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B. Legnani: Il filmetto tiene bene per quasi un'ora, basato sulla commedia dell'equivoco, specialmente grazie al trio Chiari - Riva - Billi, davvero in gran forma. Quando inizia l'assedio gastronomico, le idee cominciano a scarseggiare e si deve ricorrere pure alle torte in faccia, cosicché termina calando. Un po' trascurati i personaggi laterali, come Campanini. Copertissima, ma toracicamente esuberante, Franca Marzi. Guardabile (il film, non solo la Marzi).
MEMORABILE: La scritta iniziale, che si scusa in anticipo con i sardi, a scanso di offese per i costumi isolani descritti nella pellicola.
Homesick: Seguito spurio del kolossal kubrickiano. La regia del professionista Corbucci provvede ad uno svolgimento movimentato e alla giusta spettacolarità di scene di lotta e battaglia, che distolgono da quella mancanza di veridicità – anzi, qui sarebbe più corretto parlare di clamorosa falsificazione storica – comune alla maggioranza dei peplum. Tra gli attori svettano Garrani, con il suo nobile e umanissimo Cesare, e Gora, il ricchissimo Crasso cui tocca – ça va sans dire – la terribile morte per mezzo dell’oro fuso colato in bocca.
G.Godardi: Simpatica parodia del genere western, quello classico americano (lo spaghetti stava appena nascendo) ad opera del duo siciliano. Confezionato bene, con cura per le ambientazioni e le scenografie, nonostante tutto sia fatto "in casa". La sceneggiatura, pur se pretestuosa, c'è e questo è un bene visto che spesso tali film girano a vuoto sulle gag della coppia. Purtroppo la durata è eccessiva: con una potatina sarebbe stato un film da tre palle. Gran finale alle cascate di Monte Gelato. Gradevole.
Cotola: Molto "amore" e poca paura: tante, troppe e pure banali, le beghe familiari e sentimentali; appena accennati i temi politici. Amaro lo è, ma la von Trotta manca assolutamente della spietata lucidità e della cattiveria che furono del suo maestro, Fassbinder. E non resiste alla tentazione di un finale non certo lieto, ma che comunque prova a ricomporre, in modo posticcio, la disillusione vista fin lì.
Cast molto ricco in cui i giovani (Castellitto ed una splendida Golino) figurano meglio degli anziani.
Motorship: Forse il migliore film di Franco e Ciccio. Un film leggero, ma che ha parecchie trovate intelligenti oltre che gag davvero spassose alle quali non si può non ridere a crepapelle: parecchie le scene memorabili. Bianchi dirige bene, la sceneggiatura è perfetta, così come anche Franchi e Ingrassia sono in una forma davvero eccezionale, padroni della scena e con tempi comici assolutamente perfetti. Anche il cast di contorno non è male, in particolare Bonucci e la Nicolai. Bellissime le gemelle Genberg e piccola parte per Lino Banfi.
MEMORABILE: "Vedrai che così facendo ci sistemeremo per tutta la vita"... poi in carcere: "Per tutta la vita no... ma per 3 anni sì".
Saintgifts: Herzfeld scrive una sceneggiatura non poi così male: lega tra loro polizia, pompieri, una certa televisione a due sciroccati venuti dall'est Europa in cerca di notorietà e ricchezza; scena della vicenda è naturalmente New York. Se l'idea è discreta, Herzfeld però commette l'errore di fare di tutti i personaggi caricature poco credibili, andando ben sopra le righe sia nel bene che nel male. Il personaggio più azzeccato, anche perché trova la giusta faccia in Kelsey Grammer, è quello del conduttore televisivo che ha sempre l'ultima parola.
MEMORABILE: La breve apparizione di Charlize Theron come tenutaria dell'agenzia "accompagnatrici".
Homesick: Western che vanta il pregio di aver superato appieno lo scorrere del tempo, qualificandosi come un classico a tutti gli effetti e un indispensabile modello anche per le pellicole di casa nostra. Azione, riflessione, valori morali, amicizia virile, prepotenza, ironia e colpi di scena sono saggiamente dosati da una una regia professionale e da un gruppo di attori-caratteristi che danno il meglio di sè: Wayne consolida i suoi ruoli-tipo e Martin delinea un personaggio complesso e interessante.
