il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

PANE E TULIPANI
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340913 commenti | 64526 titoli | 25602 Location | 12813 Volti

Streaming: pagine dedicate

Location Zone

  • Film: Con tutto il cuore (2021)
  • Luogo del film: La chiesa dove Ottavio (Salemme) avvicina Mangiacarne (Capano) sbagliando persona e dicendogli di Do
  • Luogo reale: Chiesa dell'Ascensione a Chiaia, Piazzetta Ascensione 15, Napoli, Napoli
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  • Film: Mia moglie, mia figlia, due bebè (2016)
  • Multilocation: Cariparma
  • Luogo reale: Piazza Amedeo, Napoli, Napoli
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Luciano Spinelli

    Luciano Spinelli

  • Philippe Léotard

    Philippe Léotard

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Anthonyvm
Nel suo intrecciarsi di atmosfere campy-manieristiche (si veda il prologo con la fintissima eclisse lunare), erotismo talvolta insistito e impressionanti inserti body-horror (opera del mai abbastanza stimato K.N.B. EFX Group), sembra quasi di trovarsi davanti a un prodotto inedito di Charles Band (sensazione accresciuta dalla presenza di Phil Fondacaro nel cast e dell'ex-moglie di Ted Nicolaou fra gli scenografi). Davvero un peccato che ottimi effetti splatter e sorprendenti soluzioni visive (a un passo da Yuzna e Barker) siano stati messi al servizio di uno script tanto banale. Meh.
Commento di: Pinhead80
Michael Moore tenta l'impresa impossibile recandosi in Ohio per cercare in qualche modo di convincere il pubblico a maggioranza Repubblicana a simpatizzare per la Clinton. Lo fa attraverso una sorta di stand-up che prende l'argomento partendo da lontano sino ad arrivare dritti al punto, tirando in ballo la penosa situazione americana legata alla sanità pubblica. Se nella prima parte si ride di gusto per alcune battute tipiche degli spettacoli teatrali comici, nella seconda i toni diventano più seri e alcune statistiche usate per argomentare risultano scioccanti.
Commento di: Paulaster
Ragazzino trova una speranza di vita nell’addestrare un falco. Storia proletaria in cui Loach illustra senza fronzoli la situazione: metodi scolastici ruvidi, situazione familiare d’indifferenza e la povertà. Il ragazzino dal cuore d’oro si è già visto, ma la sua poesia rimane nei fatti, subìti e regalati. Anche la metafora di libertà del rapace funziona. Straordinario il piccolo protagonista che evita l’effetto melodrammatico e si comporta come un gatto randagio. Fotografia e lingua originale accentuano il clima quotidiano britannico.
Commento di: Giùan
Studenti in un liceo di provincia restano isolati a causa di un tifone. Figura chiave di uno dei più critici periodi di passaggio del cinema nipponico. Somai gira una rapsodica opera generazionale, che esplora l'adolescenza in un mood sempre più cupo, attraverso scene che, a dispetto del contenuto inquietante (il quasi stupro di una compagna, la "partaccia" della suocera dell'insegnante, il ballo seminudi sotto il diluvio...), sono "governate" da ellissi di crudezza e onirismo in grado di trasmettere con fluidità la fragilità di quella cruciale età incerta. Non per tutti i gusti.
Commento di: Schramm
Gli ultimi giorni degli Spettatori Sfibrati dal cinema imparentato col pessimo, dall'eroswastika con svastica effigiata dall'eloquio sturmtruppenaro e l'eros abbozzato da una Leander ilsacchiosa. Un budget a base di banconote del monopoli distilla il sangue col contagocce, come sindacali sono sevizie e torture alla volta degli arabi in vece degli ebrei (inutile chiedersi perché). Gran poco di tutto in un kaput estetico che s'atteggia a Bandera salonkittara reinventando la storia pornofumettando scultissimevolissimevolmente. Era tuttavia per Bartolucci che si invocava il rogo. Vabbè.
Commento di: Von Leppe
Essendo ambientato nel Giappone post Seconda Guerra Mondiale ci si aspettavano riferimenti più espliciti sull'origine nucleare di Godzilla, ma comunque il film funziona pure così, mostrando il mostro ancora cucciolo nella sua prima apparizione. Le scene che vedono in azione il re dei mostri sono spettacolari, con qualche rimando allo Squalo e c'è il gradito ritorno dell'impareggiabile colonna sonora originale dei kaiju del Novecento. La parte che riguarda le vicende umane non è poi male.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Sette episodi di durata variabile (da meno di mezz'ora a quasi cinquanta minuti) per raccontare la storia - vera - di Richard Gadd, che nel film interpreta se stesso cambiandosi il nome in Donny Dunn. Comico senza grandi speranze, stand-up comedian che ottiene ai suoi spettacoli reazioni perlopiù fredde dal pubblico, Donny incontra un giorno, nel pub dove lavora, Martha Scott (Gunning), una ragazza di dimensioni non indifferenti che sembra immediatamente attratta da lui; forse perché a differenza degli altri non pare evitarla e anzi, si dimostra gentile, disponibile ad ascoltarla.

