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Rambo90: Avventura senza pretese, diretta con un buon ritmo da Tessari ma con una sceneggiatura ridotta davvero ai minimi storici. Le scazzottate non brillano per inventiva ma il cast (ricalcato dal precedente Africa express, scimmia compresa) è simpatico e in forma: Gemma eroe scanzonato, la Andress bella smemorata e Palance cattivone di turno. Musiche piacevoli dei De Angelis, film nel complesso mediocre.
Siska80: Salta subito agli occhi l'origine letteraria di questa fiction (numerosi sono i punti di contatto con "I Malavoglia" di Giovanni Verga), realizzata con cura nella ricostruzione d'epoca e con un cast di spicco, nella quale le vicende sono talmente appassionanti da non far pesare la consistente durata. Al centro c'è la lotta per la sopravvivenza di una famiglia di umili origini e mette una certa tristezza vedere come, nonostante il passare del tempo e l'evolversi della società, talune persone sembrino destinate a non poter mai pienamente godere di alcun cambiamento positivo.
Renato: Quasi insostenibile. E dico "quasi" solo perché la presenza della bella Hunziker fa sì che, quando è presente, ci si possa concentrare solo su di lei dimenticando tutto il resto. Trama sconclusionata, storia priva di una logica apparente e attori incapaci o decisamente svogliati. Un film davvero noioso, senza una vera ragion d'essere.
Reeves: L'idea poteva anche essere simpatica (tutte le gag hanno un che di surreale, non ci sono praticamente personaggi femminili se non durante una libera uscita con tango), ma l'umorismo è di grana grossa e con tutti gli sforzi non si ride praticamente mai. Però colpisce vedere l'ex-Maciste Pietro Torrisi in un ruolo decisamente comico, che peraltro riesce a sostenere senza problemi: la nota positiva del film riguarda lui.
Parsifal68: Tira e molla amoroso tra una bella libraia e un ristoratore. E' un Troisi molto lontano dalle sue prime opere, quello che dirige e interpreta questo film che si snocciola su un tappeto fatto di poesia e delicatezza ma che non fa ridere nè sorridere. Le struggenti note di Pino Daniele sottolineano il doloroso epitaffio di un amore mentre una Napoli meravigliosa come non mai sta lì a guardare sonnecchiando. In parte gli attori di spalla, tra cui segnalo il bravo Messeri. Purtroppo un Troisi in declino.
Homesick: La guerra senza esclusione di colpi tra la squadra di Eliott Ness e lo sgusciante Al Capone permette a De Palma di giostrasi tra più generi (noir, thriller, drammatico, giudiziario, action, western) sfoggiando una tecnica padrona assoluta di soggettive, panoramiche, primi piani ed abbellita del giusto tocco virtuosistico (la sparatoria in stazione, con tanto di omaggio a Einsenstein). Tensione e coinvolgimento emotivo resistono indenni per l’intera durata; soddisfacenti la prova del cast, la Chicago anni Trenta e le musiche di Morricone che bissano l’armonica de L’ultimo treno della notte.
MEMORABILE: L’escamotage di Connery nella baita; la sparatoria sui tetti e quella in stazione; De Niro che urla «Sei solo chiacchiere e distintivo!».
Bubobubo: Alle critiche di monotonia, l'astuto Lanthimos applica la tecnica-Cronenberg: un soggetto apparentemente agli antipodi dei suoi classici, la cui sostanza è tuttavia fedelissima alla tradizione. Dietro il pretesto delle macchinazioni storiche di palazzo e di una campagna militare buzzatiana c'è un incredibile triangolo di odi et amo tra regina viziata (Colman), amante calcolatrice (Weisz) e cugina in disgrazia più cinica di lei (Stone): come se Barry Lyndon avesse ingoiato il codice etico e linguistico degli slum. Avvolgente, ironico, micidiale.
