Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.
Si Salvi chi può, chi vuole, chi deve: una puntata a misura duomo del Megasalvishow: sceneggiatura più esigua di un tweet in tasca, il nostro si tuffa con paracadute restio all'apertura sul precipizio del nonsensissimo, del demenzialissimo, dell'assurdissimo con la sua interdimensionale comicità a bruciapelo, non binaria e sempre sul piede di guerra con ogni costrutto cognitivo, epistemologico e di condotta comunicativa. Non essendo cinema e tv figli dello stesso codice, non sempre e non tutto funziona, ma per chi ama questa burrasca onirica d'uomo il divertimento non fa il prezioso.
Andando anche troppo adagio, Sollima imposta il suo epitaffio criminale ambientato in una Roma a un passo dal definitivo abisso infrastrutturale e morale (in vero, niente di troppo originale). Ed è qui che si muovono gli ultimi, anche loro disastrati, reduci della fu "gloriosa" Banda della Magliana. La storia è in fondo marginale, piace però l'acquaforte di questi delinquenti pezzenti che si arrabattano come possono; merito questo soprattutto di Favino, Servillo (abbastanza credibile pure in romano) e Giannini, davvero autori di interpretazioni memorabili. Imponente.
Corto in costume con al centro Satana che cerca di conquistare l'anima del protagonista, Roberto di Normandia, che è segretamente innamorato della figlia del duca di Messina. La storia è di poco interesse poiché non riesce mai a coinvolgere lo spettatore, sebbene voglia essere romanzesca e di cose ne succedano. Tra l'altro non si può nemmeno contare sull'effetto sorpresa: come finiranno le cose non è certo un mistero, considerato il titolo. Si salva dal… disastro poiché fattura e realizzazione sono accettabili, ma è un'opera assolutamente trascurabile.
Camionista e mamma severa cerca di recuperare il rapporto col figlio adolescente accompagnandolo al campeggio con gli amici. Simpatica e vivace commedia argentina che ha come protagonista il frizzante personaggio interpretato da una brava Oreiro: rispetto ad altre pellicole dalla trama simile, che fanno sorridere e riflettere sul ruolo difficile e attuale della mamma single impegnata su più fronti, qui si procede su binari paralleli evitando poltiglie caotiche (da un lato vi sono infatti le disavventure cui vanno incontro gli adulti, dall'altro quelle dei ragazzini in vacanza).
Perché aspettare Godot quando si può andare a cercarlo, tanto più se lo spazio di manovra non manca? Manuli orbita i suoi mosaici Didi e Gogo in traiettorie interlocutorie di un mondo disabitato (estinzione umana o non ancora avvenuta progenitura di Adamo e Eva?) tra intercapedini dada, anaforiche lampisterie ciniche, neuroatipicità straub-huilletiane, oracolarità del coro del freakantoniano facendo del narrare un problema sistemico e dell'estetica un corpo non conforme, bello da ammirare ma doverosamente faticoso da trascinare, ché l'arte non si consuma, è se mai lei a consumarci.
Banda di malviventi giunge in una cittadina solo in apparenza tranquilla e fa una scoperta inquietante... Pellicola che ha tutti i limiti di una produzione televisiva: fotografia, trucco e costumi modesti, location contate, violenza limitata (anche se quest'ultima è forse la cosa più accettabile, consentendo una visione più distesa), lieto fine garantito. Perlomeno, però, l'azione è costante, sebbene le scene di massa non brillino per accortezza (fa sorridere quella in cui un cavallo si finge moribondo come da copione, ma la cosa non gli riesce bene). Sufficiente invece il cast.
E' molto più Pieraccioni a entrare nel mondo di Siani che non viceversa. E non tanto perché in un'insolita cornice marchigiana gran parte dei personaggi parla in napoletano, quanto perché il ritmo, lo stile, l'aproccio, sono quelli tipici dei film diretti dal comico partenopeo, che infatti non a caso ne ha scritto la sceneggiatura con Gianluca Bernardini e una semplice collaborazione, da parte di Pieraccioni.
