il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

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nel cinema italiano
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  • Film: Lasciami andare (2020)
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Barbara Carroll

    Barbara Carroll

  • Martin Benson

    Martin Benson

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Roger68
Ottimo kung-fu movie che sembra uno spaghetti western sia per la trama (c'è persino un villaggio abbandonato con tanto di sceriffo) che per le inquadrature e la colonna sonora. Henry Yue Young è un virtuoso protagonista già presente in molti altri film coevi e Ofelia Yu Wei la bellissima ragazza cieca da salvare. La presenza di Kwai Shan e di Yeh Fang è garanzia di ottime scene d'azione. Il cattivone è l'attore Chung-Hsin Huang, già presente nel film di Bruce Lee L'urlo di Chen terrorizza anche l'occidente.
Commento di: Roger68
Uno dei migliori, se non il migliore in assoluto, della serie "Ninja" diretta da Godfrey Ho e prodotto da Joseph Lai. Un concentrato di azione, sesso e assurdità veramente divertente. Tra i protagonisti buoni il carismatico Wang Tao, figlio del "nostro" George Wang. Si ricorda Barbara Yuen travolta da un'auto in una cabina telefonica che, invece di morire, rimane aggrappata al cofano dell'auto in corsa.
Commento di: Xamini
Winnie the Pooh sconvolse il mondo a modo suo, ma ebbe la stessa portata anche sulla vita del figlio del suo ideatore, ossia colui a cui si ispirò per ideare il personaggio di Christopher Robin; un risvolto forse poco conosciuto agli appassionati dei romanzi originali, che Curtis decide di raccontare. Ne esce un lavoro che ammicca molto all'universo di riferimento, a partire dai colori e dall'ambientazione, per costruire un dramma abbastanza patinato ma con qualche punto di interesse, se non altro nel punto di vista. Un risultato discreto ma non travolgente.
Commento di: Siska80
E vabbè, che ci vuole? Un fabbro che non può ottenere la mano di una contessina si costruisce una bella armatura e diventa un eroe! Da una trama forzata viene fuori comunque una pellicola godibile per la continuità con la quale inserisce scene di battaglia ben girate ed effetti scenici abbastanza riusciti (a parte quegli archi di cemento buttati giù con eccessiva facilità). Notevole la ricostruzione dell'epoca, nitida la fotografia, cast valido: si tratta in sostanza di una produzione tra avventura e action (più quest'ultimo) nel complesso niente male che merita la visione.
Commento di: Mr.chicago
Due amiche trentenni sono in piena crisi esistenziale: una (la sempre brava Keener), irrealizzata, fa fuggire tutti gli uomini, l'altra (la Heche) sta per sposarsi... forse! Si inizia timidamente, ma addentrandosi in questa commedia romantica "intellettuale" ci si sofferma in qualche modo sul vero valore dell'amicizia e ciò che accade quando la vita ti fa fare delle scelte. Belle le musiche!
Commento di: Magerehein
Il villaggio dei dannati è migrato in una scuola inglese, peccato che sia tutt'al più quello di Carpenter. E' vero che la confezione di fondo riesce talvolta a risultare sottilmente inquietante, vuoi per la bimbetta dallo sguardo assatanato, vuoi per certe atmosfere asettiche; però si parla troppo e si agisce poco e, nonostante tante parole, a fine visione rimane qualche punto oscuro (chi è l'uomo che minaccia il preside? Cosa rappresenta?). Pochi effetti e non buoni, cast dignitoso ma sviluppo piuttosto ingenuo (il solito protagonista che deve scoprire tutto da sé...) e noioso.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Più che in altre occasioni la forza del film è il Calvagna attore, che riesce anche in questo caso a infondere nel proprio personaggio quella sorta di allure neorealista tipico e a suo modo unico, una singolare autenticità data dalla spontaneità da romano un po' indolente, difficile da imitare, che mantiene anche nelle situazioni più improbabili. Qui è Mauro, agente immobiliare vittima di frequenti attacchi di panico che lo portano ad avere rapporti complicati con chiunque.