MEMORABILE: La gara di corsa delle anatre; Il sangue del piccione sul volto di Lady Sarah-Weisz; Il lancio dei melograni; Il tacco di Abigail-Stone sul coniglio.
Panza: Grazie all'aria rassicurante che con la vecchiaia ha assunto nel corso negli anni perdendo il volto comico dei primi tempi, Villaggio funziona anche in questa interpretazione dove rinuncia alla maschera fantozziana (salvo, purtroppo, rindossarla nel brutto Fantozzi 2000). Il lato prettamente comico del film funziona poca o niente mentre l'aspetto più sentimentale legato al rapporto con Insinna è quello più curato, con tutti i limiti di una sceneggiatura poco grintosa. Decisamente anonimo, lo si guarda e lo si dimentica poco dopo.
Siska80: Bel cinema d'altri tempi (il film ha quasi mezzo secolo) in cui il solito eroe pronto a tutto protegge la bella di turno (lei si parecchio sfortunata, in quanto più volte rapita): inevitabili quindi sparatorie, botte da orbi, un po' di morti disseminati qua e là (di mezzo c'è anche un gruppetto di indiani inferociti - la stessa razza alla quale appartiene il comprimario nonostante il look da cowboy e i lineamenti poco ci azzecchino col personaggio), ma almeno il lieto fine è garantito. Ritmo, fotografia nitida, paesaggi imponenti e valido cast fanno il resto. Tradizionale ma buono.
Giùan: Nelly è una giovane donna in crisi matrimoniale (ma non solo), Mr Arnaud un anziano magistrato in pensione con (forse) un fosco passato alle spalle e velleità di romanziere. Nel loro incontro sta tutto l'ultimo film di Sautet e in verità l'intero suo cinema, inveteratamente legato a doppio filo ai suoi personaggi e alla raffinata scrittura. Un film in grado per l'ennesima volta di far nascere il sentimentale dal cerebrale. La Bèart e Serrault interpreti perfetti di un anomalo amore platonico, che non sublima però gelosie e meschinità. Commosso con brio.
MEMORABILE: Serrault che guarda la Bèart dormire nel suo letto: desiderio cosciente di dover restar inappagato.
B. Legnani: Tremendo. Hanno sceneggiato in otto: viene da pensare che ciascuno si sia impegnato il minimo possibile, confidando che dagli altri sette qualcosa di buono doveva pur venire fuori... Commedia balneare ad episodi che si incastrano, ma che non fanno mai ridere. Uniche cose buone le poppe della Grandi, ma quando recita non funzionano più neppure quelle. Più che evitabile, è da evitare con cura. Ma davvero l'ha diretto Sergio Corbucci?
MEMORABILE: L'incontro fra Roncato e Ninchi, unico momento decente.
Mutaforme: I film sullo sport raramente funzionano e questo non fa eccezione. In realtà il baseball rimane in secondo piano (poteva essere un qualsiasi altro sport). Tutto gira intorno alla figura del tifoso: il suo fanatismo, il rispetto che pretende dai suoi campioni, l'esaltazione. Tutto troppo esasperato, paradossale, gonfiato. Il risultato finale è un thriller mediocre e dimenticabile. **
Alex1988: Western avventuroso sulla scia del Mucchio selvaggio ma dai toni molto più scanzonati anche se non mancano le morti brutali (tipiche del western, in particolare dello spaghetti western, al quale questo sembra rifarsi in qualche modo). Ben disegnati i caratteri dei tre protagonisti. Cadute di tono, specie nella storia d'amore tra l'indiana e l'irlandese ma, nel complesso, riesce a divertire lo spettatore.
MEMORABILE: L'uccisione a sangue freddo di un bambino.
Nando: Un'interessante ma convenzionale narrazione biografica che offre una valida ricostruzione ambientale e si avvale della bella interpretazione di Firth, dell'eccessivo istrionismo di Law e della sofferenza della Kidman. Ben descritto il rapporto tra i due protagonisti maschili, anche se talvolta troppo prevedibile. Un discreto film che poteva offrire qualcosa in più.
