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Matalo!: Pochi legami con la formula "sole+sudore+pistole" e il manierismo degli spag per questo gradevole western un po' alla vecchia di Stegani. Che si fa apprezzare perché non rinuncia a caratterizzare psicologie e a tenere il tono da commedia. Inoltre il finale non è così male poiché mette in scena ciò a cui dolorosamente il protagonista deve rinunciare per rientrare "al di qua" della legge. Bravo come sempre Stander, che cita la Bibbia ma, nel finale, si palesa analfabeta. Uno Spencer sbarbato in un ruolo poco gradevole come mai più nella carriera.
Homesick: Dietro titolo, sparatorie e maestranze da western italo-spagnolo, ecco rivelarsi un avventuroso dall'ambientazione contemporanea tra abiti sgargianti, jeep, elicotteri, giradischi, registratori, scarpe da ginnastica e saloon dove si balla a tempo di beat. Buon ritmo, violenza pressoché nulla e molto umorismo alimentato dalle figure di Richardson, astuto "straniero" radiotecnico-elettricista, e da Sancho, nel suo ruolo prediletto di capo rivoluzionario immedagliato e chiassoso. Suadenti bellezze esotiche della Milland e della Marandi.
MEMORABILE: Induni fatto ubriacare a morte; Richardson che adopera voci e rumori registrati per ingannare i nemici.
Markus: Un giovane (Claudio Villa) eredita un castello, ma una volta arrivato lì per prenderne possesso in compagnia dei suoi amici, si accorge che è malmesso. Dentro, però, ci troveranno un gruppo di biondine studentesse francesi niente male... Commedia di grana grossissima e assolutamente prevedibile, tanta è la povertà d'idee. Si capisce sin da subito che si tratta di un film costruito sull'omonima canzonetta cantata dal "reuccio" (che ovviamente, nel corso del film, darà fiato alla sua ugola d'oro). Tutto è volto al massimo disimpegno.
Reeves: Di solito non è citato nei film mitologici, ma ci sono molti elementi che spingono in quella direzione: il cattivo gladiatore Samson Burke, il cattivissimo Tigellino di Arturo Dominici, le scene girate all'EUR... Franco e Ciccio qui non sono al meglio, ma il film ha un discreto ritmo, ci sono due bellezze straordinarie (Fenech e Schubert) e ogni tanto si ride, che poi era lo scopo del film.
Rambo90: Commedia all'italiana che si ibrida con la black comedy e con il giallo per un risultato molto gustoso. Sonego sceneggia con grande senso sia del grottesco che del puro intreccio misterioso (con colpi di scena e diramazioni da seguire attentamente), affidandosi alla regia di Comencini che riesce a sfruttare al meglio la quasi unità di luogo del palazzo. Strepitosi Tognazzi e la Melato, di una avidità comica e di un cinismo burlesco fantastico, messo in scena con grandissima naturalezza e maestria. Belle musiche di Morricone.
Saintgifts: Chi capisce veramente il personaggio Pasqualino è la comandante del campo di prigionia (Shirley Stoler): lo mette alla prova e lo punisce promovendolo kapò, affidandogli un incarico da dove salterà fuori il vero Settebellezze. Attraverso le parole del comandante walkiria la Wertmüller non risparmia nulla a certe figure umane che non sono solo del nostro meridione, ma universali. A tratti il film è di qualità, anche se la buona interpretazione di Giannini in più di un contesto risulta eccessiva. Sorprende l'inusuale registro drammatico.
Rambo90: Storie di vita intersecate in una sceneggiatura imprevedibile nella prima parte e più telefonata nella seconda, ma che tocca le corde giuste. Il racconto, anche se lento, si fa seguire e i personaggi catturano da subito per merito di dialoghi semplici e abbastanza realistici. Le buone interpretazioni fanno il resto, da una raggiante Wilde agli ispirati Isaac e Banderas. C'è spazio anche per un po' di ironia in un film godibile e che verso la fine emoziona davvero. Buono.