Sposato a una donna dalla quale si è separato dopo il trauma conseguente...Leggi tutto all'aver lasciato cadere, per una tragica disattenzione, il proprio figlio Davide (Niccolò Calvagna, vero figlio di Stefano) dal balcone una sera che insieme erano usciti a guardare le stelle, Mauro ha una relazione superficiale con una donna tutta lavoro, vestiti e uscite con i colleghi. Costretto a fuggire dalle cene con questi ultimi perché spesso preda delle sue crisi, non può che avere con la sua partner un rapporto conflittuale. Prova a ritrovare scampoli di normalità frequentando - grazie al suo amico più fidato - un gruppo di auto-aiuto del quale fanno parte persone col suo stesso problema, ma la vera soddisfazione sembra trovarla nel leggere i libri di una scrittrice di successo, Isabella (De Nardo), afflitta da un’incapacità di relazionarsi col prossimo e con cui Mauro sente di avere molto in comune. Entrando nel sito di questa accede a una chat in cui scambia parole e pensieri con qualcuno che solo noi sappiamo fin da subito essere Isabella stessa, celatasi sotto il falso nome di Lidia.

Mauro da tempo aveva confessato alla sua analista (Omaggio) di voler conoscere ad ogni costo la scrittrice, e la conferma di una forte complicità tra i due arriva proprio dal rapporto intenso con Lidia. Un incontro a distanza tra due anime sole, nel quale però a contare di più è il contorno: l'amicizia di lei con un suo collaboratore che le sta vicino sapendo come "curarla", quella di lui col coinquilino ma anche con una ragazza (Piaggi) del gruppo di auto-aiuto. A funzionare poco è qui la regia, che non imprime alla storia il ritmo necessario a sostenere scene in cui molto dovrebbero dire gli sguardi; anche i dialoghi - che pure qualche passaggio piacevole lo riservano - sono per la maggior parte piuttosto banali, con l'aggravante - in alcuni casi - di finire in bocca a un cast meno in palla di Calvagna e la De Nardo.

Se gli sviluppi delle chat tra Mauro e Isabella non offrono alcuna sorpresa, anche le crisi di panico del primo si ripetono inesorabili con troppa frequenza. Il dramma del figlio perso emerge in sogni e flashback di scarsa presa, la fotografia cupa non aiuta a dare vitalità a un film cui manca la grinta che avrebbe potuto avere sfruttando l'estro del Calvagna attore. E anche il finale arriva senza sorprese, fiacco, spegnendosi in un anonimato che è proprio del Calvagna regista meno ispirato, convinto che sia sufficiente ricamare su un semplice stato d'animo per confezionare un buon film. Piccola parte per Eva Henger, nel gruppo di auto-aiuto, purtroppo persa tra le fasi meno convincenti del film.

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Poliziesco d'azione thailandese di rara insipienza, porta una coppia di amici che si erano arruolati in America nella CIA a ritrovarsi insieme dopo aver scelto strade diverse: la polizia per Peter (Boonthanakit) e i corpi speciali privati per Johnny (Nguyen). Quello che li accomuna è la morte di una bella ragazza, Angel, su cui il primo si trova a indagare ma che era anche la figlia del secondo. A Johnny la legava un tenero rapporto che vanamente il film tenta di rendere intenso per dare un minimo di spessore umano almeno alla vittima. Ma non c'è niente da fare: si sa che...Leggi tutto era molto bella, che faceva fare agli uomini ciò che voleva, ma anche - e questo papà lo scopre solo ora immaginatevi con quale struggimento interiore - che si prostituiva.

Per via della vita che conduceva Angel, le indagini portano la coppia protagonista a spostarsi tra un bar malfamato e gruppi di narcotrafficanti, a bazzicare in ambienti in cui si spara con facilità o si tirano calci e pugni senza far troppe domande. Bangkok fa da sfondo alle cupe avventure dei due mostrando la faccia più nota, impoverita da una pessima fotografia che proprio non ne valorizza scorci (specie quelli sull'acqua) potenzialmente di bel fascino.

La sceneggiatura e i dialoghi sono quanto di più vuoto possa esistere. Certo, in simili film di genere non è richiesto nulla di alto livello, ma serviva qualcosa in grado di dare un briciolo di spina dorsale a un film che invece si perde in immagine finto patinate, musiche che vorrebbero sembrare ricercate ma fanno da semplice sottofondo anonimo senza mai incidere e parentesi che vorrebbero elevare i toni senza mai riuscirci. Esemplare in questo senso l'ultima parte, in cui, attraverso i ricordi, riemergono la figura di Angel e gli attimi della sua morte: terribilmente sterili dal punto di vista creativo, con inutili ralenti e nudità che mettono in evidenza forse la parte migliore del film, ovvero la presenza di bellezze orientali non comuni.

