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Panza: E' la solita vicenda dell'impiegato bistrattato e in cerca di successo che cerca di emergere e trova, insapettamente, un supporto (in questo caso soprannaturale). Più che la storia, assai risaputa, sono divertenti le gag surreali di cui è partecipe Maurizio Micheli, protagonista poco carismatico, tanto che in molte scene rendono di più gli attori secondari. La Pieroni fa la bella statuina e non funziona nemmeno come femme fatale, ma per fortuna appare poco, tanto è irrilevante per lo svolgersi della vicenda. Nonostante i molti difetti, resta una commedia abbastanza godibile.
Rogerone: Il miglior Bud Spencer inteso come interpretazione recitativa. Steno struttura in modo lodevole un buon film che posso definire un poliziesco vero e proprio, certo condito con della sana ironia e commedia tipica del personaggio Bud. La sceneggiatura ha un suo perché e poi la scenografia napoletana anni '70 impacchetta il film e gli dà quell'alone di fascino che rapisce. Ottimi anche i caratteristi. Un buon film, da vedere.
Herrkinski: Commedia a episodi da vedere in tandem con Ridendo e scherzando e Tanto va la gatta al lardo, con cui condivide buona parte del cast tecnico e artistico nonchè struttura e confezione. Appena discreta l'apertura sicula con Caruso e Salce (**); non male l'episodio di Bramieri in un ruolo da cumenda (**!); divertente commedia degli equivoci il segmento con Salce e la splendida De Santis, probabilmente il migliore (**!); qualche momento riuscito nell'episodio del prete con Chiari e la Rizzoli (**). Nel complesso modesto, si fa vedere più che altro per il cast e per la buona ost.
Pstarvaggi: Se la commedia in teatro aveva giustamente ottenuto grande successo, questa trasposizione cinematografica risulta alquanto triste. La vicenda, adattissima alla magia del palcoscenico, inquadrata in un contesto concreto come il cinema, dove gli esterni sono veramente girati in esterna, denuncia tutta la sua inverosimiglianza e il suo vecchiume. La professionalità di Macario, Rita Pavone, Carotenuto e Agus è fuori discussione, ma di questo film proprio non si avvertiva la necessità.
Caesars: Pierfrancesco Diliberto centra il bersaglio: realizza un film su temi importanti utilizzando un tono leggero e scanzonato (anche se la cosa non è una novità). La pellicola scorre che è un piacere e il pubblico si diverte ma è anche obbligato a riflettere su un fenomeno, la mafia, che certo non è di competenza della sola città di Palermo. Diliberto come regista si limita a svolgere il suo compito diligentemente, senza grandi colpi d'ala e anche come interprete non colpisce particolarmente, però è simpatico e funzionale alla storia.
Tarabas: Il bancario De Fanti sperimenta pionieristicamente la famiglia allargata. Agli amanti. Farsaccia divertente soprattutto grazie al cast azzeccato e a gag con buoni tempi comici. Niente di rilevante, ma si ride parecchio anche se inevitabilmente le situazioni sono un po' datate, basate come sono su temi tipici del periodo. Stracult la Bonaccorti versione cameriera fatalona dalla sbottonatura facile.
Markus: Un giornalista decide di svolgere un'inchiesta nel rutilante mondo del concorso di Miss Italia a Stresa, sul lago Maggiore. L'opera di Coletti (in sostituzione a Lattuada) vorrebbe, già allora, "denunciare" attraverso facili melodrammi figli di un cinema manieristico anni Cinquanta, scandali e bassezze che gravitano attorno al concorso. Ci scappa perfino un dramma di quelli forti. Sorta di commediola dal retrogusto amaro specchio della società di allora, ma che che potrebbe essere considerata lungimirante anche per quella di oggi.
Nancy: Strizzando l'occhio alle due tarantinate più recenti, Fuqua riprende un classico del cinema western e impacchetta un remake di buona fattura, scegliendo un valido cast "multietnico" capitanato da Washington (ma i migliori sono Hawke e Pratt). Nell'intreccio si aggiunge poco al plot originale, ma la sceneggiatura viene ben riattualizzata e infarcita di qualche passaggio divertente che aiuta il film a scorrere liscio come l'olio per tutta la durata. Totalmente insignificanti i personaggi femminili, ma tanto è. Molto piacevole.
Piero68: Cult degli anni 80, merito anche della presenza dei mitici Queen nella colonna sonora, discretamente saccheggiato negli anni successivi. Originale per l'epoca, rivisto oggi se ne possono apprezzare tutti i limiti e soprattutto certe grossolanità dovute ai mezzi disponibili in quegli anni. Discreto il cast, su tutti Connery ma anche il Kurgen/Brown, mentre probabilmente è proprio Lambert a offrire la performance peggiore. Buono il montaggio con inserimenti intelligenti dei flashback, parti integranti della storia. Lo rivedo sempre con piacere.
Panza: Cosa c'è di più brutto di una commedia che annoia? Un florilegio di situazioni desuete, volgarità inutili, una totale assenza di tempi comici e di una vaga idea di fare intrattenimento. Attori tremendi: Ruffini si rende insopportabile già da quando lo sentiamo come voce narrante, Matano snocciola tremende battute senza continuità, Scilla è messo lì solo come raccattapubblico, il duo dei PanPers recita bene con in mano dei personaggi insulsi. Sciatto e penoso, difficile da portare a termine. Orribili pure i titoli di testa!
MEMORABILE: Olga Kant, bravina a recitare e davvero carina.
Nando: Peplum tipico del periodo in cui la violenza e gli amori si susseguono. Una sorta di cappa e spada in salsa barbara con uno sviluppo narrativo abbastanza scontato e alcuni combattimenti di massa sufficientemente pregevoli. Delicatamente sensuale la Podestà.
Reeves: Bel documentario nel quale uno dei protagonisti del film di Lina Wertmüller va a caccia degli altri ragazzi che erano stati protagonisti di quell'opera. Non a tutti è andata bene, ma soprattutto il film racconta con efficacia come dall'adolescenza all'età adulta la gente possa cambiare, come i sogni possano svanire. Il tutto con delicatezza e con una bella idea di cinema.
C'è un po' di imbarazzo nel commentare un film il cui titolo italiano già pensa bene di svelare ciò che si scopre solo non nell'ultima parte (in originale il titolo è un più anonimo THE NURSE), ma tant'è... L'infermiera Lynette (Ford), una bomba sexy non da poco che si piazza nella lussuosissima villa di una coppia giunta in zona per lavoro, viene chiamata per assistere il padre (Heard) di lei (Brannagh), psicoterapeuta autrice di libri di successo. Tornata lì, nel paese della propria infanzia, per seguire un incarico dato a suo marito (Noseworthy), assunto come dirigente d'albergo a due...Leggi tutto passi per una sorta di coincidenza, Cara si trova costretta quasi subito a ospitare in casa papà, vittima di un attacco di cuore. L'assicurazione consente all'uomo di usufruire di un'infermiera h24, che a sua volta quindi s'installa subito in villa. Non che nelle ampie stanze non ci sia posto, ma Cara e suo marito Brian avevano pensato a un altro tipo di intimità. Inizialmente comunque, come sempre in questi casi, le cose sembrano andare per il meglio: Lynette è dolce, servizievole... addirittura dimostra di saper intervenire al momento giusto quando Cara, nel suo studio insieme a un paziente particolarmente irrequieto, si trova da questi quasi minacciata. Poi però subentrano gli screzi, le prime incomprensioni, ed emerge sempre più in Lynette un'ambiguità che dovrebbe, a questo punto, instillare qualche dubbio sulla sua dirittura morale. Dovrebbe, appunto, perché il titolo italiano non lascia spazio all'immaginazione e se anche finora l'unico delitto presente è quello di una ragazza in camice spinta giù da un precipizio da un killer incappucciato nell'incipit, si capisce che difficilmente l'infermiera potrà risultare l'angioletto che magari qualcuno sperava immaginando una seconda parte meno prevedibile della prima... Nel frattempo entrano in scena l'anziana vicina col cane che qualcosa di strano in Lynette percepisce e pure il fisioterapista del padre malato, un palestrato che subito precisa di non aver sentito dire da nessuno che l'infermiera dedicata al paziente era stata sostituita. E così alla brava Lynette, che comunque s'era già un bel po' accanita sull'ammalato sparandogli raffiche di iniezioni a casaccio nelle gambe dopo averlo stordito, sale il sangue agli