Pinhead80: Dentro a questo film di Lucchetti c'è la bellezza di una stagione della vita che porta con sé grandi cambiamenti e allo stesso tempo molti turbamenti esistenziali. Non è solo la storia di due fratelli diversi che si amano a modo loro, ma anche quella di una famiglia povera all'interno di un contesto sociale in pieno fermento politico. Alle lotte di classe si associano momenti di rara tenerezza che fanno pensare con nostalgia ai tempi in cui si dava valore ai sogni e alle speranze. Divertente e tragico allo stesso tempo.
Noodles: Viene da chiedersi: Mario, ma che combini? Effettivamente, dietro questo mediocre western la mano di Bava si vede solo in un certo gusto fotografico. Per il resto è un film con una trama dozzinale, scontata e piena di buchi, con personaggi privi di spessore. La vicenda ha ben pochi sussulti e annoierà anche i fan più accaniti del genere. Cast che non riesce a dare colore ai rispettivi ruoli. Non male invece la colonna sonora, forse uno degli aspetti più riusciti. Mario Bava era geniale nell'horror; qui fallisce.
Paulaster: Un emiro verrà ucciso durante una fusione petrolifera. Tema "petrolifero" con derive terroristiche: i buoni non sempre trionfano. Trama a segmenti intrecciati producono un quadro d'insieme solo nel telefonato finale. Bene il ruolo di Clooney e l'ambiente mediorientale, come le indagini dell'avvocato; costruiti male invece il personaggio di Damon, l'emiro e i killer di Washington. Produce qualche riflessione (la CIA) e la consapevolezza che nel mondo esistono interessi finanziari abnormi.
MEMORABILE: La tortura a Clooney; Il cambio di macchina; La vendita delle armi.
Lucius: Una villa centrale e immersa nel verde ma isolata da una città ostile diventa una sorta di microcosmo in cui vivere la propria esistenza in cattività ma al riparo di pericoli immani come il nazismo e le leggi razziali. Una famiglia di ebrei trascorre così le sue giornate nel bellissimo parco le cui alte mura delimitano anche i confini dell'essere. Notevole pellicola di De Sica che costituisce una prova incontestabile di grande cinema. Suggestivo.
Galbo: Ci vuole un certo coraggio nonchè un sano gusto dell'orrido per vedere questa oscena pellicola diretta (oltretutto malamente) da Enrico Oldoini. Il regista riesce nell'ardua impresa di fare rimpiangere i Natali a... di vanziniana e parentina memoria, utilizzando un cast che dà veramente del suo peggio in una storia ridicola che non fa nemmeno sorridere. Orrendo.
124c: Il tulipano nero è uno Zorro della Francia pre-rivoluzionaria. Quando l'eroe viene sfregiato in faccia dai gendarmi, siccome è un uomo importante ed è molto ben visto fra i nobili, manda a chiamare il fratello gemello per chiedergli di sostituirlo a corte. Film minore di Alain Delon che, pur sdoppiandosi, non convince fino in fondo a causa di una sceneggiatura e di una regia un po' troppo incasinata. Virna Lisi è un'imprevedibile e bella spadaccina, forse il suo unico ruolo action. Medio.
MEMORABILE: Giuliano, fratello di Guglielmo/il Tulipano Nero, decide di rapire un principe con l'aiuto del padre di Carole (Lisi), simpatizzante del popolo.
Daniela: Già compagni di malefatte, Jack e Clint hanno poi preso strade diverse: il primo ha imboccato la retta via fino a diventare sceriffo di una piccola città, l'altro ha continuato a sfidare la legge. I conti in sospeso renderanno inevitabile lo scontro... La trama lo condanna alla sconfitta, ma Widmark, che calza come un guanto i panni del suo personaggio ambiguo e beffardo, ha gioco facile nel sovrastare attorialmente l'ingessato Taylor. Nel resto della banda, spiccano le belle facce di Middleton e Silva, oltre a Kelley pre dr.McCoy, mentre Sturges dirige con polso saldo. Finale memorabile.
MEMORABILE: Riferendosi alla pistola, Widmark "Io te l'avrei data in mano" e la replica di Taylor: "Ma tu hai per me un debole che io non ho per te"
Daniela: Dal 1939 al 1949, l'odissea di un contadino romeno, onesto e gran lavoratore: deportato come ebreo, perseguitato in Ungheria come spia, costretto in Germania a collaborare con le SS, infine trattato alla stregua di un criminale di guerra... Trasposizione dell'opera di un romanziere romeno, diretta da un regista francese con protagonisti un attore statunitense di origini messicane ed un'attrice italiana: un pot-pourri che, come spesso accade nelle coproduzioni internazionali, toglie credibilità ad una vicenda già anche troppo movimentata, nonostante l'impegno profuso da Quinn.
