Che film ci sono stasera in tv in prima serata? Ma non solo questa sera, anche la mattina o il pomeriggio, se capita una giornata di pausa. E i più nottambuli possono trovare anche i film che vanno in onda a tarda notte, i cosiddetti fuori orario. Cliccate sulle frecce per cercare tra i palinsesti passati e futuri oppure controllate direttamente tutta la settimana. Cliccate sull'icona calendario a fianco della scheda per appuntare un promemoria su quel film in agenda. Se siete loggati potete cliccare anche sulla stella per contribuire alle segnalazioni. Come? Scopritelo
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Dusso: Salce si cimenta con una parodia (ma non troppo) dello spionaggio all'italiana di grande moda in quel periodo, prende come protagonista Gassman e gli affianca Daniela Bianchi (presenza fissa nel genere); ne viene fuori un film spassoso con diverse trovate divertenti e ottimamente girato, Gassman è in formissima.
Camibella: Rugantino è una maschera romana resa celebre da diverse rappresentazioni teatrali. La trasposizione cinematografica tuttavia non gli rende giustizia: sebbene sia ben ricostruita la Roma papalina e i comprimari siano tutti attori di grande spessore, il punto dolente è rappresentato dall'Adriano nazionale, che appare inadeguato nelle vesti dello spaccone romano.
B. Legnani: Curiosa, quasi incredibile mescolanza fra musicarello (Gianni Nazzaro), comico (Franco&Ciccio e caratteristi a loro legati), vicenda Giulietta-Romeo in un'ottica di rivalità campanilistica. Purtroppo la cosa che funziona di meno è proprio la trama, al limite dl risibile, per cui la guardabilità del film è legata ad alcuni momenti. I più felici sono, attorno all'ora, gli scambi di persona che vedono protagonisti Franco, Ciccio, D'Orsi e Pagnani: impossibile non sogghignare con la vicenda della puntura. Molto del resto, più che visto, va sopportato. Bruttarello, ma guardabile. Quando Nazzaro dice "Tutti quanti fate Reggio Calabria" si riferisce ai disordini dell'epoca.
Markus: L'idillio di una bella coppia viene totalmente stravolto con l'arresto di lui e forzato ritorno di lei dai suoi genitori. Anche lì, però, ci saranno non poche magagne... Il film di John Ward sciorina allo spettatore tutta una serie di sventure con l'accortezza di mettere al centro dei "belli" ai quali tutto è concesso, persino di avere delle sfortune. La formula televisiva rende l'opera assai piatta nei concetti esposti, ma "avvincente" dal punto di vista emozionale. Si consuma come una telenovela.
Daniela: Rispetto a Marguerite, ispirato molto liberamente allo stesso personaggio storico, Frears ne ripercorre gli ultimi anni di vita con una certa fedeltà. Apprezzato l'impegno degli interpreti (Streep che dona sfumature di toccante umanità ad un figura a rischio macchietta, Grant premuroso marito platonico, Helberg pianista imbarazzato), il film non convince del tutto per l'incertezza fra il registro grottesco e quello sentimentale/patetico, risultando curioso e anche apprezzabile, mettendo in conto lo strazio auricolare ma meno incisivo rispetto ad altre regie di Frears.
Camibella: Musicarello mischiato al drammone e a qualche leggera spruzzata di neorealismo, questo interpretato da un bravo Domenico Modugno, fresco vincitore del Festival di Sanremo. La trama semplice e ben costruita è in linea con le aspettative che si hanno per un film del genere e dell'epoca in cui è stato girato, ma resta tutto sommato uno spettacolo godibile (se non si hanno grosse pretese). Cast ben assortito, bravi Garrone e Taranto, bellissima la Ralli.
Furetto60: Rivisto a tanti (ahimè) anni di distanza, il film non ha perso freschezza e spirito, trattando il tema dell’omosessualità con il sorriso sulle labbra ed equilibrata ironia, senza mai scadere (e sarebbe stato facile) in ovvie volgarità. Canovaccio d'impostazione teatrale finalizzato al consueto crescendo comico finale. Un Serrault spettacolare è abbinato a un Tognazzi che, per esigenze di copione, rimane un po' in ombra.
