il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

DYLAN DOG
e i mille omaggi al cinema
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340930 commenti | 64528 titoli | 25605 Location | 12815 Volti

Streaming: pagine dedicate

Location Zone

  • Film: Tommaso (2016)
  • Luogo del film: La strada dove Federica (Capotondi) dà appuntamento a Tommaso (Rossi Stuart)
  • Luogo reale: Via Ruggero Bonghi, Roma, Roma
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  • Film: Con tutto il cuore (2021)
  • Luogo del film: La chiesa dove Ottavio (Salemme) avvicina Mangiacarne (Capano) sbagliando persona e dicendogli di Do
  • Luogo reale: Chiesa dell'Ascensione a Chiaia, Piazzetta Ascensione 15, Napoli, Napoli
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Arturo Pallandino

    Arturo Pallandino

  • Antonio Di Silvio

    Antonio Di Silvio

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Buiomega71
Repulsion in salsa indie-blaxploitation, derive ferrariane di follia femminea virata in bianco e nero (a colori solo le parti fantasiose dell'alienazione di Nicole), certosini smembramenti con tutto l'occorente del caso (seghetto, martello, accetta), cadaveri ciarlieri landisiani, teste spiccate dal corpo che continuano a discutere e la spaccatura dei denti presa di peso dall'Ultima casa a sinistra. Mattanza lasciata prevalentemente off screen (qualche arto in bella mostra) e l'ennesimo viaggio nella mente guasta femminile rimane indeciso tra grottesco e dramma della solitudine.
Commento di: Reeves
Una sorta di riassunto dei numeri migliori di coloro che hanno lavorato con il re del varietà, il grande Ziegfield. I numeri di Gene Kelly e di Fred Astaire sono veri capolavori e mostrano come questi geni della danza, nella loro diversità, fossero decisamente i migliori. Ma anche Lucille Ball riempie gli occhi e le coreografie così come le scenografie sanno riempire gli occhi.
Commento di: Gugly
Accostarsi a mostri sacri può essere pericoloso; regia e interpreti ne sono consci, pertanto De Luigi non ci prova nemmeno a "sordeggiare" (peraltro non è romano), si limita a utilizzare la sua mimica peculiare accompagnata da codardia e tirannia sui sottoposti, unici richiami al Nardi originale; la Litizzetto per contro è più efficace nell'aggiornare l'imprenditrice disincantata e rampante ante litteram della Valeri (anche se le spiegazioni sulla mancata separazione oggi non reggono più); musica, fotografia e interpreti di contorno completano un'operina gradevole per una serata.
Commento di: Ronax
Kolossal celebrativo dello sbarco in Normandia realizzato a meno di vent'anni dall'evento secondo i consolidati canoni delle grandi produzioni hollywoodiane. Il che, se da un lato comportava inevitabilmente un'impostazione agiografica, dall'altro era garanzia di una notevole resa spettacolare, qui garantita dall'imponenza dei mezzi a disposizione sia tecnici che artistici, con ben tre registi all'opera e una moltitudine di bei nomi, fra cui John Wayne, Henry Fonda e Robert Mitchum.
Commento di: Modo
Commedia graziosa nella quale Murphy si conferma un attore tanto bravo quanto a volte decisamente sopra le righe. La storia è semplice, priva di spunti particolari ma tenuta a galla dalla performance dell'attore americano, che oltre a interpretare il professore recita i ruoli di tutti i familiari. Gag riuscite (da ricordare quella sulle flatulenze sopra tutte).
Commento di: Occhiandre
Chi non ha mai sentito il fascino straniante di New York guardando una pellicola ivi ambientata, stia alla larga da questo film! Un'ora e oltre può essere usata per guardare Friends che presenta una faccia più "digeribile" della Grande Mela. Il protagonista non fa l'attore o il paleontologo: si limita a ballare davanti allo specchio con un vecchio giradischi e come "amici" ha una silenziosa coinquilina in vestaglia e una pazza che sbraita fra le rovine di una presunta guerra coi cinesi. Una vacanza perenne invece per chi ama i film in cui il vissuto è il vero protagonista. Estatico.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Sette episodi di durata variabile (da meno di mezz'ora a quasi cinquanta minuti) per raccontare la storia - vera - di Richard Gadd, che nel film interpreta se stesso cambiandosi il nome in Donny Dunn. Comico senza grandi speranze, stand-up comedian che ottiene ai suoi spettacoli reazioni perlopiù fredde dal pubblico, Donny incontra un giorno, nel pub dove lavora, Martha Scott (Gunning), una ragazza di dimensioni non indifferenti che sembra immediatamente attratta da lui; forse perché a differenza degli altri non pare evitarla e anzi, si dimostra gentile, disponibile ad ascoltarla.

