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Ramino: Nonostante i risibili rimandi alla serie di Don Camillo, i due protagonisti Franco e Ciccio sembrano in grande forma, come Banfi e co., in questa piccola commedia sessantottina. In maniera ironica si vogliono mettere alla berlina le idee rivoluzionarie e la contrapposizione conservatrice/progressista rappresentata dai due protagonisti. I buoni sentimenti vincono su tutto.
MEMORABILE: La partita di pallone tra le due parrocchie e la rivincita a calcio balilla.
Nicola81: A dispetto del fuorviante titolo italiano, non si tratta di un western ma di un film d'avventura che racconta le vicissitudini di due trappers alle prese con una natura selvaggia e con lo scontro tra due tribù di pellerossa. La storia (che vira verso il drammatico dopo una parte iniziale dai toni piuttosto scanzonati) non presenta particolari sorprese, ma sono apprezzabili il ritmo narrativo, gli splendidi paesaggi e la spettacolarità delle sequenze d'azione. Heston e Keith fanno il loro onesto dovere attoriale.
Cotola: Film diviso in tre episodi e dal sapore d'altri tempi che paga una sceneggiatura non molto ispirata ed uno stile registico decisamente troppo televisivo. Il risultato finale è scarsino nonostante qualche sorriso lo riesca a strappare e se non altro cerchi di evitare inutili volgarità.
Markus: Divisa tra film musicale e dramma, l'opera di Piero Tellini sfrutta il successo dell'omonimo brano sanremese del 1958. Ovviamente il perno è Domenico Modugno: in lui c'è il peso del personaggio, che un po' come nella sua vita artistica si divide tra istrionismo e malinconia. La bellezza di Roma in bianco e nero e gli altisonanti nomi del cinema di allora concorrono certamente a rendere la pellicola quantomeno accettabile sotto il profilo della messa in scena, mentre la vicenda in sé, usufruendo di collaudati espedienti, è ben poca cosa.
Markus: La compagnia del Bagaglino nuovamente radunata per un film televisivo che segue (ma solo nel gioco di parole) il "successo" dell'anno prima di Ladri si nasce. Il cliché dei Soliti ignoti si replica in funzione di una vicenda che per l'ennesima volta vede un gruppo di poveri ma simpatici con un "colpo" per le mani che potrebbe cambiare il destino della propria misera vita. La formula così ampiamente utilizzata nel cinema non risente degli anni, soprattutto grazie alla brillantezza degli attori al ritmo della pellicola.
Daniela: Nella metà del 1700, la duchezza del Devonshire è la donna più influente di Londra: detta i canoni della moda, protegge i letterati e si interessa attivamente di politica appoggiando i Whig. Questa immagine pubblica brillante cela però una donna infelice ed umiliata da un marito inaffettivo... Biografia storica con qualche infedeltà, del resto scontata, visivamente impeccabile e ben recitata, in particolare da Fiennes in un ruolo non facile, ma anche un poco accademica, con la maniera che prevale sull'ispirazione, per cui le uniche cose memorabili risultano i costumi e arredi sfarzosi.
Lupus73: Poliziesco-action con canovaccio tipicamente anni '80 non troppo elaborato ma con buona regia, col criminale (in questo caso della Georgia ex sovietica) a cui la coppia di poliziotti dà la caccia per l'intera durata. Tuttavia la particolarità sta nel fatto che Schwarzy interpreta un poliziotto sovietico monolitico in missione negli USA (quindi la situazione mette in evidenza il divario culturale ai tempi della cortina di ferro) e un Jim Belushi particolarmente brillante (un taglia e cuci per tutta la durata) come elemento che dà quel tocco di humor contrapponendosi al buon Arnold.
