il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

LA VILLA A MONTE MARIO
grandi vetrate e piscina
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338817 commenti | 64064 titoli | 25395 Location | 12595 Volti

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  • Film: Supereroi (2021)
  • Multilocation: Piazza San Michele
  • Luogo reale: , Lucca, Lucca
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  • Film: Prima le donne e i bambini (1992)
  • Luogo del film: La cascina di Beatrice (Garello) dove alloggiano per qualche giorno Fiammetta (Maneri) e Laura (Scaf
  • Luogo reale: Tenuta Odorici, Vicolo del Casale di San Nicola 52, Roma, Roma
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Rosa Ferraiolo

    Rosa Ferraiolo

  • Cesara Buonamici

    Cesara Buonamici

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Giùan
Dalla Rivoluzione alla Restaurazione, con la sua arte diplomatica fatta di astuzie, abilità e "conoscenze", Talleyrand condizionò l'intera vita politica francese. Biografia "a la manière de Guitry" di uno dei più influenti e controversi personaggi della Francia tra fine XVIII e inizio XIX secolo. Al di là dell'evidente narcisistico parallelismo che il regista mette in scena tra la vita del luciferino diplomatico e la propria (fu condannato per collaborazionismo e "intelligenza" col nemico nazista), un biopic certamente teatrale, dominato (e spesso invaso) dalla personalità di Guitry.
Commento di: Harden1980
Divertente e leziosa commedia musicale, sontuosa nella messa in scena e nei costumi, per non parlare dal cast con una bravissima Valeri, una dolce Ottavia Piccolo e un simpatico Bramieri. Sorta di Romeo e Giulietta tra famiglie di conti spiantati e facoltosi salumieri, si avvale anche di ottime canzoni e momenti coreografici. La velata satira sulle convenzioni borghesi e una vaga morale consolatoria forse sono un po' datati, ma il tutto intrattiene ancora bene. Menzione speciale per i duetti canterini tra la Valeri e Bramieri. Delizioso.
Course à la saucisse (1907) di Alice Guy con (n.d.)
Commento di: Pinhead80
Un cane apparentemnete tranquillo ruba una fila di salsicce e comincia una corsa sfrenata. A inseguirlo tenendosi attaccato all'insaccato è il negoziante, che cerca disperatamente di recuperare la merce. Divertentissimo cortometraggio che vede come protagonista un simpatico cagnolino affamato che si tira dietro tutta una serie di personaggi deliranti e confusionari che finiranno per ceare una serie di danni a non finire. L'idea è molto simpatica e il ritmo serratissimo fino al finale, anch'esso molto divertente e riuscito. Brava qui la Guy a regalarci momenti di sana ilarità.
Commento di: Teddy
Lasciate appesa ogni parvenza di logica voi ch'entrate. L’horror di Gary Shore va assimilato, innanzitutto, come un autentico delirio performativo. Lavora infatti su un colorito anticonformismo che spalanca cancelli spazio-temporali, sfodera atrocità assortite, intreccia possessioni, reincarnazioni e microstorie random. Puro cinema anticonformista, maldestro, prolungato ma funzionale.
Commento di: Pinhead80
Kenneth Branagh, mostrandoci i disordini del 1969 a Belfast nell'Irlanda del Nord visti con gli occhi di un bambino di nove anni, dà vita a un film autobiografico che racconta un pezzo di storia che difficilmente si può scordare. L'utilizzo del bianco e nero è una delle tante scelte riuscite, così come non esagerare nelle scene cruente per dare più risalto alle dinamiche familiari che regalano scorci di quotidianità all'interno di un clima di forte tensione politica. Come si evince dall'opera le strade da seguire non devono essere per forza solamente due. Un film personale e sentito.
Commento di: Daidae
Discreto film dell'orrore tipicamente anni Novanta, ha i suoi punti di forza nella prima parte e il bello termina nella sequenza della discoteca, in cui possimao notare ottimi effetti speciali, contando che siamo praticamente a fine anni 80 e le tecnologie non erano quelle moderne (per certi versi è un pregio). Buona la prova del cast, peccato per la parte finale un po' debole e scontata.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Evidentemente attratto dall'idea di caricare di spettacolarità lo sport più di tendenza in Italia in questo preciso momento storico (grazie al fenomeno Sinner) sfruttando un bagaglio tecnico sicuramente invidiabile, Guadagnino lascia molto spazio alle sequenze sui campi da tennis mostrando palline che puntano velocissime verso la cinepresa, primi piani su braccia, gambe, racchette, sudore che scende sui volti, movimenti magari imperfetti ma scenografici, riprese impossibili dal basso… E alza la tensione con una colonna sonora impreziosita da un tema ossessivo e incalzante...Leggi tutto che azzecca il clima ideale per mantenere una suspense da legarsi sia all’evoluzione imprevedibile del rapporto sentimentale che al match cardine. Perché la sceneggiatura di Justin Kuritzkes è studiata apposta: frantuma la storia ambientandola in età diverse che - come impone certo cinema di oggi - si distribuiscono lungo l'arco del film in modo da poter svelare i momenti chiave solo al momento giusto, in un secondo tempo durante il quale la vicenda si ricomporrà passo dopo passo.

