il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

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338872 commenti | 64073 titoli | 25401 Location | 12600 Volti

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Location Zone

  • Film: Supereroi (2021)
  • Luogo del film: La farmacia dove Anna (Trinca) compra un test di gravidanza
  • Luogo reale: Antica Farmacia Diana, Piazza Guglielmo Oberdan 4, Milano, Milano
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  • Film: Sissi a Ischia (1958)
  • Luogo del film: La piazza dove Cesare (Carsten) ferma il pullman nel quale fa la guida turistica Scampolo (Schneider
  • Luogo reale: Piazza Antica Reggia, Ischia, Napoli
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Lorenzo Grechi

    Lorenzo Grechi

  • Roberta Rovelli

    Roberta Rovelli

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Kinodrop
La storia di un killer pluriomicida al servizio di una gang mafiosa canadese, che una volta catturato racconta il suo pregresso non solo "professionale" ma anche familiare. Picard, qui attore e regista, disegna un personaggio fuori dai soliti schemi, un piatto e anonimo esecutore, spietato ma fornito di una "moralità" criminale che lo fa sentire sempre nel giusto. Regia un po' didascalica, specie sul piano spazio-temporale, e priva di suspense, specie nei momenti clou delle esecuzioni. Azzeccata la figura del protagonista nella sua ordinarietà senza pentimento.
Commento di: Pinhead80
Nel 1922 una piccola cittadina del West Sussex sale alla ribalta per alcune lettere anonime dai contenuti volgari e ingiuriosi che vengono recapitate agli abitanti. Verrà accusata Rose, una donna emancipata e sboccata che sembra essere il capro espiatorio per eccellenza. Divertente commedia al femminile in cui gli uomini sono degli inetti incapaci di dare il giusto valore all'altro sesso a causa della loro mentalità ristretta e retrograda. La storia è avvincente sia per quanto riguarda il risvolto legato al mistero delle lettere sia per l'utilizzo di una volgarità che non infastidisce.
Commento di: Fauno
Un giallo che va preso molto in allegria, scordandosi di ottenere il benché minimo brivido e anche la storia di questa ragazza che si faceva forte del motto "il rischio è vita, il resto è attesa", limita a questa frase tutto il suo mordente. Nondimeno non va ai limiti inferiori in quanto il marchingegno che pone in opera l'abile messinscena è un vero rompicapo, quasi quanto un'incerta partita a scacchi; in più è folkloristica l'ossessione, nella ridente cittadina prospiciente un lago, di saldare i conti a tutti i costi, con qualsiasi scusa e di fare le pulci anche a pochi spiccioli.
Commento di: Giùan
Popolare all'ennesima potenza, quasi per antonomasia, e dunque opera che si pone quasi fisiologicamente al di sopra di ogni metro di giudizio, se non accettandone la sfida dell'essere un film profondamente parziale (tanto più si fa ecumenico) e intensamente, pesantemente americano per quanto leggero e universale si appalesi. La "piattezza" registica di Zemeckis (rispetto ad esempio alla "presenza" del suo mentore Spielberg) si adatta perfettamente all'uno nessuno centomila (senza conflitti però) di un Hanks invero stratosferico attraversatore di incroci della Storia. Antisimpatico.
Commento di: Gugly
Considerato il capostipite del "poliziottesco", il film registra inquietudini del momento (si nomina Pinelli) innestate in una sorta di "giallo politico" dai ritmi non altissimi (sequenze di rapine e inseguimenti verranno perfezionate in pellicole successive) con una sola punta inaspettata di gore (la morte della rapita); Salerno e Fabrizi i più incisivi (il secondo sempre perfetto nel ruolo del "viscido"), impalpabili la Melato e Adorf, tutti coinvolti in uno sviluppo di eventi che conduce lo spettatore a intuire con facilità epilogo e probabile traditore del protagonista.
Commento di: Nergal
Pietra miliare del noir, l'esordio alla regia di Houston ha dalla sua un ritmo frenetico, una messa in scena impeccabile e la definizione di una serie di topoi (a cominciare dalla caratterizzazione del detective Sam Spade, archetipo dell'"occhio privato" hard boiled) che diverranno una sorta di decalogo per per chiunque voglia confrontarsi con il genere. D'altra parte lo sviluppo della vicenda lasciato quasi esclusivamente ai dialoghi (oggi li chiameremmo, forse ingiustamente, "spiegoni") può annoiare chi si aspettasse un po' più di azione.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Avrebbe dovuto essere il pilot di una serie, ma così non è stato. Rimane un film tv che propone Bud Spencer nel ruolo di un prete sui generis (ovviamente) che si ritrova a Crotone a indagare sullo strano caso di un giovane condannato per aver ucciso un benzinaio. Don Carlo Vasari (Spencer) viene da fuori, è lì solo per sostituire temporaneamente Padre Cesco (Moretti) soprattutto nella sua attività di prete all’interno di un carcere minorile. Al suo posto avrebbe dovuto esserci Padre Leonardo (Messeri), a dire il vero, ma questi chiede a Vasari un favore...Leggi tutto perché in quel momento ha assoluta necessità di stare vicino ai suoi ragazzi.