Samuel1979: Indubbiamente un film che ha, se non altro, il merito di averci fatto conoscere la storia del simpatico randagio Italo, vera mascotte del paese di Scicli. La regista, nel descrivere la vicenda, alterna ironia e sincera commozione per un personaggio che sin dai primi minuti ci commuove per la sua simpatia. Bravi gli interpreti (Bocci innanzitutto), così come la Tabita, qui alle prese con un personaggio a dir poco esuberante.
Galbo: Durante la prima guerra mondiale, in un villaggio irlandese, giovane Rosy, moglie del maestro locale, s'innamora di un ufficiale inglese. Penultimo film di David Lean, è un'opera di ambientazione rurale che si segnala per la fotografia di grande respiro degli splendidi paesaggi irlandesi. Dal punto di vista narrativo, l'attenzione è focalizzata sulla controversa figura della protagonista, a disagio negli angusti confini di un piccolo paese. Limite del film è l'eccessivo ricorso ai toni melodrammatici. Buona la prova del cast.
Hearty76: Film leggero con una gradevole punta di noir. Commedia all'italiana senza pretese ma scorrevole e sobriamente recitata. Simpatico il risvolto quasi spagnoleggiante della colonna sonora e non solo. Molto a suo agio nel ruolo la Pivetti, forse un po' meno la Ferilli, tuttavia bel binomio d'attrici nel fiore della loro rampante carriera. Essendo del 2000, ossia ambientato in uno scenario non certo dominato da cellulari e Internet, evoca anche una particolare nostalgia di un'epoca più scanzonata in cui si poteva ancora fare della semplicità un punto di forza.
Pessoa: Lenzi passa per il western e lascia il suo segno con un film brioso e divertente, merito soprattutto di una trama ricca di colpi di scena e di dialoghi una volta tanto piuttosto curati. Certo, non tutti i passaggi sono chiari e i caratteri sono poco sviluppati, ma la prova del cast è più che buona con Ireland che ha calcato le scene di alcuni capolavori del genere (e si vede) e tanti volti noti fra i caratteristi. Buona la regia che utilizza al meglio il budget risicato e notevole il montaggio dell'esperto Alabiso. Ritmo non proprio scatenato ma il film si lascia guardare senza noia.
MEMORABILE: Il finale, tutt'altro che scontato; Le scene d'azione.
Galbo: Commedia imperniata sulla malinconia di un personaggio che, dopo un fugace successo, è precipitato nell'oblio personale e professionale. Il regista Cappuccio realizza un film gradevole che trova in Emilio Solfrizzi un interprete decisamente adeguato, "azzeccando" anche tutto sommato la scelta di Belen Rodriguez. Peccato che il film, riuscito nella prima parte, perda un po' quota nella seconda, in cui la sceneggiatura sembra un po' frettolosamente conclusa. Rimane un'opera piuttosto godibile.
Nicola81: Ex fuorilegge ormai redento si ritrova coinvolto nell'assalto a un treno da parte dei suoi vecchi complici e sarà chiamato a compiere scelte non facili. Un western piuttosto tradizionale, fotografato e diretto molto bene (Mann era uno specialista del genere), ma più incentrato sulle psicologie dei personaggi che sull'azione. Cooper perfetto nei panni dell'uomo costretto a fare i conti con un passato ingombrante, Cobb sempre il solito professionista, bella sorpresa la London che incarna un personaggio femminile meno melenso del previsto.
Rambo90: Molto banale, forse troppo al punto da compromettere la visione in più punti. La confezione è accettabile ma a parte un inizio promettente accade ben poco di interessante, con Urban che gioca a fare il duro (in modo anche convincente) e poche scene d'azione messe qua e là per ravvivare il ritmo. Il resto del cast fa il compitino, compreso un Garcia piuttosto defilato che solo verso la fine entra un po' più in scena. Mediocre, perché uguale a tanti altri senza avere una sua personalità.
Rigoletto: Si batte il ferro finché è caldo, però poi non è detto che il risultato finale sia un capolavoro. Sfruttando il successo (meritato) di Conan il barbaro, Fleisher tira fuori questo discreto fantasy che potrebbe piacere agli appassionati del genere ma non facilmente ad altri. Schwarzy è un po' più smaliziato, ma tolto lui non resta oggettivamente granché. Non mi ha fatto impazzire ma ha momenti, mettiamola così, più interessanti. **
Il ferrini: Film divertente, e visto il tema che affronta non era affatto scontato. La sceneggiatura è semplice, lineare (evita i soliti flashback o la voce fuori campo) e si affida soprattutto alla chimica perfetta della coppia Mastandrea/Giallini per raccontare una grande amicizia. Era oltremodo facile cadere nel lacrimevole, ma anche nei cliché della "romanità" invece Vendruscolo (Boris) adatta con grande efficacia il testo originale spagnolo ottenendo dialoghi brillanti e mai banali. Davvero un ottimo film, che non cerca a tutti i costi di emozionare e proprio per questo ci riesce.
