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TITOLO INSERITO IL GIORNO 8/05/07 DAL BENEMERITO IL GOBBO
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Il Gobbo 8/05/07 14:40 - 3015 commenti

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Famiglia perfetta in una middle-America perfetta nel 1957. Sotto la superficie c'è una realtà ben diversa... Todd Haynes ripercorre le piste solcate da Sirk, che omaggia ai confini del calco riproponendone i colori folli, la maniacale cura del dettaglio del decor. Esperimento affascinante quanto manieristico, paradossalmente rispetto al modello perde proprio in quanto può, dati i tempi, mostrare anzichè alludere, così togliendo un briciolo di fascino al tutto. Però che attori! E che bellezza formale! Da vedere.

Galbo 6/01/08 08:50 - 12392 commenti

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Intenso melodramma di Todd Haynes che compie un'interessante operazione filologica confezionando un film che richiama per stile, parte dei temi ed atmosfere il cinema di Douglas Sirk, rielaborandolo con gusto moderno ed introducendo parti narrative all'epoca impensabili. Così benche la storia sia ambientata negli anni '50, i personaggi sono avanti con i tempi e capaci di scelte coraggiose e controcorrente (gli amori gay, quelli interrazziali ad esempio). Splendidamente fotografato, si avvale di una bella prova della Moore.

Pigro 16/06/08 20:49 - 9666 commenti

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Famiglia bene nella provincia Usa degli anni 50, in una sorta di remake dall'Heaven di Douglas Sirk: una coppia perfetta messa in crisi dall’omosessualità di lui e dalla simpatia di lei per un nero. Un ritratto della borghesia e dei suoi segreti, spalmati di perbenismo e di convenienze sociali, tra cui emergono i lati oscuri e indicibili della diversità, sessuale o di pelle. Il discorso sociale, di grande lucidità, è risolto attraverso la descrizione di crisi personali. Splendida fotografia giocata su cromatismi autunnali. Eccellenti Dennis Quaid e soprattutto una strepitosa Julianne Moore.

Cotola 18/06/08 22:27 - 9043 commenti

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Pur allontanandosi notevolmente, sia dal punto di vista stilistico che da quello tematico, dal precedente ed ottimo Velvet Goldmine, Haynes si conferma uno dei registi più interessanti sulla piazza dando vita ad un sentito e riuscito omaggio al genere melodramma (in particolar modo al cinema di Douglas Sirk) che è più di un buon esercizio di stile. Il ritratto d'epoca è tratteggiato con grande bravura, sobrietà e con molto realismo tanto da rinunciare, giustamente, al lieto fine. Bella fotografia ed ottime anche le prestazioni delgi attori.

Vstringer 2/11/09 15:24 - 349 commenti

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Haynes esplicita quello che, con la censura hollywoodiana di un tempo, non poteva emergere in modo palese nei drammoni di Sirk: ecco dunque la decomposizione della famiglia americana wasp anni '50 raccontata come in un melò d'epoca, con la sempre brava Moore che si innamora del giardiniere nero e il bravissimo Quaid che si scopre omosessuale, in una sfida persa in partenza contro il razzismo e l'omofobia della comunità. Lavoro filologicamente perfetto e al tempo stesso fruibile da un vasto pubblico.

Stefania 12/03/10 03:51 - 1599 commenti

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Ri-evocazione del melò anni cinquanta, fedele nella trama, nei dialoghi, nella musica... Ma Haynes non ri-evoca fantasmi: Frank e Cathy sono vivissimi nel loro dramma di una vita fasulla, pugno di cenere ravvivato dai colori autunnali del New England. E, sotto quella cenere, il fuoco di due passioni autentiche, fuoco al cui calore né Frank né Cathy potranno mai abbandonarsi. Se vuole raccontarci una storia di sentimenti e desideri veri sconfitti dal conformismo, il linguaggio del melò ci parla ancora, persuasivo e cristallino.

Belfagor 13/07/10 20:27 - 2690 commenti

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La superficie è quella delle pellicole di Sirk, con i fondali in movimento e i colori dei sobborgi. Ma sotto c'è quello che negli anni '50 mai ci si sarebbe sognati di mostrare: razzismo, omofobia, infelicità familiare. Un trio fenomenale di protagonisti si muove fra menzogne e ipocrisia in questo dramma, con interpretazioni intense e profonde. In particolare la Moore è perfetta nel suo tragico fascino. Formalmente impeccabile, ma dotato anche di una passione difficile da trovare al giorno d'oggi.
MEMORABILE: "Pensi che si possa vedere oltre la superficie?"

Nando 5/08/10 01:24 - 3814 commenti

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Uno spaccato dell'America benpensante degli anni 50 in cui una famiglia borghese si vede costretta ad affrontare problemi etici probabilmente sconosciuti all'epoca. L'omosessualità di un marito apparentemente felice e il connubio interrazziale della di lui moglie. Un bell'affresco che si giova di una valida narrazione.

Deepred89 6/09/12 03:10 - 3706 commenti

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Riuscitissima rilettura del melodramma hollywoodiano anni 50, con personaggi ben delineati, una trama coinvolgente e toccante e soprattutto un'eccellente resa estetica, con belle inquadrature, affascinanti ambientazioni e una stupenda fotografia coloratissima e sgargiante, con cromatismi che nel loro tentativo di emulare il Technicolor d'epoca finiscono invece nel raggio di alcuni lavori di Bava e Fellini. Ottime interpretazioni, ma su questo (come sempre a Hollywood) c'erano pochi dubbi. Da non perdere.

Rebis 22/09/12 15:50 - 2337 commenti

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Da Secondo amore a La paura mangia l'anima: Haynes rigenera del primo l'impianto visuale trasfigurandolo in una condizione esistenziale; dal secondo mutua il conflitto raziale in ossequio alla lezione fassbinderiana che intende il melò quale chiave interpretativa del sociale; poi vi innesta inedite complicazioni di genere. Il film sopporta così letture diversificate e il finale esemplifica le stratificazioni di senso. La bravura di Haynes sta nell'essere riuscito a mantenere in equilibrio l'accumulo di motivi e omaggi, anche se il suo cinema è sempre a un passo dal mero esercizio di stile.

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Daniela 30/10/12 15:36 - 12662 commenti

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Anni '50, casalinghe in abiti sgargianti, perfette dalla punta delle scarpe alle punte dei capelli cotonati, chiuse in case da bambola altrettanto tirate a lucido... Nel migliore dei suoi film Todd Haynes, regista sempre visivamente interessante, riesce a conquistare, persino commuovere, con una storia che va oltre lo splendido omaggio stilistico a Sirk, fiammeggiante cantore di drammi borghesi, per affrontare temi universali come la mancanza d'amore, il peso delle convenzioni, l'impossibilità e/o incapacità di rompere le catene sociali.
MEMORABILE: L'addio - mette voglia di entrare nel film per spintorare Julianne Moore...

Lucius 25/05/13 16:32 - 3015 commenti

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In una fotografia impeccabile, di altissimo livello, che grazie anche all'uso saturo dei colori fa apparire alcune inquadrature come veri e propri dipinti, si apre il bellissmo lungometraggio di Haynes. La ricostruzione d'epoca risulta accuratissima anche nei minimi dettagli. La borghesia negli anni Cinquanta è messa a nudo con una sceneggiatura brillante, impensabile da mettere in scena nel periodo a cui l'opera fa riferimento. Un prodotto di estrema raffinatezza a cui si aggiunge il contributo di un'attrice di razza: Julianne Moore.

Viccrowley 26/11/14 13:16 - 814 commenti

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Fiammeggiante melodramma graziato da cromatismi autunnali, splendida colonna sonora e grandi interpretazioni. L'America degli anni 50 è oasi di perbenismo, convenzioni sociali e falsi sorrisi, ma anche arido terreno dove il razzismo continua a strisciare e l'omosessualità è vista come malattia da trattare con l'elettroshock. La Moore è intensa e disperata nel ruolo di moglie senza punti di riferimento, mentre Quaid è vulnerabile e divorato da pulsioni incontenibili vissute come un crimine contro la famiglia. Bellissimo il lavoro su spazi e geometrie.

Manrico 10/01/16 21:12 - 95 commenti

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Todd Haynes in modalità Douglas Sirk, aiutato da un cast in stato di grazia confeziona il suo film più indimenticabile, un melò che è talmente fiammeggiante da non dare neppure per un istante l'idea di un qualcosa di superato. Ci sono tutte le tensioni di un'America che nel dopoguerra fa i conti con le proprie contraddizioni, quelle più evidenti del razzismo e dell'omosessualità, quelle meno eclatanti - ma forse più radicate - dell'autonomia femminile e delle differenze sociali. Splendido.

Capannelle 25/01/16 23:39 - 4411 commenti

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Film di impatto per la cornice visiva che mette insieme i colori autunnali del New England e quelli pastellosi degli anni 50, periodo nel quale troppi pregiudizi minavano la società americana. Il personaggio di Cathy viene magistralmente interpretato dalla Moore; bravi anche gli altri e Haynes dirige con tatto, ma l'intera storia risulta un po' troppo manichea e preconfezionata. Le stesse musiche sono onnipresenti rispetto alle reali necessità del racconto.

Faggi 20/02/17 20:26 - 1549 commenti

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Rischia di diventare un classico questo melodramma moderno che ha come numi tutelari Douglas Sirk, il Technicolor e Fassbinder. Non c'è solo gusto citazionista ed emulativo (entrambi condotti con cognizione di causa); si notano un genuino amore e una comprensione vera per il cinema popolare (e d'avanguardia) "che fu", nella costruzione della storia, nella messa in quadro, nei movimenti di macchina e nell'uso della luce. Tutto torna, anche le languide dissolvenze e l'onnipresente commento musicale.

Buiomega71 23/02/19 00:47 - 2910 commenti

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Incantevole nei suoi cromatismi sfavillanti, lancinante in alcuni passaggi (la confessione in pianti di Quaid, le malelingue, la piccola Sarah presa a sassate, il dolorosissimo finale alla stazione), coraggioso nel trattare l'omossesualità e le sue pulsioni (al locale con inquadrature sghembe da noir, in ufficio, la seduzione gaya in vacanza in Florida), punta di diamante raffinata e intensa del regista di Safe in cui la Moore sembra la mogliettina perfetta della Fabbrica delle mogli. Un po' invasiva e tronfia la musica di Bernstein, ma non intacca questo bel pezzo di cinema.
MEMORABILE: Quaid completamente sbronzo al party casalingo; Lo schiaffo sul divano; Raymond porta Cathy al locale per soli neri; I pettegolezzi razzisti su Cathy.

Paulaster 13/02/20 09:47 - 4417 commenti

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Matrimonio in crisi porterà i coniugi a prendere strade inaspettate. Le scene negli anni '50 vengono colorate come un confetto: in esse le separazioni razziali e le turbe sessuali sono argomenti tabù per la comunità. Haynes dirige molto bene il melodramma (eccellente la fotografia) e non calca la mano nei momenti caldi. Anche l'ultima parte dà la sensazione di pacatezza benché gli eventi siano drammatici. Moore, in un ruolo simile a The hours (dello stesso anno), regge gran parte del film.
MEMORABILE: Il ferimento della bambina; L'omosessualità vista come malattia; Nel locale dei neri e nel locale dei bianchi.

Rambo90 22/03/20 23:34 - 7697 commenti

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Cosa c'è dietro la faccia perfettina dell'America anni '50? Un melodramma bello e profondo di Haynes, che è anche un ottimo esercizio di stile che richiama alla mente i film del periodo sia per i colori della fantastica fotografia che per musiche e ritmo generale. Una bravissima Moore dà tutta la profondità necessaria a un personaggio di donna troppo umano e libero per l'America bigotta del periodo, ben supportata dai validi Haysbert e Quaid (mai visto così). Un film che si lascia assaporare dalla tecnica alla trama.

Fedeerra 11/03/21 07:21 - 770 commenti

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Un dipinto pastello con tutti i colori del cinema melodrammatico di un tempo. Uno spot televisivo di 100 minuti dove ogni cosa e ogni inquadratura sono esattamente dove devono stare. Un esercizio di stile sì, puro e spesso asettico, ma che travalica la mera messinscena e si trasforma in un lussureggiante caleidoscopio di crisi esistenziali e  problemi sociali. Luminosa e indimenticabile l’interpretazione di Julianne Moore.

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  • Discussione Buiomega71 • 23/02/19 10:14
    Consigliere - 25998 interventi
    Immerso in uno sfavillante cromatismo che è pura gioia per gli occhi (i colori dell'autunno , i vialetti, le giardinette, le strade, le villette e i suoi interni, i vestitini, tutto abbagliato dalla bellezza folgorante dal genio di Edward Lachman), questo sentito omaggio a certo melò degli anni '50 è lancinante e intenso, pregno di dolore e passione (spesso repressa dai dettami del perbenismo dell'epoca)

    Chi scrive odiò profondamente Velvet Goldmine, ma quì Haynes fa il "miracolo", pigliando lo spettatore e mettendolo in una macchina del tempo, una delorean "virtuale" che si ferma nel 1958

    Di Sirk ho visto poco o nulla in realtà (la mia "generazione" crebbe con il cinema degli anni 70), e quindi mi sono sfuggiti gli omaggi che ho letto nelle recensioni delle riviste specializzate (Ciak e Film Tv, e quella dei siori Mereghetti, Morandini e dell'ovoMaltin), mentre da par mio ho odorato certo cinema della cospirazione, nonchè barlumi quasi lynchiani (Twin Peaks, o dei colori pastello dell'incipit di Velluto blu, delle famiglie perfette, degli aromi delle torte fatte in casa, della felicità da Mulino bianco, e sotto la patina fintissima del benessere brulicano le formiche che divorano le orecchie sotto le staccionate con i roseti) e tracce di fantascienza paranoica (la Moore è una mogliettina perfetta, quasi programmata, che sembra uscita dalla Fabbrica delle mogli, la sua tenera amicizia-che si muta in passione da reprimere-con il giardiniere di colore viene vista come una specie di "pandemia", messa al bando da una gretta società benpensante, convenzionale e meschina, che mi ha fatto venire alla mente certe tematiche della SF anni 50, tipo L'invasione degli ultracorpi, dove tutte le casalingue e le donnette-e ci si mette anche l'amica del cuore che accetta l'omosessualità del marito della Moore, ma diventa glaciale sul rapporto interraziale tra l'amica e il giardiniere nero-sembrano fatte con lo stampino, che fissano sospette la donna, come se fosse un corpo estraneo nell'irridente e fin troppo perfetto paesino del Connecticut, unica "umana" in un mondo di copie talmente inappuntabili quanto fittizie e "plastificate"

    Zeppo di momenti dolorossisimi (la confessione, in pianto, sul divano, con le parole strozzate, di Quaid che si è innamorato, la piccola Sarah-figlia del girdiniere di colore-presa a sassate da alcuni bulletti in erba, lo schiaffo che Quaid ammolla alla Moore sul divano, le maledette malelingue con telefonate al seguito, la scenata di Quaid alla Moore, i discorsi razzisti al party, lo straziante finale alla stazione, summa lacerante dell'impossibilità di amare liberamente in un mondo crudele che fa del razzismo il male peggiore, dove a rimetterci è la passione soffocata della donna) e di coraggiose pulsioni omosessuali (quando il regista è gay e mostra l'universo queer, allora, non c'è niente di meglio, perchè mette al bando ridicoli e stantii luoghi comuni) come Quaid che va al cinema e pedina due gay in una stradina notturna che entrano in un locale, con inquadrature sghembe da film noir, in ufficio beccato in flagrante dalla mogliettina che le porta la cena, e il top nella vacanza in Florida, con il voglioso gioco di sguardi tra Quaid e il biondino appetitoso, che si risolve nella camera d'albergo e la terribile visita medica (l'omosessualità vista ancora come una malattia, da curare, se occorre, con ormoni e elettroshock)

    E quì salta fuori che regista di razza è Haynes (al di là dello straordinario apparato tecnico e figurativo) che sa toccare corde delicate, spesso penetranti, con grande raffinatezza e sensibilità (basti pensare alla gita tra il giardiniere e la Moore nel bosco autunnale, che si conclude in un locale per soli neri o alla sequenza del foulard che sfugge dal collo della Moore per volare sopra il tetto della casa)

    Unica nota stonata l'invasiva e tronfia colonna sonora di Elmer Bernstein, ma che non intacca questo bel pezzo di cinema.
    Ultima modifica: 23/02/19 14:26 da Buiomega71
  • Curiosità Buiomega71 • 23/02/19 10:28
    Consigliere - 25998 interventi
    Il film esplora diversi temi come il razzismo, l'omosessualità e il ruolo della donna nella famiglia. Un omaggio di Todd Haynes al melodramma psicologico degli anni Cinquanta, quello frequentato da Douglas Sirk e John M. Stahl. Il film è stato candidato a quattro premi Oscar (miglior attrice protagonista, miglior sceneggiatura originale, miglior colonna sonora, miglior fotografia). Per la sua interpretazione Julianne Moore ha vinto la Coppa Volpi alla Mostra del cinema di Venezia.

    Fonte: scheda di Ciak del film