Tutta la curiosità stava nel cercare di capire come potessero interagire due dei maggiori nomi della commedia italiana degli ultimi anni, abituati...Leggi tutto nei loro film a muoversi da mattatori. Insieme si può dire che riescano in qualche modo a funzionare, ma il merito è soprattutto della simpatia che da sempre caratterizza le performance di entrambi, di quel loro modo leggero e disincantato di far sorridere. Qui sono chiamati a completarsi nei duetti un po' come avrebbero potuto fare Totò e Peppino settant'anni fa. I risultati - va da sé - non potevano essere gli stessi, ma se l'impostazione in regia di Siani porta a lasciare un certo spazio all'improvvisazione (che a Napoli da sempre sgorga naturale), Pieraccioni fatica a star dietro al collega, vero torrente in piena e sotto questo aspetto indubbiamente più dotato. Pieraccioni ci mette le facce, quell'espressività buffa che gli ha permesso di restare a galla anche quando la scrittura nei suoi film non è più stata all'altezza delle prime indimenticate prove.
Nessuno slancio di fantasia nel soggetto, con i nostri che si ritrovano affiancati nel ruolo di una coppia di poliziotti antitetici: tanto travolgente, moderno, fanatico dell'action all'americana è Antonio Berlingeri (Siani), quanto pacato e amante del quieto vivere è Pieraldo Naselli (Pieraccioni). Dopo aver catturato (ma ci verrà spiegato solo nel finale come avvenne) un pericoloso latitante, i due si troveranno ad affrontare insieme nuove avventure mentre, oltre all'auto e alle stesse operazioni, li vediamo condividere pure la stessa figlia (Dall'Orto), di cui Antonio è il padre biologico e Pieraldo quello "adottivo", dal momento che è diventato il compagno dell'ex moglie (Lodigiani) di Antonio. Causa di continui conflitti dovuti al suo carattere ribelle (è un'attivista green, di quelli che lanciano le zuppe contro i quadri e imbrattano i monumenti per far sentire la loro voce), la ragazza se ne gira col figlio di un ricchissimo personaggio del posto (Lo Verso) e tira brutti scherzi ai suoi "due padri" che non ne possono più.
Detto di una trama che dal punto di vista poliziesco ben presto s'avvolge su se stessa in un fumoso caso di cui francamente poco si afferra se non quelle quattro cose che sono ormai patrimonio comune del genere (la chiavetta USB che custodisce preziosi depositi da decifrare, tanto per dire), quello che conta è l'impatto comico, decisamente altalenante. Funzionano di più alcune scene costruite come piccoli sketch (magari con la partecipazione straordinaria di ottimi attori come Biagio Izzo e Peppe Lanzetta, o di Dino Abbrescia alla solita festa/orgia in stile EYES WIDE SHUT) che non i momenti in cui Siani e Pieraccioni hanno modo di recitare fianco a fianco. Soprattutto a causa di un Pieraccioni che pare sovente un pesce fuor d'acqua, poco a suo agio in un contesto a lui piuttosto estraneo.
Se si sorride, insomma, il merito è più di Siani che poi, dietro la macchina da presa, gira veloce, con stacchi fulminei che tengono alto il ritmo e contribuiscono a dare al film il tipico andamento sobbalzante, caotico, esagitato visto in altri suoi lavori precedenti. L'umorismo è elementare, di grana grossa, appena più ragionato quando si avvicina ai toni della commedia popolare partenopea e prossimo in più punti all'improvvisazione. La splendida Francesca Chillemi (collega dei due in polizia) dona la dolcezza - e un timido accento rosa - che non poteva mancare e conferma quanto chi più ruba la scena sia Siani, perché i duetti tra Pieraccioni e la Lodigiani sono presenti in numero minore e non hanno la stessa verve.