occhi. E anche Cara e suo marito, fino a quel momento forse ancora convinti di essere un po' troppo malfidati, capiscono che nella procace bionda dallo sguardo malizioso qualcosa non va. Infine qualche morto arriverà, fatalmente... Fondato quindi sul sospetto circa la vera natura dell'infermiera, il film vi costruisce attorno una storia facile facile, introdotta e saltuariamente interrotta da primi piani di Cara che pontifica sui comportamenti umani generalizzando, come se volesse far rientrare la vicenda in una casistica più ampia (capiremo nel finale il perché). L'unico elemento disturbatore, che in un thriller potrebbe deviare l'attenzione da Lynette, è il paziente irrequieto già citato, che spunta spesso fuori dal nulla minacciando con vaghezza la psicoterapeuta durante le sedute. Ma tutto fa parte di un gioco già visto mille volte. Si salva fortunatamente la recitazione e anche la confezione non è delle peggiori, ma ben poco di coinvolgente si ritrova nella storia, risolta con un colpo di scena ridicolo che pare veramente buttato là tanto per movimentare un po' il copione stantio. Troppo tardi...Chiudi
Tarabas: Una banda di rapinatori che usa un cecchino come diversivo, un poliziotto che dà loro la caccia, un paio di sottotrame che avrebbero forse meritato più spazio. Invece, dopo meno di 90 minuti il film è già finito, lasciando la sensazione di un polar moderno senza particolari motivi di originalità, che piacerà a chi segue il genere, lasciando comunque poche tracce. Considerato il cast e la buona fattura tecnica, si sarebbe dovuto osare di più. Auteuil si è visto più in forma di così, mentre Kassovitz è molto bravo nel ruolo del cecchino.
Daidae: Divertente. Niente di eccezionale, la classica commedia anni 80 che non sfrutta appieno gli ottimi protagonisti maschili (i due famosi comici Villaggio e Banfi all'epoca gettonatissimi). Qualche momento top, come la Marchi che "risponde" al SOS, qualche momento malriuscito come la scena dei beduini.
MEMORABILE: L'SOS che come risposta ottiene le urla della Marchi che promettono 20 o 30 kg di meno.
Rigoletto: Meraviglioso Jack Lemmon, che tiene su un film toccante ma che senza una prova così solida del protagonista non avrebbe potuto spiccare tra la media; invece il buon Jack ci mette anima e corpo per rendere meno amara la figura di un uomo alle prese con la malattia. Bravissimo Ted Danson, che qui dimostra ancora una volta la sua duttilità (che avrebbe meritato maggiori riconoscimenti). Nel complesso un film da vedere, se non altro come saggio di interpretazione di un ruolo. ***!
MEMORABILE: Le amorevoli cure di Ted Danson al padre.
Markus: Una giornalista indugia sulla vita passata di un'anziana signora che a ogni San Valentino si reca in stazione ad attendere inutilmente il suo defunto marito (un ex marines), perso sessant'anni prima. La vicenda è pregna di amore, anzi quasi lo spoglia della sua più pura essenza grazie anche e soprattutto a una regia attenta a non affondare troppo il pedale della facile lacrima. La seducente Jennifer Love Hewitt, nei panni della giornalista, ovviamente farà scattare una scintilla al "nipotino" dell'anziana signora. Ce n’è davvero per tutti!
Reeves: Strano western nel quale Primo Zeglio dimostra che forse non sa conferire un ritmo incalzante alle sue storie ma in compenso le sa scegliere bene. I personaggi hanno una loro complessità, il tema della giustizia e della vendetta è trattato in modo non banale e Claudio Undari domina la scena come cattivo intelligente. Notevole l'uso degli zoom, tipico del cinema del periodo.
Cotola: Seconda avventura extralarge per la curiosa scimmietta George ed il suo amico dal cappello giallo, Ted. Stavolta i due viaggeranno in diversi paesi per consentire ad un cucciolo di elefante di ricongiungersi con la sua famiglia. Rispetto alla serie c'è un andamento meno sketchistico e più narrativo e non potrebbe essere altrimenti. La storia è semplice, ma il ritmo è buono e così anche gli adulti non rischiano di annoiarsi o almeno non troppo. In originale tra le voci, piccole particine per Tim Curry e per il grande Jerry Lewis.