MEMORABILE: Le gocce di sangue nel bicchiere di birra.
Cloack 77: Un film impalpabile, inesistente, superfluo... del tipo: un disperato viene assunto per alleviare le fobie di una donna in carriera, si innamorano, si lasciano, si... Insomma, la solita sciocchezza e il solito “possibilmente interessante” incipit, con Favino disperato su una gru pronto a lanciarsi nel vuoto, sprecato e buttato via così verso il precipizio dell'inutilità. Si può aggiungere ben poco, si può indovinare facilmente il finale, ma soprattutto la frase "portami a vedere le stelle" la credevo vietata “dalla Costituzione”.
Reeves: Uno dei migliori fantasy italiani, che ha raccolto la disponibilità di Steve Reeves ansioso di diversificare il suo personaggio troppo legato a Ercole. Straordinarie le scenografie, con trucchi e sovrapposizioni che rendono irriconoscibili posti assai noti come le cascate di Monte Gelato. Bello anche il trucco che consente di diventare invisibili: prima Reeves ci lotta contro, poi lo usa per sfuggire a chi vuole ucciderlo. E i due cattivi Vargas e Dominici sono come sempre affascinanti.
MEMORABILE: Le cinquanta bastonate per il cattivo re; L'esercito che sorge dal nulla ed è armato di bastoni.
C'è un po' di imbarazzo nel commentare un film il cui titolo italiano già pensa bene di svelare ciò che si scopre solo non nell'ultima parte (in originale il titolo è un più anonimo THE NURSE), ma tant'è... L'infermiera Lynette (Ford), una bomba sexy non da poco che si piazza nella lussuosissima villa di una coppia giunta in zona per lavoro, viene chiamata per assistere il padre (Heard) di lei (Brannagh), psicoterapeuta autrice di libri di successo. Tornata lì, nel paese della propria infanzia, per seguire un incarico dato a suo marito (Noseworthy), assunto come dirigente d'albergo a due...Leggi tutto passi per una sorta di coincidenza, Cara si trova costretta quasi subito a ospitare in casa papà, vittima di un attacco di cuore. L'assicurazione consente all'uomo di usufruire di un'infermiera h24, che a sua volta quindi s'installa subito in villa. Non che nelle ampie stanze non ci sia posto, ma Cara e suo marito Brian avevano pensato a un altro tipo di intimità. Inizialmente comunque, come sempre in questi casi, le cose sembrano andare per il meglio: Lynette è dolce, servizievole... addirittura dimostra di saper intervenire al momento giusto quando Cara, nel suo studio insieme a un paziente particolarmente irrequieto, si trova da questi quasi minacciata. Poi però subentrano gli screzi, le prime incomprensioni, ed emerge sempre più in Lynette un'ambiguità che dovrebbe, a questo punto, instillare qualche dubbio sulla sua dirittura morale. Dovrebbe, appunto, perché il titolo italiano non lascia spazio all'immaginazione e se anche finora l'unico delitto presente è quello di una ragazza in camice spinta giù da un precipizio da un killer incappucciato nell'incipit, si capisce che difficilmente l'infermiera potrà risultare l'angioletto che magari qualcuno sperava immaginando una seconda parte meno prevedibile della prima... Nel frattempo entrano in scena l'anziana vicina col cane che qualcosa di strano in Lynette percepisce e pure il fisioterapista del padre malato, un palestrato che subito precisa di non aver sentito dire da nessuno che l'infermiera dedicata al paziente era stata sostituita. E così alla brava Lynette, che comunque s'era già un bel po' accanita sull'ammalato sparandogli raffiche di iniezioni a casaccio nelle gambe dopo averlo stordito, sale il sangue agli occhi. E anche Cara e suo marito, fino a quel momento forse ancora convinti di essere un po' troppo malfidati, capiscono che nella procace bionda dallo sguardo malizioso qualcosa non va. Infine qualche morto arriverà, fatalmente... Fondato quindi sul sospetto circa la vera natura dell'infermiera, il film vi costruisce attorno una storia facile facile, introdotta e saltuariamente interrotta da primi piani di