Il Gobbo: Miserrimo fagioli-western spagnolo, con Steffen e Sancho nei panni di Dallas e Lumacone (ebbene sì), vagabondi che s'imbattono in una fanciulla minacciata da dei birbaccioni per la solita eredità. Povero in canna e divertente come una mozione congressuale del partito dei pensionati, nonostante la professionalità di Sancho (doppiato come sempre da Luigi Pavese) e Steffen che cercano di tenere in piedi la claudicante baracca. Il titolo però non è da buttare via... Uno dei cattivi è il come sempre mostruoso Hundar.
Johnny (Tamblyn), un pistolero che ama tenere segreto il proprio cognome, aiuta lo sceriffo appena incontrato sulla via a mettere in fuga gli uomini del fuorilegge Ace Ketchum (Philbrook) durante un classicissimo assalto alla diligenza. Lo sceriffo lo ringrazia e Johnny, colpito al braccio, viene fatto curare nella hazienda di Don Pedro Fortuna (Rey), dove conosce la di lui bella figlia, Pilar (Granada). Rimessosi in sesto, ha in testa solo una cosa: trovare Ace Ketchum per vendicarsi di qualcosa che non ci viene detto e che probabilmente ha a che vedere con la sua infanzia e la scomparsa di sua...Leggi tutto madre. Ma nella zona si aggirano anche pericolosi banditi messicani a completare un quadro da selvaggio west in cui si muore facile come sempre e dove in questo caso al villaggio col saloon è sostituita l'hazienda dei Fortuna. Johnny si muove tra questa e gli spazi aperti dove combatte e spara, mentre la storia procede in attesa che si verifichi l'atteso faccia a faccia col pericolosissimo Ketchum. Che non mancherà, ovviamente, svelando retroscena inattesi nonché un colpo di scena che chi è abituato a leggere le recensioni prima di vedere un film sa già probabilmente dall'inizio (ma stavolta basta interpretare un minimo il titolo originale per arrivarci). Il film ad ogni modo non si basa solo su quello e propone la formula tipica del genere con un Russ Tamblyn piuttosto credibile nel ruolo. Begli scenari di frontiera, un finale con trappola sufficientemente ingegnoso ma poco altro che sappia uscire dalla routine. Meno appassionata del previsto la love story tra Johnny e Pilar (anzi, lui pare decisamente disinteressato, concentrato sul suo unico obiettivo), piuttosto in ombra Fernando Rey che si limita a fare il saggio padrone di casa. Il mezzo dollaro d'argento del titolo italiano fa riferimento a quello che Johnny porta al collo, la cui altra metà svelerà parte del “mistero”. Chiudi
Nando: Garbata ma allo stesso tempo fiacca commedia per il comico romano al suo esordio in regia. Un giovane e i suoi amori tra la fidanzata, quella successiva ed una fiamma sudamericana. La narrazione non mostra picchi e talvolta Brignano cerca di strappare il sorriso. Da segnalare la presenza di dialoghi senza scurrilità alcune, ma il risultato appare troppo pulito e di conseguenza modesto. Interpreti femminili abbastanza anonime.
Cotola: Sinceramente pensavo molto peggio e invece qualche risata, anche più, la strappa. Ovvio
che in alcuni frangenti sia ripetitivo (prendendo più di qualche cosa dal primo capitolo) e che alla lunga il giochi stanchi, però non è tutto da buttare. Buono che sia anche meno sguaiato della media dei film dei Vanzina. Proietti tende un pò a strafare, il resto del cast se la cava, ma non tutti, senza però brillare. La Brilli è in gran forma (fisica).