L’omone accetta e subito entra in contatto con un mondo – in carcere – in cui le tensioni non mancano, le risse si sprecano e il detenuto più carismatico, Vincenzo Torrisi (Sandro), fa il buono e il cattivo tempo. Nino Carbone (Cascio), così timido, sembra fuori posto, in mezzo a gente simile. Dentro per scontare molti anni di pena per l’omicidio del citato benzinaio, viene accusato in quei giorni di aver ucciso pure un altro ragazzo, nelle docce. Padre Vasari, benché Nino sembri refrattario a ogni aiuto, vorrebbe aiutarlo. Ha capito che non è lui il colpevole e che anzi, ad essere coinvolto in tutta quella violenza dev’essere Vincenzo, poco dopo rilasciato per “buona condotta”. Ad aiutare quest’ultimo è il fratellastro, Aldo (Riotta), il boss locale, che oltretutto aveva avuto una relazione e pure un figlio con Maddalena (Lainati), la sorella di Nino.

Un intreccio che – per la quantità di personaggi secondari che intervengono - si capisce come avrebbe potuto facilmente originare una serie; anche per il passato piuttosto oscuro e turbolento di Padre Vasari, riassunto durante veloci flashback in bianco e nero nei quali si vedono cariche della polizia e poco altro. Le indagini seguono standard piuttosto tradizionali: il prete interroga l’unico testimone dell’omicidio del benzinaio, provoca il bulletto Vincenzo, scampa ad agguati diurni in pieno centro città, cerca di coinvolgere una polizia riluttante, guidata da un commissario (Triestino) che almeno inizialmente non pare vederlo per nulla di buon occhio.

Bud Spencer, che in piena presa diretta sentiamo recitare con la sua voce (non certo squillante come quella straordinaria del suo doppiatore storico, Glauco Onorato), a 73 anni ancora conserva parte del suo grande carisma e – anche se non mena le mani (o quasi) per sopraggiunti limiti di età – comunque sa come farsi rispettare. La regia di Deodato non brilla come in altre occasioni ma permette di non annoiarsi troppo a fronte di una storia che non evidenzia gran qualità né riesce ad essere originale in nulla, chiusa peraltro molto sbrigativamente. L’indagine poco ha di interessante e l’entrata in scena della Lainati non aggiunge nulla di più che un altro flashback in bianco e nero con lei, Cascio e Riotta, mentre Infanti si ritaglia giusto un cameo quando Riotta lo raggiunge nella sua splendida villa in campagna. Ottimo Riotta come mafioso (o ‘ndranghetista, considerata l’ambientazione calabrese), figura da noir di serie superiore.