Pessoa: Classica, prevedibilissima commedia romantica in cui i due protagonisti non perdono il sorriso stampato nemmeno per un secondo. Ad aumentare il tasso zuccherino si aggiunga che entrambi sono pasticcieri di fama e si "scontrano" in un cooking contest dolciario il giorno di San Valentino. Sarebbe abbastanza per gettare la spugna, se non si ama particolarmente il genere, ma in realtà Penny e Cahill sono specialisti di questo tipo di film e se la cavano alla grande, ben diretti da Takács che in precedenza ci aveva deliziato con ragni, ratti e case infestate. Si astengano i diabetici!
MEMORABILE: In negativo: tutte le impossibili coincidenze che fanno continuamente incontrare i due protagonisti: quando è troppo, è troppo!
Homesick: Prima del sovvertimento leoniano, il western europeo, a partire dalle musiche, si volge ai modelli d’Oltreoceano - il dualismo tra la giustizia dettata dalla legge e quella imposta dalle pistole e dalla vendetta, la famiglia dedita al bestiame, i rodei – e i dissidi tra i vari personaggi intensificano la tensione emotiva e psicologica, assai elevata per l’intero film. Hundar, implacabile ultore devoto al padre ucciso e alla madre, è il vero eroe della storia e nel melodrammatico finale guadagna la sua migliore interpretazione. Tempestivo e spassoso Sancho.
MEMORABILE: L'agguato ai ladri di bestiame; Sancho alle prese con il maiale recalcitrante da lui vinto al rodeo; la cavalcata finale di Hundar.
Belfagor: Ricostruzione romanzata di come Jesse Owens conquistò le Olimpiadi di Berlino nel '36. L'aspetto sportivo è reso con una certa efficacia e il duo James-Sudeikis riesce a lavorare bene nella pur risaputa dinamica del giovane talento e dell'allenatore disilluso. Non convince invece il contorno storico, trattato in modo decisamente superficiale: il parallelo fra le discriminazioni negli Usa e nel Terzo Reich è solo timidamente accennato e i tedeschi non vanno oltre la macchietta, con l'eccezione della spigliata Riefenstahl della van Houten.
MEMORABILE: Owens ripete il salto in lungo per la Riefenstahl.
Geppo: Alfonso Brescia mescola diversi ingredienti: avventura alla Zanna Bianca, western comico con scazzottate alla Bud & Terence e ovviamente un po' di sentimentale. Ambienta il tutto sulla neve e racconta la vicenda avventurosa del cercatore d'oro Sandy, un ragazzo padre in compagnia del suo figlioletto e del cane di nome "Whisky" (che ricorda molto, per l'appunto, Zanna Bianca). Tecnicamente è un film molto debole, forse per colpa del mix tra troppi generi. C'è anche il momento dedicato alla storia d'amore tra Connie (Lepori) e Sandy. Nulla di particolare.
Furetto60: Divertente commedia intrisa di bellezze femminili che conferiscono al tutto un aspetto leggero. Questa veste, però, non deve ingannare: con l’arma della satira e dell’ironia si sbeffeggiano i notori (e soliti) malcostumi nazionali, in particolare della classe politica. Gli interpreti appaiono in palla, in particolare Micheli, oltre a Banfi che offre una delle sue interpretazioni più memorabili. Nel complesso gradevole, anche se il ritmo è un pochino altalenante.
MEMORABILE: I diversi giochi di parole sul cognome animalesco del commissario.
Markus: Belgio. Giovane e graziosa creatrice di profumi ("naso", come si dice in gergo) ha un maldestro incontro con un giovane a aitante botanico in un bar. Sboccerà l'amore... tra fiori e fiale con estratti profumati. Curiosa ambientazione (non così frequente) nel mondo della fabbricazione delle fragranze, ma tolta questa nota siamo di fronte a una canonica storiella d'amore con la più classica attrazione fisica e mentale tra belli. L'opera resta quindi fruibile senza difficoltà ma ha basse prospettive artistiche.