MEMORABILE: Un'alto funzionario governativo prende appunti... disegnando margherite; Il prototipo della razza ariana (poco credibile)
Nancy: Nonostante la buona confezione (fotografia, specie paesaggistica, convincente e anche una discreta regia) il film non è ai livelli del primo (che già non eccelleva). Le lungaggini si intuiscono già dal prologo di telefonate intrecciate e continuano per quasi due ore e la noia si fa sentire. Gag scarse, banalissima trama (che novità: si parla di corna) e anche minimal la caratterizzazione dei personaggi (l'unico buono è quello della Angiolini, che per chi scrive è anche la migliore, al contrario della precedente prova). Pessima colonna sonora. Sconsigliato.
Saintgifts: Commedia su misura per le caratteristiche comiche di De Funès, che eccelle quando la sua parte prevede personaggi con non troppe virtù e pronti a far pesare sugli altri la propria superiorità, anche se temporanea. A funzionare qui c'è il senso della misura e la parte sentimentale a bilanciare quella più "gerarchica". De Funès, bene affiancato, diverte senza arrivare a stancare, come successo in altre occasioni con soggetti molto più banali, ma non siamo comunque al livello delle sue prestazioni migliori. La cornice di Saint Tropez aiuta.
Puppigallo: Due notevoli grugni a confronto (Palance, l'inseguitore e Bronson l'inseguito) in questo western tutto incentrato sulla caccia all'uomo, che a un certo punto farà sorgere l'interrogativo su chi caccia chi. Qua e là un po' arrancante e verboso, può però contare su personaggi costruiti con una certa cura e situazioni disperate, soprattutto per gli inseguitori, che fungono da carburante per la pellicola, sottolineando i dubbi e le insicurezze di questi ultimi, con contorno di pregiudizi e puro odio; il tutto evidenziato da calma e sicurezza che contraddistinguono la "preda". Buono.
MEMORABILE: Pronti via e uno degli inseguitori si autoelimina; "Gli apache sono un libro chiuso pieno di cose terribili"; "Ti piace il fuoco eh!?". Bruciato vivo.
Ciavazzaro: Discreta commedia "paranormale" con un Pozzetto decisamente ispirato, si segnala anche per la presenza della bella Gloria Guida e di Marilda Donà (prima del declino) nel ruolo della cameriera. Non male anche i personaggi di contorno (citiamo Diogene). Si ride in modo più che adeguato e la scenografia della villa con maledizione annessa funziona in modo più che soddisfacente (altro che le commedie d'oggi!).
Von Leppe: Er Più der Borgo deve vedersela con Er Più de San Giovanni in questa commedia di bulli e spacconate tutto sommato divertente. Adriano Celentano protagonista ha sicuramente l'aspetto e le movenze adatte alla parte, purtroppo pecca per un accento non proprio consono alla romanità del personaggio. Gli altri attori invece se la cavano bene. Buone le musiche e la ricostruzione della Roma sparita di primo Novecento, anche se nel film viene ribadito che passano le stagioni (prima Carnevale, poi Luglio), ma tutti vestono sempre allo stesso modo dall'inizio alla fine.
Gestarsh99: Anno nuovo, vita vecchia per il 12enne Greg, salito di pochissimo nelle gerarchie scolastiche e familiari di questo simpatico sequel kinneiano. Qui l'occhio della cinepresa si concentra meno sull'interno scuola per dare maggiore visibilità ai problematici conflitti tra fratelli, anche se spesso alcune situazioni vengono lasciate in sospeso o appena accennate, senza fornir loro il tempo utile per rendersi parti integranti della trama. Fattore vincente resta il fatto che il film diverta e intrattenga senza ricorrere a petulanze pedagogiche o al ricatto della volgarità a tutti i costi.
MEMORABILE: La macchia di cioccolata sul retro dei pantaloni del protagonista, scambiata dalla folla per "qualcosa di più grave"...
