Difficile giudicare film così. Di primo acchito verrebbe da stroncarli senza pietà, non v'è dubbio, specie se non ci si lascia ammaliare dalla fotografia e dall'arte ineguagliabile di un autore come Bava: piani sequenza estenuanti, ritmo lentissimo, musica onnipresente spesso fuori luogo, sceneggiatura vacua e incoerente, nessuna suspense, un fastidioso sibilo di vento che percorre tutto il film senza quasi interruzione… Vedere LA FRUSTA E IL CORPO di notte è un sonnifero perfetto, come gran parte dei film di Bava. Però non si può negare a questo atipico regista (che qui si firma col nome di John Old) una straordinaria capacità nel...Leggi tutto gestire le luci e gli ambienti inventando uno stile altamente “coreografico”. LA FRUSTA E IL CORPO è gotico puro, con il castello percorso da cripte e passaggi segreti, le storie di velato erotismo morboso e di fantasmi, la presenza inquietante di Christopher Lee. Se ci si riesce a calare nella realtà baviana si può anche essere affascinati, dal mondo barocco e ipercolorato prerogativa del regista. E solo in questo caso si potranno apprezzare i sottili espedienti usati per distogliere l'attenzione dall’ennesima sceneggiatura sballata: splendide ad esempio le (poche) scene in riva al mare di notte, esemplare la mano di Lee in primissimo piano che si avventa sulla povera Nevenka (erede naturale della Barbara Steele della MASCHERA DEL DEMONIO) come un ragno sulla preda. Sempre Bava diresse nel 1977 SCHOCK, sorta di versione moderna de LA FRUSTA E IL CORPO e suo ultimo film.
Capolavoro di Mario Bava, il più bello dei suoi gotici: un melò folle il cui fascino sta appunto nel fatto che non succede (quasi) niente. Tutto il film vive di atmosfere, di chiaroscuri, di fruscii. Il vero, immanente fantasma, è quello del regista, felicemente disinteressato alla trama, pronto a concedersi ogni volta che può inimitabili svolazzi (come quando a un certo punto stacca da due che parlano e inizia a vagare per la sala, fino a una finestra sulla spiaggia)... Sublime.
Forse si tratta di uno scherzo del regista, che prima soddisfa pienamente l'iconografia gotica (la fotografia di Terzano ha un tessuto superbo) poi trasgredisce clamorosamente sul finale qualsiasi sensata conclusione. [SPOILER] Con la Lavi accusata di assassinio, la struttura logica della sceneggiatura frana in un sol colpo; se invece fosse tutto un complotto tra Lee (che si è finto morto) e l'amante del fratello, gli indizi quadrerebbero... [FINE]. Bava nega allora ogni plausibilità al suo racconto, quasi a dire che il gotico sorge dalle ceneri della ragione.
Sicuramente non il miglior gotico di Bava, ma comunque passabile. La fotografia è stupenda e Bava, nonostante giochi un po' troppo con gli zoom (specialmente nella prima parte) riesce a creare un'ottima atmosfera e a curare alla perfezione ogni singola inquadratura. Nulla di eccezionale invece la sceneggiatura, lenta con una parte centrale occupata quasi interamente dalle "apparizioni" e una soluzione gialla che crea non pochi buchi. Ottimo il cast e passabili le musiche (alcune delle quali saranno riprese in Operazione paura).
Tra i primi horror italiani, rappresenta un Bava leggermente distaccato dalla tematica gotica e più avvicendato verso territori mentali, verso rapporti a-sociali o d'amore/odio ben sintetizzati da un titolo che rimanda, per associazione, al S/M. La bella sceneggiatura, l'ottima regia (con predominanza d'uso di carrelli e soggettive), le convincenti interpretazioni (su tutte Christopher Lee) ed un intreccio indeciso tra razionalità ed irrazionalità (la presenza spettrale del barone Kurt) si fonde con un uso sapiente dalla (bella) fotografia.
Mantenendo sempre un’eccellente, elaborata e tetra fotografia, Bava continua ad esplorare il suo universo gotico, in cui affiorano per l’occasione sottomissioni fisico-psicologiche al ritmo di colpi di frusta e i tradizionali fantasmi si confondono con quelli dell’animo della protagonista. A volti rappresentativi del cinema horror (Lavi, Lee, Pigozzi, White) si affianca un inutile Kendall, di certo più idoneo a western e polizieschi. Similitudini con l'episodio “La goccia d’acqua” da I tre volti della paura.
Ennesima prova che non sarò mai un baviano (per me il meglio è Cani arrabbiati). Virtuosismi a volontà ma, sinceramente chiedendo, dov’è il film? E un briciolo di logica nella trama? Per il resto fotografia splendida (le immagine della costa tirrenica col castello sono stupende), cromatismo rutilante, bella scena masochistica (fortina per l’epoca, presumo) interpretazioni non indimenticabili (c’è anche Ida Galli), musica invadente. Herlin quasi irriconoscibile nel ruolo del pope. Così così.
Siamo nel Gotico puro: atmosfera barocca, morbosa e ammaliante. Lentissimo e coloratissimo, con luci e fotografia unici. Christopher Lee è il fantasma sadico e inquietante, la Lavi la bella vittima consenziente. Il romantico tema musicale, ossessivamente ripetuto, contrasta volutamente con la sottesa tematica sadomasochista. Il blu notte il colore dominante. Tra le migliori opere di Bava.
Il bello e il brutto di questo film sono cosa sola. Il fascino assiduo che si assapora osservando le immagini svolgersi senza amalgama, si perde nel complessivo giudizio della vicenda "aggregata". Tristissimo è il tema celebrato con cura e passione dal maestro, ma occorre davvero molta dedizione per non perdersi e non concedersi al riposo del giusto. Difficile dare un unico giudizio, che andrebbe invece duplicato tra quello attribuito al sogno (****) e quello alla realtà (**). Ma osservare la grande tristezza almeno in parte consola gli infelici. (***).
Film-simbolo di Bava che qui dimostra tutta la sua arte pittorica con giochi cromatici che sfiorano il sublime e cospargono la pellicola di un’aura sognante e orrorifica al tempo stesso. Su scenari gotici dipinti in tinte espressioniste, la storia di amore sadico tra Kurt e Nevenka scivola via non senza colpi di scena. Grande Cristopher Lee nei panni del barone fantasma Kurt. Finale tutto da scoprire.
Ennesima riprova che Bava avrebbe dovuto darsi anima e corpo alla sola direzione della fotografia. Scenograficamente delizioso, fotograficamente sopraffino e ineccepibile, una sensibilità illuminotecnica fuori dal comune e che va ben al di là del "buon artigianato". Ma il film (in quanto sceneggiatura, atmosfera e tensione narrativa come emotiva) non c'è, e quel poco che c'è, fa sonnecchiare o sorridere. Lo si porta a termine per il mero stupore visivo. Non è poco ma non è nemmeno tutto.
Buon gotico baviano. Confezione d'eccezione: ottime musiche di Rustichelli, fotografia (di Bava e Terzano), belle le scenografie. Ottimo cast sul versante femminile: la sexy Lavi, una giovane Ida Galli, discreto il cast maschile con Pigozzi e Lee. Da citare la scena nella cappella del cimitero, il tragico finale, il fuoco purificatore. Non uno dei migliori Bava, ma senza dubbio un ottimo film.
Il critico Teo Mora disse che l'horror italiano (oltre che influenzato dal nostro melodramma) si configurava come un "fantastico dell'erotismo" e questo film fa capire esattamente cosa intendesse. È proprio uno degli esempi di gotico di cui Scorsese affermò "non c'è praticamente storia, solo atmosfera, con tutta quella nebbia e le signore che camminano lungo i corridoi" (spesso con sottovesti stile Impero semitrasparenti, aggiungo io). Ma questo "niente" che "non" accade, "non accade" in un un modo meraviglioso.
Sibili di vento e di fruste, onde che si infrangono su scogliere, cigolii di chiavistelli, passi felpati e risate d'oltretomba, plumbea sinfonia (purtroppo interrotta da dialoghi spesso inascoltabili) e abbagliante policromia: l'alfabeto dell'horror-gotico baviano racconta lo strano vizio della signora Nevenka! Racconta una possessione che che coinvolge il corpo e la mente, offre lo psicodramma di una personalità scissa tra amore e odio, tra lucidità e delirio. Follemente gotico, un'esperienza visiva da gustare, semplicemente, divertendosi.