Noodles: Già l'idea del meridionale che fa fortuna vincendo il Totocalcio è vecchia come il cucco. Se per giunta attorno a questa trovata stantìa non c'è nulla di nulla, la cosa si fa grave. Non che sia un film inguardabile, quando c'è Lino Banfi qualcosa di simpatico esce sempre fuori, e un'occhiata non è un delitto. Ma non c'è nulla di nuovo, niente di originale o di brillante. Qualche gag è vagamente decente, ma il tutto è molto mediocre, compreso Jerry Calà, qui in versione Harpo Marx. Una delle poche note liete: un po' di nostalgia per la cara vecchia schedina la mette.
Modo: Un bell'intreccio di storie, che ripercorre con flashback "on the road" la storia dei due protagonisti ora sposati e insoddisfatti. Umori agrodolci talvolta amari con situazioni anche simpatiche. Sembra che la ricchezza porti più dispiaceri che altro. In viaggio con una coppia di amici si può anticipare quello che poi sarà ripreso credo non volutamente da Verdone con la parte di Fulvio in un noto episodio di Bianco rosso e Verdone. Nel complesso godibile, con un'ottima fotografia. La Hepburn sempre eccellente e bravo Finney.
Saintgifts: Glenn Ford di nuovo a difendere pecore e pastori. Leggermente imbolsito ma ancora in forma, rispetto a La legge del più forte di dieci anni prima; si spaccia per Pastore, ma di anime piuttosto che di pecore, anche se con un passato di pistolero e un presente dove non disdegna di ammazzare qualche cattivo. In mezzo a una pletora di vecchie glorie spicca la graziosa Barbara Hershey nei panni di un'indiana che si affeziona a Ford e scopre che il sesso le piace dopo essere stata violentata (messaggio ambiguo, mi ricorda la giovane figlia della Ciociara).
Galbo: Più che un film, una testimonianza del periodo di maggior successo artistico e fortuna commerciale di Michael Jackson. Una raccolta di videoclip (insieme ad alcune sequenze di raccordo) che testimoniano quanto fosse importante e curata la produzione di questo genere di prodotto da parte dell'artista americano. Da questo punto di vista piuttosto interessante ma solo per gli estimatori di un grande performer.
Undying: Commedia para-televisiva (date un'occhiata al cast) diretta con maestranza da Vanzina ma resa poco incisiva per via di un taglio di parodia che lo apparenta ai classici titoli "vacanzieri". Le scenografie (naturali) sono comunque piacevoli (al pari dei fisici seminudi delle interpreti di contorno) e Greggio è nel pieno delle sue potenzialità. Qua e là qualche sorriso (strappato a forza) riesce ad uscire e nel complesso ci si diverte...
R.f.e.: Ebbene sì, lo confesso! Io non conoscevo il film, ma fui stimolato ad acquistarne il dvd, che mi ricordavo d'aver visto in edicola pochi giorni prima, dopo aver visionato la sequenza del reggiseno linkata su un blog in inglese! Tuttavia devo riconoscere che il filmetto mi ha divertito, soprattutto vedendolo come una sorta di reintepretazione del classico - e mio personale cult - I tre dell'operazione drago. Una riflessione: le fanciulle sono belle ma, cosa che nessuno qui ha fatto notare, pure piuttosto simpatiche, il che non guasta.
Noodles: Un brutto mafia movie, che vuol parlare di un'epopea ma si perde immediatamente senza raggiungere le vette desiderate. John Travolta delude, giocando a fare il mafioso quasi in maniera infantile. E non è certo aiutato da una regia piattissima, i cui unici momenti brillanti sono presi da pellicole dello stesso genere ma di ben altro spessore. Deludente anche la sceneggiatura, senza capo né coda. I salti temporali sono affascinanti solo se li si sa fare. Un'occhiata la si può anche dare, se si ha curiosità per il personaggio principale, ma noia e delusione sono garantiti.