Il Gobbo: Leonard Mann odia gli indiani che gli hanno massacrato la famiglia, salvo scoprire che non erano veri pellerossa... Raro caso di western italico pro-indiani (a dirla tutta raro caso di western italico CON indiani) progettato per Di Leo, classicamente finisce per essere più efficace e crudo nelle parti in cui Mann si accanisce contro i pellerossa. Conferma che il miglior western di Squitieri è Il prefetto di ferro. Ottimo Kinski, per una volta SOTTO le righe.
Domino86: Ho scelto di guardare questo film perchè mi piace molto Angela Finocchiaro, la trovo una buona attrice e anche molto divertente. Con mio dispiacere devo ammettere che però qui ha decisamente fatto un passo falso. Si ride poco e in più manca quel qualcosa in più; sembra debba accadere sempre qualcosa che poi in realtà non accade affatto.
Galbo: La vita (e le opere) di un prelato tra l'America e l'Europa. Otto Preminger si impegna in un progetto ambizioso, realizzato in modo impeccabile tecnicamente ma la cui sceneggiatura non appare all'altezza, essendo la vicenda abbastanza tediosa e poco interessante. Il dilemma morale del protagonista non viene adeguatamente sviluppato. Cast all'altezza.
Rufus68: Possiede la qualità delle commedie italiane agre: raccontare eventi sociali delicati e complessi con finta leggerezza. Ovvero: il frontismo sindacale esasperato è la chiave per scardinare il capitalismo oppure solo l'ingigantimento di un esasperato individualismo? È allora da preferire l'attendismo col rischio di scivolare nel compromesso? La sceneggiatura non scioglie tutti i nodi o la fa superficialmente scadendo, a tratti, nella farsa (il Di Vittorio fantasmatico). Buzzanca bravo, ma troppo esagitato, più controllato Montagnani.
Redeyes: Certo ai suoi giorni... Certo ad oggi... Le premesse sembrano buone e lo erano: questi rettili camuffati che ci appaiono amici catturano da subito. Piano piano si dipana la matassa, che ha il suo tallone d'Achille, tuttavia, in una estrema celerità nell'arrivare al finale. Sì perché specie "The final battle" è veramente mal sfruttata, si manda in fast forward e si spiattella in quattro e quattro otto la tossina ed i suoi effetti. La scena con la bimba ibrida che prende in mano la situazione negli ultimi istanti è grottesca. Fx da baraccone.
MEMORABILE: Il piccolo rettile. Lo stemma dei marziani vagamente somigliante al sole celtico o simbolo nazista che dir si voglia. Gli effetti speciali.
Camibella: Tornato al paese dove abitava con la moglie e il figlio, un uomo deve lottare contro un mandriano che vuole sfruttare la valle per sfamare il suo bestiame. Western convenzionale e zeppo di tutti gli stereotipi del genere nel quale il grande Stewart Granger la fa da padrone in una trama in cui gli tocca fare l'eroe, il padre vituperato e l'uomo fascinoso. Non male ma non indimenticabile.
Puppigallo: Se il primo poteva avere un perché, ripercorrendo la nascita e la mutazione delle tartarughe con relativo addestramento, questa seconda puntata è difficilmente sopportabile. Ormai la baracconata è totale; e i due mutanti dementi (rinoceronte e maiale) ne sono l'esempio principe. In più, il supercattivo passa più tempo a fare la faccia da duro che ad agire. E se si escludono un paio di scene, almeno acrobaticamente ben girate, come il salto dall'aereo e ciò che ne consegue, il resto è abbastanza avvilente, soprattutto dal punto di vista verbale. Davvero poca cosa, nonostante gli effetti.
MEMORABILE: Il cervello vivente Krang, con armatura protettiva robottone, che lo ricaccia all'interno senza badare troppo alla forma.
Puppigallo: Bellico con momenti drammatici e altri che sfiorano la commedia. Purtroppo, mentre in alcuni momenti le uscite di Testamatta (Shutherland) sono comunque ben inserite nel contesto e ci possono anche stare, in altri, quando appare il generale macchietta vivente che prende fischi per fiaschi, la pellicola ne risulta danneggiata. Fortunatamente, però, viene dato un discreto spazio all'azione, con tanto di inevitabili inconvenienti e Eastwood e Savalas che se la cavano piuttosto bene. Questo fa sì che il risultato, nonostante il minutaggio comunque eccessivo, non sia poi così male.