Simdek: Commedia incentrata sull'argomento preferito dalla Littizzetto, il membro maschile (origine e dimensioni), con la "colpevole" collaborazione di un Papaleo, che fa la sua onesta parte ma che resta immischiato e triturato in questa "inaccettabile vaccata". Ritmo blando e solo un paio di spunti comici (come si poteva fare di più con queste basi?), degno del peggior Vitali... almeno con lui, però, avrei riso di più. Se l'avessi visto al cinema avrei chiesto il rimborso del biglietto. Peggiore sceneggiatura della storia del cinema.
Il Gobbo: Una banda di Kiowa costringe il trapper Joe Bass a scambiare delle pellicce con uno schiavo nero. Poco dopo però gli indiani sono massacrati da dei cacciatori di scalpi, e per Bass e il suo "compagno" inizia la caccia al maltolto. Western picaresco e comico di Pollack, un po' didascalico sul piano della scontata moralina, ma notevole su quello dei paesaggi e dello spettacolo, con grandi scene d'azione e interpreti tutti in parte (ovviamente la Winters e Kojak gigioneggiano). Fra gli scagnozzi un habituè dei set nostrani, il muscolone Dan Vadis.
Samdalmas: Cimino è stato un cineasta anarchico e ribelle che ha lasciato pochi film. In ognuno c'è qualcosa di personale e anche la figura del tenente Stanley White, reduce del Vietnam, che scatena una guerra a Chinatown, sembra una metafora della sua carriera. Scritto con Oliver Stone, è un buon compromesso tra un film di genere e uno d'autore, con un convincente Mickey Rourke. Alcuni momenti sono notevoli, anche se non siamo ai livelli de Il cacciatore.
MEMORABILE: La sparatoria nel ristorante; Il viaggio a Bangkok.
Siska80: Cambiano le facce, ma le storie sono create in blocco: anche qui, come in decine di altri film simili, due colleghi che si detestano finiscono per innamorarsi l'uno dell'altra, complice l'avvolgente atmosfera natalizia. Sufficiente il cast, ma nonostante la breve durata ci si annoia a più riprese anche perché i dialoghi banali vengono per giunta sottolineati da una recitazione enfatica. Perderlo non è un reato.
Saintgifts: Bisogna subito dire che il film, classico prodotto hoolywoodiano da supermarket piuttosto che da boutique, non offre niente che non si sia già visto nel filone thriller. Ci sono tutti gli ingredienti classici del caso e si sa già come andrà a finire, anche se gli sceneggiatori ce l'hanno messa tutta per tentare di inventare varianti che potessero aumentare la tensione e sorprendere lo spettatore. Si guarda comunque con interesse e Freeman con l'orecchino e l'Harley a me sta particolarmente simpatico. Interpreti professionali e regia nella norma.
Gottardi: Uomo dopo un incidente stradale perde la memoria: accusato di essere un serial killer di donne fugge dall’ospedale con infermiera come ostaggio e cerca di ricostruire il proprio passato. Pessimo sotto tutti i profili: tecnicamente, recitativamente (soprattutto la Eastwood) e con presupposti fasulli: l’infermiera aiuta il serial killer efferato di cui non sa nulla e ne diviene complice sulla base di un trauma giovanile per cui il padre si suicidò ingiustamente accusato. Colpi di scena telefonatissimi, tutto il resto è noia.
Cloack 77: Ma perché uno deve sentirsi in dovere, deve prendersi la briga di modificare l'Iliade? Questo è un dubbio al quale non riuscirò mai a dare una risposta. Non era un dovere riportare l'Iliade passo per passo, ma cancellare le fondamenta del testo significa poi raccontare semplicemente un romanzo di figurine senza sostanza. Un disastro su tutti i fronti, resta godibile solo lo spettacolone hollywoodiano, dell'assedio e l'ingresso del cavallo a Troia, ma sembra di vedere un'altra storia.
Cloack 77: L'incredulità è il sentimento più concreto che progressivamente si impadronisce della cognizione; non è possibile che ci vogliano prendere in giro (regista, attori e autori) ancora una volta. Invece siamo alle solite: Brignano a Cuba potrebbe anche far ridere, ma è invischiato in una barzelletta amorosa senza né capo né coda; Pannofino nelle vesti di un Ferretti sporco e cattivo sarebbe da vedere, ma è quasi una comparsa; il contorno non esiste, la famiglia oppressiva, Cuba, la fuga.... Puerto Escondido sembra un capolavoro assoluto.
