmente originale nella trama, riesce a rubare l'occhio e a interessare fino all'epilogo. Nel suo genere, riuscito. Nota di merito per la nonna.
MEMORABILE: L'attesa della curva del treno; La geco vision; Il quiz sul lavoro.
Ronax: La presenza di Femi, di Orchidea e di un'appetitosissima Rosemarie Lindt fanno chiudere volentieri un occhio sulle inevitabili pecche di questo decamerotico che, comunque, non è poi peggiore di tanti altri prodotti confratelli. Girato in stretta economia - lo testimonia fra l'altro la presenza dello stesso Kendall in due episodi diversi - il film scorre con accettabile scioltezza verso un finale canagliescamente allegro che forse non sarebbe dispiaciuto al vero Aretino. L'episodio della finta miracolata compare in più decamerotici.
Deepred89: Tremendo, probabilmente il peggior Almodovar di tutti i tempi. Volgare, noiosissimo, quasi senza trama, carico di un umorismo stucchevole e fastidioso scandito tramite caratteri eccessivi e battute che non fanno ridere nemmeno per sbaglio. Cast ottimo e confezione sgargiante impediscono allo scriba di turno di scagliargli contro il monopallino, ma la visione è davvero umiliante e l'effetto che suscita non si discosta troppo da quello evocato da filmoni del calibro di La compagna di viaggio. A buon intenditor...
Giùan: Playboy franzoso prossimo a metter testa a partito e cantante americana che ha riposto l'ugola nel cassetto si incontran su nave da crociera: si ameranno per sempre? Film totalmente old-fashioned, nel quale McCarey indugia magistralmente col saccarosio, ciurlando nel manico del sentimentalismo cinematografico con impudica sicumera. La storia, tutta volutamente giocata sul baratro dei cliché, resta in piedi proprio grazie alle sue soluzioni eccessive. Certo l'incontro-"agnizione" con la nonna a Madera è personalmente indigeribile. Ricettivi Dunne e Boyer.