Galbo: Un noto psicanalista di San Francisco si innamora della sorella di una sua giovane paziente,a sua volta afflitta da instabilità mentale. Realizzato intorno al tema del doppio (molti personaggi non sono quello che inizialmente appaiono) analisi finale è un discreto thriller che deve molto (a partire dal luogo di svolgimento e dal tema centrale) al cinema di Alfred Hitchcock ma che è girato con una certa perizia e con numerosi colpi si scena che assicurano uno spettacolo godibile. Buona la fotografia.
Stefania: Non amo il genere western, eppure ho amato questo film che usa l'ambientazione e la contrapposizione buoni-cattivi tipici del genere per raccontare una storia toccante e profonda. Un ex pistolero (Munny) che non si è mai perdonato le sue passate crudeltà, cerca la redenzione combattendo "per una giusta causa". Per poi accorgersi dell'impossibilità di estirpare da se stesso, e dalla società, le radici del male: la sopraffazione e la violenza. Sia Eastwood che Hackman sono grandi nei loro personaggi ambigui e malinconici.
Pinhead80: Divertentissimo film di Benigni nel doppio ruolo di mafioso virile e uomo semplice pronto a innamorarsi. Nel mezzo la brava Nicoletta Braschi, ammaliante e determinata a tutto pur di ottenere ciò che vuole. Un delirio di fraintendimenti sconquassano la scena trascinandoci in un vortice di risate. E' una comicità pura che gioca su molti luoghi comuni in maniera intelligente e ficcante. Da vedere e rivedere.
MEMORABILE: "E io che l'ho fatta studiare a Detroit!"
Mascherato: Halle Berry ha deciso di fare da madrina ai registi francesi che esordiscono ad Hollywood. Dopo aver interpretato Gothika di Mathieu Kassovitz, ora le è toccato Pitof, il regista "eponimatopeico" del suo cinema (che suono fa un palloncino che si sgonfia?). Visti i risultati le converrebbe tornare ai suoi connazionali. Catwoman riesce nella difficile impresa di strappare la palma della peggior trasposizione di un fumetto a Daredevil. L'unica che si salva, al solito, è Sharon Stone che migliora invecchiando pur non essendo il suo un ruolo "di...vino". Velo pietoso sul look bondage dell'eroina.
Vito: Simpatica commedia col primo Jim Carrey tutto smorfie e improvvisazione. Il film si regge praticamente per intero su una trovata e sulle spalle del comico dalla faccia di gomma, che si lancia in un susseguirsi di esibizioni schizzate ed esilaranti. Forse l'inizio arranca un po', ma poi si arriva velocemente al finale e si ride alla grande. Buono anche il resto del cast.
Daniela: Durante l'occupazione della Francia, un ebreo belga sfugge alla morte fingendosi persiano e diventando così l'insegnante di farsi di un ufficiale nazista che vuol trasferirsi a Teheran a fine guerra... Poco convincente nella descrizione della vita nel campo di concentramento e e nel dosaggio dei toni tra comico e tragico, il film cattura invece l'interesse nel descrivere il rapporto complesso ed ambiguo tra i due uomini: il prigioniero deve inventarsi ogni giorno vocaboli di una lingua inesistente se vuol sopravvivere, mentre l'ufficiale nasconde dietro la divisa fragilità e dubbi.
MEMORABILE: L'espediente con cui i protagonista riesce a memorizzare un gran numero di nuove parole, che diventa strumento per perpetuare il ricordo nell'epilogo.
Capannelle: Non si discutono le prove degli attori, l'eccellente fotografia e una buona cura dei dettagli che non lo rendono banale. Però la storia scorre su un binario troppo dritto, tanto che il primo momento di gran cinema arriva dopo 70 minuti, quando Persbrandt riassume la malvagità e l'arroganza del potere. Meritevole anche la scena del processo e alcuni fermi immagine sui due protagonisti che rendono bene la loro afflizione. Ma il tutto appare troppo malinconico.
Mutaforme: Tecnicamente migliore dei cinepanettoni nostrani, se non altro per la presenza di attori e artisti di fama internazionale (il cast è da top film), Capodanno a New York delude le aspettative. Non riesce mai a provocare la risata e si rivela estremamente scontato quando si butta sul sentimentale strappalacrime. Non mancano americanate e fastidiosi spot pubblicitari. De Niro inutile; si salvano appena la Pfeiffer in veste da cinquantenne delusa e qualche canzone di Bon Jovi. Dimenticabile.
