Che film ci sono stasera in tv in prima serata? Ma non solo questa sera, anche la mattina o il pomeriggio, se capita una giornata di pausa. E i più nottambuli possono trovare anche i film che vanno in onda a tarda notte, i cosiddetti fuori orario. Cliccate sulle frecce per cercare tra i palinsesti passati e futuri oppure controllate direttamente tutta la settimana. Cliccate sull'icona calendario a fianco della scheda per appuntare un promemoria su quel film in agenda. Se siete loggati potete cliccare anche sulla stella per contribuire alle segnalazioni. Come? Scopritelo
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Cotola: Il ritorno della Loren al cinema italiano è un dramma con punte di commedia o viceversa, che sfocia ben presto nel patetico, nel ridicolo e sotto certi versi nell'inverosimile. Si potrebbe quasi dire che siamo dinanzi a una sorta di Filomena Marturano in versione tv e on the road. Con un finale più drammatico sarebbe stato quasi un lacrima-movie. E invece non ci viene data nemmeno la soddisfazione dell'epilogo tragico.
Caesars: Abbastanza deludente questo gangster-movie di Di Leo, ben lontano dai suoi esiti migliori. Qui si calca molto il tasto dell'umorismo e si creano atmosfere più vicine allo spaghetti western che al noir. Gli interpreti raggiungono la sufficienza (anzi: Cliver è un gradino al di sotto) con l'unica eccezione di Vittorio Caprioli, che riesce ad avere una marcia in più. Non ho mai gridato al miracolo davanti alle pellicole dileiane, ma in questo caso siamo lontani anche dal "buon" prodotto. Forse si arriva a 2 pallini, ma non oltre.
Nando: Pellicola d'avventura con molte venature sentimentali che vede protagonisti il truce Bronson e la fascinosa Sanda. Ambientazioni centroamericane per la spasmodica ricerca di un eventuale tesoro nascosto in fondo al mare. Indubbiamente appare un lavoro oramai desueto rispetto ai tempi, visto lo sviluppo narrativo. Nel complesso modesto, nonostante la presenza di Rey.
Il Gobbo: Capolavoro. Leone punta all'epica, alla dilatazione, al Mito (non prima, nelle intenzioni, di aver "liquidato" la trilogia del dollaro: nel progetto iniziale i tre che aspettano Bronson dovevano essere Eastwood, Wallach e Van Cleef, ma Clint rifiutò!), e ci regala la sua personale Nascita di una nazione. Personaggi archetipici (ognuno col suo tema musicale), maschere superbe (immenso Robards), e al contempo un omaggio ai militi ignoti dello spaghetti western (nel film compaiono Zuanelli, Conversi, Stefanelli e altri). Tutti in piedi.
Galbo: Anche se non il miglior film di Henry Hathaway, Il solitario del Rio Grande rimane un western più che buono; merito principalmente della sceneggiatura, che tratteggia i personaggi in modo adeguato, della regia di uno dei grandissimi autori del genere (che in questo caso dosa sapientemente violenza e azione) e dell’interpretazione di alto livello non solo di Peck ma di tutto il cast.
Galbo: Il tema dell'eterna fanciullezza goliardica (preso di peso dal ben più valido Amici miei), dell'amicizia e del cameratismo che unisce i due protagonisti è al centro di questa insipida commedia di Oldoini. Benché dotato di un cast (Celentano e Pozzetto) sulla carta molto forte, il film, complice una pessima sceneggiatura e una regia con pochissimo senso del ritmo, si perde dietro una serie di gag non sempre riuscite mancando di una trama di fondo poco più che abbozzata. Alla fine il tutto è francamente noioso.
B. Legnani: Gli mancano troppe cose, per essere un buon film. Azzecca forse la cosa più difficile (centra infatti l'attore protagonista), ma fallisce nel presentare i ruoli di contorno: né i buoni hanno la necessaria simpatìa, né i cattivi hanno la necessaria affascinante ribalderia. Così resta una storiella per bambini, con pochi colpi d'ala e con la perenne sensazione del "già visto". Certo, alcuni momenti sono visivamente affascinanti, ma ci si attendeva molto, ma molto di più.
Daniela: Scrittore pigro e sbevazzatore deve consegnare entro 2 giorni la sceneggiatura di un film di cui ha scritto solo i titoli di testa. Per sua fortuna, una dattilografa appassionata verrà a stimolare la sua fantasia. La cornice romantica della Ville lumiere, una coppia fascinosa di protagonisti con l'aggiunta di Curtis in una divertente particina, un regista abile nel genere: gli ingredienti sono giusti, ma la commedia, pur bizzarra e non priva di gustose gags, non decolla per demerito di una sceneggiatura ripetitiva e stancante, anche se va apprezzato lo sforzo di originalità.
MEMORABILE: "Scusi, lei è un indiano?" "Si, sono un indiano" "Piacere, anche io..." ed i due indiani appostati dietro una roccia si stringono la mano
Pigro: L’ambiguo scontro tra verità e simulazione, tra identità e doppio si materializza nell’incontro tra un antiquario che ama le donne solo dipinte e una ragazza agorafobica: due in fuga dalla realtà. L’apologo filosofico finge di diventare novella romantica e infine trapassa nell’intrigo, perdendo però la sua forza simbolica e mostrando (anche per prolissità) falle narrative e logiche. Ma il fascino rimane, soprattutto nella prima parte, per un film elegante, che affronta in modo inconsueto questioni inconsuete. Ottimo Rush per un bel personaggio.
Xamini: Drammatico votato al sentimento, questo Brooklyn ci racconta di un partire, di un cercare una propria dimensione, una casa e delle lusinghe del passato. L'avrei detto più melenso e lento, in realtà è agile e porta spesso al sorriso, rinunciando a qualche faciloneria che sarebbe stata certamente adottata se fosse stato un blockbuster americano. Ma soprattutto eccellentemente vestito da questa novella Rossella O'Hara che è la Ronan: occhi meravigliosi, sguardo intenso, personaggio perfetto, sulle spalle del quale poggia tutto il film.
Galbo: Uno dei frutti migliori della collaborazione tra Henry Hathaway e John Wayne che regala nei panni del protagonista una della migliori interpretazioni della sua carriera (giustamente premiata con l'Oscar). Il film, magnificamente diretto e fotografato, riprende i canoni migliori del genere western realizzando delle sequenze d'azione pregevoli, per ritmo ed inquadrature. Buona la sceneggiatura, che presenta anche qualche momento umoristico.
Gestarsh99: Il mockumentary intraprende una pista molto più snodata del solito, ristrutturandosi con versatilità in uno pseudo-reportage che, occhieggiate le internautiche modalità shock del Cablegate e delle rivelazioni di Wikileaks, simula il recupero e l'analisi di filmati amatoriali e scottante materiale audio/video governativamente secretato. Con molta più eloquenza e speditezza espressiva di un Soderbergh, il rinnovato Levinson espone senza censure la cronistoria multimediale di un'aggressiva epidemia virale, ultimo anello di una catena di sciagure ambientali in letale circolo vizioso. Giugulante.
MEMORABILE: Gli effetti esponenziali causati dal brodo tossico di scorie radioattive, escrementi animali, farmaci mutageni, metalli pesanti e fauna ittica infetta.
Galbo: Storia d’amore tra Stella e Will due giovani malati di fibrosi cistica costretti ad una rigida distanza fisica per non contagiarsi a vicenda. Film sentimentale “sanitario” a forte rischio di cadere in piena zona "melodramma lacrimevole". Il regista Baldoni sceglie toni misurati, e, complici anche due bravi attori protagonisti e una buona dose di ironia, si mantiene entro limiti accettabili, almeno nella prima parte, laddove nella seconda la pellicola si fa più scontata. Da non vedere se non si amano le storie tristi.
Digital: Partiamo col dire che le due ore e venti si avvertono inevitabilmente tutte; il che si ripercuote in un ritmo talvolta soporifero, ove il tedio tende soventemente a serpeggiare. La prima parte seppur non indecorosa è decisamente prolissa: succede poco e vi è un’abbondanza di dialoghi; il segmento migliore si trova nel mezzo, quando i nodi iniziano a venire al pettine e la suspense, pur se mitigata da un tono semi-serio, aumenta; il peggio lo si ha verso la fine con l'entrata in scena di un pessimo Hemsworth. Ondìvago; non male, dopotutto.
Capannelle: Parodiare non è facile e questo film lo dimostra. A fronte di alcune gag riuscite (il ghiaccio, la corsa degli schiavi, il gregge) e di una buona conduzione degli attori c'è uno script logorroico e che abusa di peti, riferimenti sessuali e arti amputati, facendo capire che più di una volta la volgarità copre la carenza di idee. Vittima dello script anche il protagonista, abbastanza bene Ribisi, Neeson e una Theron particolarmente radiosa. Dall'autore di Ted era lecito aspettarsi di più.
Tarabas: "Qualche volta devi essere un figlio di... se vuoi trasformare i tuoi sogni in realtà". Così cantava Mark Knopfler nella canzone ispirata alla biografia di Kroc. Prova gigantesca di Keaton, che regge quasi da solo un film efficace e avvincente, con una bella ricostruzione d'epoca. Molti vi leggeranno una critica del capitalismo senza cuore, a parer mio è la storia (americanissima) di un uomo che ha visto in un piccolo ristorante qualcosa che nessun altro riusciva a vedere, prima e meglio di chiunque altro.
Cotola: Deludente film (vaghissimamente ispirato alle "Passeggiate romane" di Stendhal) del polacco Borowczyck, che altrove aveva dimostrato di essere un interessante e raffinato regista di pellicole erotiche, ma che in questo caso sbraca dando vita ad un'opera puramente commerciale, il cui unico scopo è quello di soddisfare i più bassi pruriti degli spettatori. Decisamente da evitare.
M.lupetti: Probabilmente il più famoso dei capitoli della saga, grazie allo "snuff" che in effetti per realismo e crudezza rappresenta un momento fra i più significativi del nostro cinema di genere. Per il resto è il film in cui il personaggio di Emanuelle prende definitivamente forma, con il Massaccesi-style che giunge a compimento in situazioni che poi saranno più o meno replicate nei capitoli successivi e non risultano particolarmente noiose pur nella inconsistenza complessiva della trama.
Galbo: Capolavoro di John Ford, affronta uno degli archetipi del western, il viaggio di una diligenza attraverso i territori del Nuovo Messico con una serie di personaggi (il giocatore, il medico, la prostituta) anch'essi veri classici narrativi del genere. Girato con impeccabile ritmo e sapiente uso del montaggio, il film si segnala per alcune scene d'azione diventate ormai classiche e una colonna sonora che sottolinea efficacemente l'andamento della storia. Ottima la prova dei protagonisti.
Galbo: Scritta, diretta e interpretata da Riccardo Pazzaglia, è una commedia brillante sui dissidi coniugali e sulle modalità di superarli in momenti di ristrettezze economiche. Lo spunto non è male, ma la sceneggiatura ha il fiato troppo corto e si rifugia in escamotage dal sapore eccessivamente televisivo. Si sorride (grazie alla simpatia degli interpreti, specie la Marchini e la Confalone) ma si dimentica in fretta.
Panza: Possiamo anche fingere di non notare che la storia sia davvero minimale, concepita senza sforzo e che possa contare fino a un certo punto in questo genere; non si può invece tollerare che le gag non colpiscano mai nel segno, troppo sciocche per far ridere (le sfuriate del mafioso, alcune lungaggini come nell'eterno inseguimento automobilistico alla fornace...). Qualche scazzottata però non è così male e la regia di Vari mette una pezza salvando il salvabile. Insipido il protagonista.
Lucius: Impreziosito da una sublime fotografia ma eccessivamente lungo e pretenzioso. La Antonelli e Mastroianni assieme sono una coppia che buca lo schermo, pertanto, almeno per questi due fattori, il film va visto. Il problema è che manca di colpi di scena e arranca fino alla conclusione, pervaso di un'arrendevole tristezza. Lodevoli risultano gli interni (oggi del tutto irriconoscibili). Rituffatevi negli anni venti ma diffidate dal fatto che due donne si baciassero così. Menzione alle partiture del maestro Trovajoli.
Markus: Titolo epocale per uno dei molti mondo-movie che rammenta in quale cinico e spietato pianeta ci si condanna a vivere (o sopravvivere). La persuasiva voce fuori campo di Giorgio Albertazzi è decisamente compiaciuta; segno che la pellicola del duo Loy/Scattini ha la funzione di cavalcare un facile sensazionalismo servito dalla consueta carrellata di curiosità e aberrazioni dell'uomo. L'arguto spettatore di allora, con una farsesca indignazione, avrà senz'altro mascherato il compiacimento a tanto orrore ricercato. Ci sta bene così.