Tragedia familiare in un castello sul mare, scecspiriana se non fosse per la tematica sado-maso, allora forte. La protagonista è ossessionata dallo spettro di Kurt, il perfido della famiglia e dalla sua frusta, la eccita e la disgusta, lo ama e lo odia. Esteticamente impareggiabile e basato su spauracchi ormai sorpassati: le carrellate lungo i corridoi e stanze del castello, i passi, i rumori, la mano che esce dal buio... Sorpassati ma restano un classico.
Vero melodramma horror a tematica sado-masochista, in cui una neo-sposa istericamente si crede ancora vittima del perfido cognato assassinato e che era di facile frusta. Rispetto ai coevi inglesi, questo film si differenzia per il sottofondo morboso-erotico, la trama un po' cervellotica e virtuosismi estetici stilistici. Peccato che l'esiguità dei mezzi lo costringa ad essere terribilmente lento, anzi a volte fermo. Ancora un grande Mario Bava.
Oscuro eppure fiammeggiante come solo un gotico di Bava poteva essere. Stilisticamente ineccepibile: movimenti morbidissimi della mdp, inquadrature sempre sature, fotografia al solito plastica e smagliante. Struttura classica del genere: la insidiosa magione, il vento che sibila imperituramente facendo ondeggiar i neuroni, scricchiolii continui e sguardi torvi; ma il Mario’s touch è tutto nella sadica e sen(s)uale relazione tra la languida Lavi e il frust(r)ante e zombesco Lee, assatanati amanti folli senza posa. Non fungono cast di contorno e dialoghi.
MEMORABILE: La prima frustata sulla spiaggia; il fascio di luce che illumina a letto il malcelato godimento pieno di voluttuoso terrore della Lavi.
Bava non era semplicemente un bravo regista, dotato di notevoli capacità tecniche, ma anche un architetto dell’immagine, un pittore che con i suoi cromatismi spinti, riesce a deliziare gli occhi e la mente dello spettatore. La storia? Poco importa, Bava neanche se ne cura (avesse dato importanza anche a quell’aspetto...). Questo film ne è la dimostrazione. Da premio la straordinaria la fotografia di Ubaldo Terzano. Raramente come in questo film la musica è una componente quasi onnipresente. Uno dei miei personal cult baviani.
Da una trama che è meno che un canovaccio (anzi, praticamente è solo un'idea: il morto che ritorna), Bava riesce a trarre un intero film e a tenere lo spettatore costantemente col fiato sospeso. Se non è gran mestiere questo... Tecnicamente parlando è uno dei suoi film più riusciti, con scenografie, luci e fotografia sublimi; le musiche e il costante urlo del vento in sottofondo non fanno che aumentare la tensione. Certo, se si cerca la "sostanza" si rimarrà delusi, ma questo era il cinema di Bava, puro trionfo della "forma" fine a sé stessa.
MEMORABILE: La scena finale nella cripta; Kurt e Nevenka sulla spiaggia (scena di palese sadomasochismo, assolutamente efficace ed audace per l'epoca!)
Bava, per un'ora e mezza, non fa altro che menare il can per l'aia. Però, con la sua classe, riesce a colorare di fascino anche questa scarna storia di amore sadomaso (peraltro immagino davvero coraggiosa, per l'epoca). Tanto esasperante la lentezza, la piattezza dei dialoghi e la mancanza di azione, quanto ricca la scenografia, scintillante la fotografia "iper-cromatica" e geniale il modo di girare alcune scene. La ricchezza estetica non solo travolge i difetti ma impregna ed accresce il senso morbosamente erotico del film.
MEMORABILE: La mano di Lee come un ragno nella notte.
Il Via col vento del gotico per eccellenza. Cullati da sublimi partiture approdiamo in un'antica terra dove un amore estremo trova la sua linfa vitale in un suggestivo castello sul mare. La fotografia illumina tutto, perfino il sadismo del Barone Kurt, avvolgendo l'intera pellicola in un alone di mistero ancestrale. E, se è il corpo a bramare il dolore, sarà la frusta ad accontentarlo in una girandola di amplessi proibiti. Infarcito da atavici assassinii e da strane visioni, in un crescendo di terrore. Un film morboso, ma di gran classe.
Il film più morboso di Bava e forse anche il migliore in assoluto sul piano estetico/visivo. Tanto bagliore, però, maschera solo in parte la piattezza di una pellicola che, dal punto di vista narrativo, si avvicina al vuoto assoluto: trama banale, ritmo lento, suspense quasi inesistente. Attori discreti e musiche passabili, ma rispetto ad altri gotici italiani del periodo questo è invecchiato decisamente peggio, sebbene l'uso del colore potrebbe far erroneamente pensare al contrario. Due pallini e mezzo.
Il tema trattato è piuttosto scabroso per il periodo in cui è girato, ma la trama non è probabilmente il punto forte; lo è piuttosto il lavoro di quel geniaccio di Bava che ci regala un'ottima fotografia (di Terzano?) e alcune sequenze molto ben curate. Rispetto a Operazione paura la lentezza del genere gotico si fa sentire, anche se attutita da un ottimo lavoro in regia. Non un capolavoro ma bello.
Sicuramente uno dei prodotti più alti del gotico italiano. Perennemente sospeso in un'atmosfera suggestiva e conturbante carica anche di pulsioni erotiche mai così forti in tutto il genere (la scena delle frustate alla povera Lavi va per me nella top 5 delle scene più sottilmente sensuali di tutto il cinema), il film si prolunga in maniera lenta ma elegantissima e raffinata, squisitamente servito da una fotografia d'eccezione. Importante anche perchè al suo interno si iniziano a visualizzare i primi vagiti del nascente giallo all'italiana.
Ci sono il castello contornato da rumori sinistri e oscure presenze, i venti rabbiosi che spalancano d'improvviso le finestre, ma pure una storia d'amore malato e sadomaso, che non risparmia frustate e atteggiamenti violenti. Il film regge bene grazie a una messa in scena che copre qualche pausa di troppo, ma si sa che Bava è un esteta del cinema e crea atmosfere suggestive che vanno oltre le battute di un copione. Le melodie di Rustichelli sono lascive e si incastrano bene con l'amore deviato dei due protagonisti.
Una storia d'amore e odio ossequiosa dei sacri dettami gotici, con rumori onnipresenti a ricordare allo spettatore che val bene rimaner sempre desti finché ci si aggira tra i corridoi (e i passaggi segreti) del castello. Bava ha una cura formale non comune, tratteggia i personaggi e i luoghi con dovizia di particolari e regala una trama gialla avviluppata a un mantello horror di rara eleganza. Lee che appare alla finestra è debitore del personaggio della notte che lo ha reso celebre e il duo Lavi-Galli è una gioia per gli occhi. Da vedere.
MEMORABILE: Gli scorci paesaggistici in riva al mare.
Bava registra la storia di un'ossessione attingendo, più o meno consapevolmente, ai classici del genere (James, Radcliffe, Brontë); accentua il versante psicologico più che quello fantastico e rifiuta, giustamente, il più trito bric-à-brac di ragnatele, catene e maledizioni. D'altra parte il film mai riesce ad accedere alle vette del perturbante, per colpa di un cast non all'altezza (a parte Lee) e a qualche sbilanciamento nel giallo (il "chi è stato?" dei delitti) che vanifica, irresistibile, ogni simbolismo profondo.
Gotico melenso dalla narrativa piuttosto lenta dove di horror c'è praticamente nulla. Per fortuna le atmosfere e le ambientazioni compensano. Dal punto di vista registico il film è ineccepibile. La classe non è acqua e Bava si conferma stilisticamente sopraffino. Da apprezzare anche l'audacia della storia, tra il sadico e il masochistico, senz'altro coraggiosa per quegli anni.
Poco tempo dopo aver fatto ritorno nel castello avito, il malvagio Kurt viene rinvenuto sgozzato ma anche da morto continua a tormentare l'ex amante, che durante la sua assenza era diventata sua cognata... La frusta la maneggia Lee, imperioso e sensuale come quando veste i panni di Dracula, il corpo è quello fremente della morissima Lavi in questo elegante gotico in cui Bava ha modo di confermare il suo estro pittorico, curando ogni inquadratura come fosse un quadro in movimento con accostamenti cromatici audaci ed antinaturalistici. Visivamente bello, sconta una trama non altrettanto curata.