Rocchiola: Il tema della corruzione lo avvicina ai polizieschi di Lumet, ma il ritmo e la messinscena lo fanno sembrare una versione più sobria di Training day. L'esordio alla sceneggiatura di James Ellroy non è proprio memorabile, ma Shelton riesce comunque a confezionare un buon poliziesco d'azione in cui si respira un po' della "malsana" aria dei mitici seventies, anche grazie alla realistica ambientazione nel ghetto in rivolta dopo l'esito del processo a Rodney King. Peccato per un finale troppo plateale e retorico con un Russell a briglia sciolta.
MEMORABILE: L'agguato nell'abitazione dei due criminali; La caccia al criminale di colore nel ghetto in rivolta.
Giapo: Due ore che volano via che è un piacere, tra i sorrisi che scaturiscono dalla coppia male assortita formata dal rigido Don Shirley e dal rozzo Tony Lip (la comunità italo-americana è ritratta in maniera stereotipata ma decisamente divertente) e l'amarezza dello spietato pregiudizio razziale che metterà a nudo l'insospettabile fragilità del raffinato musicista. Una storia commovente, che ricorda in modo semplice, senza retorica, che la vera nobiltà è quella dell'animo.
Rufus68: Finta variazione lacustre de Lo squalo. La squadra di teenager carne-da-macello, l'anonimato degli attori e una temutissima camera a mano (foriera di innumeri horror da due soldi) fanno presagire il peggio. Per fortuna poi il film si rivela tramutandosi in un gioco al massacro psicologico tutt'altro che banale di cui il predatore è occasionale scaturigine (oltre ad assumere precise valenze simboliche). Il finale è un po' tirato via, ma nel complesso l'operina fila via piacevole e crudele. Bella scelta musicale.
Puppigallo: La rivincita della terza età. Vecchietti di tutto il mondo unitevi e scaricate la frustrazione massacrando interi eserciti con armi di tutti i tipi. E' il classico pop corn movie senza alcuna pretesa (e ci mancherebbe, infatti l'unico personaggio senza senso per un film del genere fortunatamente ci lascia quasi subito). I gerontocombattenti sono il meglio; e per fortuna non si prendono sul serio (Schwarzi sostiene che dovrebbero stare in un museo). E' praticamente uno scanzonato bagno di sangue. Non male, nel suo fumettesco genere. Nota di merito per Norris che, a suo dire, si è "ammorbidito".
MEMORABILE: Il cibo preferito di Lundgren "Cucciolo di foca e culo di balena"; "Riposa in pezzi!".
Piero68: Brutto, non mi viene da dire null'altro su questo action di una banalità e di una pochezza a dir poco disarmanti. E dire che ha un comparto attoriale di tutto rispetto: da Penn a Bardem, da Winstone a Elba. E invece... Storia incomprensibile per non dire inesistente, dialoghi buttati lì come fossero meri riempitivi, scene e situation che poco o nulla hanno a che fare con il core del film. La Trinca semplicemente terribile e doppiaggio al minimo sindacale. Morel si conferma regista incapace di zampate vincenti.
Caesars: Buona pellicola basata sulle memorie di Joseph Joffo, il bambino protagonista delle vicende. Il fatto di guardare la storia con gli occhi di un ragazzino fa sì che si trovino momenti quasi spensierati anche nei frangenti più drammatici. Ottima la prova del giovane protagonista Dorian Le Clech, ben coadiuvato dal resto del cast. Buona la regia di Duguay, che riesce a destreggiarsi tra momenti più commoventi e altri più distesi. Non particolarmente convincente il bonario quadro dei soldati italiani (ma forse, agli occhi del bambino, apparivano così in contrasto coi nazisti).
Herrkinski: Più remake (o reboot) che sequel; la trama dell'originale viene ripresa piuttosto fedelmente, non fosse per qualche update "tecnologico" tipico dei film dell'ultimo decennio e per alcuni tocchi maggiormente atmosferici, tutto sommato suggestivi. Nonostante si mantenga la "non-tecnica" del POV, con la solita mdp tra il traballante e l'impazzito, si nota che la produzione è più curata del prototipo; parlerei quindi di versione riveduta e corretta, anche se le novità sono poche e si sarebbe potuto osare di più. Discreta pietra tombale del genere.
Stelio: Davvero non male questo lavoro di Segal: a metà tra il serio e il faceto, tra la parodia e una vicenda tutto sommato gradevole. La sceneggiatura fa il suo lavoro così come gli attori, in un'opera il cui spessore, pur non certo miracoloso, è molto più spesso di quanto non ci si potesse attendere inizialmente. Peccato per un buonismo finale eccessivo, così come le scazzottate esasperate al termine di una ricostruzione sportiva pure abbastanza credibile. Niente di superlativo ma sicuramente di buon livello.
Siska80: William ha le idee chiare fin da ragazzino: diventerà famoso in tutto il mondo. Interessante ritratto di una Leggenda ancora in vita (il cui talento prescinde dai Rolling Stones, sebbene il documentario insista sul periodo all'interno della band attraverso svariate immagini e video dell'epoca) che si racconta senza peli sulla lingua (egli ammette ad esempio di aver sofferto di un'unica dipendenza, quella dal sesso). Intelligente a questo proposito la scelta del regista di raccontare Wyman attraverso le sue stesse parole (il bassista viene spesso volutamente inquadrato di spalle).
MEMORABILE: I tristi ricordi d'infanzia; Il cambio del nome; L'intramontabile colonna sonora.
Lythops: Un film decisamente insipido che cerca di supplire con effetti speciali di media fattura, una storia già vista e rivista. La tensione non procede in crescendo ma a strappi, con accelerazioni e repentine, fastidiose frenature. I dialoghi, soprattutto quando vorrebbero andare sul psicologico, sono di una banalità disarmante e, a parte Smith, l'unico attore degno di nota è un bellissimo pastore tedesco. Anche gli "zombi elettrici" e superveloci vengono presto a noia.
Furetto60: Un inizio spettacolare e adrenalinico, che ricorda (mutatis mutandis) quello di Salvate il soldato Ryan, introduce a uno dei capitoli più drammatici dell’ultimo conflitto mondiale: l’assedio di Stalingrado. Liberamente tratto dalle reali vicende di un cecchino russo, il film si snoda tra duelli tra nemici dichiarati e non, mostrando l’ambiente di uomini destinati dissennatamente al macello, per i quali ogni giorno vissuto era un traguardo. Potrà sembrare in alcuni passi retorico, ma in quei giorni la retorica era merce reperibile in abbondanza. Interessante anche a visioni successive.
MEMORABILE: Seguite il compagno con il fucile. Quando il compagno muore, prendete il suo fucile.
Galbo: Thriller che ha per protagonista una non vedente che recupera parzialmente la vista dopo un intervento. Si inserisce in una tradizione consolidata del cinema (quella dei non vedenti appunto) che il regista tenta di vivacizzare affidandosi ad eleganti cromatismi della fotografia (del grande Spinotti). Il risultato è godibile anche se l'inserimento dell'inevitabile love story tende a banalizzare un pò il tutto. Brava la protagonista Stowe. Originale la colonna sonora.
Lovejoy: Sorta di L'Avventura Del Poseidon ambientato in un tunnel. Ad un certo punto la cosa diventa molto evidente nella parte finale che ci si chiede come la Fox non abbia fatto causa agli autori. Comunque rimane un'opera godibile, seppure qua e là vi siano spunti altamente improbabili. Ma se si stacca la spina dal cervello e ci si cala nella storia, ci si diverte. Buon cast d'attori con menzione particolare per i redivivi Stan Shaw, Dan Hedaya e Barry Newman. Godibile.
LEX: Non ho letto critiche "benigne" su questo film. Vero, un po' moscio; vero, la faccia della signora Braschi ha stancato tutti; vero, il "vecchio" Benigni era tutta un'altra cosa (rimarrò legato per sempre a Non ci resta che piangere); vero, la trama è un filo debole... ma, tuttavia, rimango ancora piacevolmente sorpreso da quest'uomo, dalla sua bizzarra elettricitá, dalle piccole geniali trovate che mi fanno sorridere... e la lezione sulla poesia in classe? Splendida. Grazie.