Un filmtv decente che conserva qualcosa della commedia non solo nella performance di Spencer ma anche – ad esempio – in quella di Mauro Ursella nei panni dell’aiutante di chiesa (forse il personaggio più centrato, tra i secondari). La presa diretta assai modesta penalizza soprattutto Spencer (alcuni dialoghi sono al limite dell’inudibile), che canta pure due brani in napoletano a dire il vero un po’ scarsi (sui titoli di testa il primo, in carcere assieme ai giovani detenuti il secondo).

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Evidentemente attratto dall'idea di caricare di spettacolarità lo sport più di tendenza in Italia in questo preciso momento storico (grazie al fenomeno Sinner) sfruttando un bagaglio tecnico sicuramente invidiabile, Guadagnino lascia molto spazio alle sequenze sui campi da tennis mostrando palline che puntano velocissime verso la cinepresa, primi piani su braccia, gambe, racchette, sudore che scende sui volti, movimenti magari imperfetti ma scenografici, riprese impossibili dal basso… E alza la tensione con una colonna sonora impreziosita da un tema ossessivo e incalzante...Leggi tutto che azzecca il clima ideale per mantenere una suspense da legarsi sia all’evoluzione imprevedibile del rapporto sentimentale che al match cardine. Perché la sceneggiatura di Justin Kuritzkes è studiata apposta: frantuma la storia ambientandola in età diverse che - come impone certo cinema di oggi - si distribuiscono lungo l'arco del film in modo da poter svelare i momenti chiave solo al momento giusto, in un secondo tempo durante il quale la vicenda si ricomporrà passo dopo passo.

Il trio potagonista è composto da due amici e una splendida, conturbante tennista destinata fin da subito a farli impazzire: è Tashi (Zendaya), un futuro luminoso di fronte a sé che però capiamo essere stato interrotto da qualcosa che l'ha portata a diventare più modestamente la moglie e manager di Art Donaldson (Faist), uno dei due tennisti che fin dall'inizio se la contendono. L'altro è Patrick Zweig (O'Connor), dei due quello dall'aria meno ingenua e privo del talento del primo. Pur tuttavia i due li vediamo quasi già dall'inizio fronteggiarsi durante la finale del torneo Challenger che dà il titolo al film (i Challenger sono tornei Atp meno rilevanti di quelli del circuito principale, solitamente frequentati da atleti “minori” o, se importanti, che hanno bisogno – come in questo caso - di ritrovare fiducia prima di rituffarsi nei tornei maggiori).

Non sappiamo ancora, naturalmente, chi vincerà la partita che fa da punto di arrivo di tutti i diversi segmenti temporali; nel frattempo seguiamo l'intreccio sentimentale che lega i tre protagonisti: da quando Tashi si prende gioco dei due ragazzi provocandoli fino a quando la maturità la porterà a scelte dettate da mille ragioni che andranno indagate. Sono le fasi più accessibili al pubblico generalista perché quelle relative ai match potrebbero risultarlo meno, per chi ha scarsa confidenza con uno sport in cui regole e punteggi non sono proprio intuitivi. L'attenzione è comunque volta alla resa dell'agonismo, piuttosto che alla sfida punto su punto.

Zendaya è sexy e sbarazzina quanto basta, ma l'attrazione che prova per entrambi i tennisti appare sufficientemene autentica, così come la sua grinta. Faist e O'Connor vengono al contrario disegnati con tratti da bambinoni, per quanto si rivelino poi incisivi quanto basta. Guadagnino da par suo ci mette lo stile, quello che più di ogni altra cosa caratterizza il film attraverso tecnicismi talvolta virtuosi (per quanto il finale stiracchiato fino allo spasimo lasci per mille ragioni più di un dubbio) e scelte d'effetto nella messa in scena. Sconta una certa superficialità nella descrizione delle tensioni amorose dando spesso l’idea di un giocattolo divertente e poco di più, un vortice in cui lasciarsi trasportare per assaporare un tennis restituito in modo immersivo, teso, stordente, ben diverso da quello che si vede in televisione; e che tutto sommato ben si amalgama al racconto di una relazione “a tre” affrontata dal regista con le sue armi tipiche. Non lascia molto ma sa coinvolgere.