Rambo90: Bellissimo western di Mann, con toni da dramma greco, ben evidenti nei difficili legami della famiglia Waggoman e con una maestosa fotografia in Technicolor che rende giustizia ai paesaggi sconfinati. Eccezionale James Stewart nel classico ruolo di uomo in cerca di vendetta (ma profondamente giusto), ma bravi anche Kennedy, Crisp e il sempre presente Elam. Ottimo.
Belfagor: Per pagarsi gli studi Hamina diventa la dama di compagnia di una scontrosa vecchietta. Commedia graziosa e ingenua come la protagonista, ben interpretata da Sandra Dee, che riesce ad unire sentimenti zuccherosi e umorismo, seppur in modo leggero e non molto originale. La descrizione del rapporto tra le classi nella società americana è all'acqua di rose. Buona la fotografia.
Digital: Un bandito, dopo aver rapinato una banca si dà alla fuga. A inseguirlo ci si mettono il compagno della ex moglie e alcuni uomini senza scrupoli decisi a intascarsi la refurtiva. Western che si guarda con estremo piacere grazie alla regia vivace capace di rendere interessante una storia che pur essendo risaputa, non manca di elargire tensione, tra furibondi corpi a corpi e spettacolari scontri a fuoco. Murphy è una garanzia nel ruolo dell'eroe senza macchia, mentre McGavin gigioneggia come villain. Veloce, mordace b-movie d'antan da riscoprire.
Xabaras: Sarebbe fin troppo facile criticare l'improbabilità della location campagnola, sorridere alla vista degli improponibili cactus di cartone o rimanere interdetti di fronte al sostanziale scopiazzamento degli ormai stra-abusati stilemi del western classico americano; molto meglio lasciarsi ammaliare dallo sfolgorante rigoglio visivo tipico di ogni grande opera baviana, invece. Alcuni hanno anche notato piccole somiglianze con Il mucchio selvaggio, e in effetti la fallimentare rapina con i banditi travestiti da innocue giubbe blu qualche dubbio lo lascia.
Vitgar: Commediola che non riesce a scrollarsi di dosso quel marchio "made in Italy" inteso nel suo senso negativo. Genovesi prova a percorrere situazioni paradossali alla Wes Anderson senza però averne la capacità immaginifica, restando così con una sceneggiature impacciata e scollegata. Il cast è di buon livello, anche se alcuni attori non sono al loro top. Buona la colonna sonora di Farri.
Cristian: Mi è piaciuto solo in parte: c'è un Villaggio che sembra stanco (eppure siamo al quarto capitolo della saga), le gag sono le solite ma comunque si riesce a ridere. La cosa che non mi è piaciuta per niente è la fine del film, che si conclude come se fosse stata tagliata a metà...
Galbo: Ennesimo film sui preparativi per un matrimonio tra le generali incomprensioni delle famiglie dei promessi sposi: un tema stra-abusato al cinema e per il quale questo Matrimonio in famiglia non aggiunge nulla di nuovo, né riesce a valorizzare il potenziale messo a disposizione da un discreto cast, a cominciare da Forest Whitaker, che appare francamente sprecato. Veramente pochi gli spunti divertenti e anche questi non adeguatamente valorizzati.