Cara che pontifica sui comportamenti umani generalizzando, come se volesse far rientrare la vicenda in una casistica più ampia (capiremo nel finale il perché). L'unico elemento disturbatore, che in un thriller potrebbe deviare l'attenzione da Lynette, è il paziente irrequieto già citato, che spunta spesso fuori dal nulla minacciando con vaghezza la psicoterapeuta durante le sedute. Ma tutto fa parte di un gioco già visto mille volte. Si salva fortunatamente la recitazione e anche la confezione non è delle peggiori, ma ben poco di coinvolgente si ritrova nella storia, risolta con un colpo di scena ridicolo che pare veramente buttato là tanto per movimentare un po' il copione stantio. Troppo tardi...Chiudi
Kinodrop: Sète: una matura imprenditrice di un’attività portuale si fa carico di occultare un grave misfatto per proteggere la problematica figlia (menomata da un incidente e tossicodipendente) alla mercè di un “fidanzato” pieno di debiti e ricattatore. Un dramma familiare che ripercorre senza originalità cliché già noti (divario tra periferie in mano a disparate gang e agiatezza borghese, l’onnipresenza del racket della droga con relativi strascichi) diretto con mano (quasi) leggera, con tratti sentimentalistici, ma che può contare su un cast di tutto riguardo. Gradevole, nell’insieme.
MEMORABILE: Il recupero del cadavere; La fragilità della figlia; Il "testamento" di Ben.
Panza: Nonostante la presenza di Sordi la commedia risulta molto scialba, anche se la sceneggiatura tratta il tema del paranormale molto bene. Solo gli ultimi quaranta minuti salvano la pellicola dando origine a una vera svolta nella trama. Ottima l'interpretazione di Sordi, sopratutto quando scatena il ciclone durante la festa; il film risulta comunque molto noioso.
Homesick: Il secondo incontro tra il duo Spencer-Hill e Colizzi è all’insegna di un western allegro e luminoso, tuttavia appesantito da una lunghezza eccessiva. Hill, ancora ombroso e taciturno come il suo Django apocrifo, è scavalcato da Spencer e soprattutto da un grandissimo Wallach, impegnato in un personaggio molto simile al Tuco leoniano; anche il “Cangaçeiro” Capitani e il biscazziere McCarthy fanno la loro bella figura. Notevole il duello finale nel casinò, che fa guadagnare al film un giudizio discreto.
Silverstar: Western che tocca le corde psicologiche e istintive dei protagonisti. Abbiamo l'eroe, che è un debole a prima vista, ma che scavando nel personaggio non è; c'è il cattivo, anche se con lo scorrere della pellicola si noterà che ve ne saranno altri ben più satanici di lui; la fidanzata dello sceriffo, personaggio ambiguo, sempre a cavallo tra i due protagonisti; Le persone di contorno che cambiano idea in base al loro comodo. Insomma, un western da capire e da visionare, dove è facile trarre conclusioni affrettate ed errate, quando alla fine si ripensa al tutto.
Deepred89: Tanto spensierata quanto inconsistente, una commediola non particolarmente divertente ma indubbiamente rilassante, che ancor più che Il ciclone rappresenta un catalogo dei sogni, stavolta non solo erotici, del protagonista-regista: la ricchezza ottenuta onestamente e senza perdere la purezza, l´amore a prima vista e, infine, la possibilità di rifugiarsi, quando si inizia a essere stanchi, in una casetta nel bosco circondati da persone simpatiche, il tutto senza mai incappare in veri ostacoli. Piccola parte per Yamanouchi, il Diavolo di Joan Lui.
Galbo: Periodo fertile per la commedia leggera americana, gli anni '60 sono stati anche il periodo fulgido dell'attrice Sandra Dee, protagonista di questo film diretto da Richard Thorpe. Sebbene sia assai poco originale narrativamente (si tratta della classica commedia degli equivoci), la pellicola è realizzata con grande mestiere: la regia dà i giusti ritmi, la sceneggiatura è di buona qualità (specie per la parte dei dialoghi) e gli attori forniscono un'ottima prova. Buono il doppiaggio italiano.