MEMORABILE: Il carrarmato con altoparlanti e musica a tutto spiano quando attacca; Il campo minato; Le campane; Up yours baby!
Markus: Modesto film d'Oltralpe, che secondo i cliché più tipici del genere mostra vita, sessualità e paturnie dei quarantenni con matrimonio alle spalle e figli grandi. La Delpy regista, attrice e sceneggiatrice cerca di dar ritmo alla pellicola in parte riuscendoci, ma i contenuti appaiono decisamente stantii. Il solito Boon con le sue smorfie tra le rughe d'espressione e non funziona, così come il giovane Lacoste, che non indossa la polo manica corta ma la somiglianza a un giovane Nuti (compresa la faccia da schiaffi che li accomuna). Si ridacchia.
Pinhead80: L'arrivo della Rivoluzione Francese vista con gli occhi della servitù alla corte del re e della regina. In realtà ne esce fuori un pasticcio discretamente indigesto, fatto salvo per la cura dei particolari legati alla scarsa pulizia che si teneva anche nei palazzi reali. La trama è convulsa come il periodo storico e il pettegolezzo scorre veloce come un fiume in piena. Dei personaggi rimane poco o nulla, giusto il via vai continuo a lume di candela nei corridoi.
Pinhead80: Simpatica commedia che fa perno sull'inganno matrimoniale. Una sensualissima Weaver tiene su il cast, indebolito dalla Hewitt, che risulta essere decisamente imbarazzante. Il personaggio più simpatico è quello caratterizzato dal sempre bravo Gene Hackman. Per il resto la storia è fiacca e scontata. Da vedere senza troppe pretese.
Rambo90: Parte bene, con una premessa interessante e una prima parte che procede spedita. Si arena verso la metà, quando alcune soluzioni diventano improbabili e si fanno largo varie dimenticanze/buchi di sceneggiatura. Reeves comunque sostiene il suo ruolo, assistito dal simpatico Middleditch, mentre la Eve rimane piuttosto imbambolata per tutto il film. Poteva essere molto meglio.
Anthonyvm: Dispiace vedere premesse più che discrete venir rovinate da una seconda parte ben al di sotto delle aspettative. Dopo una buona presentazione dei personaggi, caricaturali ma ben delineati, ci si perde in mezzo a gag superflue (le domande rivolte alla capra) e si arriva a un finale sbrigativo (con svolta musical fuori luogo) in cui, sì, il percorso di trasformazione dei protagonisti si compie e la lezione viene imparata, ma non si capisce né come né perché. Cast bravo e simpatico, regia corretta (anche se spesso palesemente piegata a finalità turistiche), ma resa complessiva mediocre.
MEMORABILE: Le uscite della svampita Del Bufalo; L'arrivo di Enzo Miccio nel ruolo di se stesso; Abbrescia vestito da donna; L'incendio doloso della chiesa.
Magnetti: Vedere Al Pacino e De Niro recitare insieme è una occasione da gustare. Non che le loro performance siano migliori del solito, anzi, ma ne vale comunque la pena. Da brividi il loro incontro al bar, quasi un omaggio alle loro carriere. Intorno a loro un film poliziesco avvincente ma piuttosto convenzionale. Dal punto di vista delle riprese Michael Mann ha fatto meglio altrove, quasi a non voler far passare in secondo piano le due grandi star a sua disposizione. Come si usa dire "Ubi maior, minor cessat".
Belfagor: Vi sono film che uniscono una struttura complessa a una realizzazione accurata, ma sfortunatamente Caos non è uno di questi. Infatti ci si accorge presto che il caso è solo una mera copertura imbastita per coprire una sceneggiatura furba più che intelligente e volta unicamente ai colpi di scena a raffica. Il resto sono dialoghi che sanno un po' di aria fritta e qualche scena d'azione. Non è malvagio, ma si spreca nel tentativo di gabbarci con il finale a sorpresa, in realtà alquanto telefonato.