Il trio potagonista è composto da due amici e una splendida, conturbante tennista destinata fin da subito a farli impazzire: è Tashi (Zendaya), un futuro luminoso di fronte a sé che però capiamo essere stato interrotto da qualcosa che l'ha portata a diventare più modestamente la moglie e manager di Art Donaldson (Faist), uno dei due tennisti che fin dall'inizio se la contendono. L'altro è Patrick Zweig (O'Connor), dei due quello dall'aria meno ingenua e privo del talento del primo. Pur tuttavia i due li vediamo quasi già dall'inizio fronteggiarsi durante la finale del torneo Challenger che dà il titolo al film (i Challenger sono tornei Atp meno rilevanti di quelli del circuito principale, solitamente frequentati da atleti “minori” o, se importanti, che hanno bisogno – come in questo caso - di ritrovare fiducia prima di rituffarsi nei tornei maggiori).

Non sappiamo ancora, naturalmente, chi vincerà la partita che fa da punto di arrivo di tutti i diversi segmenti temporali; nel frattempo seguiamo l'intreccio sentimentale che lega i tre protagonisti: da quando Tashi si prende gioco dei due ragazzi provocandoli fino a quando la maturità la porterà a scelte dettate da mille ragioni che andranno indagate. Sono le fasi più accessibili al pubblico generalista perché quelle relative ai match potrebbero risultarlo meno, per chi ha scarsa confidenza con uno sport in cui regole e punteggi non sono proprio intuitivi. L'attenzione è comunque volta alla resa dell'agonismo, piuttosto che alla sfida punto su punto.

Zendaya è sexy e sbarazzina quanto basta, ma l'attrazione che prova per entrambi i tennisti appare sufficientemene autentica, così come la sua grinta. Faist e O'Connor vengono al contrario disegnati con tratti da bambinoni, per quanto si rivelino poi incisivi quanto basta. Guadagnino da par suo ci mette lo stile, quello che più di ogni altra cosa caratterizza il film attraverso tecnicismi talvolta virtuosi (per quanto il finale stiracchiato fino allo spasimo lasci per mille ragioni più di un dubbio) e scelte d'effetto nella messa in scena. Sconta una certa superficialità nella descrizione delle tensioni amorose dando spesso l’idea di un giocattolo divertente e poco di più, un vortice in cui lasciarsi trasportare per assaporare un tennis restituito in modo immersivo, teso, stordente, ben diverso da quello che si vede in televisione; e che tutto sommato ben si amalgama al racconto di una relazione “a tre” affrontata dal regista con le sue armi tipiche. Non lascia molto ma sa coinvolgere.

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Alle prese con una storia (dal romanzo omonimo di Domenico Starnone) che affronta i drammi dell'animo umano in modo maturo e profondo, Daniele Luchetti gira un film che si concede qualche eccesso evitabile (i frequenti, tragici sogni ad occhi aperti del protagonista, ad esempio) ma che trova in Elio Germano un interpretete assolutamente adeguato, estroso e vario, capace di dare all'opera la spinta giusta; anche per superare indenni gli inevitabili - al giorno d'oggi - sbalzi temporali che confondono le epoche e possono rischiare (anche attraverso ellissi ragionate) di confondere le...Leggi tutto idee.

Pietro (Germano) è un professore stimato, amato dai suoi alunni, una sorta di Robin Williams meno rivoluzionario ma comunque spiazzante, in molti momenti delle sue lezioni. Tra chi lo segue con maggiore ardore c'è Teresa (Rosellini), futura matematica d'eccellenza ammirata in tutto il mondo. Mostra già le sue capacità ma, una volta terminato il liceo, è tra tutti quella che inaspettatamente si ferma, trovando lavoro come cameriera in un bar e provocando un nuovo avvicinamento di Pietro, che cerca di convincerla a riprendere la strada degli studi e che a fatica nasconde un'attrazione per lei. Attrazione che  si concretizzerà in un sentimento forte che negli anni della scuola era solo latente. Un amore intenso che tuttavia crea in Pietro qualche imbarazzo con gli amici per l'età della ragazza. Il rapporto cresce e aumentano i conflitti, fino a quando Teresa pretende che, per dimostrare il forte legame, i due si confessino reciprocamente il loro più grande segreto. Lui accetta ed è la svolta del film: non sentiamo cosa sussurri a lei, ma di certo capiamo che è qualcosa di realmente scioccante, che perseguiterà l'uomo per l’intera vita e che di fatto provocherà la fuga di lei.