Modo: Storia tra le più banali di sempre ma grazie alla prova della protagonista, all'ottimo ritmo e alla spettacolare colonna sonora il film fa il botto al botteghino. Energia pura, che rispecchia la vitalità degli anni '80 dove tutto è possibile, anche che un capo ricco e bello si innamori di una giovane caparbia operaia di giorno amante del ballo la notte. Gran successo in fondo meritato.
Didda23: In questo secondo capitolo, il lato action passa letteralmente in secondo piano: pur con qualche difettuccio, soprattutto in termini di lungaggini che non danno né tolgono nulla al racconto, si tenta la via dell'introspezione psicologica dei personaggi con risultati più che soddisfacenti. Il film vuole distaccarsi dal proprio pubblico, strizzando l'occhiolino all'adulto in cerca di spiegazioni e motivazione sociologiche. Il regista non ha il talento visivo di Ross e opto per una elementarietà della messinscena. Harry Potter ha fatto scuola.
Xamini: Il gelo non sta tanto nei rigori della stagione (la neve si vede giusto nei titoli di coda), quanto sul volto della protagonista, riflesso di quanto si trova a subire. Sta nella fotografia priva di vita (se ci penso mi vengono in mente scene in bianco e nero, sebbene sia a colori), nel sentimento monocorde di depressione che permea questo dramma dall'inizio alla fine. Pulito, ben girato, privo di retorica. E di un qualsivoglia barlume d'allegria.
Parsifal68: Una donna malata di SLA perde a poco a poco tutto il suo mondo ma troverà in una giovane, inesperta badante la forza di combattere. Hilary Swank si conferma come una delle più brave attrici del decennio, ancora una volta alle prese con un personaggio debilitato e inerte, come in Million dollar baby. Il film tocca solo in parte i temi legati alla malattia, preoccupandosi di sottolineare come i legami cambino con la comparsa del male. E alla fine il "qualcosa di buono" lo riceverà proprio la giovane ragazza in una sorta di empatico "do ut des".
MEMORABILE: "Chissà perché ci fissiamo sempre con quelli che non ci vedono e ignoriamo quelli che lo fanno" (Kate a Bec).
Paulaster: Dottore in fisica e fumettista si incontrano sotto la pioggia. L'esame della relazione tra i due si è visto innumerevoli volte (Casomai, Dieci inverni…), anche con il classico escamotage degli intrecci temporali. Genovese intesse una trama in cui Borghi riesce a inventarsi il personaggio mentre la Trinca lo perde quando diventa amorevole. Nella seconda parte sembra di entrare in un lacrima movie dal finale a dir poco edulcorato. Le seconde linee non sono curate troppo bene, a partire dalla madre teatrante; alcuni dialoghi terribili (sul tradimento e “La salute è borghese”).
MEMORABILE: La prova dei cappelli in negozio; La notizia della malattia di lei; Il farsi vedere il disegno nascosto dietro l’armadio.
Zio bacco: Buon film di Sollima. La trama presenta spunti molto attuali, anche se la sensazione generale non è quella dell'originalità. Il sequel comunque regge egregiamente grazie all'ispirato duo Brolin-Del Toro, ben accompagnato da un buon cast. Davvero apprezzabile l'ombrosità corale del film che, quando sembra cedere al richiamo dell'americanata, si riscatta con un finale più che accettabile. Regia meritevole. Buon prodotto.
Belfagor: Asimov è solo una base sulla quale Proyas ha innestato un film discontinuo, ma tutto sommato gradevole e divertente. Ottima la realizzazione dei robot, sebbene non originalissima. Buone anche le interpretazioni di Smith e della Moynahan: il primo cerca di rinnegare la sua parte meccanica, la seconda riesce ad essere più fredda dei robot che esamina. I pezzi forti sono le colossali ambientazioni asettiche all'interno del grattacielo e l'inseguimento nel tunnel.
MEMORABILE: "Lei è il genio più stupido che abbia mai incontrato!" "E lei è lo stupido più stupido che abbia mai incontrato!"
Anthonyvm: Interessante esercizio di sceneggiatura, con qualche allaccio a Memento nella sua struttura a "riavvolgimento", per un film che, giocando scorrettamente coi suoi protagonisti (e di conseguenza col pubblico), si apre a riflessioni sul cinema stesso e sull'arte della narrazione. Ogni personaggio ha il suo punto di vista, ogni punto di vista è fallace, dettagli importanti restano fuori campo, emergendo soltanto a tempo debito, secondo la volontà del dio-regista che veicola emozioni e manipola la realtà a sua totale discrezione. In superficie, comunque, resta un godibile action-thriller.
MEMORABILE: L'attentato in piazza fra sparatorie ed esplosioni; La rivelazione circa l'identità del presidente; Cosa vide Dennis Quaid; L'inseguimento finale.
Fabbiu: Lasciamo perdere i seguiti. Questo film è un cult, una svolta epocale per la fantascienza, che, pur ripescando tanti elementi da altri film all'interno del genere, elabora l'ennesima e forse più riuscita versione cinematografica sullo studio della realtà, su ciò che può essere o non essere, aggiungendoci poi una buona dose di "cultura fumettistica". Trovo la trama decisamente geniale, utile a rendersi conto di quanto la realtà possa essere artificiale e quindi maschera di ben altro; è filosofia, teologia, decadentismo e... fantascienza!
Galbo: Più che un film, una testimonianza del periodo di maggior successo artistico e fortuna commerciale di Michael Jackson. Una raccolta di videoclip (insieme ad alcune sequenze di raccordo) che testimoniano quanto fosse importante e curata la produzione di questo genere di prodotto da parte dell'artista americano. Da questo punto di vista piuttosto interessante ma solo per gli estimatori di un grande performer.
Nicola81: Non poteva che essere uno dei registi più controcorrente di Hollywood a firmare uno dei western più originali degli anni '50. La scelta di promuovere a protagonista un indomito e tormentato sudista che non si riconosce nell'America nata dalle ceneri della Guerra di Secessione è già abbastanza spiazzante, ma Fuller (non a caso anche produttore e sceneggiatore) ci mette anche il rapporto amichevole con i pellerossa, al quale è fortemente debitore il Kevin Costner di Balla coi lupi. Buoni dialoghi, qualche picco di inaspettata violenza, personaggi ben caratterizzati, cast di rilievo.
MEMORABILE: L'ultima pallottola della guerra; La sequenza da cui deriva il titolo; Il finale.
B. Legnani: Piccola simpatica trasposizione lombarda di un ottimo giallo umoristico di Westlake. Un film che, nella sua assoluta normalità, fa capire l'assoluta grandezza di Walter Chiari, un talento che, se si guarda oltre la finalità umoristica, appare smisurato. Deliziosa Franca Valeri e adorabile Stefania Casini (che possono anche scambiarsi gli aggettivi).
MEMORABILE: La cena finale fra Cestiè e Walter Chiari.
Pigro: Gomorra era la città lontana dalle leggi di Dio: oggi è un quartiere di Napoli governato dalle leggi della camorra. Un mondo a parte di cui Garrone, sulla scorta del libro di Saviano, racconta 5 storie, che si intrecciano rivelando un tessuto inestricabile che ha come orizzonte unico la criminalità, senza la minima possibilità di un'alternativa. Il film si addentra nella Gomorra-Scampia (e nella sua lingua difficile e primitiva, ben lontana dal napoletano di Eduardo...) con occhio verista, mostrando l'inimmaginabile. Importante.
Bubobubo: Non si tratta di un film eccezionale, ma è, di gran lunga, l'ultima prova registica di rilievo di Burton prima di una lunga discesa nel torpore di una comfort zone da cui il regista ha dato prova di svegliarsi solo sporadicamente. Intrigante, anche pensando al pubblico cui la pellicola è idealmente destinata, il taglio psicologico dato al personaggio di Willy Wonka, eccentrico imprenditore con un difficile passato familiare (buona la prova di Johnny Depp). Qualche scricchiolio nel finale, per cui è consigliabile rivolgersi al libro di Dahl.