Rambo90: Catastrofico non del tutto riuscito; i tempi d'oro del genere sono lontani ma anche alcuni buoni prodotti contemporanei (Daylight, Armageddon). Tanti effetti speciali, molte scene d'azione e atti di eroismo a profusione, ma la storia non avvince e se non si può fare a meno dal trovare il ritmo buono, è difficile farsi coinvolgere dal punto di vista emotivo. Buona la prova del sempreverde Tommy Lee Jones, un po' meno quella del resto del cast.
Daniela: Sospettato di far parte di una spietata banda di rapinatori, un onesto cowboy è costretto a barricarsi all'interno di un saloon... La trama dovrebbe far pensare ad uno dei tanti western di routine interpretati dall'affidabile Scott, ormai maturo, ma il film, pur nell'ambito di un budget palesemente modesto e senza uscire dal solco dei canoni tradizionali, si segnala per la cura nella confezione e nel disegno dei caratteri. Nel cast di contorno anche Bronson, giovane bandito grintoso ma poco furbo.
Rambo90: Senza Jim Carrey e con una sceneggiatura che procede per semplice accumulo di gag senza che ce ne sia una sola davvero originale, il film ha ben poco da offrire (anzi dire proprio nulla). L'unica parte riuscita è quella del cane trasformato dalla maschera, seppure già presente nel primo film. Sprecatissimo Bob Hoskins. Da evitare accuratamente.
Undying: Piccante, almeno quanto deludente. La protagonista non lesina nudità, offerte ora in solitario abbandono, ora in compagnia omosex, cadendo sovente tra le braccia della prosperosa cameriera (la Cavalcanti). La donna, di facili costumi, è indotta a tale esecrabile atteggiamento per ripicca nei confronti del consorte malandrino e sciupafemmine. Non vi sono elementi ulteriori di approfondimento, oltre al sesso trasandato, tranne il costante e morboso senso di tradimento (multiplo, per la bella Senatore) fuoriuscito dalla (mala) penna di Regnoli, qua in vena di (mal) riciclo. Mala(nda)to.
Undying: Interessante parabola sull'esistenza di un "servo" che viene analizzata (in vérve comica) a partire dall'inizio della carriera (a ridosso della fine della 2a guerra mondiale) sino ad un finale (corrispondende al 1969 e relativo sbarco sulla Luna) che avanza teorie "politiche" esterne al genere: Luigi Filippo D'Amico riesce a mettere insieme momenti esilaranti (basterà ricordare Luciano Salce nella parodia di se stesso), senza scordarsi una sana polemica sulla corruzione politica e sociale, già all'epoca, ai vertici dei ministeri...
MEMORABILE: l'ingaggio di Zazà (Buzzanca) come attore, nei panni di un bandito; gli strani atteggiamenti della bambina strabica, che lo seduce e comanda...
Ruber: Action a basso costo girato in terra canadese che vede il classico poliziotto messo a riposo forzato per precedenti vicende a far da guardia del corpo a un giudice donna sotto attacco terroristico. La coppia Pullman/Olin se la cava bene, anzi insieme reggono tutto il film sulle loro spalle pur con una sceneggiatura non certo originale; ci sono diversi momenti di action molto ben costruita, ma il tutto sembra una copia carbone di altri film del genere.
Cloack 77: Non sarebbe neppure male come pellicola di intrattenimento, perché le scene sono ben confezionate e gli squali non hanno bisogno di regia per fare il solito figurone; addirittura mettere insieme squali e una furiosa tempesta poteva (doveva) aumentare le scosse di adrenalina e invece in alcuni momenti si rischia la noia. Siamo costretti a sorbirci un altro bagno di sangue, incorniciato dalle solite storie insulse di amori travagliati, ricordi ingombranti, padri assenti, malati e con un ultimo desiderio.
Belfagor: Omaggio ai film di arti marziali degli anni '70, girato in modo iperattivo e con le tipiche ingenuità che ci si potrebbero aspettare da un esordiente in cabina di regia. Trama incentrata sulla vendetta, assurdità volute, combattimenti bizzarri e qualche scena truculenta, ma mancano la maestria registica di Tarantino (che si limita a presentare) e un protagonista incisivo come il recente Django. Ma ci si diverte comunque, visto che il film non si prende mai sul serio. Lucy Liu ricicla il ruolo di O-Ren Ishii, un bolso Crowe gigioneggia.
MEMORABILE: Il sicario (interpretato da Bautista) capace di tramutare il corpo in ottone.