Alex75: Tra i tanti film dedicati al giustiziere mascherato, lo Zorro di Tessari si distingue per l'atmosfera scanzonata e picaresca e appare evidentemente rivolto soprattutto a un pubblico di bambini e adolescenti. Delon, anche se ha fatto di meglio, ha comunque carisma, anche se si ricordano di più le interpretazioni di Cerusico, Albertini e Baker. Trascinanti le musiche dei fratelli De Angelis, che propongono una delle più belle tra le loro canzoni scritte per il cinema.
MEMORABILE: La canzone “Zorro is back”; Il lungo duello finale.
Mclyntock: Uno dei quattro western del grande Siegel, è il suo peggiore: tutto già visto e narrato con una regia scontata e ridondante, cui neanche la sceneggiatura (sciatta) riesce ad essere di sostegno. Pura routine, dalla quale si dissociò anni dopo lo stesso regista, a cui questa storia non era mai piaciuta. Classico film di cassetta dell'epoca ma da Siegel ci si aspetta sempre di più. Il cast arreda.
Herrkinski: Rispetto all'esordio, un leggero passo indietro; pur attestandosi infatti su un buon livello, il film manca di un episodio veramente vincente qual era quello di Verdone/Brega nel precedente, anche se il segmento di Furio sicuramente resta uno dei più memorabili nella carriera dell'attore. Gli altri due sono ben scritti e accompagnati da un cast di contorno superlativo, ma centrano il bersaglio solo a tratti e nel complesso il film risulta leggermente prolisso. Forse non tra i migliori dell'autore ma comunque caratteristico di una comicità unica.
Neapolis: Debutto cinematografico per la quindicenne Claudia Moroni, in arte Claudia Mori, che dopo la scene iniziali in cui appare un po' impacciata man mano sembra sciogliersi nella parte di una capricciosa barista di uno stabilimento balneare. Al suo fianco non l'aiuta di certo Mario Girotti, qui prima della metamorfosi in Terence Hill, né il resto del cast degli attori che, pur sorretti da una buona sceneggiatura, hanno ritmi troppo lenti.
Giacomovie: Un donnaiolo e una cantante, entrambi impegnati in altre relazioni, si incontrano su una nave e si innamorano. Il film parte come una sorta di "scandalo in crociera", sceneggiato da Delmer Daves che due anni dopo girerà Scandalo al sole. Ma la storia prosegue mantenendosi lontana dai toni scandalistici, anzi espone con esemplare garbo e delicatezza il romanticismo genuino di un sentimento maturo.
Piero68: Anche giudicandolo con i canoni del tempo questo film convince davvero poco. E alla lunga annoia pure. Tra i primi lavori di Verdone sicuramente il peggiore. Anche se la sceneggiatura è un insieme di luoghi comuni della commedia, non ricordo una sola scena dove abbia riso vermente. Solo la sora Lella riesce a strappare qualche sorrisino per la sua bravura. La Hovey e la Bolkan praticamente inguardabili e Bracconeri calca troppo la mano per essere credibile. Qualche battutta storica qua e là ma niente di più.
MEMORABILE: Bracconeri a Verdone: "Ma quante volta l'hai colpita? E quale è stata 'a meglio?"
Gordon: Celeberrimo film di lunghezza enciclopedica che traccia uno spaccato toccante dell'America profonda alle prese con la guerra del Vietnam. De Niro è decisamente in palla e così si raggiungono, grazie anche a Walken, vette di tensione notevoli, in particolare nel finale con la roulette russa. Purtroppo il film si perde narrando stancamente le vicende al paese dei protagonisti, specialmente nella parte del matrimonio, vanificando parzialmente quanto di buono fatto vedere. Buona la giovane Streep.
Galbo: Una strana commistione tra un regista (e attore) fatto per film pragmatici ed atmosfere concrete ed un film rarefatto che trasuda il calore del sud degli USA (la Georgia) dov'è ambientato, tutto atmosfere notturne e giornate assolate; denso di atmosfere barocche, è forse troppo prolisso e a volte pare perdere il filo della sceneggiatura. Alla fine però si rivela un interessante esperimento di un ottimo regista con un cast (su tutti Spacey) all'altezza della situazione.