Frivolissima commedia tutta al femminile che pare nata per attrarre gli strali della critica (come regolarmente accaduto) ma che gode di un insospettabile brio e di interpretazioni vivaci che la rendono a suo modo originale e divertente, ritmata oltretutto da una colonna sonora supervisionata al meglio, ricca di carica. Prendi sei giovani e belle cheerleader e le fai agire disinvoltamente come ci si aspetta dal ruolo: di certo non si scervellano affrontando gravi questioni filosofiche, in poche parole. Al massimo si dedicano a ipotizzare chi sarà la nuova reginetta del ballo o a sognare il bello...Leggi tutto della scuola (Mardsen); che poi finisce tra le braccia di Diane (Shelton), la biondina leader delle cheer(leader). I due si amano dal primo momento, tanto che – ahi – lei rimane incinta. Problemi? Macché: lo si tiene; anzi, al plurale visto che saran gemelli. Ma i soldi per crescerli dove li trovi? Nessun problema, ci pensa il gruppo. Noleggiando la cassetta di POINT BREAK l'idea sorge spontanea: rapina in banca con maschere (in questo caso da “bambola Betty”) e vestiti ispirati alla bandiera americana. Il film è tutto così: non c'è spazio per ragionare, per farsi domande, per riflettere. Colpevolmente (visto che l'insegnamento non è dei più educativi) le nostre sei ragazze (più una, la figlia dell'armaiolo, il quale per scontare pistole e fucili la pretende futura cheerleader) lo script di Mandy Nelson frulla tutto in un copione che si prende allegramente beffe dei drammi tipici dell'heist-movie e che estremizza l'ironia di Tarantino per ridurre tutto a uno scherzo affrontato con ingenuità quasi favolistica. Perché allora la leader della squadra rivale sta raccontando tutta la loro storia alla polizia facendoci capire che la stiamo rivivendo all'interno di un lungo flashback? Ci sarà la svolta inattesa che in film così comunque prima o poi solitamente arriva? Francine McDougall dirige il suo unico film distribuito in sala con un disimpegno che si sposa benissimo con la semplicità dei processi mentali propri delle protagoniste, le quali dal canto loro recitano con la dovuta brillantezza. Se Marley Shelton col suo pancione è l'indiscussa trascinatrice (alla rapina le altre si fingeranno a loro volta incinte per deviare ogni sospetto) è impossibile non apprezzare la verve di Mena Suvari, inizialmente in ombra poi più centrale (anche perché ha il compito di interrogare per una “consulenza” la madre in carcere). Le altre seguono, fanno da piacevole contorno in una pellicola da seguire a cervello completamente disconnesso lasciandosi accompagnare dalle musiche e ammirando le “american beauties” a casa e sul campo, mentre si esibiscono. Il politically incorrect serpeggia sorprendentemente più qui che laddove è smaccato, le battute non mancano, i dialoghi frizzano e la regia è svelta come deve, con una conclusione saggiamente anticipata ancor prima che scocchi l'ora e venti.Chiudi
Pesten: Film che può sembrare quasi un passaggio di consegne dal vecchio al nuovo western, in cui l'old school Wayne si trova in situazioni per lui quasi inconcepibili (le moto, le macchine, le nuove pistole). La pellicola è abbastanza prevedibile e si barcamena tra situazioni più crude e violente del solito e altre tipicamente ironiche ma leggermente stiracchiate. Le prime, supportate anche da eccellenti riprese in esterno, aiutano a reggere un preludio ampio e dilatato, le seconde reggono solo grazie alla presenza del Duke. Non un capolavoro, ma comunque degno di essere visionato.
Pessoa: Terza fatica cinematografica e seconda consecutiva per la coppia Battista-Salvi che, se possibile, riescono a fare peggio che in precedenza. La colpa è essenzialmente dello script, assolutamente deficitario, che propone battute e situazioni che invece di far ridere lasciano sgomenti per la loro pochezza. I protagonisti dimostrano ancora una volta di non riuscire a reggere un film intero sulle spalle e le seconde linee sono del tutto inadeguate. Si salvano solo un'intrigante Bergamo e il solito Mattioli che però appare troppo poco. Scarsissimo.