Il film più sottovalutato di Bava, sospeso tra gotico e melò, con una forte dose di sadismo. Come dimenticare il crudele barone Kurt che prende a frustate la bella Nevenka sulla spiaggia. Christopher Lee è in parte ma la vera rivelazione è la splendida Daliah Lavi, che non fa rimpiangere la Steele. La musica di Rustichelli diventa quasi protagonista della storia. Lo script non è impeccabile e rimane poco chiara la svolta thriller. Bisogna lasciarsi andare al romanticismo del regista.
MEMORABILE: Le frustate a Nevenka; Il castello sul mare.
Tanto esasperante nella lentezza e deludente nella sostanziale inconsistenza della trama e della soluzione finale, quanto ammaliante nei virtuosismi cromatici e nella creazione di atmosfere cupe e morbose. E' Bava, prendere o lasciare. Chi prende deve saltare a pie' pari la zoppicante logica della fabula e abbandonarsi ai vividi colori dei drappi di velluto e dei vestiti delle dame, delle fiamme che avvolgono la bara di Lee, della schiena della Lavi martoriata dalle frustate in una scena che ai tempi deve avere inquietato non poco i censori.
MEMORABILE: La Lavi frustata da Lee sulla spiaggia.
Goticissimo e baviano al cento per cento, non è certo da considerare un'opera minore. Può lasciare perplessi che il cattivo muoia dopo un terzo di film ma il tutto è funzionale a una storia di follia mentale che tiene sul filo fino alla fine. Meno visionario di altri film di Bava più celebri, non mancano però i giochi di luce e coloristici per cui amiamo il regista. Il quale ci mostra anche un rapporto sadomaso a suon di frustate e tormenti della carne che all'epoca non sarà stato acqua fresca. Molto brava e bellissima la Davi, bene Lee simil-Dracula.
MEMORABILE: Le frustate e l'amplesso sulla spiaggia; La scena della morte di Lee; La mano blu che emerge dalle tenebre; La Davi col pugnale (vedi Clara Calamai).
Da una sceneggiatura di Gastaldi che mescola Poe, Shakespeare, Tennessee Williams e De Sade, Bava tira fuori un melò sadogotico decadente più romantico che horror con sprazzi di erotismo sadomaso impensabili per l'epoca, tuttavia trattando la scabrosa materia con estrema raffinatezza e classe: una pregevole fotografia livida in cui dominano i verdi e i blu e l'onnipresente vento nella colonna sonora (quasi un personaggio del film) sono vere e proprie firme d'autore che distinguono Bava dai colleghi coevi. Forse è invecchiato meno bene rispetto ad altri classici baviani, ma avercene!
Notevole gotico baviano con annessa storia d'amore dalla forte componente sadomaso (molto audace per l'epoca) che lo rende ancora moderno e con la consueta capacità del regista di creare atmosfere ipnotiche e fascinose. La confezione strepitosa (fotografia e colonna sonora sono pazzesche) riesce a far perdonare lo script un po' zoppicante e il carismatico magnetismo di Lee, la sensualità della Lavi (quasi a livello Steele) e l'algida bellezza della Stewart fanno il resto. Finale forse incoerente ma comunque riuscito nella sua struggente e commovente bellezza.
MEMORABILE: Lee che frusta la Lavi in spiaggia e in camera da letto; Il finale.
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HomevideoZender • 21/01/09 09:13 Capo scrivano - 47802 interventi
Ecco la conferma: fuori il 29 gennaio 2009 LA FRUSTA E IL CORPO (1963) per la Eagle!
Audio: Ita.mono
Video: 16:9/1.78:1
L'italico dvd contiene la versione italiana (titoli in italiano),ma non la traccia inglese,percui presumo non sia lo stesso master del dvd usa.
La qualita' e' comunque buona.
La versione tedesca è spettacolare. Non è l'unico caso per Bava, almeno altri tre titoli (Sei donne, I coltelli del vendicatore e La strada per Fort Alamo hanno in quelle teutoniche le loro versioni "definitive" - e ora se ne annuncia una notevole del para-baviano I vampiri
La versione americana distribuita dalla AIP col titolo What,presenta una differenza nell'apertura.
Questa versione comincia con la scena nella quale il padre a letto vede il camino aprirsi
c'e un fermoimmagine,e quando entra in scena il titolo What una voce lo sussurra in modo horror.
Poi i titoli principali in inglese,sono trasbordati sopra la scena in cui Lee cavalca verso il castello,e infine viene tagliuzzata la scena nella quale il buon Pigozzi scopre che Kurt e' tornato.