Hackett: Onesto action - thriller con un Owen Wilson che si riscopre adatto anche a un genere diverso dalla commedia. La cornice asiatica risulta convincente e diversa dal solito e la vicenda dietro ai fatti narrati (una rivolta dei locali all'egemonia statunitense nella loro economia) è sicuramente al passo coi tempi e con gli umori dei paesi in via di sviluppo. Buono il ritmo che non cala mai, opportuna e misurata la presenza dell'ex Bond Brosnan.
Enzus79: Non male dopotutto, anche se da un regista come Steven Spielberg ci si aspetterebbe sempre qualcosa di più. Fiaba non troppo ambiziosa, che dopo una prima parte discreta cade nella seconda in banalità già viste o che servono ad aumentare la già non contenuta durata del film. Ottimo Mark Rylance, l'interprete del gigante. Buone le musiche. Consigliabile almeno per una visione.
Siska80: Doveroso l'Oscar per i meravigliosi costumi (lo avrebbe meritato anche per la curatissima scenografia). A tratti pruriginoso e privo di empatia, narra la storia di un ménage à trois che a un certo punto diventa un quadrangolo all'interno di una nobiltà gretta, ipocrita e impietosa. A pagare, come sempre, sono le donne (brave la Knightley e la Atwell nel ruolo di due donne legate da un rapporto ambiguo e controverso), costrette a violenze e rinunce di ogni tipo. Finale non del tutto esaustivo.
MEMORABILE: La grottesca, umiliante, scena in cui il parruccone di Georgiana prende fuoco in pubblico.
Siska80: C'è chi ha troppo e chi nulla: qui, addirittura una giovane infermiera con pargoletto si ritrova improvvisamente ricca e incontra anche l'amore. Immancabili gli equivoci, le identità celate, i malintesi e soprattutto il lieto fine: pellicola abbastanza movimentata da non annoiare, complice anche la breve durata, un cast in parte e la presenza di un bambino con un grave problema di salute alle spalle (cosa questa che fa sempre presa sul pubblico, principalmente femminile).
MEMORABILE: Il padre di Finn accenna al figlio di Willa dei dissapori a Bramble.
Hackett: Interessante, intrigante e ben girato. Il film parte dal non nuovo tema di quanto sia una fortuna poter realizzare ogni proprio desiderio e di quanto ciò possa finire per diventare un'arma a doppio taglio. Belle alcune idee e soluzioni scelte per muovere la narrazione che di fatto è quasi a location unica. Regia scaltra e di buon ritmo, interpretazioni calibrate e mai sopra le righe. Un thriller più che dignitoso.
Puppigallo: Sembra proprio che questi film, visto uno li hai visti tutti. La storia è solo un pretesto per far menar le mani a Perseo e rendere vulnerabili gli Dei, cosa singolare, pensando all'alone di invincibilità che li ha sempre avvolti. Tutta la baracca si regge sugli effetti (mostri bicefali, ciclopi...), verso i quali però subentra una certa assuefazione, nonostante siano ben curati. Ciò che manca sono le buone idee, la fantasia, che non deve ridursi a mostri, andando oltre (bella ad esempio la meccanica del labirinto) e rendendo la storia più appetibile. Nel complesso è vedibile, ma nulla più.
MEMORABILE: I guerrieri 2 in uno; Krònos, tanto mastodontico, quanto impedito; Zeus al fratello "C'è ancora del buono in te"...vedi Luke-Fener in Star Wars.
Magnetti: Thriller ambientato nel mondo della finanza e dell'alta tecnologia. Il tema è di grande attualità e la produzione è riuscita nel rendere tutto scorrevole e mediamente interessante. Nel mezzo della baraonda di cellulari, computer etc etc c'è una scena che ho trovato geniale: i "cattivi" si trovano intorno a un tavolo per la resa dei conti e posano i cellulari sul tavolo togliendo le batterie per renderli inoffensivi... Una volta c'erano le pistole...
Didda23: Tom DeCillo compie un autentico miracolo nel montare e nel dirigere un magnifico documentario nel quale si ripercorre filologicamente la cavalcata imperiosa dei Doors nel mondo meraviglioso del rock made in Usa. Interviste succulente e intensissimi materiali inediti hanno il pregio di innalzare esponenzialmente la qualità del girato. Ottima la scelta di dare ampio spazio alla musica. Scalda il cuore.