Daniela: Rapina in banca con ostaggi, intervento disastroso della polizia, banditi in fuga apparentemente senza malloppo, solita coppia di poliziotti scafato/novellino che cercano di acciuffarli... Thriller a scatole cinesi che inanella colpi di scena più o meno prevedibili, con la teoria del caos tirata in ballo per darsi un tono ma in modo tanto pretestuoso da risultare irritante. Film di questo tipo sono come partite di poker con lo spettatore: va bene tenere le carte coperte, va bene pure il bluff, ma non si deve barare e qui si bara. Mediocre.
MEMORABILE: Da salvare, oltre la pelatina di Statham (qui col pilota automatico), la bella faccia cattiva di Snipes, mentre Philippe è un bamboccio inattendibile
Galbo: Articolato intorno alle battaglie aeree che si svolsero tra tedeschi ed alleati durante la seconda guerra mondiale e clamoroso flop commerciale, I lunghi giorni delle aquile ha il pregio della buona realizzazione tecnica delle scene di volo. Per il resto il film ha il limite di una sceneggiatura poco appassionante (nonostante il tema) e di un'eccessiva prolissità e lunghezza. Inoltre impiega piuttosto male l'ottimo cast disponibile. Occasione sprecata.
Redeyes: Un thriller italiano molto poco italiano, e qui stanno il punto a favore e la pecca! L'idea di partenza, in una Milano notturna stra-illuminata, potrebbe interessare ma lo sviluppo scivola immediatamente nel già visto. Risultano poco convincenti i protagonisti soprattutto (ad eccezione di Castellitto), ma tutto il resto del cast enfatizza personaggi costruiti male che bighellonano per gli studi di Radio 105 senza incidere mai. Finale poetico ma che a sua volta sembra raffazzonato e poco supportato da una sceneggiatura curata. Peccato perché le premesse c'erano tutte.
Galbo: Durante la prima guerra mondiale, in un villaggio irlandese, giovane Rosy, moglie del maestro locale, s'innamora di un ufficiale inglese. Penultimo film di David Lean, è un'opera di ambientazione rurale che si segnala per la fotografia di grande respiro degli splendidi paesaggi irlandesi. Dal punto di vista narrativo, l'attenzione è focalizzata sulla controversa figura della protagonista, a disagio negli angusti confini di un piccolo paese. Limite del film è l'eccessivo ricorso ai toni melodrammatici. Buona la prova del cast.
Minitina80: Un’opera a cui va concessa la possibilità di crescere per sovvertire le sensazioni iniziali non proprio esaltanti. Al contempo bisogna prestare attenzione ai singoli dettagli perché si riveleranno importanti nel momento in cui la storia entrerà nel vivo. È un thriller psicologico e non potrebbe essere altrimenti, trattando tematiche che affliggono la mente al punto da alterare la percezione di sé e dell’intorno. La bravura dei registi risiede nel condurre adeguatamente lo spettatore alla soluzione finale.
Lovejoy: Divertente seguito del film del 1978, con parte degli stessi attori. Cambio in cabina di regia, con l'ottimo Lester che prende il posto del bravo Donner. Ritmo eccellente, le scene d'azione impagabili ed effetti speciali superbi, che comunque non si mangiano il film. Gran cast, con Reeve marchiato a vita nel ruolo di Superman e Gene Hackman come inimitabile Lex Luthor. Ottimo anche Beatty.
Nando: Campanile rimane sempre un regista particolare, con pellicole audaci ma al tempo stesso moderne. Qui si assiste alla vicenda di un frustrato orchestrale, sbeffeggiato dal dittatoriale direttore che però è coniugato con una donna di bellezza inarrivabile, la sfolgorante Antonelli, le cui foto osé ridaranno linfa al povero marito, un simpatico Buzzanca. Lo sviluppo narrativo purtroppo è lento e necessitava di una marcia in più. La validità del cast non è sufficiente.
Anthonyvm: Dopo ascensori killer e sommozzatori omicidi, Maas si diletta ancora a disseminare Amsterdam di cadaveri con un animal-horror metropolitano poco originale (pare un mix fra Wild beasts e Alligator), compensando la scarsa inventiva col gore e col suo solito humour cinico che non risparmia nessuno (bambini morti, ambientalisti stupidi, cadaveri umani usati come squallide esche). I due protagonisti sono anonimi, mentre il cacciatore alcolizzato senza gamba ha il suo perché. Prevedibile e implausibile (il leone immune ai proiettili), ma divertente.
MEMORABILE: Lo spazzino trova una testa mozzata; Le forze speciali imbranatissime si sparano a vicenda; Il leone sul tram; L'auspicabile svolta à la [f=3745]Lake Placid[/f].
Giùan: Asimmetrico senza mai diventare dissestato ma certamente non armonico e a dirla tutta spesso malfermo. Volendo ragionare col senno del poi sulla filologia argentiana, lo si potrebbe individuare come cardine tra un meglio ormai alle spalle e il peggio che verrà. Restando però allo specifico della visione, la godibilità è assicurata dalla intrigante delicatezza adolescenziale della Connelly, squarci di innegabile allucinatorialità registica e da un mood cinematografico ancora integro. La direzione degli attori e le crepe dello script urlan però vendetta.
B. Legnani: Curiosa, quasi incredibile mescolanza fra musicarello (Gianni Nazzaro), comico (Franco&Ciccio e caratteristi a loro legati), vicenda Giulietta-Romeo in un'ottica di rivalità campanilistica. Purtroppo la cosa che funziona di meno è proprio la trama, al limite dl risibile, per cui la guardabilità del film è legata ad alcuni momenti. I più felici sono, attorno all'ora, gli scambi di persona che vedono protagonisti Franco, Ciccio, D'Orsi e Pagnani: impossibile non sogghignare con la vicenda della puntura. Molto del resto, più che visto, va sopportato. Bruttarello, ma guardabile. Quando Nazzaro dice "Tutti quanti fate Reggio Calabria" si riferisce ai disordini dell'epoca.
Markus: Un'eredità viene contesa attraverso un concorso musicale. La sfilacciata trama è un mero pretesto per far esibire il maggior numero di artisti possibile, che a turno propongono canzonette allora in voga e dilettevoli sketch. Marcello Giannini mette in piedi un carrozzone di vecchie e nuove glorie per un pot-pourri che cerca di assecondare un po' tutti i gusti ma con l'aria di un assortimento che strizza l'occhio più agli Anni '50 che ai '60. Tolti gli altisonanti nomi, che peraltro si alternano freneticamente, c'è poco da dire.
Galbo: Francamente evitabile fantasy sull'ovvia falsariga di Conan il barbaro (l'autore delle storie è lo stesso). Nonostante la presenza di un buon regista come Fleischer il film, la cui cosa migliore è l'accostamento (non privo di involontaria ironia) tra gli statuari ma purtroppo monoespressivi protagonisti Nielsen e Schwarzenegger. Il resto è una storia priva di mordente, con una sceneggiatura inconcludente e priva di elementi di nota.
Caesars: Raramente i sequel riescono a competere con gli originali, ma questa volta la delusione è fortissima. Il fatto che il cast fosse lo stesso del primo film faceva sperare in un prodotto quantomeno dignitoso, invece la storia devia sullo spy e quindi prende una piega inaspettata sì ma del tutto al di fuori delle corde dei personaggi originali. Scordiamoci pure il divertimento del primo film, qui è pura routine senza nessun sussulto di originalità.
Ronax: Insulso ibrido fra sexy documentario e musicarello stile anni '50 firmato da un buon artigiano che qui gioca pesantemente al ribasso. Se i clip musicali, affidati a famosi cantanti dell’epoca, si vedono e si ascoltano anche con qualche piacere, il lato sedicente“sexy” è ancora più penoso della media, smaccatamente finto, infestato dal solito commento idiota e oltretutto incentrato su figure femminili di scarsissimo appeal. Il tutto più che mai sfilacciato, mal fotografato e privo di qualsivoglia senso e logica.
MEMORABILE: I titoli di testa con Melina Mercouri che canta divinamente un bellissimo pezzo (in greco?). Poi, si può tranquillamente spegnere il lettore.
Myvincent: Esordio sorprendente per Alex infascelli con una produzione piuttosto originale nel panorama horror di allora, dove un serial killer, già decifrabile dalle prime battute, semina terrore e paura, anche nello spettatore. Non c'è l'ossessione stilistica di Argento, né la cattiveria di Fulci, ma il film ha un suo certo fascino attraente, nonostante gli evidenti difetti. Il fascino dell'opera prima.