Tra...Leggi tutto i due nasce un rapporto di amicizia che tuttavia lei cerca di trasformare forzatamente in amore: scovato il suo indirizzo di posta elettronica in un vecchio sito, Martha comincia a inondargli la casella con decine e decine di mail dense di errori ortografici in cui prova a stabilire una relazione di ferro. Non è quello che Donny cerca, benché lei sia la prima persona che da tempo mostra di accorgersi della sua esistenza; anche per questo Donny non riesce a chiudere un rapporto che si fa di giorno in giorno più morboso. E’ su questo rapporto che viene costruita una serie il cui obiettivo primario è quello di scavare nell'intimo di Danny conferendogli la giusta tridimensionalità; vi riesce, anche perché a scrivere il copione (e a sedersi dietro la macchina da presa) è Gadd stesso, che naturalmente conosce fin troppo bene il protagonista.

A risaltare è innanzitutto l'estrema fragilità di Donny, la sua perenne incapacità di prendere una decisione: si lascia trasportare dagli eventi dando l'impressione di essere privo di una vera spina dorsale. Vive con la madre della sua ex ragazza che lo ospita gentilmente, prosegue l’attività di cabarettista con scarsi risultati. Anche perché è totalmente assorbito dall'ossessionante presenza di Martha, che non smette di scrivergli nemmeno per un giorno. Ci vogliono sei mesi perché Donny si decida a denunciarla alla polizia come stalker, ma senza minacce chiare non è facile procedere.

La situazione si ripete piuttosto monotematicamente, pur se i caratteri dei due protagonisti (molto più interessante quello di lei, è inevitabile) vengono restituiti non solo con verismo ma anche con buona ricercatezza nei dialoghi. Si sarebbe potuto ad ogni modo sforbiciare con facilità la vicenda senza privarla di efficacia, tanto che l'improvvisa sterzata imposta nella quarta puntata appare salvifica: tornando indietro di cinque anni nel passato, si raccontano i primi passi da comico di Donny a Edimburgo (è lì per un singolare festival dedicato agli esordienti nel campo), la sua vita dissennata e l'incontro con un importante autore televisivo che pare instradarlo verso il successo. La droga, il sesso e l’immersione in un mondo totalmente diverso ci allontanano dal rigido schema della relazione a due, che aveva comunque già iniziato a inserire qualche variazione con l'entrata in scena di Teri (Mau), una terapista transessuale grazie alla quale Donny sembra ritrovare finalmente equilibrio e amore autentico. Alla vita di sempre si ritorna dalla quinta puntata in avanti, relegando la quarta (che è anche la più lunga) a eccentrico intervallo utile a spezzare la monotonia e capire meglio i motivi di molte scelte del protagonista (compresa quella di convivere con la madre della sua ex).

Non c'è nulla di effettivamente rivoluzionario nella serie (la figura dello stalker è peraltro una delle più inflazionate, nel cinema di oggi), eppure si ravvisano nell'operazione freschezza, modernità, il desiderio autentico di mettere a nudo una vicenda drammatica attraverso l’esperienza personale. Richard Gadd “è” il baby reindeer del titolo, la “piccola renna” (il più frequente dei vezzeggiativi usati da Martha), ossessionato fin del profondo nell’animo da una situazione da cui non sa come fuggire. E se ancora la regia mostra di essere acerba, se qualche passaggio fin troppo ripetitivo esiste, le idee per ritagliarsi uno spazio non indifferente nel mare magnum delle serie di oggi ci sono indubbiamente; e Gadd sa come metterla in scena donandogli il fondamentale realismo che la caratterizza.

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Dietro a un titolo banale e anonimo, ennesima variante di un classico citato ormai infinite volte, si nasconde un film invece con più di una qualità, che pur rifacendosi anche nell'idea di base al capolavoro monicelliano...Leggi tutto sa offrirne una versione moderna che ne eredita in giuste dosi amarezza e divertimento. Siamo anche qui a Roma ma la zona interessata, nominata spessissimo nel film, è il Labaro, quartiere a nord della Capitale dove abitano due ladruncoli da quattro soldi, Ruggero (Giallini) e Cosimo (Mastandrea). Il primo è un elettricista sposato con Marisa (Natoli) e ha un figlio, il secondo ha l'hobby dell'aeromodellismo.

Quando Cosimo, durante un lavoro, conosce un ricco collezionista d'arte (Ferrari) che rimpiange il magnifico Van Gogh perso al gioco da suo nonno e viene a sapere che proprio quel quadro è custodito in un museo lì nei pressi e potrebbe rivenderlo al ricco signore per oltre un milione di euro, fa due più due. Anzi, di più, perché Marisa lavora proprio come custode in quello stesso museo! Insomma, avrebbe già un compratore e a portata di mano la disponibilità di chi conosce molto bene l'impianto di sicurezza. Chiama Ruggero e lo convince a dare una svolta alle proprie vite, coinvolgendo nell’operazione pure la moglie inizialmente riluttante. Sarà sufficiente procurarsi una copia del quadro e sostituirla nottetempo eludendo gi allarmi e le telecamere provocando un blackout.

In campo avverso milita Piero (Favino), poliziotto dotato di buon acume, un matrimonio fallito alle spalle e che già ha messo gli occhi su Ruggero e Cosimo in seguito a una rapina condotta dai due ai danni di un autobus di coreani. Due mondi contrapposti nella sfida sempiterna tra guardie e ladri, tra le più battute dal nostro cinema. La storia però a sorpresa gira bene e tutti e quattro i protagonisti confermano bel talento interpretativo, riuscendo in qualche modo a sopperire alle carenze della regia un po' zoppicante di Antonello Grimaldi e alla povertà della confezione, dovuta alla destinazione televisiva del film. Peccato, perché la sceneggiatura di Walter Lupo (a cui si deve anche il soggetto) e Luca Rossi aveva ottime potenzialità. Soprattutto per come viene risolta la seconda parte, in cui si perde parzialmente lo spirito ironico che pervadeva fin lì il film ma si acquisisce spessore drammaturgico (guadagna spazio Favino, nella prima parte poco presente) azzeccando qualche convincente colpo di scena e un bel finale in cui ancora una volta si sfrutta la bravura del cast per raggiungere un buon risultato.

Giallini dei tre mattatori sembra il meno incisivo (all'epoca era ancora poco noto al grande pubblico), ma il personaggio nelle sue corde comunque l'aiuta. Qualche forzatura nel tentativo di dare un taglio romantico al personaggio di Cosimo (che ad ogni complimento si schermisce rispondendo solo "sono un elettricista"), un certo accenno di sciatteria dovuta alla limitata coralità di una storia che di solito prevederebbe ben più figure implicate nel progettato furto, ma il tutto gira e, considerato che si tratta di una produzione televisiva (Mediaset), ci si può dire soddisfatti.

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Mescolando i titoli del suo libro più celebre (“Il Brodo Primordiale”) e del film che all’epoca stava uscendo (SEPARATI IN CASA), il napoletano Riccardo Pazzaglia, noto per la sua partecipazione in qualità di “filosofo” a “Quelli della notte” di Arbore ma autore di molto...Leggi tutto più di quanto non si pensi (esordì come regista cinematografico addirittura nel 1961 in uno dei primissimi film con Franco e Ciccio, L’ONORATA SOCIETA’), se ne va a Parigi e comincia da lì. Da un ristorante, per la precisione, dove non gli servono il richiesto brodo ma un “potage”, sabotandogli di fatto la presentazione del titolo.

L’episodio di “Che fai... ridi?” coglie molto dello spirito improvvisativo di Pazzaglia, della sua contagiosa simpatia (comune a tanti napoletani) che lo porta a completare uno dei tanti episodi della serie che viaggiano a metà tra la metatelevisione e il documentario. Si comincia dal “backstage”, se così vogliamo chiamarlo, del film SEPARATI IN CASA, che funge da esile filo conduttore per le scorribande parigine di Pazzaglia.

Il primo incontro è con un libraio all’ombra di Notre-Dame, al quale chiede lumi sulla diffusione dei romanzi italiani in Francia e in particolare del suo, “Il Brodo Primordiale”, propagandandolo come titolo notissimo e imperdibile. Quattro simpatici scambi in francese tradotti alla buona dal nostro secondo una tecnica che sarà costretto a usare in più occasioni. Non però con l’uomo di origini italiane al quale lungo la strada porrà un curioso interrogativo: dove si trovano a Parigi, dal momento che siamo in autunno, le foglie più morte? Come riconoscerle da quelle “meno morte”? Solo un esempio di ciò che Pazzaglia farà nella capitale francese, dirigendo qualche scena del suo film senza chiedere alcun permesso per girare e producendosi magari in un duetto improvvisato con un’attrice di strada, che “disturberà” amichevolmente divertendo gli astanti.

Il ritorno a Roma coinciderà con una ripresa dei temi legati al suo film e con una lunga parentesi nella casa dove si trovano i letti “separati”. Discuterà col direttore della fotografia, Nino Celeste, e con altri componenti della troupe prima di prodursi, nel finale, in un duetto canoro con Simona Marchini (che nel film interpreta la moglie di Pazzaglia stesso). Su un piccolo palco i due intoneranno “Voglio andare a fare il guru” giocando in modo piuttosto elementare con la religiosità indiana e l’unico scopo di riproporre quelle canzoni a “doppio senso” che nell’Italia di molti anni prima spopolavano.

Al di là di qualche siparietto brillante, tuttavia, l’insieme è slegato e dà decisamente l’idea di un episodio costruito senza una vera traccia, che lascia unicamente alla simpatia del suo protagonista l’onere di sostenere scene altrimenti faticosamente digeribili. Anche così, comunque, non si può non notare come ogni sequenza venga diluita a dismisura rendendo inefficaci le tracce di umorismo che la compone. L’impressione è che Pazzaglia prosegua senza sosta a briglia sciolta, col risultato di dare forma a qualcosa di non esattamente apprezzabile, per chi non sia strettamente un fan del protagonista…

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

SFOGLIA PER GENERE