Hackett: L'idea di partenza è buona e il film comincia con il piede giusto, anche grazie ad una scelta azzeccata del protagonista. Purtroppo l'intreccio thriller non è sufficientemente intricato (meglio sarebbe stato un incastro alla Strange days, film a cui Limitless un po' somiglia) e la vicenda nel finale si risolve piuttosto banalmente. Non manca nemmeno l'happy end, ma ad una faccia da sberle come Cooper lo possiamo permettere. Superfluo De Niro. Divertente.
Galbo: Premesse non esattamente originali per questo action adrenalinico e "sparatutto" tratto da un videogioco e dedicato alla figura di un killer professionista freddo ed infallibile che diventa preda di un complotto. Ciò nonostante il regista svolge discretamente il suo compito dirigendo un prodotto di puro intrattenimento piuttosto godibile e dotato (molto più che altri film del genere) di una sufficiente caratterizzazione psicologica del personaggio principale seguito nella sua trasformazione emotiva, ben resa dal protagonista Olyphant.
Bubobubo: Dogtooth matrilineare alla pummarola: una tenuta sterminata in mezzo a un bosco, una giovane vedova dal pugno di ferro, il di lei figlio (apparentemente) disabile in seguito a incidente, una serie di lacchè legati alla mater familias da terrore e riverenza. Finché non arriva la giovane cameriera Denise (Francesconi)... De Feo non si inventa nulla e, anzi, cavalca con mestiere i cliché del genere, ma a uscirne fuori è comunque un buon prodotto, dal fascino sinistro, ben recitato (brava la Cavallin) e con un bel twist ecopolitico finale.
Galbo: Le vite di due personaggi apparentemente inconciliabili si incrociano in questo bel film di Claude Sautet. Il regista opera una mirabile opera di sottrazione simile a quella del suo precedente (e molto premiato) Un cuore in inverno. Anche in questo caso i dialoghi e le situazioni sono quasi scarnificati e ciò va a favore di un'ottima caratterizzazione dei personaggi principali e delle atmosfere impalpabili e sospese. Perfetti i due attori protagonisti.
B. Legnani: Alla fine dei conti ci si ricorda più della Gerini che di Carlo Verdone, come se quest'ultimo sia rimasto succube (o succubo?) della partner non solo nella finzione, ma anche nella personalità dimostrata davanti alla macchina da presa. In più ci sono alcune lentezze di troppo. Fa ridere poco e poco convince come vicenda drammatica o impegnata. Mezza delusione.
Siska80: I molteplici calembour del titolo lasciavano presagire qualcosa di meglio, invece siamo alle solite: gli americani hanno un umorismo di grana grossa e non si risparmiano in dialoghi pesanti e scene pecorecce. Una cosa però va detta: la coppia protagonista ha un bel feeling e recita meglio di quella del film parodiato (quasi pedissequamente peraltro); senza contare che ci si trova davanti persino a sequenze di sesso più esplicite (seppur rese in maniera volutamente esasperata). Un'occasione sprecata per superare l'originale.
MEMORABILE: Il mistero dietro la porta; La madre razzista.
Kinodrop: Secondo e penultimo film di un regista per troppo tempo ingiustamente dimenticato. Una banda di rapinatori guidata da Remo Guerra, poliziotto dalla doppia vita, semina il panico nelle nottate di una Roma anni '70. Non si tratta solo di un noir dalle sbrigative psicologie, ma coglie la varietà degli impulsi, dei sentimenti e delle crisi che spingono i protagonisti alla violenza. Efficaci ritmo e sceneggiatura (che probabilmente hanno influenzato la successiva produzione televisiva). Ottima la scelta del cast, Mastandrea in primis. Cult.