Disorder: Dal punto di vista prettamente comico, è accostabile ai classici di Verdone: non sfigura affatto; anzi, su certi personaggi si rincara la dose: Raniero è un Furio ancora più estenuante e puntiglioso, Ivano è coatto all'ennesima potenza (anche troppo) ecc... Insomma, è divertente e si lascia sempre vedere, l'unico difetto è proprio la ripetitività dei personaggi.
Daniela: Alla vigilia dello scoppio della guerra civile, un sudista appena giunto in paese vince al tavolo la gioco la proprietà di un saloon, suscitando il malumore dei nordisti locali... Apparentemente cinico, Stack è in realtà un romantico avventuriero come dimostra l'epilogo malinconico di questo discreto western dalla trama più complessa del consueto anche se la durata limitata non ne consente uno sviluppo adeguato. Eccellente il resto del cast con le brave Mayo e Roman entrambe innamorate del protagonista e Burr efficace in uno dei suoi abituali ruoli da villain pre-Perry Mason.
Noodles: Pur essendo lontani chilometri e chilometri dal capolavoro, si tratta di un western che pur con una trama piuttosto scontata e diverse cose poco credibili (lo sceriffo che manda allo sbaraglio il figlioletto con il rischio che gli indiani lo prendano, per esempio) si lascia guardare con piacere, perché scorre senza pausa tra una sparatoria e l'altra, e non dà mai l'idea di prendersi troppo sul serio. Buona la dose di ironia, che non sconfina mai nel ridicolo. Il cast non è proprio il massimo, mentre è buona la fotografia. Tra gli spaghetti-western minori si può benissimo guardare.
Vitgar: Classico western all'italiana con Terence Hill. Manca Bud Spencer e, d'altronde, era auspicabile e prevedibile che la coppia venisse divisa prima di "scoppiare" almeno nel filone western. La mancanza di Spencer si fa senz'altro sentire e il film non ha quella brillantezza a cui eravamo abituati. Gradevole comunque, non foss'altro per la nostalgia di tempi migliori.
Zender: Magnifico! L'alternanza di indagini e fasi degne d'una vera e propria commedia (resa possibile dalla lunga durata dell'episodio) fanno di questo "Una mossa sbagliata" uno degli episodi più completi e perfetti di sempre. Trovato in Van Dyke un antagonista strafottente e pieno di sè al punto giusto, Falk anima duetti eccellenti e si supera nell'esilarante sketch in auto con l'esaminatore di guida ("Le cinture di sicurezza? Vuol dire che sono obbligatorie"?) e quando viene scambiato per un barbone.
Nando: Ispirato dal simpatico quanto ipocritamente furbo libro di Dell'Orta, il film narra le vicende di questi bimbi partenopei e risulta totalmente una macchietta, durante la quale sorridere ma soprattutto indignarsi di fronte ad un'Italia in cui regna l'ignoranza. Villaggio non aggiunge nulla alla narrazione, anzi risulta troppo bonario per me che l'ho sempre visto ironico e cinico.
Galbo: Proseguono le avventure del pappagallo Rio e della sua variopinta famiglia, questa volta in trasferta in Amazonia il sequel di Rio mutua dal film precedente il gusto visivo (si vedano le scene iniziali), la fantasmagorica ambientazione e la tecnica di animazione davvero eccellente. Il limite è una storia poco originale in cui prevalgono i temi ambientali, ma che viene diluita da intermezzi musicali non travolgenti. Doppiaggio italiano mediocre.
Camibella: Gli ultimi giorni della vita terrena di Gesù Cristo vissuti con gli occhi del Tribuno Clavio. Malgrado sia ben rifinito, il film non convince pienamente e resta in bilico tra narrazione biografica e maldestra investigazione che sfocia poi in un'improbabile conversione. Un bel pacco che nasconde un regalo non propriamente all'altezza ma comunque non disprezzabile.
Piero68: Soderbergh è il classico regista che o si odia o si ama. Molto raffinato, attento al commento musicale, imprescindibile in ogni suo film e praticamente maniaco della gestualità corporale e, soprattutto, facciale. O.il film è la summa di tutte queste peculiarità. Dialoghi secondari rispetto alle espressività dei singoli, e in questo l'intero cast si dimostra davvero all'altezza. Clooney e Pitt su tutti, affiatati come non mai, ma a seguire anche Damon e tutto il pacchetto. Frizzante la sceneggiatura e geniali alcune trovate. Da vedere più volte.