Le parentesi più genuinamente comiche sono garantite da un Giovanni Esposito che con insospettata cadenza marchigiana si ricava la parte del rapinatore di banche da operetta in un paio di scene da parodia dell'heist movie. L'atmosfera allegra e totalmente spensierata, ingenua e con battute talvolta pure imbarazzanti per vetustà e prevedibilità (al poligono di tiro o al ristorante, dove però Siani impazza...) può aiutare a sorvolare sull'inconsistenza di fondo, ma insistere ostinatamente su gag misere (le oche) fa capire che gli spunti buoni sono pochi. Siamo lontani dalle commedie comiche costruite bene in sceneggiatura e davvero divertenti, ma se si sopporta lo strampalato caos che regna su di un set in cui s'infila dentro un po' di tutto senza troppo pensarci, qualche risata la si può fare.
Jaume Collet-Serra dirige con gran piglio un action “all'americana” che ha tutte le carte in regola per guadagnarsi il proprio spazio nel genere, al netto di una banalità di fondo piuttosto evidente. Scelto come set unico l'aeroporto di Los Angeles alla vigilia di Natale, il film elegge a suo protagonista (con un nome che fa molto MISSION: IMPOSSIBLE) Ethan Kopek (Egerton), uno...Leggi tutto che non ha certo la brillantezza e l'amore per il proprio mestiere nel DNA. Rifiutato dall'Accademia di polizia dove sperava di entrare, in tre anni di lavoro in aeroporto non ha avuto una sola promozione; accusato dal suo capo (Norris) di scarsa voglia, si vede rinfacciare la cosa - con toni meno inquisitori – anche dalla moglie Nora (Carson), che lo ama ed è pure incinta. Deciso a farsi valere dopo essersi visto rifiutare la promozione, è chiamato per un giorno a sostituire un collega al controllo dei bagagli per poter dimostrare che la voglia di far bene ce l'ha. Non poteva capitargli giorni migliore, in questo senso...
Quando, da un secchiello portaoggetti, Ethan raccoglie un auricolare lasciato lì da qualcuno e se lo infila nell'orecchio destro come trova scritto su di un biglietto che lo accompagna, capisce che chi gli parla non è uno qualsiasi: una voce minaccia in breve di fargli fuori la moglie se non accetterà di fare ciò che lui gli ordinerà. Uno scherzo? Macché! Quello ha occhi dappertutto, lo tiene sotto controllo, pare onnipotente e il poveretto non può che abbozzare; ciò che gli viene chiesto è di far superare i controlli in silenzio a un bagaglio a mano che - è ovvio - contiene qualcosa di molto pericoloso, anche se non si sa ancora cosa.
La polizia intanto, ben rappresentata da Elena Cole (Deadwyler), mostra insolita acutezza e, dalla scena di un doppio delitto che avevamo visto in apertura, ricava una cimice sulla quale è malamente inciso qualcosa da interpretare e che fa riferimento proprio all'aeroporto. Le forze dell'ordine convergono così pure loro sul posto in buon numero, anche se non sanno con esattezza cosa cercare. Nel frattempo il persecutore di Ethan si palesa: è un uomo con cappellino (Bateman) dall'aria irridente, che gli dà ora istruzioni in prima persona e con grande calma spiega come non sia esattamente un terrorista ma qualcosa - di fatto – di molto simile. Con la moglie costantemente sotto minaccia, Ethan si trova a dover seguire gli ordini dell'uomo cercando nel contempo di escogitare qualcosa per salvare le potenziali vittime dello sciagurato piano
Una lotta a distanza da condursi in mezzo alle centinaia di persone che si muovono in aeroporto e che diventano spettatori ignari di una situazione che si fa più tesa minuto dopo minuto. La bravura di Collet-Serra sta nel tenere costantemente alta la tensione, ma anche quella di azzeccare un villain brillante e massimamente cinico che Bateman disegna alla perfezione rubando spesso la scena al protagonista. Non si perde tempo in nulla (giusto qualche minima smanceria tra marito e moglie), si lavora sull'immagine e le inquadrature per staccarsi dai tanti action anonimi nati all'ombra delle trappole di cristallo. Certo, Egerton non è Willis e l'assenza di ironia nel plot si avverte, ma per il resto gli snodi che cambiano parzialmente le carte in tavola hanno un loro perché e la trama gira (con qualche leggero intoppo).