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Alle prese con una storia (dal romanzo omonimo di Domenico Starnone) che affronta i drammi dell'animo umano in modo maturo e profondo, Daniele Luchetti gira un film che si concede qualche eccesso evitabile (i frequenti, tragici sogni ad occhi aperti del protagonista, ad esempio) ma che trova in Elio Germano un interpretete assolutamente adeguato, estroso e vario, capace di dare all'opera la spinta giusta; anche per superare indenni gli inevitabili - al giorno d'oggi - sbalzi temporali che confondono le epoche e possono rischiare (anche attraverso ellissi ragionate) di confondere le...Leggi tutto idee.

Pietro (Germano) è un professore stimato, amato dai suoi alunni, una sorta di Robin Williams meno rivoluzionario ma comunque spiazzante, in molti momenti delle sue lezioni. Tra chi lo segue con maggiore ardore c'è Teresa (Rosellini), futura matematica d'eccellenza ammirata in tutto il mondo. Mostra già le sue capacità ma, una volta terminato il liceo, è tra tutti quella che inaspettatamente si ferma, trovando lavoro come cameriera in un bar e provocando un nuovo avvicinamento di Pietro, che cerca di convincerla a riprendere la strada degli studi e che a fatica nasconde un'attrazione per lei. Attrazione che  si concretizzerà in un sentimento forte che negli anni della scuola era solo latente. Un amore intenso che tuttavia crea in Pietro qualche imbarazzo con gli amici per l'età della ragazza. Il rapporto cresce e aumentano i conflitti, fino a quando Teresa pretende che, per dimostrare il forte legame, i due si confessino reciprocamente il loro più grande segreto. Lui accetta ed è la svolta del film: non sentiamo cosa sussurri a lei, ma di certo capiamo che è qualcosa di realmente scioccante, che perseguiterà l'uomo per l’intera vita e che di fatto provocherà la fuga di lei.

Anni dopo Pietro è sposato con Nadia (Puccini), una collega di matematica, e ha una figlia (Fogliati) che si prodiga perché alla cerimonia con cui il padre verrà premiato dal Presidente della Repubblica per i suoi importanti studi sulla didattica presenzi anche Teresa, da lei contattata in America. Tre fasi principali nella vita di Pietro (periodo con Teresa, vita matrimoniale con Nadia, anzianità) per costruire la figura di un intellettuale combattuto, perseguitato fino alla paranoia dall'idea che l'ex compagna possa un giorno svelare ciò che incautamente le ha svelato quella sera.

Brava Vittoria Puccini a spalleggiare Germano nel ruolo di moglie comprensiva, azzeccata la Rosellini come personaggio imprevedibile, con barlumi quasi luciferini in uno sguardo ambiguo, talora indecifrabile. Un cast ottimamente diretto che dona tridimensionalità ad ogni personaggio, il sorriso a volte forzato, altre sincero di un Germano che percorre ogni epoca "lasciando il segno", caricando di un significato importante ogni incontro; anche quelli con Isabella Ferrari, che nel ruolo della direttrice di una casa editrice lo coccola quando c'è da fargli far carriera e sottilmente lo seduce.

Ma su tutto incombe l'ombra dell'inconfessabile segreto, di una “persecuzione” che non lascia scampo, che spinge il protagonista addirittura verso il suicidio, generando continuamente fantasmi nella sua fantasia distorta. A volte il film frena, si perde in un clima rarefatto in cui sembra mancare una direzione verso cui puntare, ma il buon lavoro di Luchetti in regia ci permette di seguirlo con discreto piacere nonostante le oltre due ore di durata mentre ci lasciamo cullare dalle liquide musiche di Thom York dei Radiohead.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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