MEMORABILE: La tecnica e la violenza delle rapine; La voce fuori campo di Remo; La colonna sonora molto noir; Il cameo di Little Tony.
Galbo: Film diretto da Duccio Tessari all'insegna del divertimento e del disimpegno puro. Analogamente a molte altre commedie avventurose girate in località più o meno esotiche, il film si caratterizza per il tono leggero e una sceneggiatura (non parliamo dei dialoghi!) evidentemente ridotta al minimo sindacale. Il film appare tuttavia realizzato con un certo ritmo e un'evidente divertimento dei protagonisti.
Tarabas: Difficile commentare un film così. Malick si conferma forse l'unico regista quasi esclusivamente "visuale", cui poco o nulla interessa la scrittura, nel senso della parola scritta da rendere "per immagini" ma solo la scrittura "con le immagini" (l'unico quantomeno nel cinema mainstream). La storia è caotica e forse poco interessante, a tratti moralistica (con un finale che mi lascia alquanto perplesso). Gli attori sono bravi, alcuni (Rooney Mara) molto bravi. Eccelsa la qualità fotografica, ma non convince.
Gugly: Commedia di chiara matrice teatrale (camerieri dell'albergo e paese fanno da coro alla "tragedia") e con dialoghi quasi sempre brillanti, ha come protagonista un giovane e allampanato Buzzanca nel ruolo di maschio siculo e virile che affinerà negli anni a venire, mentre in questa pellicola ci sono alcune soluzioni troppo facili e ridanciane (l'acqua Pozzillo) se non rozzezze (il finale con una risoluzione del "problema" quasi violenta); comprimari e storie parallele superflue. Atmosfere seventies per una serata senza impegno con scorci della Sicilia vintage.
Lou: Trasmesso in tv in omaggio a Laura Antonelli mancata il giorno prima, l'ultimo film di Luchino Visconti colpisce per la cura degli allestimenti scenografici e per la buona rappresentazione dell'atmosfera di edonismo vacuo e decadente del romanzo di D'Annunzio. Giannini interpreta con intensità la figura del ricco e irresponsabile protagonista, ma la narrazione è eccessivamente lenta, con un'impronta estetica troppo tradizionale per un film degli anni settanta.
Disorder: Il titolo fa riferimento alla simpatica abitudine "guardona" di uno dei protagonisti (Bruno Colella, unico personaggio decente). Del tutto insulsi gli altri: Pasotti e Papaleo spaesati, la Hunziker si vede poco ma dà un notevole saggio di non-recitazione (e si ripeterà nel successivo Alex l'Ariete!). Pure un cameo della Arcuri, tanto per gradire. Stranamente il finale mi è piaciuto: quello e un paio di scene divertenti salvano il tutto dallo sfacelo totale, ma resta un film da sconsigliare.
Markus: Il titolo al femminile del documentario dovrebbe già suggerirne i contenuti, ma ahimé è solo una carrellata di finte conversazioni e ricostruzioni in studio degli usi e costumi del gentil-sesso di Tahiti (le solite danzatrici con i fiori al collo per i turisti americani) messi a confronto con la civilissima Svezia desnuda e con il sesso insegnato a scuola sin dalla tenera età (un classico, per i “mondo” italici). Il tedio prende da subito il sopravvento; compensato, in parte, dalla ridicolaggine degli avvenimenti così minuziosamente descritti.
Lovejoy: Da riscoprire. Uno dei titoli più incompresi del grande regista americano. Storia di notevole impatto, scene gore a volontà, bell'approfondimento dei personaggi e un gran ritmo. Notevole anche la colonna sonora. Cast da brividi. James Woods in uno dei suoi ruoli più belli di sempre; Baldwin qui appare strepitoso; funziona persino la rediviva Shery Lee. Degli altri splendido come sempre Maximilian Schell. In definitiva, un titolo da riscoprire.