Mco: Un tempo i cinepanettoni ingolosivano e facevano ridere, questo rimane sullo stomaco e induce a piangere. Se l'unica idea decente (l'alienazione dell'uomo dal mondo reale mercé l'iperbole tecnologica) è lasciata a un imbarazzante Bandiera poco altro vi sarebbe da aggiungere. Per tacere del duo Ghini-De Sica, triste deriva del genere pecoreccio, qualche (accenno di) sorriso proviene dal segmento che vede Argentero, novello Macario (mi perdoni Erminio), che si butta addosso alle forme generose di una disinvolta Ilaria Spada. Tutto detto...
Tarabas: Indagine su un attentato a Big Easy, post Katrina e post 11/9, con annesso viaggio nel tempo. Fumettone spettacolare girato con la consueta tecnica MTV da Tony Scott, tutto panoramiche e stacchi e ralenti, vorticosamente alternati. La storia non è male fino al viaggio nel tempo di Denzel Washington, che alterna sguardi dolenti e gigionerie senza molto costrutto. Fino a quel punto c'era persino qualche spunto interessante sull'inevitabilità del destino. Poi, solo "fumi e raggi laser" (cfr. "Patriot", Franco Battiato).
Pesten: Ennesimo film tributo alla storia di Billy The Kid e Pat Garret, figure basilari della storia western. Questa volta gli avvenimenti, molto simili a quella che è la presunta verità, vengono visti da un terzo occhio, quello di un ragazzo in fuga che si trova sulla strada dei due protagonisti. Visione interessante, forse leggermente sdolcinata se vogliamo, ma che aiuta a esaltare la caratterizzazione di Billy e Pat, eroi popolari ben interpretati da DeHaan e Hawke. Come spesso in questi film, la fotografia e le location sono la cosa migliore.
Daniela: Grazie ad una maschera, un timido impiegato di banca si trasforma in un essere verde dotato di superpoteri: non si tratta di Hulk ma di Carrey scatenato come non mai, la cui faccia di gomma si sposa alla perfezione con gli effetti speciali che lo trasformano in un cartone animato vivente. Una prestazione eccellente che giustifica ampiamente la visione, considerata anche la simpatia del cagnolino Milo, la luminosa bellezza di Diaz, alcuni numeri musicali riusciti. Purtroppo però questi pregi non compensano del tutto i difetti di una sceneggiatura approssimativa aggravata da una regia anonima.
Nando: Ispirato dal notissimo romanzo della Austen, il film mostra valide ambientazioni e scenografie coadiuvate da un cast altisonante ma non sempre appropriato. Tutto ruota attorno ai contrasti sentimentali tra Lizzy e Darcy, tuttavia il taglio cinematografico sembra che renda la narrazione troppo moderna rispetto al periodo dell'ambientazione.
Capannelle: Narrazione classica che trova un suo equilibrio e validi interpreti (Blanchett e Quaid su tutti) in grado di farti arrivare soddisfatto alle due ore. Regia che punta a uno svolgimento ordinato, dialoghi che funzionano senza imporre la paternale. La vicenda serve a riflettere su metodiche e rigore del giornalismo. Certo il binomio "giornalisti baluardo della verità - CBS prona ai potenti" qualche dubbio di eccessivo schematismo lo lascia ma insomma, al cinema le emozioni hanno comunque la precedenza sul puro ragionamento.
MEMORABILE: L'interrogatorio insistito di Burkett (la fonte).
Sovy666: Niente di che. Anche la presunta trasformazione in comico di Favino pare un po' sopravvalulata, in fondo si limita ad adottare un accento pugliese che è già nelle sue corde, essendo la sua famiglia originaria del foggiano, ma non fa sbellicare dalle risate. Più brillante che comico. Completa il tutto un Rosario Fiorello con recitazione in modalità fiction e qualche bellezza di contorno per un risultato nella media medio-bassa di molte commedie italiane odierne.
Von Leppe: Il film sembra quasi voglia dare una parte attiva alla modella nella realizzazione del quadro. Scarlett Johansson ha per tutto il tempo la stessa espressione, che cerca invano di emulare quella del soggetto del dipinto su cui è sta costruita la vicenda. Anche la fotografia si sforza di riprodurre la luce delle tele di Vermeer, ma ci riesce solo in parte e cioè in alcuni interni, mentre le ricostruzioni degli esterni risultano poco riuscite e sembrano più ispirate a Venezia che non all'Olanda.