Siska80: Ritorna il tema dell'amicizia tra bimbi appartenenti a fazioni rivali; eppure qui si è più vicini ad un prodotto disneyano non solo per la giovane età dei protagonisti, ma soprattutto per la trama toccante quanto inverosimile: nonostante l'ambientazione nel terribile periodo del Secondo Conflitto, si tratta in realtà di una fiaba moderna la cui visione è consigliata a un pubblico vario per ricordare, imparare e riflettere su come certi adulti che si credono invincibili perché sottomettono gli altri con la violenza siano minuscoli dinnanzi a piccoli eroi che seminano amore e pace.
MEMORABILE: I quattro bravissimi interpreti principali.
Mickes2: Spaccato di prigioni quotidiane. Le vite delle prostitute in quel di Bangkok (Thailandia), Faripdur (Bangladesh) e Reynosa (Messico) messe a confronto per sottolinearne le differenti sfumature del disagio e della sofferenza. Cambiano i toni e i contesti, ma il dolore si assomiglia tantissimo. Lascia un po’ interdetti la scelta stilistica di Glawogger, che al puro documentario minimale e d’inchiesta sceglie qualcosa che strizza più l’occhio alla docu-fiction. Visto il soggetto si poteva evitare. Ad ogni modo un lavoro discretamente limpido.
Xamini: Film ben diretto e di un certo impatto emotivo, intriso dell'amarezza tipica di Eastwood ma non ancora asciutto come parecchi suoi lavori successivi. Un Costner decisamente in palla presta il volto al protagonista, antieroe in cerca di una redenzione chiamata Alaska. Qualche scivolone lo possiamo annoverare sul fronte realismo e sulla superficialità dei personaggi secondari ma il contraltare dell'umorismo mette le cose a posto.
Cotola: Ha sicuramente una sua forza visiva e narrativa che è difficile da spiegare e che si riesce a cogliere nonostante la complessità narrativa, simbologica ed "ideologica" della pellicola. A tratti può affascinare e piacere se ci lascia trasportare dal flusso ininterrotto di avvenimenti e soprattutto parole. E' però anche chiaro che un film del genere possa spiazzare, annoiare, far arrabbiare. Piacerà di sicuro agli "adepti" del regista polacco di cui, mi è sembrato, rappresenta una summa-sintesi: gli altri potrebbero osannarlo o demonizzarlo.
B. Legnani: Iper-vanzinistico. Talora fatuo, talora divertente. Talora arrangiato, talora ineccepibile. In una parola: la disuguaglianza fatta film, con momenti incredibili, come la porno-epifanìa (non è una bestemmia: chi non ci crede consulti il dizionario) di Edelweiss e di Eva Henger. Non so perché, ma il giro d'Italia dei vari episodi m'ha rammentato i cinegiornali LUCE, con le folle nelle varie piazze d'Italia ad ascoltare gli altoparlanti collegati con Piazza Venezia.
MEMORABILE: L'episodio marchigiano, familiare e jessicante.
Pessoa: Cupellini si conferma regista di talento, bravo a gestire un "pezzo da 90" come Servillo che sfodera l'ennesima prestazione magistrale alle prese con un personaggio piuttosto complicato. Fondamentale l'ambientazione tedesca, che toglie al film eccessi melodrammatici (il rischio era oggettivamente piuttosto alto) e mette al centro la storia, efficace e per niente banale, donandogli misura e rigore. Buona la prova del resto del cast, con facce credibili e abbastanza talento da far girare la vicenda nel migliore dei modi. Un film più che buono, sicuramente meritevole di un'occhiata.
Giùan: Complesso è l'aggettivo critico che meglio circostanzia Syriana, esordio registico dello sceneggiatore di Traffic, complici Soderbergh come produttore e Clooney nel ruolo leader. La peculiare stratificazione del film di Gaghan tuttavia, fa sì che ciò che appare dirompente in prossimità della visione, rischia di rivelarsi evanescente nella distanza della riflessione. Certo si può obiettare che i meccanismi del potere contemporaneo siano appunto così intricati; compito del cinema "civile" però (Rossellini insegna) dovrebbe esser svelarne la linearità.