Tra...Leggi tutto i due nasce un rapporto di amicizia che tuttavia lei cerca di trasformare forzatamente in amore: scovato il suo indirizzo di posta elettronica in un vecchio sito, Martha comincia a inondargli la casella con decine e decine di mail dense di errori ortografici in cui prova a stabilire una relazione di ferro. Non è quello che Donny cerca, benché lei sia la prima persona che da tempo mostra di accorgersi della sua esistenza; anche per questo Donny non riesce a chiudere un rapporto che si fa di giorno in giorno più morboso. E’ su questo rapporto che viene costruita una serie il cui obiettivo primario è quello di scavare nell'intimo di Danny conferendogli la giusta tridimensionalità; vi riesce, anche perché a scrivere il copione (e a sedersi dietro la macchina da presa) è Gadd stesso, che naturalmente conosce fin troppo bene il protagonista.

A risaltare è innanzitutto l'estrema fragilità di Donny, la sua perenne incapacità di prendere una decisione: si lascia trasportare dagli eventi dando l'impressione di essere privo di una vera spina dorsale. Vive con la madre della sua ex ragazza che lo ospita gentilmente, prosegue l’attività di cabarettista con scarsi risultati. Anche perché è totalmente assorbito dall'ossessionante presenza di Martha, che non smette di scrivergli nemmeno per un giorno. Ci vogliono sei mesi perché Donny si decida a denunciarla alla polizia come stalker, ma senza minacce chiare non è facile procedere.

La situazione si ripete piuttosto monotematicamente, pur se i caratteri dei due protagonisti (molto più interessante quello di lei, è inevitabile) vengono restituiti non solo con verismo ma anche con buona ricercatezza nei dialoghi. Si sarebbe potuto ad ogni modo sforbiciare con facilità la vicenda senza privarla di efficacia, tanto che l'improvvisa sterzata imposta nella quarta puntata appare salvifica: tornando indietro di cinque anni nel passato, si raccontano i primi passi da comico di Donny a Edimburgo (è lì per un singolare festival dedicato agli esordienti nel campo), la sua vita dissennata e l'incontro con un importante autore televisivo che pare instradarlo verso il successo. La droga, il sesso e l’immersione in un mondo totalmente diverso ci allontanano dal rigido schema della relazione a due, che aveva comunque già iniziato a inserire qualche variazione con l'entrata in scena di Teri (Mau), una terapista transessuale grazie alla quale Donny sembra ritrovare finalmente equilibrio e amore autentico. Alla vita di sempre si ritorna dalla quinta puntata in avanti, relegando la quarta (che è anche la più lunga) a eccentrico intervallo utile a spezzare la monotonia e capire meglio i motivi di molte scelte del protagonista (compresa quella di convivere con la madre della sua ex).

Non c'è nulla di effettivamente rivoluzionario nella serie (la figura dello stalker è peraltro una delle più inflazionate, nel cinema di oggi), eppure si ravvisano nell'operazione freschezza, modernità, il desiderio autentico di mettere a nudo una vicenda drammatica attraverso l’esperienza personale. Richard Gadd “è” il baby reindeer del titolo, la “piccola renna” (il più frequente dei vezzeggiativi usati da Martha), ossessionato fin del profondo nell’animo da una situazione da cui non sa come fuggire. E se ancora la regia mostra di essere acerba, se qualche passaggio fin troppo ripetitivo esiste, le idee per ritagliarsi uno spazio non indifferente nel mare magnum delle serie di oggi ci sono indubbiamente; e Gadd sa come metterla in scena donandogli il fondamentale realismo che la caratterizza.

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Dietro a un titolo banale e anonimo, ennesima variante di un classico citato ormai infinite volte, si nasconde un film invece con più di una qualità, che pur rifacendosi anche nell'idea di base al capolavoro monicelliano...Leggi tutto sa offrirne una versione moderna che ne eredita in giuste dosi amarezza e divertimento. Siamo anche qui a Roma ma la zona interessata, nominata spessissimo nel film, è il Labaro, quartiere a nord della Capitale dove abitano due ladruncoli da quattro soldi, Ruggero (Giallini) e Cosimo (Mastandrea). Il primo è un elettricista sposato con Marisa (Natoli) e ha un figlio, il secondo ha l'hobby dell'aeromodellismo.

Quando Cosimo, durante un lavoro, conosce un ricco collezionista d'arte (Ferrari) che rimpiange il magnifico Van Gogh perso al gioco da suo nonno e viene a sapere che proprio quel quadro è custodito in un museo lì nei pressi e potrebbe rivenderlo al ricco signore per oltre un milione di euro, fa due più due. Anzi, di più, perché Marisa lavora proprio come custode in quello stesso museo! Insomma, avrebbe già un compratore e a portata di mano la disponibilità di chi conosce molto bene l'impianto di sicurezza. Chiama Ruggero e lo convince a dare una svolta alle proprie vite, coinvolgendo nell’operazione pure la moglie inizialmente riluttante. Sarà sufficiente procurarsi una copia del quadro e sostituirla nottetempo eludendo gi allarmi e le telecamere provocando un blackout.