Dfranco74: Cast di rilievo, sceneggiatura che ci sta, ma pecca nella regia. Manca dei ritmi incalzanti e scene di azione adrenalinica, assenti le coreografie e combattimento finale banale. Il film lascia qualcosa nelle citazioni e nei riferimenti come Snipes che risponde alla domanda perché eri in carcere con: "Evasione fiscale" o Ford che dice che era da tanto che non si divertiva così (anni senza film d'azione) o Sly al reclutamento del ragazzo scalatore: lo sapevo fare anche io (Cliffangher).
MEMORABILE: Sly a Ford: "Pensavo ci fosse Church" - "Ford: lo abbiamo fatto fuori" (riferimento a Willis cacciato dal set)!
Giùan: C'erano una volta i semovibili superamici di Hanna e Barbera, ora sostituiti dall'Ipercine(ma)t(ograf)ico show di Snyder, il cui director's cut, se ha una coerenza certo autoreferenziale rispetto alla sua filmografia, nondimeno condivide col cartone quella profonda piattezza, redimersi dalla quale per gli eroi della D.C. pare impossibile, come testimonia la succedaneità personaggio per personaggio (cattivi compresi) ai vendicatori. In tutto ciò appunto a funzionare e aver un senso è proprio il moto perpetuo di Zack, coi suoi infantilismi e la sua irresistibile attrazione barbarica.
Galbo: Da star del cinema action più "muscolare", Bruce Willis è talvolta passato alla brillante parodia dello stesso. Lo dimostra questo sequel di un film di successo. Sostanzialmente Red 2 si mantiene sulla stesso livello del predecessore spingendo ancora più a fondo il pedale sull'acceleratore. Il ritmo è intenso e tutti gli attori ("vecchie glorie" del cinema) lo assecondano al meglio. Godibile.
Deepred89: Decisamente inferiore ai precedenti film vacanzieri di Vanzina. La confezione continua a mantenersi su livelli discreti e infatti non si può dire che il film sia totalmente da buttare, però stavolta la trama appare vuota a sconclusionata, l'atmosfera assente (si rimpiange il clima estivo-nostalgico o brillante-natalizio degli altri vacanzieri del regista), l'esaltazione dell'italianità dei protagonisti grossolana. Cast altalenante: al di là dei soliti del gruppo, Amendola stupisce positivamente, la Interlenghi negativamente. Belle le canzoni.
Herrkinski: Sociopatico omicida, sulla via della riabilitazione, visita l'isola dove è appena morto il fratello e si trova a fronteggiare una situazione imprevista. Thriller/action sulla falsariga di altri usciti negli ultimi anni, con un antieroe protagonista ben reso da Eastwood; Hackl non esagera come altri suoi colleghi e quindi l'azione è un po' più credibile, risultando al tempo stesso però anche meno divertente e spettacolare, con diverse parti più basate sul rapporto tra il personaggio principale e la gente che lo circonda. Godibile, con un'ambientazione isolana riuscita, pur già visto.
Rigoletto: Utilizzando un tema abbastanza comune, la vedetta, McLaglen ricava un western assai solido sebbene molto da "viale del tramonto"; non è un difetto, anzi, lo considererei un pregio perché in un periodo nel quale i gusti delle persone si spstavano verso nuovi lidi, il regista ha il merito di dimostrare all'atto pratico che il western può sfornare ancora prodotti credibili e smerciabili. Il punto di forza sta nell'equilibrio fra protagonista e antagonista, senza che l'uno prevarichi sull'altro. A questo va aggiunta una tensione pressoché costante.
Fabbiu: Sequel inevitabile e tutto sommato non dissimile dal precedente. Il passaggio alla mano più esperta di Tony Scott gli dona una maggiore profondità in generale ma soprattutto sul versante action. Il regista mantiene lo stile della commedia poliziesca, varia un po' il carattere principale dei personaggi (la squadra di azione, di Murphy con Renhold e Ashton) in particolare sul lato comico. E' ancora un buon film, con una piacevole fotografia e una incalzante colonna sonora. Il personaggio di Brigitte Nielsen è molto da fumetto pulp, ma perfettamente coerente al tipo di narrazione.
Taxius: Viaggio allucinato nel mondo della tossicodipendenza e dell'alcool con protagonisti un irriconoscibile Johnny Depp e uno svalvolato Del Toro. Il film di Terry Gilliam non ha una vera e propria trama ed è semplicemente un evolversi di situazioni sempre più folli, diventando così imprevedibile proprio come chi è sotto l'effetto di quelle sostanze. Pur presentando qualche momento di stanca, il film è molto divertente e scorrevole. Da oscar la sequenza con Tobey Maguire. Notevole!
Silvestro: Robusto film sulla vita di carcere che può contare sull'interpretazione ispirata di Robert Redford e su una regia solida. La pellicola denuncia le brutalità della prigione con grande realismo e, anche se ogni tanto fa capolino un po' di retorica, la forza espressiva non viene meno. Finale discreto, anche se forse leggermente affettato. Insomma, un gran bel film.
Puppigallo: Devastante! Non finisce mai. Allo scoccare della seconda ora si teme di non farcela. Ma poi qualcosa permette di proseguire (forse il prezzo del biglietto maggiorato "grazie" al 3D). Di tutto questo baraccone si salvano gli ottimi effetti (talmente inflazionati da risultare però ripetitivi) e un paio di scene davvero spettacolari. Per il resto, il protagonista non suscita alcuna simpatia, i suoi genitori sono solo degli idioti e i dialoghi spesso fanno accumulare una pericolosa quantità di latte alle ginocchia. Conoscendo il regista, alla fine si ha più o meno ciò che si teme.
MEMORABILE: L'auto, a tutta velocità, torna robot umanoide, perde il passeggero, lo riprende al volo e ritorna auto; La scena sul grattacielo pericolante.
Paulaster: Il percorso lineare della carriera dei Doors e delle singolarità di Morrison è mostrato in documenti non inediti tranne qualche traccia audio dei concerti (specie gli ultimi, controversi). Il carisma e l’arte del Re Lucertola si percepiscono chiaramente, affiancate all’analisi del periodo fine 70 coincidente con la ribellione giovanile. Racconto edulcorato soprattutto nel descrivere la fase parigina, ma nel complesso sincero (i momenti in cui Jim diventa Jimbo). Brillano i testi delle sue poesie.
MEMORABILE: L’interno della cover del primo disco con scritto “Dead” riguardo ai genitori.
Frankpast: Non sapevo cosa aspettarmi. Film simpatico, trama mediocre e attori televisivi perfettamente calati nei loro ruoli. Versione cinematografica di Colorado, il tempo passa tranquillo e con qualche risata di gusto (la festa dell'emiro). Peccato per l'enorme banalizzazione finale di temi anche delicati e per la voglia di happy ending amarognolo che stona con la struttura del film. Alcuni temi (abbandono, famiglia) meritano sempre e comunque di essere gestiti in maniera decente. La comicità (!) è una cosa serissima.
Daniela: Certo penalizzato dal fatto di essere uscito quasi contemporaneamente al bellissimo film di Frears, ma, anche sforzandosi di non fare confronti, l'adattamento del capolavoro settecentesco di de Laclos da parte di Forman si rivela mal riuscito: storia ammorbidita nei lati più scabrosi (vedi l'opera di corruzione di Cècile, ridotta ad una sveltina) o drammatici (la sorte di M.me de Tourvel), dialoghi più moderni ma anche meno fascinosi, interpreti inadeguati, con Bening troppo ammiccante e Firth banalmente belloccio e seduttivo. Spettacolo inerte, pur con qualche pregio figurativo.
Il Dandi: Come nella camera di Nico Giraldi c'è appeso il poster di Serpico, in quella di Tony Ferrante troviamo quello di Tony Manero: primo (e dopotutto migliore) sotto-Travolta italiano, nonché l'unico a ricalcare dal modello originale situazioni drammatiche (risse, droga, disagio da periferia e vertigini dall'altezza di un ponte) oltre a quelle discotecare. Simpatica la cialtrona descrizione del sottobosco cinematografico da cui gli stessi autori provengono (con punte degne di Oscar Pettinari). Peccato per un finale della serie è finita la pellicola...
MEMORABILE: Crocitti tossico; Il villaggio western di Cinecittà.