Schramm: Besson deve avere un conto aperto con le orfanelle rese tali dal crimine (fuorilegge o parastatale che sia) e che a 6 anni meditano tremenda vendetta, saltano di tetto in tetto che nemmeno l'uomo ragno, e hanno come tutore uno zio hitman che tramanda la tradizione familiare sparando indisturbato a rampazzo fuori da un asilo. Con uno sbalzo temporale di circa 15 anni, la nostra catwoman ne combina peggio di Bertoldo di Francia in un patapim-patapum di improbabilità e "imprevisti" che fan cadere la mascella. Ma più per gli sbadigli che per lo stupore. Robe che nemmeno Hanna & Barbera.
Giacomovie: Durante il secondo dopoguerra la prostituta Filumena Marturano usa la furbizia per farsi sposare dal ricco amante Domenico. De Sica accentua i connotati teatrali che ben si adattano al contesto partenopeo dell’originale commedia di De Filippo, ma riesce a non farlo sembrare un film troppo teatrale. La sceneggiatura è ricca di dialoghi e la storia si mantiene scorrevole. Splendida la prova di Sofia Loren, che le è valsa solo un David ma che avrebbe meritato di più.
Pinhead80: Volgarissima commedia che dovrebbe mettere in risalto il lato nascosto delle moderne mamme capaci di lavorare a casa e fuori ma anche di essere trasgressive. In realtà quello che esce fuori è un quadro grottesco, un enorme stereotipo sulla figura genitoriale femminile che sforna sproloqui senza soluzione di continuità e senza senso. Irritante.
Daniela: Ai bambini, per indurli a mangiare anche cibi a loro sgraditi, se ne vantano le tradizionali virtù: il pesce che contiene fosforo e fa bene al cervello, gli spinaci che rendono forti come Braccio di ferro. Così, guardando insieme il sequel di Conan, durante una certa scena al più grandicello venne da osservare rispetto a Schwarzy: "deve aver mangiato tanti spinaci... e poco pesce". Questa scena mi è rimasta cara, il resto del film lo lascio perdere volentieri, anche se presenta alcuni aspetti spettacolari, per la mediocrità della storia.
Hackett: Poco divertente questa commedia francese, che sfruttando il consunto tema dell'importanza di certe piccole scelte (alla Sliding doors) cerca di coinvolgere lo spettatore in una storia di corna o presunte tali che non decolla mai. Personaggi poco divertenti, dialoghi scialbi e un cast che non convince per un film che invece che divertire lascia troppo spesso il posto alla noia.
Galbo: Evitando le possibili trappole del semplice film biografico, il neo regista Di Stefano realizza un buon thriller psicologico sul rapporto tra vittima e carnefice. L'autore lavora sulla psicologia dei personaggi avvolgendoli in un'ombra lugubre. L'atmosfera "inquieta" rappresenta alla lunga il lascito principale della pellicola, che punta a mostrare il fascino sinistro del male. Ottima la ricostruzione ambientale. Diligente Hutcherson, bravo Del Toro che però è perdente nel confronto con il magnifico Escobar di Wagner Moura.
Galbo: In un laboratorio di Chicago viene mnessa a punto un importante scoperta molecolare ma l'attività viene presa di mira da servizi segreti deviati. Action non particolarmente degno di nota se non per la presenza del grande e carismatico attore Morgan Freeman. Per il resto si tratta del solito film segnato da azione adrenalinica, esplosioni ed inseguimenti non particolarmente originali e sempre ad alto tasso di improbabilità sia pure realizzati con discreto senso del ritmo. Parecchie somiglianze con il ben più riuscito Il fuggitivo.
Lupus73: "La montagna tra di noi" è il titolo originale (e migliore). Un survival tra le nevi con una consistente componente romance. Ambientazione e fotografia (genuina e senza fronzoli) sono un continuo spettacolo di vette, dorsali, crepacci, foreste innevate e acque ghiacciate. Il soggetto non è originalissimo e - a parte qualche trovata particolare nella sopravvivenza - ciò che lo distingue è l'ostica love story tra i due protagonisti (con immancabile scena d'amore stile Harmony...) giustificata dal contesto. Buone regia e interpretazioni.