Enzus79: Commedia intelligente made in USA dei primi anni '90. Il giornalismo spietato (specie quello statunitense) è il bersaglio principale. Dustin Hoffman veramente in forma e Chevy Chase è proprio simpatico, seppur in ruolo di secondo piano. Garcia delude.
Galbo: Ambientato durante gli anni della prima guerra mondiale è una storia d'amore in cui la protagonista femminile non si rassegna alla scomparsa in guerra del fidanzato e fa di tutto per trovarlo. Seconda collaborazione tra A Tautou e JP Jeunet (dopo Amelie) il film ha il suo punto di forza in una serie di scene particolarmente forti ed evocative (quelle di battaglia ad esempio) intervallate da momenti più lirici e ben illustrate (la brillante Parigi del primo ventennio del secolo scorso) che suppliscono a qualche carenza della sceneggiatura troppo frammentata.
Reeves: Abbastanza evidente il modello al quale i Vanzina si sono ispirati: la serie Dynasty, una di quelle forme narrative che hanno caratterizzato i nostri anni Ottanta. Abbastanza evidente anche lo sforzo produttivo, con scene girate un po' in tutto il mondo e buon cast internazionale. Purtroppo però non tutto funziona, e il complicato meccanismo familiare che è alla base di tutti i (mis)fatti dopo un po' risulta stucchevole. Vanzina ha fatto davvero di meglio.
Daniela: Anche se si comporta come un bastardo e non vuole più saperne di lei, il suo ex è pur sempre il padre della sua figlioletta e così una giovane sarta si rivolge ad una fattucchiera per legarlo a sé con un sortilegio d'amore... Sarebbe stato un horror potabile per la discreta confezione che conta anche qualche momento visivamente d'effetto legato al mestiere d'artista dell'innamorato per costrizione, ma risulta penalizzato da una sceneggiatura fitta di incongruenze e carente nella caratterizzazione dei personaggi, per giunta interpretati da attori poco espressivi.
Xamini: Prima rubrica, poi romanzo, infine commedia cinematografica, quest'opera di successo che racconta il contemporaneo dal punto di vista di una trentenne comune. A interpretarla è, nonostante le proteste degli integralisti delle opere originali, la statunitense Zellweger, che la trasformerà in un'icona. Il film, in sé, non è niente di più di una commedia sentimentale estremamente leggera i cui protagonisti sono vagamente ispirati a Orgoglio e pregiudizio. Le battute taglienti che dovrebbero essere il punto forte sono tuttavia figlie del proprio tempo, invecchiate male e probabilmente senza la forza dell'opera originale.
Saintgifts: Lento quanto basta per sceneggiare il breve racconto che una "scrittrice" impone di leggere, sotto minaccia di una pistola, a un editore. Clio Goldsmith non è solo perennemente svestita, il che fa guadagnare qualcosa a un film sotto certi punti di vista interessante (interesse purtroppo superato dalla incipiente noia), ma è valorizzata con primi piani espressivi - con begli occhi meravigliati - per ciò che scopre nella particolare pensione dove è appena arrivata. Ma c'è anche uno scultoreo Luc Merenda, per gli attenti occhi delle spettatrici.
Black hole: Complessivamente interessante non ha però picchi memorabili, con una trama sostanzialmente simile agli ultimi film "classici" di J. Lee Thompson da cui si distacca decisamente per l'elevatissima qualità della confezione e la capacità di coinvolgere lo spettatore. Il film ammicca a destra e a manca senza però appesantire, rimanendo scorrevole fino all'epilogo, drammatico ma di speranza per la nuova civiltà, in un punto di arrivo che molto richiama il luogo in cui sorgerà la città del Legislatore.
MEMORABILE: Il nome dato alla piccola Nova richiama la giovane compagna di Taylor, presente nei primi due capitoli della serie classica (Linda Harrison).
Piero68: In un film di questo genere non è certo la sceneggiatura la qualità principale da ricercare. E' ovviamente l'impatto visivo, la fotografia, gli effetti. E sotto questo aspetto Hellboy (reboot o remake che sia) non demerita affatto. Certo, lo scontro con i giganti sembra più uno spezzone della saga de Lo hobbit, ma funziona e poi il cast è impreziosito da presenze come Ian McShane o la Jovovich. Non dispiace nemmeno il riferimento alla saga Arturiana. D'altra parte è un film ispirato a una serie di fumetti. E sotto questo punto di vista il suo compito di intrattenere lo assolve.