Panza: E' la solita vicenda dell'impiegato bistrattato e in cerca di successo che cerca di emergere e trova, insapettamente, un supporto (in questo caso soprannaturale). Più che la storia, assai risaputa, sono divertenti le gag surreali di cui è partecipe Maurizio Micheli, protagonista poco carismatico, tanto che in molte scene rendono di più gli attori secondari. La Pieroni fa la bella statuina e non funziona nemmeno come femme fatale, ma per fortuna appare poco, tanto è irrilevante per lo svolgersi della vicenda. Nonostante i molti difetti, resta una commedia abbastanza godibile.
Paulaster: Comunista pacifista e scrittore conservatore si innamorano. Commedia sentimentale con forti connotazioni politiche che si snoda lungo vent'anni di vita americana. Gli argomenti importanti si sprecano: si parla di guerre mondiali, disordini razziali, maccartismo e Vietnam, ma ogni volta viene fatta prevalere la relazione d'amore. Ultima parte fin troppo stucchevole, tenuto conto di una nascita. Probabile la scelta della produzione di dare ampio respiro alla vicenda, e di favorire il botteghino. La Streisand domina la scena, Redford fa da spalla.
MEMORABILE: La morte di Roosevelt; La microspia dietro al quadro; La comunicazione della gravidanza.
Rigoletto: Meraviglioso Jack Lemmon, che tiene su un film toccante ma che senza una prova così solida del protagonista non avrebbe potuto spiccare tra la media; invece il buon Jack ci mette anima e corpo per rendere meno amara la figura di un uomo alle prese con la malattia. Bravissimo Ted Danson, che qui dimostra ancora una volta la sua duttilità (che avrebbe meritato maggiori riconoscimenti). Nel complesso un film da vedere, se non altro come saggio di interpretazione di un ruolo. ***!
MEMORABILE: Le amorevoli cure di Ted Danson al padre.
Capannelle: Un omaggio a Fellini, alle sue nevrosi e al mondo che lo circondava. Fatto con modi spicci, senza approfondire più di tanto, ma apprezzabile visto anche la tanta Italia che contempla. Diciamo che passati 40 minuti perde smalto e che l'insieme filmico pare non decollare mai. Musicalmente va a corrente alternata: mi sono piaciuti i pezzi della Hudson e Fergie, aiutate da vivaci coreografie, oltre ad una audace Cruz. Fuori posto la Loren e la Kidman, lo stesso Lewis appare poco istrionico. Migliorabile anche il doppiaggio (Lewis e Cruz).
Herrkinski: Commedia a episodi da vedere in tandem con Ridendo e scherzando e Tanto va la gatta al lardo, con cui condivide buona parte del cast tecnico e artistico nonchè struttura e confezione. Appena discreta l'apertura sicula con Caruso e Salce (**); non male l'episodio di Bramieri in un ruolo da cumenda (**!); divertente commedia degli equivoci il segmento con Salce e la splendida De Santis, probabilmente il migliore (**!); qualche momento riuscito nell'episodio del prete con Chiari e la Rizzoli (**). Nel complesso modesto, si fa vedere più che altro per il cast e per la buona ost.
Daniela: L'Australia nel giro di poche ore invasa da un esercito straniero, neppure fosse un Afganistan qualsiasi: è lo spunto di questo survival-teen-catastrofico che spreca subito qualsiasi chance di suspence derivante dall'inspiegabilità dell'evento per accodarsi ad un gruppo di ragazzi ambosessi (con le femmine in media più toste), pronti a trasformarsi in guerriglieri di fronte al vile invasor... visualizzazione di una fantasia infantile, in cui il problema non è la verosimiglianza ma la messa in scena puerile, ed infantile e puerile non sono sinonimi.
Panza: Il vero elemento convincente dell'opera di Gervasi è il vitalismo e il tentativo di avvicinamento con il divino che emergono prepotentemente nelle scene tribali, anche se questi momenti sono troppo prolungati a scapito della cornice narrativa, inserita per cercare di non creare un documentario tout court o forse per riutilizzare materiale girato in precedenza. Nonostante in alcuni frangenti il film risulti fiacco, riesce talvolta a emozionare, senza voler a tutti i costi scadere nel sensazionalistico tipico di altri "mondo" di quel periodo.