MEMORABILE: La scena del puma; La scivolata verso il crepaccio.
Daniela: Commedia originale, con un novello Candido (Fraser, molto in parte) che scopre il mondo e le sue stranezze moderne con lo sguardo vergine di chi è rimasto segregato per 35 anni in un rifugio antiatomico causa paranoia dei genitori. Costoro sarebbero in effetti da biasimare assai, ma non è possibile farlo, considerata la simpatia della coppia composta da Sissy Spacek e Christopher Walten. Nulla di travolgente, ma si può tranquillamente vedere, anche se la durata forse è eccessiva.
Daniela: Coppia spiantata va a vivere in un palazzo in cui nessuno vuole abitare perché si crede sia infestato dal fantasma di un nobile spagnolo... Trasposizione della commedia di Edoardo De Filippo in una chiave di farsa di grana grossa che ne stravolge il significato più ancora della modifica dell'epilogo... Fuori ruolo Gassman marito ingenuo che forse avrebbe meglio figurato al posto di Adorf, appena accettabile Sophia Loren a cui si chiede solo di vestire ancora una volta i panni della popolana procace. Il titolo più mediocre nella filmografia di Castellani.
B. Legnani: Parodia di Zorro, azzeccata nei "tòpoi" dei duelli e nella relativa presa in giro, oltre che nel parlare ricercato dello Zorro infantile, ma un po' meno funzionante come ritmo, con alcune lungaggini prendi-tempo. Gradevoli i big: non solo Chiari, ma anche Gassman (che gigioneggia tanto leggermente quanto adorabilmente) e Luigi Pavese. C'è, non accreditata, la Loren.
MEMORABILE: "Siete arrivato in tempo, proprio come nei film!"
Lovejoy: Versione cinematografica di un personaggio di successo dei fumetti e della tv made in Usa. Discreta, sorretta da un buon ritmo e da alcune gag molto divertenti. Ma la trovata geniale è stata affidare la parte del burbero vicino Mr. Wilson al carismatico Walter Matthau, qui davvero esilarante. Ottimo come sempre anche Lloyd. Così così il giovane Gamble.
Herrkinski: Survival-movie tratto da una storia vera che si dimostra migliore della sua reputazione; certo, è tutto già visto e si seguono abbastanza pedissequamente i canoni del filone, così come il personaggio di Hartnett - comunque bravo - non ispira proprio simpatia e molte delle sue azioni nella prima parte sono estremamente stupide; ma l'atmosfera ghiacciata e desolata è ben resa e l'escalation di difficoltà e sforzi fisici coinvolgente, così come emozionale è l'ultima parte, con un'apparizione del vero LeMarque senza gambe. Una storia di redenzione e speranza che può farsi apprezzare.
Il ferrini: Thriller popolato da personaggi davvero bizzarri, come spesso accade con Rafelson. Samuel L. Jackson, per una volta buono, si ritrova ostaggio di una sconclusionata banda di rapinatori capeggiata dal viscido Skarsgård, ma è soprattutto con la Jovovich che instaurerà un rapporto pericoloso (notevole la scena del violoncello). Nonostante qualche forzatura di troppo la vicenda si lascia seguire con interesse fino all'epilogo. Visti i nomi in ballo era lecito attendersi di più, ma qualche buon momento c'è.
Puppigallo: Più crepuscolare di così...Oltre al vecchio West, qui ormai anacronistico e presente solo grazie a vecchi dinosaurici pistoleri, si è al cospetto di un protagonista (bravo e tristemente convincente), che oltre a far parte di quella stirpe quasi estinta, deve fare i conti con un brutto male che non dà scampo. Il ritmo è quel che è; e non potrebbe essere altrimenti, visto che si tratta di un lento epitaffio. Ma alcuni personaggi contribuiscono a dare ossigeno (il dottore, lo sceriffo idiota, il becchino e il nero; più banale il ragazzo-fan), rendendo piacevole la visione. Riuscito.
