Bruce Lee è il corpo e l’anima di questo film. Già quando scava urlando per recuperare il maestro sepolto e si becca una palata anestetica è da Oscar. La colonna sonora sembra ideata dal Morricone cinese (western alla cantonese). Anche l’occhialuto vermiciattolo, tirapiedi del baffuto maestro cattivo, è ben reso. Vengono sottolineate le prevaricazioni dei giapponesi sui cinesi (il cartello “vietato l’accesso a cani e cinesi”). Buon ritmo e godibile kung fu grazie alle grandi doti di Bruce. Notevole.
Spettacolare. In questo film Bruce Lee è bravissimo e non è un uomo, è l'incarnazione della rabbia e della vendetta. Lo stile che compone il film non cambia poi tanto rispetto ad altri film di kung fu, ma qui si tralasciano completamente ogni tipo di umorismo e si affronta il dramma toccando i valori delle scuole di arti marziali: la rivalità, la vendetta, la stima nei confronti del maestro e altro. Unico difetto è il doppiaggio, un po' troppo semplice. Scena perfetta: quella finale.
Secondo film di Bruce Lee per la regia di Lo Wei. Il film non è assolutamente niente di speciale, ma il carisma dell'attore fa sì che questa pellicola rimanga scolpita nella storia del cinegongfu. Atmosfere cupe e tenebrose; l'azione si svolge quasi sempre di notte in vicoli bui e piovosi. La storia è sempre quella: il popolo Cinese oppresso dagli invasori Giapponesi e la diatriba tra le due scuole di pensiero (Kung-fu vs Karatè).
Bruce Lee incarna lo spirito della vendetta con convinzione assoluta in questo classico dei kung-fu movies. Il fulcro naturalmente sono le scene di lotta, numerose ed ovviamente di ottimo livello, come ci si aspetta da un titolo di questo calibro: Lee che mena 20 avversari alla volta è sempre uno spettacolo. Unico difetto un calo di ritmo abbastanza evidente a metà film, ma si può soprassedere. Per chi vuole avvicinarsi alla filmografia di questo attore è un'ottimo punto di partenza.
Bello. La storia è semplicissima: il popolo cinese è oppresso dagli arroganti Giapponesi, che commettono ogni sorta di bassezza, finché Chen decide di ribellarsi, diventando l'incubo degli oppressori. Le scene di lotta sono grandiose: Bruce Lee è inarrivabile, oltre alle doti atletiche possiede una mimica facciale e gestuale ineguagliabili; anche tutto il resto, dalla regia alle musiche, sono fatte più che bene.
MEMORABILE: Chen sfida tutti gli allievi della scuola rivale: nessuno riesce nemmeno a sfiorarlo.
Tra i migliori film interpretati da Bruce Lee, Dalla Cina con furore rappresenta una vera e propria celebrazione per il protagonista che verrà definitivamente consacrato da questa pellicola. La trama non è certo originale (una comunissima storia di vendetta e di tensioni razziali cino-nipponiche) ma è girata con grandissimo senso del ritmo e una notevole padronanza del mezzo tecnico. Ottime le coreografie dei combattimenti fonte di notevole ispirazione per cineasti che verranno.
Esplode il mito di Bruce Lee che da solo stende, con il suo personale stile di combattimento, centinaia di giapponesi cattivi per vendicare l'onore e la memoria dell'amato Maestro. Kung fu acrobatico, volante, anche divertente. Un po' cartone animato, un po' spaghetti western. Movimenti, ritmo, coreografie impeccabili. Per gli amanti delle arti marziali assolutamente imperdibile.
Con questo film Bruce Lee si consacra come star indiscussa dei film gongfu. I combattimenti spettacolari e sanguinolenti che fanno di contorno alla trama (che tanto per cambiare ha come tema la vendetta) sono una gioia per gli amanti delle arti marziali. Per la prima volta Bruce fa sfoggio della sua arma preferita: il nunchaku. Povero di scenografie esterne, viene compensato dalla bellezza di quelle interne. La sceneggiatura è uno sfogo alla repressione giapponese verso i cinesi nei primi anni del 900.
MEMORABILE: I versi animaleschi di Lee che diventeranno icona del mondo delle arti marziali.
Chen, pazzo di dolore per la morte del suo maestro, fa strage di giapponesi. La trama è solo un pretesto per dare il via a spettacolari combattimenti dal ritmo incessante. Bruce Lee è il fulcro della scena: zampetta, si passa il pollice sul naso, emette mugolii, usa travestimenti degni di Lupin... e chiaramente mena (in tutti i sensi) il film dal principio alla fine. La tenera ingenuità della scena d'amore al cimitero non lascia indifferenti. L'immagine finale è da urlo.
Un cult del genere "gongfu" che, tuttavia, non aggiunge nulla di nuovo al sottogenere delle scuole rivali il cui esemplare più noto - e riuscito - è probabilmente Cinque dita di violenza. Semmai la pellicola si distingue per la confezione meno rozza e trasandata, finalmente precisa e bean calibrata nelle coreografie dei combattimenti. Ma la vera ragion d'essere del prodotto finisce indubbiamente per risiedere nel carisma e nella stupefacente performance atletica del grande Bruce Lee che quasi deborda dallo schermo, surclassando i vari epigoni.
La differenza fra Bruce Lee ed altri artisti marziali del cinema, secondo me, è che l'attore era molto coreagrafico e ti faceva godere appieno le sue mosse. Questo film, per esempio, è violento, ma ti gasa come l'interprete che batte dozzine d'avversari a suon di gridolini e mosse incredibili. L'ambientazione vintage nella Cina degli anni '30, poi, dà un tocco di fascino in più al film, che è bondiano solo nel titolo. Bellissimo ancora oggi, anche se c'è da precisare che la pellicola non è la prima, ma la seconda che Bruce Lee girò a Hong Kong.
MEMORABILE: L'avversario russo con le bretelle, esperto di karate, alleato dei perfidi giapponesi.
Dopo l'assassinio del suo maestro, Chen (il mitico Bruce Lee), si vendica con furore dei nemici giapponesi. Tantissima azione condita da combattimenti all'ultimo sangue per un film che forse è uno delle migliori interpretazioni del grande maestro di arti marziali. Tutto il film è caricato sulle sue inossidabili spalle e alcune scene rimangono memorabili (Chen che fa visita alla palestra giapponese piuttosto che lo scontro con l'esperto russo di arti marziali). Per gli appassionati del genere è un must.
Le arti marziali irrompono nel cinema di tutto il mondo attraverso i furiosi, invincibili colpi di Chen, vindice degli oltraggi e del razzismo subìti dai cinesi di Shangai, territorio internazionale di inizio Novecento. Oltre che atleta nelle coreografiche scene di lotte, Bruce Lee si dimostra anche attore duttile, dividendosi tra furia, malinconia, dolcezza e travestimenti. Il doppiaggio italiano è eseguito dal gotha delle nostre voci: plauso particolare va a Gianfranco Bellini, il cui caratteristico timbro mellifluo si adatta alla perfezione all’interprete cinese “venduto” ai nipponici.
MEMORABILE: Bruce Lee travestito da operaio del telefono; nunchaku contro sciabola.
Per quanto sia sensazionale la sfida col campione russo e per quanto la spada da samurai assurgerà 30 anni dopo a simbolo tarantiniano incontrastato, questo film è mediocre. Le spedizioni punitive sono a livello di osteria, i poliziotti cinesi con saio e cappello fan più sganasciare dei gendarmi francesi col fischietto. Il "tutto giallo apartheid", secondo il film in gran voga a Shangai, non mi ha toccato né ha alterato positivamente il mio giudizio sul film; giammai... Il bullismo riuscirà un'infinità di volte meglio nei film successivi.
Nella Shangai occupata dai giapponesi, Chen vendica la morte del maestro della sua scuola di arti marziali. Il secondo film con Bruce Lee protagonista coniuga arti marziali e orgoglio nazionale rendendo Chen un eroico difensore contro l'oppressione nipponica (e, in seguito, anche occidentale). Tutto è volto all'esaltazione dei combattimenti, dinamici e ottimamente coreografati: proprio la spettacolarità di queste sequenze rende memorabile quello che altrimenti sarebbe solo un banale film di vendetta.
MEMORABILE: Chen da solo contro la scuola rivale al completo; Katana contro nunchaku.
Forse il miglior film del funambolo di San Francisco, sia per argomenti trattati che per la particolare sceneggiatura. Il punto è che stavolta a differenza dell'esordio si ha una storia tipicamente gialla che usa come sfondo la discriminazione razziale tra cinesi e giapponesi a Hong Kong. La prestanza fisica di Lee è al suo apice e ci regala coreografie al di sopra dello standard dei kung fu movie del tempo e direi anche di quelli a seguire. Il massimo per i fans di Bruce Lee e delle arti marziali. Completo.
MEMORABILE: I travestimenti di Lee e il combattimento katana vs Jeet Kune do.
Buon film, tra i più famosi sulle arti marziali, che vede come protagonista il grande e inarrivabile Bruce Lee. La trama non è nulla di eccezionale (Chen vuole vendicare il maestro ucciso e in tutto ciò si innesta la rivalità con un gruppo di Giapponesi...), ma l'interpretazione di Lee è ottima sia da un punto di vista meramente recitativo qunto, ovviamente, sul piano tecnico nei combattimenti. Il resto possiamo anche non considerarlo; guardatelo e godetevi una buona dose di Wing Chun!
Leggermente inferiore al precedente, ma probabilmente ancor più pessimistico, nonostante la violenza sia minore. Bruce Lee qui si erge a paladino dei cinesi e se la deve vedere con i giapponesi, la cui tecnica di lotta risulterà inesorabilmente perdente contro il kung fu di Chen. La violenza sembra sempre l'unico strumento di ribellione possibile. La prima metà del film è eccessivamente ridondante, la seconda è girata in maniera esemplare. Memorabile lo scontro Chen-Petrov e il calcio volante di Chen sul cartello d'ingresso al parco.
MEMORABILE: La spada che termina il suo volo nella schiena di un lottatore giapponese.
Secondo grande successo di Bruce Lee, sicuramente più interessante e strutturalmente valido rispetto al precedente. La regia di Wei Lo pone sì Lee sempre al centro della trama, ma gli costruisce attorno una sceneggiatura che lo vede paladino senza macchia e senza paura contro il prepotente giapponese, tema che, nella Cina degli inizi anni '70, era ancora molto forte. La caratterizzazione dei personaggi è un po' più marcata e le scene dei combattimenti più elaborate; insomma un passo avanti. Cult.
Sentimenti nazionalistici, rivalsa anti-giapponese e botte da orbi. Bruce Lee moderno cavaliere senza paura si erge qui a difensore dei più deboli sconfiggendo dozzine di avversari in combattimenti fantastici e coreografie spettacolari. Artista marziale ovvio, ma forse in poche espressioni si intravede qui un grande attore, nel suo volto contratto traspare la pietà per gli avversari. Lo Wei va di mestiere, certo, ma il fermo immagine di Lee sospeso in aria mentre echeggia il rumore degli spari è un esempio di grande cinema.
Pietra miliare dell'ondata di film sulle arti marziali che hanno caratterizzato molto cinema di quegli anni e dei successivi, rivisto oggi sembra perdere un po' del fascino che ne determinò il grande successo internazionale, soprattutto se non si sente come propria la forte caratterizzazione antigiapponese che lo permea. I momenti di lotta sono superbi, naturalmente e Bruce Lee non lo si scopre certo qui, ma il Maestro di San Francisco farà meglio quando in futuro potrà gestire i film in prima persona, senza adattarsi a script piuttosto dozzinali.
MEMORABILE: Tutti i combattimenti; Le musiche di Joseph Koo.
Involontariamente fumettistico e comico: guardandolo ora verrebbe da pensare che è invecchiato male, perdendo ogni contatto con il reale e risultando parodia di se stesso. Invece non è con il tempo che deve confrontarsi, ma con una cultura "lontana" e allora ci si accorge di quanto probabilmente era "vecchio" già visto allora; e ci si accorge, Kill Bill insegna, di quanto il fumetto piaccia e sia spettacolare. Emblema di un certo cinema, tolto quanto detto è un film godibile e Lee un leggendario vendicatore (anche se dai travestimenti assurdi).
Mitico film di arti marziali con Bruce Lee. Non un capolavoro, perché le pochezze della trama sono evidenti e in tutti gli spezzoni senza azione la noia fa capolino, ma allo stesso tempo si guadagna un posto nella storia del cinema. Merito dei meravigliosi combattimenti, veritieri e allo stesso tempo artistici come in una danza, ma più in generale tutto ciò che ruota attorno al personaggio di Chen è memorabile (si veda l'esilarante scena del tecnico dei telefoni!). Curioso il sottotesto di razzismo giapponese nella Shanghai d'inizio secolo.
MEMORABILE: Le iperboliche facce di tutti gli attori.
Una banale storia di vendetta portata a livelli formali stellari con questa seconda collaborazione tra Bruce Lee e Lo Wei. Splendide le scene di lotta, meno riuscita la scrittura che a fronte del plot lineare sperimenta cali di tono non troppo giustificati (la lunga scena tra Lee e Miao davanti al fuoco) e strane scelte (i travestimenti di Lee). L'artista marziale trova qui la massima espressione delle sue abilità sceniche, forse ancora di più che nel suo debutto alla regia di poco successivo. Da vedere.
Il tema di fondo (le tensioni razziali tra cinesi e giapponesi) era interessante e poteva dar vita ad un prodotto dignitoso. Il film invece (anche se ciò non sarebbe un peccato mortale) se ne serve al solo fine spettacolare. I problemi veri nascono dal punto di vista realizzativo: ogni volta che non c'è un combattimento, la noia regna sovrana (ma anche le "lotte" stufano ben presto), gli interpreti (Bruce Lee in testa) sono poco espressivi, la trama è piena di illogicità e non coinvolge mai. Il primo Lo Wei/Bruce Lee era un po' meglio, forse per l'aria più ruspante.
Allievo vendica il maestro ucciso col veleno. Diatribe cino/giapponesi: l'orgoglio dei primi si ribella all'arroganza dei secondi. Imperfetto nei passaggi e nelle conseguenze (dopotutto son pur sempre omicidi) ma godibile per l'action marziale con punta filosofica. Furbissima anche la spruzzata di sex appeal della geisha al lavoro. Bruce Lee varia il campionario di atletismi e di urletti e la regia aiuta con inquadrature ravvicinate (copiate poi per decenni). Piccola parentesi sentimentale per non scontentare nemmeno il pubblico femminile.
MEMORABILE: I manichini che volano; Il risciò sollevato; La spada nella schiena; Il calcio fatale al collo.
Rispetto al precedente Il furore della Cina colpisce ancora diminuiscono erotismo (un unico nudo di spalle) e violenza ma sale il livello generale: alla trasandatezza del prototipo subentra una confezione semplice ma pulita, senza cadute nel poveristico, con un paio di interni e un paio di esterni in entrambi i casi piuttosto ben sfruttati e fotografati. Il soggetto non ha molto da offrire, ma tutto sommato scorre senza problemi mentre la performance di Lee - effettivamente notevole nelle scene di lotta - appare talmente esasperata e sopra le righe da risultare spassosissima.
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Selezionato da Quentin Tarantino per il quinto QT Film Festival(2001) ad Austin in Texas.Il film è stato presentato nella sezione Revenge Night.La particolarità dell'evento sta nel fatto che tutte le pellicole proposte dal regista vengono direttamente dalla sua collezione privata.
HomevideoXtron • 15/02/12 17:19 Servizio caffè - 2149 interventi