Anni dopo Pietro è sposato con Nadia (Puccini), una collega di matematica, e ha una figlia (Fogliati) che si prodiga perché alla cerimonia con cui il padre verrà premiato dal Presidente della Repubblica per i suoi importanti studi sulla didattica presenzi anche Teresa, da lei contattata in America. Tre fasi principali nella vita di Pietro (periodo con Teresa, vita matrimoniale con Nadia, anzianità) per costruire la figura di un intellettuale combattuto, perseguitato fino alla paranoia dall'idea che l'ex compagna possa un giorno svelare ciò che incautamente le ha svelato quella sera.

Brava Vittoria Puccini a spalleggiare Germano nel ruolo di moglie comprensiva, azzeccata la Rosellini come personaggio imprevedibile, con barlumi quasi luciferini in uno sguardo ambiguo, talora indecifrabile. Un cast ottimamente diretto che dona tridimensionalità ad ogni personaggio, il sorriso a volte forzato, altre sincero di un Germano che percorre ogni epoca "lasciando il segno", caricando di un significato importante ogni incontro; anche quelli con Isabella Ferrari, che nel ruolo della direttrice di una casa editrice lo coccola quando c'è da fargli far carriera e sottilmente lo seduce.

Ma su tutto incombe l'ombra dell'inconfessabile segreto, di una “persecuzione” che non lascia scampo, che spinge il protagonista addirittura verso il suicidio, generando continuamente fantasmi nella sua fantasia distorta. A volte il film frena, si perde in un clima rarefatto in cui sembra mancare una direzione verso cui puntare, ma il buon lavoro di Luchetti in regia ci permette di seguirlo con discreto piacere nonostante le oltre due ore di durata mentre ci lasciamo cullare dalle liquide musiche di Thom York dei Radiohead.

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Mentre lo vediamo bardato da apicultore che prepara i barattoli di miele, intuiamo che deve nascondere un secondo significato, quel "beekeper". E' infatti il nome di un programma segreto che addestra - manco a dirlo - gli individui più letali del pianeta, i quali vedono il mondo come un grande alveare da salvaguardare e che intervengono se qualcosa non procede come deve. Adam Clay (Statham) è uscito da tempo, da quel programma, e vorrebbe davvero dedicarsi ad allevare davvero le api. Ma quando l'unica donna (Rashad) che si è mai presa cura di lui si suicida...Leggi tutto in seguito a una subdola truffa telematica, capisce che è il momento di tornare in servizio attivo.

La figlia (Raver-Lampman) della vittima, agente speciale dell'FBI, fa (quasi) subito amicizia, con Adam, ma condurrà indagini separate arrivando inevitabilmente a sbatterci contro, considerata l'altissima quantità di cadaveri che quello si lascia alle spalle ad ogni passo. Dopo aver raso al suolo la sede di uno degli infami call center in cui hacker e criminali di ogni razza si collegano ai PC della povera gente per rubare le loro password e prosciugarne i conti, Adam è solo all'inizio. Vuole salire di grado, capire chi siede in cima alla montagna e sradicare il male all'origine. Per farlo, come prevedibile, stenderà enormi quantità di uomini armati sguinzagliati sulle sue tracce dall'oscuro direttore di un'agenzia di sicurezza (Irons) che guarda le spalle al rampollo terribile (Hutcherson) della Presidente degli Stati Uniti (Redgrave), nientemeno!

Insomma, l'idea del beekeper altro non è che il solito fumo negli occhi che tenta di celare faticosamente la vera natura del film, ovvero un'orgia action in puro stile Statham, senza alcuna reale pretesa se non quella di assecondare i fan del genere. A Jeremy Irons l'ingrato compito di dare un minimo di consistenza alle trame governative, alla Raver-Lampman quello di provare a innestare una parvenza di personalità combattuta, che non sa se seguire la legge o... la giustizia. Ma su tutti, naturalmente, svetta l'unico protagonista, la monolitica macchina da guerra che azzarda solo di rado qualche simpatica battuta ("Entro e rado tutto al suolo", dice ai due sorveglianti che gli chiedono cosa ci faccia davanti alla sede del call center con due taniche di benzina in mano) per pensare soprattutto a menare le mani come d'abitudine.

Più violenza che sangue, più pallottole sparate che fughe. La formula classica viene ripresa spudoratamente e senza vergogna per mettere in scena un action quintessenziale, discretamente confezionato, che oltrepassa di un bel po' la soglia dell'assurdo: Statham non lo fermano neanche in cinquecento e prima di farsi ferire il minimo sindacale esce senza un graffio da esplosioni, lotte e mitragliate di ogni genere. Insomma, ormai il gioco è alzare l'asticella sempre un po' più in alto, contando sul fatto che a film simili non è richiesto di apparire credibili quanto semmai l'esatto contrario. Sulla famiglia presidenziale e i loro loschi intrallazzi è meglio sorvolare...

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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