Caesars: L'idea di partenza ha qualche carta per cercare di movimentare un po' i giochi, però il potenziale non viene sfruttato appieno per colpa di una sceneggiatura che presenta qualche caduta di troppo. Sarebbe stato molto meglio, ad esempio, evitare il la solita corsa all'ultimo istante per cercare di fermare la macchina della giustizia (è possibile ancora sorprendere qualcuno con sta roba?) con conclusiva "scivolata" finale che fa veramente ridere (per non piangere). Per il resto Neeson se la cava (anche se non cambia mai espressione per tutta la pellicola) e la regia è corretta.
Saintgifts: Quasi una favola quella della principessa Vittoria, poi regina; quasi perché oltre alla romantica storia d'amore, nonostante tutte le etichette (peraltro poco osservate nel film e questo va a suo favore) vengono descritti piuttosto bene gli intrighi politici e della corte per il potere, cercando di approfittare della giovane età della sovrana. Interpretazioni più che discrete, ricostruzioni ambientali credibili e Oscar per i costumi. Piuttosto fedele alla storia, con piccole enfatizzazioni qua e là (una normalità per le versioni cinematografiche).
Siska80: La giovane e bella protagonista dalle capacità soprannaturali deve salvare la famiglia da un grave pericolo con l'aiuto di uno strambo personaggio. Ci riuscirà? Nonostante sia recente, questo film danese si avvale di effetti speciali e digitali appena sufficienti e di una trama piuttosto prevedibile (principalmente per quel che concerne il conflittuale rapporto padre-figlia ed il suo conseguente sviluppo), ma ha comunque un buon ritmo, un cast in parte (azzeccata l'accoppiata Sattrup/Cukic) e stupende e inquietanti location.
MEMORABILE: Il potere magico di Dina di costringere la gente a rivelarle i segreti più intimi.
Capannelle: Ambientazione fiamminga per uno spionistico che parte bene ma poi rimane impigliato in una regia priva di mordente e interpreti discutibili. L'idea di base è valida e la storia potrebbe riservare anche qualche bella sorpresa, ma il tutto soffre di un ritmo da film tv europeo che ben presto ti porta allo sbadiglio.
Mclyntock: Uno dei quattro western del grande Siegel, è il suo peggiore: tutto già visto e narrato con una regia scontata e ridondante, cui neanche la sceneggiatura (sciatta) riesce ad essere di sostegno. Pura routine, dalla quale si dissociò anni dopo lo stesso regista, a cui questa storia non era mai piaciuta. Classico film di cassetta dell'epoca ma da Siegel ci si aspetta sempre di più. Il cast arreda.
Renato: Pessimo horror quasi demenziale a firma dell'ineffabile Mario Bianchi. Tra una zoomata sul castello dove si svolge -in teoria- la vicenda ed un'altra, si assiste al solito dilettantismo tipico delle produzioni nostrane più squallide di inizio anni '80. La Dupré, chiunque fosse, è impresentabile, ma un po' tutto è sotto la soglia della decenza. Un paio di boccagli della Frajese, vera esperta in materia, completano il cut del dvd tedesco.
Cotola: Incredibile ed orrido remake di Malabimba che al confronto sembra una perla del cinema mondiale. Rispetto all'originale c'è poco di diverso, mentre il grado di trash mi è sembrato decisamente più elevato così come pure la sciatteria e la pochezza del tutto a cominciare dalla regia per finire alle prove degli attori. Inoltre è anche terribilmente noioso (nonostante ne esista una versione con inserti hard). In ogni caso è una tappa obbligata per gli amanti del brutto e del trash. Vedere per credere.
Noodles: Sicuramente gran parte del merito della buona riuscita di questo film va a Charlize Theron, che si conferma attrice bravissima, qui probabilmente al suo massimo. Ma anche la regia dà il suo grande contributo. Patty Jenkins dirige con grande bravura e profondità, dando enorme spessore alla controversa protagonista e al personaggio dell'altrettanto brava Christina Ricci. Un film violento, non perché si veda chissà quale sangue, ma per quanto riesce a stimolare nel profondo la mente dello spettatore. Seconda parte più lenta della seconda. Film comunque da vedere.