Anche l'azione non ha nulla che valga la pena di ricordare, e lo si capisce già dal prologo con in scena il fidanzato di Angel (uno dei pochi volti occidentali che assai di rado spuntano qua e là), provocato da chi offende la dubbia moralità della ragazza. La discesa nei bassifondi di Peter e Johnny, tra irritanti contrasti cromatici nella notte, insistiti sguardi di chi parla il minimo indispensabile, ammazzamenti in sequenza e ragazze "di facili costumi" che fanno tappezzeria quando serve, sa di noir riuscito male, e se anche non tutto è completamente da buttare, è la totale insignificanza dell'insieme, l'assenza di una sola vaga idea originale, a lasciare perplessi. Finale da dimenticare, in linea col resto...

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I Big Man Japan sono una generazione di uomini “speciali”, capaci di crescere smisuratamente di dimensioni grazie a poderose scariche elettriche ottenibili solo all’interno delle centrali. L’ultimo discendente, Masaru Daisato (Matsumoto, anche regista e cosceneggiatore del film), è un uomo indolente, trasandato, che conosceremo lentamente nel corso del film attraverso l’intervista di una rete tv il cui conduttore sta fuori campo a porgli domande. Poco pagato, chiamato saltuariamente a combattere gli immancabili mostri che attaccano il paese del Sol Levante,...Leggi tutto Daisato sembra il più inoffensivo dei supereroi, quando non è in versione gigante, gestito da una manager che gli fa notare come il suo show (ovvero gli scontri con gli altri mostri tra i grattacieli delle città) faccia ormai sempre meno spettatori e sia stato spostato in night-time. E’ il caso di accettare ogni proposta, compresa quella di appiccicarsi cartellini pubblicitari sul corpo durante le lotte.

La vita di Daisato è dura e provante, anche se meno di quella dei suoi avi: il nonno, una vera celebrità, è ancora vivo in ospizio e s’ingrandirà pure lui (col suo pannolone) nell’ultima parte del film, il padre è invece morto durante esperimenti frankeinsteiniani in cui cercava di aumentare ulteriormente tramite elettricità le proprie dimensioni. Lui insomma è ormai un paria, ridotto a fenomeno da baraccone che non interessa quasi più nessuno. Eppure non è da tutti combattere pericoli come il mostro strangolatore (che al posto delle braccia ha due nastri da allungare a dismisura con cui strappa i palazzi da terra e li getta nel fiume), il mostro salterello (una testa con due piedi appiccicati sotto), il mostro puzzone (che produce un fetore pari a 10.000 feci umane) e altri ancora.

Sfilano tutti in sequenza, i mostri, a distanza di tempo, purtroppo intervallati dalle fasi in cui si intervista lo svogliato protagonista o altre in cui personaggi secondari di nessun interesse filosofeggiano per minuti interi ammazzando ogni idea di ritmo. E’ un peccato, perché non è comune tanta fantasia nel creare mostri di ogni fattura realizzati (nel limite del possibile) pure bene e con un gusto del demenziale sopraffino.

Matsumoto insomma le qualità per proporsi come autore originale totalmente fuori dagli schemi le dimostra già, in questo suo bizzarro esordio; sia nelle sequenze d’azione (pervase talvolta da una malinconia lunare che colpisce, come quando si sofferma a parlare col mostro puzzone appoggiato a un grattacielo) che in alcuni momenti della parte finto documentaria, ma è evidente come debba ancora affinare il proprio stile (lo farà coll’incredibile SYMBOL). In BIG MAN JAPAN concretizza la sua sana voglia di stupire in un film con tante idee folli nel solco della più classica tradizione giapponese, anche se dispiace un po’ che il mostro migliore sia già quello che si presenta come primo (lo strangolatore, con le sue braccia allungabili, il lungo collo e la pettinatura con riporto). Buona anche la trovata di normalizzare la funzione supereroistica di un protagonista che vede la sua “trasformazione” come una routine né buona né cattiva, che semplicemente gli permette di lavorare e sopravvivere. Insostenibile invece l’eterna presentazione (pure ripetuta) del rito precedente l’elettrificazione del protagonista, così come l’intervista alla moglie.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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