In campo avverso milita Piero (Favino), poliziotto dotato di buon acume, un matrimonio fallito alle spalle e che già ha messo gli occhi su Ruggero e Cosimo in seguito a una rapina condotta dai due ai danni di un autobus di coreani. Due mondi contrapposti nella sfida sempiterna tra guardie e ladri, tra le più battute dal nostro cinema. La storia però a sorpresa gira bene e tutti e quattro i protagonisti confermano bel talento interpretativo, riuscendo in qualche modo a sopperire alle carenze della regia un po' zoppicante di Antonello Grimaldi e alla povertà della confezione, dovuta alla destinazione televisiva del film. Peccato, perché la sceneggiatura di Walter Lupo (a cui si deve anche il soggetto) e Luca Rossi aveva ottime potenzialità. Soprattutto per come viene risolta la seconda parte, in cui si perde parzialmente lo spirito ironico che pervadeva fin lì il film ma si acquisisce spessore drammaturgico (guadagna spazio Favino, nella prima parte poco presente) azzeccando qualche convincente colpo di scena e un bel finale in cui ancora una volta si sfrutta la bravura del cast per raggiungere un buon risultato.

Giallini dei tre mattatori sembra il meno incisivo (all'epoca era ancora poco noto al grande pubblico), ma il personaggio nelle sue corde comunque l'aiuta. Qualche forzatura nel tentativo di dare un taglio romantico al personaggio di Cosimo (che ad ogni complimento si schermisce rispondendo solo "sono un elettricista"), un certo accenno di sciatteria dovuta alla limitata coralità di una storia che di solito prevederebbe ben più figure implicate nel progettato furto, ma il tutto gira e, considerato che si tratta di una produzione televisiva (Mediaset), ci si può dire soddisfatti.

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Mescolando i titoli del suo libro più celebre (“Il Brodo Primordiale”) e del film che all’epoca stava uscendo (SEPARATI IN CASA), il napoletano Riccardo Pazzaglia, noto per la sua partecipazione in qualità di “filosofo” a “Quelli della notte” di Arbore ma autore di molto più di quanto non si pensi (esordì come regista cinematografico...Leggi tutto addirittura nel 1961 in uno dei primissimi film con Franco e Ciccio, L’ONORATA SOCIETA’), se ne va a Parigi e comincia da lì. Da un ristorante, per la precisione, dove non gli servono il richiesto brodo ma un “potage”, sabotandogli di fatto la presentazione del titolo.

L’episodio di “Che fai... ridi?” coglie molto dello spirito improvvisativo di Pazzaglia, della sua contagiosa simpatia (comune a tanti napoletani) che lo porta a completare uno dei tanti episodi della serie che viaggiano a metà tra la metatelevisione e il documentario. Si comincia dal “backstage”, se così vogliamo chiamarlo, del film SEPARATI IN CASA, che funge da esile filo conduttore per le scorribande parigine di Pazzaglia.

Il primo incontro è con un libraio all’ombra di Notre-Dame, al quale chiede lumi sulla diffusione dei romanzi italiani in Francia e in particolare del suo, “Il Brodo Primordiale”, propagandandolo come titolo notissimo e imperdibile. Quattro simpatici scambi in francese tradotti alla buona dal nostro secondo una tecnica che sarà costretto a usare in più occasioni. Non però con l’uomo di origini italiane al quale lungo la strada porrà un curioso interrogativo: dove si trovano a Parigi, dal momento che siamo in autunno, le foglie più morte? Come riconoscerle da quelle “meno morte”? Solo un esempio di ciò che Pazzaglia farà nella capitale francese, dirigendo qualche scena del suo film senza chiedere alcun permesso per girare e producendosi magari in un duetto improvvisato con un’attrice di strada, che “disturberà” amichevolmente divertendo gli astanti.

Il ritorno a Roma coinciderà con una ripresa dei temi legati al suo film e con una lunga parentesi nella casa dove si trovano i letti “separati”. Discuterà col direttore della fotografia, Nino Celeste, e con altri componenti della troupe prima di prodursi, nel finale, in un duetto canoro con Simona Marchini (che nel film interpreta la moglie di Pazzaglia stesso). Su un piccolo palco i due intoneranno “Voglio andare a fare il guru” giocando in modo piuttosto elementare con la religiosità indiana e l’unico scopo di riproporre quelle canzoni a “doppio senso” che nell’Italia di molti anni prima spopolavano.

Al di là di qualche siparietto brillante, tuttavia, l’insieme è slegato e dà decisamente l’idea di un episodio costruito senza una vera traccia, che lascia unicamente alla simpatia del suo protagonista l’onere di sostenere scene altrimenti faticosamente digeribili. Anche così, comunque, non si può non notare come ogni sequenza venga diluita a dismisura rendendo inefficaci le tracce di umorismo che la compone. L’impressione è che Pazzaglia prosegua senza sosta a briglia sciolta, col risultato di dare forma a qualcosa di non esattamente apprezzabile, per chi non sia strettamente un fan del protagonista…

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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