Rufus68: Lucio Fulci in crescendo. Dopo Una sull'altra il regista raffina ulteriormente lo stile (almeno in ambito giallo-thriller): inserti onirici, giochi di specchi, allusioni psichedeliche, un erotismo sotteso, denso e onnipresente. Non mancano pezzi di bravura (la scena dell'inseguimento sino all'attacco dei pipistrelli) e momenti indimenticabili (i cani vivisezionati). Logica? E cosa ce ne importa... Bellissima la Bolkan. L'Ennio Morricone avantgarde marchia a fuoco l'ennesimo film.
Piero68: Ennesima parodia pedissequa, tanto in voga negli USA, di un film di successo. Questa volta la "meravigliosa" accoppiata Friedberg/Seltzer mette in scena la saga di Twilight. E i risultati non sono affatto lontani da pellicole come 3ciento o Disaster movie. Gag e battute demenziali e scarsissime oltre che stra-abusate, regia incerta ed attori degni di uno Z-movie. Non credo che ci sia altro da dire se non far partire una riflessione su "comici e buoi dei paesi tuoi". Noi abbiano i cinepattoni, loro le parodie stupide. Ad ognuno la sua croce...
Kanon: Giraudeau salpa - complice un confino forzato - per approdare sulle coste africane a dirigere colonie. Affascinante e sinuoso tratteggio del classico "mal d'africa"; sapientemente articolato d'avventura, amori e dialoghi salaci (doppiaggio adeguato) scanditi da esperienze narrative originali ove l'altezzosità francese si misura con la realtà schiavista apportando inaspettate reazioni nei pensieri dell'esulo borghese. D'apprima tumultuoso, alternato da scosse d'assestamento e impeti febbrili, raramente perde la sua energia seduttiva.
Faggi: Commedia erotica di poco o nessun conto se non fosse per la presenza di belle donne sensuali, sempre discinte, nude o seminude che interpretano disinibiti e provocanti ruoli. Tolte queste apparizioni e le loro varie ginnastiche il resto è davvero misero e rifrigge situazioni e temi tipici della commedia sexy all'italiana, senza aggiungere niente di imperdibile al genere (considerate pure le non irresistibili gag).
Caesars: Siamo a livelli incredibili di "bruttezza" cinematografica. Non c'è nulla di salvabile in questo film... e qui sta il bello. Infatti, come spesso accade quando un prodotto è così scadente, esso riesce ad assumere un fascino perverso che lo rende "imperdibile" (almeno agli occhi dello scrivente). Impossibile contare i momenti davvero esilaranti della pellicola, in quanto è costantemente pervasa da una sciatteria realizzativa che rasenta l'incredibile. Straconsigliato a chi piace farsi del male (cinematograficamente parlando).
Panza: Riuscito affresco della Roma del '21 tra anarchici in discesa e fascistelli rampanti in procinto di salire al potere. I personaggi funzionano; tra questi spiccano Alain Delon in un ruolo davvero ben recitato, Cervi carismatico e Tognazzi, indimenticabile nel ruolo del vecchio rintanato in soffitta. La trama fila e il film si guarda con piacere, dal momento che scorre via piacevolmente. Il soggetto è stato scritto da quel geniaccio di Jacopetti. Fotografia vivace di Henri Decaë, uno dei decani di tale professione in Francia.
Pessoa: Mezzo passo falso di Zampa che tenta l'avventura sarda e rimane invischiato nel codice barbaricino. Il confronto fra la legge e l'onore non riesce ad andare oltre la macchietta e i pochi momenti godibili si devono alla grande prestazione attoriale di Tognazzi che coglie tutte le sfumature del suo personaggio. Buone anche le prove della Machiavelli e di Blier, penalizzati da una sceneggiatura priva di mordente. Funzionano meglio i momenti comici, ma nel complesso resta un prodotto appena sufficiente in cui la vera Sardegna non emerge.
MEMORABILE: La gara di testate; La prostituta che si nega; Il finale.