Reeves: Una specie di Bastardi senza gloria ancora più cult di quello che Castellari dirigerà un po' dopo e che Tarantino amerà con tutte le sue forze. Tante situazioni: americani vestiti da tedeschi, donne travestite da soldati, sgozzamenti notturni, cani che maneggiano candelotti di dinamite. Veramente un B-movie dichiarato, con tutti i suoi pregi e i suoi limiti. Spiega abbastanza bene perché la Carrà non abbia voluto procedere con il cinema: qui fa ridere, soprattutto quando piange. Stelvio Rosi yankee non si può vedere.
Bubobubo: Teleologia esistenziale di undici, banali minuti tardo pomeridiani: come l'effetto farfalla sconvolge per sempre l'entropia di una metropoli mitteleuropea e il destino di alcuni suoi abitanti... Non è propriamente esaltante il passo d'addio artistico di Skolimowski, che si congeda dal suo pubblico con una liofilizzata variazione su tema kieslowskiano in bilico fra accenti thriller, dramma intimistico e bozzettismo slapstick. La qualità media dei singoli episodi è buona; problematico è però il finale uroborico, così forzato, fracassone e fatalistico da non poter non suscitare ilarità.
Lythops: Prodotto cecoslovacco poco conosciuto, attento ai minimi dettagli dell'inquadratura. Nonostante una recitazione non sempre all'altezza di attori e generici, per le situazioni rappresentate e soprattutto l'ambiente può rientrare in quel tipo di cinema vero, quello che lascia ciascuno libero di trarre le proprie conclusioni senza essere influenzato, più o meno subliminalmente, dal commento musicale o effetti vari. Storia di resistenza e di amore dove eroe è chi, a volte inconsapevolmente, dà. E la vita, semplicemente, scorre o si ferma.
MEMORABILE: La storia della famiglia prima dei titoli di testa.
Enzus79: Simpatico film, con sottolineature anche drammatiche, con un buon Giancarlo Giannini che impersona bene il napoletano capo quartiere e il disperato durante la guerra. A tratti il film mi è risultato noioso e ripetitivo. Bella la colonna sonora.
Herrkinski: Non si capisce bene cosa volesse esprimere Canevari; la vacua sceneggiatura vede la protagonista aggirarsi in stato confusionale, sedurre vari personaggi, riflettere tra sé e sé sull'amore, sulla vita, sulla morte... Il tutto nella cornice di un'uggiosa Milano, in piena contestazione da '68. Ogni tanto, tra un dialogo ridondante e l'altro, qualche spunto interessante c'è; si fanno apprezzare anche i consueti interni pop-art, le sinuose riprese intorno alla sfuggente Blank e il tema cantato da Mina. Un film curioso, figlio del momento storico.
MEMORABILE: Il segmento con Celi; Le passeggiate a Milano.
Panza: Commediola strutturata da una serie di scenette incentrate attorno alla verve e irruenza del mitico Fufu. I meccanismi comici sono abbastanza risaputi e la parte finale sembra appiccicata all'ultimo tanto per riuscire a concludere la vicenda in una maniera almeno accettabile. Niente di così memorabile, a parte il momento in cui, quando la gerarchia si ribalta, De Funès si rimpicciolisce in un'intelligente gag visiva. Titolo italiano assolutamente fuorviante, che non si capisce dove volesse andare a parare.
Rebis: Più che il Razorback, lungamente atteso e rabberciato al montaggio, è l'outback australiano a imperversare nel film di Mulcahy, un paesaggio inospitale che un'umanità reietta cerca di assoggettare: con uno stile lisergico e subliminale - all'epoca si disse videoclippato - che nutre l'eleganza della forma astraendo dalla grettezza contestuale, il film chiosa la topica aussie di natura contro cultura. L'effetto è straniante, allucinatorio, sostenuto da un andamento aritmico e dalle saturazioni cromatiche di Dean Semler. L'immaginario post atomico di George Miller, aveva già fatto scuola.
Panza: L'idea iniziale sembra originale e metaforica: i ricchi vivono per sempre e i poveri muoiono in un futuro non specificato. L'idea fantascientifica viene però contaminata da vari elementi incongruenti e forzati, per il personaggio di Salas. Un buon film, ma si poteva fare di meglio.
MEMORABILE: Will e Sylvia fanno il bagno nel mare e ritornati alla villa sono già asciutti!