MEMORABILE: La locandiera: "Lei è un famigerato individuo avulso da ogni buona regola di decenza, un assassino". E lui: "Solo perchè miravo meglio degli altri?".
Myvincent: Non un film che si ispira alla realtà, bensì un film che la racconta, anche attraverso il confronto fra gli interpreti e i veri protagonisti della vicenda: una bravata fra studenti universitari che voleva far loro toccare il cielo con un dito e guadagnare un sacco di dollari. Il film gode di un cast di attori davvero in gamba che "scivolano" con naturalezza su dialoghi fatti su misura per rappresentare le loro varie tipologie psicologiche. Eccessivamente rigorosa la punizione che gli verrà assegnata. Ma questa è la storia.
Didda23: Tom DeCillo compie un autentico miracolo nel montare e nel dirigere un magnifico documentario nel quale si ripercorre filologicamente la cavalcata imperiosa dei Doors nel mondo meraviglioso del rock made in Usa. Interviste succulente e intensissimi materiali inediti hanno il pregio di innalzare esponenzialmente la qualità del girato. Ottima la scelta di dare ampio spazio alla musica. Scalda il cuore.
Rambo90: Per niente all'altezza del precedente: un sequel senza idee e senza nerbo, in cui non si riconosce nemmeno la mano dello stesso regista. Patric è troppo insipido per sostituire Reeves, la Bullock troppo sopra le righe, Dafoe è l'unico a salvarsi come villain di tutto rispetto. La prima parte è soporifera, dopo ci si sveglia grazie a buon effetti speciali e a un po' di tensione, ma ormai la frittata è fatta.
Nando: La commedia pecoreccia a cavallo degli anni '70 annovera anche questa pellicola ambientata a Stresa. La solita scuola scombiccherata con il preside Banfi che regna incontrastato nelle situazioni comiche. Nel complesso abbastanza scadente, con solo due topless della fata Rizzoli e della sorprendente Martinez. Vitali solito zimbello e la De Simone volutamente invecchiata.
Silenzio: Sunto e sublimazione della poetica western del regista californiano, a partire dal protagonista, archetipo dell'eroe manniano che «non incarna la legge, la terra, l'immagine paterna, ma viene da altrove e va altrove» (J. Rancière); così come la macchina da presa che lo immortala, Lockhart soffre gli spazî chiusi (civiltà), trovando agio soltanto nella sconfinatezza dell'Esterno (Natura-libertà). Dietro la figura tragica di Alec Waggoman non si fatìca a riconoscere il Lear scespiriano. Cast eccelso.
MEMORABILE: "Eppure hanno tutti un paese al quale sentono di appartenere, no?" - "Non io: a me pare sempre d'essere nato dove sono".
Flazich: Thriller con punte di morbosità. Tutto inizia per caso a una seduta di sesso-dipendenti dove due persone si incontrano; questo genererà una serie di conseguenze. La trama è veramente complessa e non è avara di colpi di scena. La tensione rimane costante per tutto il film fino alla fine dove ogni dubbio verrà svelato. Buona l'interpretazione di Bardem anche se la migliore performance spetta a Victoria Abril. Le musiche ricordano moltissimo i film di Hitchcock e questa assonanza è più forte nel finale.
Digital: Un bandito, dopo aver rapinato una banca si dà alla fuga. A inseguirlo ci si mettono il compagno della ex moglie e alcuni uomini senza scrupoli decisi a intascarsi la refurtiva. Western che si guarda con estremo piacere grazie alla regia vivace capace di rendere interessante una storia che pur essendo risaputa, non manca di elargire tensione, tra furibondi corpi a corpi e spettacolari scontri a fuoco. Murphy è una garanzia nel ruolo dell'eroe senza macchia, mentre McGavin gigioneggia come villain. Veloce, mordace b-movie d'antan da riscoprire.