L'elementarità del progetto, inoltre, non è troppo penalizzante, dal momento che l'dea è semplicemente quella di offrire un po' di buona azione senza pretesa alcuna. Una solida regia alle spalle, attori in grado di apparire sufficientemente credibili e un Egerton che parte non certo da eroe ma che si guadagna i galloni sul campo sono elementi sufficienti arendere godibile la vicenda fino alla sua non troppo pirotecnica conclusione.
La trasposizione cinematografica della commedia "I don" di Pippo Marchese, che il catanese Angelo Musco aveva già interpretato a teatro, si concretizza in un film ricco di esterni romani che marcano subito la differenza rispetto alla più statica e chiusa versione su palcoscenico. C'è anche una bella trasferta a Villa d'Este a Tivoli ad arricchire l'opera con un'ariosità non comune per quegli anni (siamo nel 1936, in pieno Ventennio). E' ciò che in qualche modo "svecchia" una pellicola per altri versi invece ancorata ai suoi...Leggi tutto tempi; nella recitazione generale ad esempio, con il solo Musco ad offrire una performance moderna, vivace e ancora apprezzabile.
Il simpatico attore è qui nei panni di Paolo Marino, un possidente terriero siculo ricco con un nipote che studia a Roma e che gli scrive per farsi mandare mille lire: ha rotto un'importante macchina all'università e dovrà ripagarla. In realtà quei soldi gli servono per organizzare una scampagnata con gli amici e soprattutto con la giovane che ama, la contessina Paolina Raspagliesi (Vanni). Le cose però finiscono malamente, col ragazzo rinchiuso a Regina Coeli perché beccato di notte dalla polizia con Paolina, che è ancora minorenne. Saputa la cosa, lo zio Paolo - il quale da sempre sogna di andare a Roma, capitale del bel mondo - è chiamato a intervenire e parte dalla Sicilia insieme all'inseparabile sorella (Anselmi). Scoprirà che la bella Paolina, per la quale prova subito ingenua simpatia per via del nome simile al suo, è la figlia di un nobile che prevedibilmente schifa lui allo stesso modo di quanto fa con il nipote. Ma i conti, come quasi sempre capita nel cinema più leggero, sono pure pieni di debiti e saranno costretti a riconsiderare in qualche modo la posizione di Paolo, che mostrerà presto il proprio potere d'acquisto elargendo laute mance e facendo grandi acquisti per darsi un tono.
Se va rimarcato come Musco sia attore di rango e comico dai tempi giusti, mai troppo sopra le righe e capace di buffe reazioni improvvise quanto inattese, la sceneggiatura non pare proprio alla sua altezza: troppo poche le battute che vanno a segno ("io e mia sorella siamo pieni di gusto, siamo gustosi"), largo spazio lasciato alla giovane coppia d'innamorati che risulta stucchevole fin da subito come lo sarà spesso in questo tipo di commedie (si pensi a un altro film con trasferta nella metropoli come TOTO', PEPPINO e LA... MALAFEMMINA, per certi versi accostabile a questo). Così come troppo monocorde è la famiglia di nobili, programmaticamente rigidi nelle loro chiusure nei confronti del "burino", altezzosi e scarsamente espressivi. Anche la Anselmi non brilla proprio nel ruolo della sorellona che pare sempre tenere sotto di sé il povero Paolo.
Qualche discreto scambio qua e là, ma nel complesso si ride troppo poco e solo per il mestiere di Musco, perché per il resto anche nelle tante scene corali si pensa più a far procedere il complicato soggetto (con scarsi risultati, perché più d'una zona d'ombra resta) che a divertire. Apprezzabile più come documento storico di un'epoca che come commedia in sé. Anche perché quando Musco non è in scena il film si sgonfia, e soprattutto nella prima parte - decisamente troppo attendista – la cosa si verifica purtroppo spesso.
Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA
L'ISPETTORE DERRICK
L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA