il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

L'UCCELLO DALLE PIUME DI CRISTALLO
le location esatte
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320968 commenti | 59677 titoli | 23785 Location | 10516 Volti

Location Zone

  • Film: Bodyguards - Guardie del corpo (2000)
  • Multilocation: Ex Romana Macinazione
  • Luogo reale: Via Flaminia 961, Roma, Roma
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  • Film: Dove vai se il vizietto non ce l'hai? (1979)
  • Luogo del film: Il distributore di benzina dove Diogene e Aroldo (Montagnani e Vitali), travestiti da gay e da donna
  • Luogo reale: Stazione di servizio Esso, Via dei Monti Tiburtini 145, Roma, Roma
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Flavia Gatti

    Flavia Gatti

  • Jesús Franco

    Jesús Franco

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Ira72
Forse un po' tentennante la terza stagione per una evidente incursione di qualche casa discografica che toglie ritmo a dinamiche ben più interessanti; comunque, nel complesso, davvero una serie notevole. La maggior parte del cast interpreta con grande efficacia e credibilità e questo stupisce, data la giovane età. Alcuni, poi, sorprendono per un'ottima dizione (basti pensare a Pino, per esempio, dall'ottimo accento napoletano eppure di origine ucraina). Gli episodi emozionano, coinvolgono e trascinano in quel vortice di non ritorno che, della serie, fanno fare un'abbuffata!
Commento di: Enzus79
Film composto da tre episodi diretti da Steno e Sergio Corbucci. Quello che si può definire il migliore è l'ultimo con Paolo Villaggio e Anna Mazzamauro. Il primo è divertente, ma solo a tratti. Il secondo con Enrico Montesano e Nanni Loy è il più curioso ma sconta la poca verve e si perde in lungaggini. Sfilacciato. Colonna sonora mediocre firmata De Angelis.
Commento di: Paulaster
La fotografa Goldin cerca di rimuovere il nome dei donatori Sackler dalle sale museali. Il flm scorre in parallelo tra la vita della protagonista e il suo attivismo, tra fiumi di fotografie e azioni dimostrative. Eccellente per qualità la cronologia degli scatti che raccontano la scena newyorchese underground. La parte che riguarda la lotta contro chi ha diffuso l'epidemia da oppiacei ha stile da Michael Moore ma risulta meno efficace come resa (anche per i risultati ottenuti). Film che vale di più come contributo artistico.
Commento di: Teddy
Più che nella vicenda, un po’ scontata, la vera dimensione horror del film sta nella location: la terrificante profondità degli spazi, lo spietato tocco del sole sulla pelle, la notte che riflette paesaggi senza ombra né speranza, suoni che amplificano il disorientamento e moltiplicano il panico. Elementare e prevedibile, ma dotato di un realismo crudo e a tratti inquietante.
Commento di: Paulaster
Ereditiera e notaio finiscono chiusi in un palazzo. L'approccio è visionario, tra presunte deviazioni sessuali e ricordi ancestrali di gioventù che sfociano solo nel gioco delle parti. I dialoghi sono insopportabili, tra i due senza via d'uscita, e peggiorano quando si passa agli insulti o alle ubriacature. La svolta che inscena un annunciato momento hot appare gratuita e senza eros. La Di Lazzaro è avvenente ma il suo personaggio resta accennato nelle implicazioni psicologiche. Saxon sembra più un commissario e non trasmette granché.
Commento di: Lucius
Infarcire la pellicola con delle suites dalle ost delle produzioni argentiane non costituisce in sé un omaggio, ma fornisce un cappotto al film. E' Roma, ammantata da una sorprendente fotografia, il teatro di cruenti omicidi ad opera di un killer dal volto coperto da una maschera metallica. E a sorprendere, ancor più della fotografia, è Zequila (doppiato in inglese è assolutamente da brividi), concentrato nel suo sadico ruolo. Fallisce nel montaggio slegato, nei dialoghi superflui, nella esasperata descrizione di alcuni personaggi e vive di vita riflessa, ma sa intrattenere.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Poderoso ritorno al noir dei Settanta (l'ombra di Di Leo si allunga incombente insieme alle influenze del polar) filtrato in ottica moderna, quindi con un inevitabile rimescolamento della linea temporale che tuttavia non disturba affatto limitandosi a mostrare le immediate conseguenze dell'incidente in apertura per ritornarvi poco dopo.

L'ultima notte di Franco Amore (Favino) è quella di chi l'indomani andrà in pensione ed è la notte in cui succede esattamente ciò che non sarebbe dovuto succedere. Franco voleva chiudere la propria carriera di poliziotto...Leggi tutto irreprensibile nel migliore dei modi, ma convinto da un collega (Di Leva) e dal cugino (Gerardi) della moglie (Caridi) ad accettare di fare da autista per un'ospite da prelevare in aeroporto, finisce di fatto a scortare - insieme al succitato collega - chi deve trasportare un prezioso carico. Quanto accade durante il percorso in tangenziale sarà tutto da gustare, perché nelle prime scene il protagonista arriva in casa (dove è stata organizzata una festa a sorpresa per il suo addio alle forze dell'ordine) ma ancora non sappiamo da dove stia davvero rientrando. E' visibilmente scosso e verrà chiamato sulla scena di un incidente tutto da ricostruire la cui precisa dinamica si chiarirà attraverso l'immancabile, lungo flashback: si torna a quando i cinesi lo assumono per fare da autista e sembra quasi di rivedere Favino nei panni di Moschin e Gerardi in quelli di Adorf, con le superbe musiche di Santi Pulvirenti che occhieggiano a certe indimenticabili colonne sonore di Stelvio Cipriani.

Milano fa da sfondo ideale per un noir teso, girato tra limitate location in cui un senso di opprimente angoscia domina senza sosta, con la regia notevolissima di Andrea Di Stefano che coglie profili, primi piani, sguardi concedendosi piani sequenza e pregevolezze tecniche che non hanno mai il sapore di semplici esercizi di stile. E viene naturale pensare a come anche la sceneggiatura non potesse che essere opera della stessa mano, per come si sposa al meglio con le immagini. I dialoghi talvolta nemmeno si percepiscono limpidamente, divorati dai sussurri, dalle parole smozzicate in dialetto calabrese, presente a rendere incomprensibile ciò che non è necessario. Sembra di tuffarsi sotto la galleria dello scontro a fuoco insieme ai protagonisti: si osservano, si spiano, comunicano, si nascondono... con l'incubo costante del doppio gioco. Come deve comportarsi Franco? Sono consigli logici quelli che sua moglie prova a dargli con mirabile fermezza nonostante il terrore che le si legge negli occhi?

Non inventa nulla, Di Stefano, semplicemente imbocca uno dei generi che abbiamo negli anni saputo rendere nostro per mostrare quanto ancora lo si possa dominare con personalità e grinta, aggiornandolo senza indulgere in spettacolarismi superflui ma dirigendo al meglio un cast perfetto. Uno script asciutto efficacissimo, nessuna ironia e invece sudore, lacrime, mirabile gestione dei meccanismi noir mescolata a virtuosismi che s'impongono già sui titoli di testa con un magnifico, lungo volo sulla Milano notturna che si conclude nell'appartamento del festeggiato. Grande partecipazione nelle scene corali (a cominciare dal ricevimento a casa del cinese), finale aperto che per una volta non dispiace... Qualche lungaggine nella fase centrale, un po' di ovvio déjà vu, ma è un cinema di grande respiro, potente, coinvolgente, che trova i suoi limiti solo nella forse fin troppo devota aderenza al genere.
Marcel M.J. Davinotti jr.
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Dupieux non cambia il suo stile (per fortuna, da un certo punto di vista, dal momento che è garanzia di unicità), al punto che i suoi film in buona parte contengono gag tra loro intercambiabili, adattabili alle diverse situazioni senza perdere in efficacia. Qui protagonista è una squadra di polizia di Los Angeles decisamente corrotta e spregevole. Ognuno dei componenti si guadagna il proprio spazio per ritagliarsi una microstoria e incrociarla di tanto in tanto con quelle degli altri.

Il più presente sulla scena è Duke (Burnham), che spaccia erba nascosta...Leggi tutto all'interno di grossi topi da consegnare ai clienti (tra questi anche un irriconoscibile Marilyn Manson, struccato e con cappellino!); saranno loro a doverla poi estrarre dall'interno. Il giro è grosso, i ratti farciti vanno a ruba e Duke non perde un attimo per dimostrare la sua ottusità. Quando ad esempio ferisce per errore un tizio (Quinn) per strada, lo carica in auto e delega a un collega (Little) il compito di sbarazzarsene: se lo farà gli cancellerà tutti i debiti. Senonché questi, che ha pure dei problemi perché ricattato per aver partecipato a un servizio osé in una rivista gay, scavando nel giardino la fossa per il poveruomo (moribondo ma non ancora morto) trova una sacca con dentro un mucchio di dollari!

Sono trovate ispirate alla più libera inventiva di un autore cui la fantasia non manca e da sempre si diverte a immaginare gli sviluppi più imprevisti e privi di vera logica. Le cose accadono senza un perché, inserite a fare da traccia su cui ricamare dialoghi ispirati a un purissimo nonsense. Più spassoso, per certi versi, il poliziotto che concentra le sue attenzioni su un'attraente donna sportiva incontrata al parco spiazzandola con domande e richieste a dir poco imbarazzanti sfruttando la propria posizione di vantaggio psicologico.

Se tuttavia le qualità del cinema di Dupieux trovano la loro conferma, lo fanno anche i difetti, primo fra tutti la tendenza a dilatare le gag fino all'eccesso anche quando è evidente quanto abbiano il fiato corto. Alcune trovate fulminanti funzionano, altre riempiono interi minuti con variazioni di poco conto (si pensi al funerale nel finale, in cui la battuta - ottima - dell'inferno che sta in alto e non in basso viene espansa all'estremo generandone altre di minor impatto). Quel che quindi porta a preferire un film rispetto a un altro, tra quelli del regista, è inevitabilmente il numero delle gag presenti, che in questo caso si presentano in minor numero col risultato di renderlo leggermente meno efficace di altri, con pause che rallentano un ritmo già (come sempre) piuttosto lento. Si avverte maggiormente la colonna sonora elettronica a firma Mr. Oizo (pseudonimo di Dupieux), con un brano base che diventa parte di una gag: l'agente Rough (Judor) lo compone originando reazioni molto diverse in chi lo ascolta (Duke lo detesta), anche nel moribondo ferito da Duke trasportato a braccia in casa proprio per fargli ascoltare il pezzo! Tra gli altri camei celebri Ray Wise (l'oratore al funerale) ed Eric Roberts (il divo amico e cliente di Duke). Non certo brutto ma piuttosto fiacco e meno incisivo rispetto alla media del regista.
Marcel M.J. Davinotti jr.
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Nuovo capitolo della saga dei graboids dopo che il sesto aveva lasciato un po' l'amaro in bocca per quello che prometteva (una sfida tra i ghiacci) senza poi mantenere. Questa volta lo scenario inedito esiste davvero e i vermoni vengono trasportati sulle isole thailandesi da un miliardario (Brake) che s'è inventato di organizzarvi...Leggi tutto un'autentica caccia grossa. Non contento di averne trasferiti a Dark Island quattro esemplari, ha pure fatto sviluppare loro (non si sa come) capacità superiori a quelle viste nei capitoli precedenti per rendere più difficoltoso stanarli.

Nel frattempo, lì nei pressi, c'è chi più seriosamente sta studiando fenomeni sismici e scopre come questi ultimi derivino proprio dai graboid. Per risolvere il problema non resta che chiamare Burt Gummer (Gross), l'armaiolo brillante diventato con gli anni l'unica icona spendibile della serie. Se ne stava tranquillo e felice in Papua Guinea, con la barba lunga e in perfetta tenuta da naufrago, ma si sa che tirarsi indietro di fronte al dovere non è facile. Giunto a Dark Island vi ritrova la madre (Langrishe) di suo figlio Travis (qui assente), con la quale è in pessimi rapporti. Divisi in due fazioni che combatteranno in modo diverso, i protagonisti verranno naturalmente in contatto, mentre i graboid partoriranno un buon numero di shriekers a loro volta evoluti e in grado di devastare l'udito con ultrasuoni pericolosissimi.

La struttura del film si riassume facilmente nell'ennesimo scontro con i vermoni, ma almeno l'ambientazione nella giungla e tra le radure suona effettivamente come qualcosa di nuovo, soprattutto a livello di colori (predomina il verde). Gli effetti speciali continuano a essere di buon livello, anche se qui sono meno presenti del consueto, l'ironia non troppo sottile ma gradevole non manca e il rapporto tra Burt e il suo nuovo protetto, un giovane che lui chiama baby Rambo (Heder, il fu Napoleon Dynamite), qualcosa di discreto lo produce. Insomma, pur rimanendo nell'ambito di una serie B dichiarata e senza troppe ambizioni, il film fa quel che deve e l'azione è bilanciata da momenti più rilassati in cui si prova a dare un minimo di spessore ai personaggi (senza troppo riuscirci, ma almeno c'è più varietà nei caratteri rispetto a COLD DAY IN HELL).

Il duello in caverna con gli skriekers a colpi di sega elettrica lascia un po' il tempo che trova, comunque, così come l'abuso dei lanciafiamme (d'altra parte, per una volta, le armi a disposizione sono pochissime) a testimonianza di una povertà d'idee generale che rischia in più parti di far precipitare il film. Che invece nell'ultima fase tende un po' a recuperare prima di un finale sorprendente, che spiazza. Regia nel complesso competente di Don Michael Paul, pur se nella parte centrale un po' fiacca...
Marcel M.J. Davinotti jr.
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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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