Panza: Ripescando un po' da tutti quei miti degli Anni Sessanta, un film a tre episodi con tempo centrale delle ambizioni, l'elevarsi dalla massa identificandosi con qualcuno di superiore. La realizzazione è sciatissima, con una regia incapace di imprimere un ritmo deciso a una pellicola senza linfa, senza idee; da salvare solo per due o tre ideuzze mal gestite. Degno di nota in questo senso l'ultimo episodio con qualche sprecato esterno americano. Azzeccata la locandina. Occasione mancata perché i soggetti erano discreti.
Belfagor: Sarà che con i precedenti tre c'è poco in comune (legami di parentela e Eugene Levy a parte), sarà che sono scomparsi i fastidiosi personaggi originali, ma questo quarto capitolo della saga è una tacca al di sopra dei predecessori. Ciò non toglie che sia un brutto film, poco divertente nella sua giaculatoria di volgarità gratuite. L'unico a lavorare seriamente è Levy, che però è molto defilato. Se ci tenete a completare la saga...
Il Gobbo: Il fanatico maggiore Dundee conduce una sua guerra personale con gli Apaches guidati dal feroce Sierra Charriba, e allo scopo recluta un manipolo di desperados fra i prigionieri sudisti. Inizia la caccia... Epico western di Peckinpah, scempiato dai produttori e restituito a nuova vita dal dvd (sempre sia lodato), che ne ha ripristinato l'integralità. Influentissimo, vibrante, con interpreti superbi (Heston mai così bravo, Richard Harris eccellente). Imperdibile, ora da vedere rigorosamente nel director's cut.
Saintgifts: Edouard Molinaro precursore dei tempi. Ha anticipato Dolce e Gabbana in due stilisti inglesi, uno comprensivo e "dolce", l'altro più burbero e "sgarbato" e una spia russa con le sembianze di Putin. Il film è simpatico: sono carini la Bardot, falsa oca ma bella per davvero e Perkins più timido che nevrotico. La storia di spionaggio, messa in commedia, poteva essere azzeccata anche lei, se montata tagliando qualcosa e mantenendo un ritmo più serrato. Ho letto da qualche parte che non è piaciuta agli inglesi: strano, forse si sono visti allo specchio.
Daniela: Trasposizione fastosa per quanto riguarda il dispiego di mezzi e l'impiego di comparse, ma resa mediocre da una sceneggiatura da banale fotoromanzo, dialoghi insulsi, personaggi privi di spessore quasi sempre affidati ad attori inadeguati al ruolo. Il risultato è una patacca indegna della regia dell'esperto Wise, indigesta come una peperonata, in cui l'infedeltà al testo omerico è in fondo il male minore, dato che gli unici momenti sopportabili sono quelli in cui i personaggi sono figurine da diorama che battagliano con il sottofondo della colonna sonora di Max Steiner.
B. Legnani: Frammentario. L’ispirazione della pellicola (Petrolini, ça va sans dire) contiene una promessa che la parte iniziale del film pare mantenere, invece essa si trasforma in una premessa, se non a una mezza delusione, a un’opera che mantiene meno dello sperato. Ci sono caratteristi adorabili (pure Lorenzon e Mino Doro!), ci sono momenti gustosi (la pelliccia), ma manca una vera unità narrativa, il che forse è dovuto ad un brodo un po’ allungato. Si guarda fino in fondo, ma in fondo si ha ancora fame.
MEMORABILE: Il noto tormentone “A me m’ha rovinato la guèra”.
Caesars: Castellari non è un regista da buttare, ma questo film non appartiene certo al suo miglior repertorio. La trama è trascurabile, le scene di lotta con gli squali sono anche ben realizzate ma sono abbastanza ridicole e soprattutto Franco Nero è inguardabile con quel zazzerone biondo posticcio. Certamente la pellicola non si vuol prendere sul serio e si respira una certa aria (auto) ironica, ma il risultato finale è decisamente sconfortante e rasenta l'inguardabilità. Consiglio di spendere 90 minuti in modo più proficuo.