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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Un cinema che inevitabilmente divide, quello di Malick, e che in film come questo, in cui il particolare stile estatico del regista si fa centro assoluto, non può che allargare ancor di più la forbice tra oppositori e sostenitori. Ciò che accade sullo schermo diventa assolutamente secondario rispetto al modo in cui lo si racconta, con i dialoghi quasi del tutto sostituiti dai pensieri fuori campo dei protagonisti che riflettono sulla loro condizione. Malick procede per emozioni e lo fa attraverso la consueta, strepitosa ricerca d'immagini e la musica, che qui oltre a farsi indispensabile sfondo fa anche da complemento alla trama: BV (Gosling) e Faye (Mara) sono infatti entrambi parte di due diverse...Leggi tutto band e si amano, per quanto la volubilità di lei permetta anche una relazione nascosta col produttore Cook (Fassbender). Un triangolo che inizialmente pare il cardine attorno al quale far ruotare la storia ma che invece si apre in un secondo tempo a frequenti intrusioni. Tempi e luoghi si confondono: passato, presente e futuro si alternano senza una logica lineare per cogliere diversi momenti nelle vite dei protagonisti, gli spazi si mescolano e un dialogo o un pensiero può cominciare in un luogo e continuare in un altro senza che ci si debba chiedere perché. Alla sensazione di straniamento contribuisce l'uso costante di lenti deformanti per le riprese, che ci accompagna in una diversa dimensione dove contano più i messaggi del subconscio rispetto ai confronti tra personaggi; che esistono ma sono secondari, come se la voce del cuore procedesse di pari passo prendendo il sopravvento. Si ritorna ai momenti in cui BV usciva con un'altra, si raggiungono quelli che vedono Cook frequentare e sposare una splendida donna (Portman) o in cui Faye vivrà un'avventura lesbica. I meravigliosi corpi che si muovono negli spazi sono colti in tutta la loro plasticità in una ricerca del bello che non coinvolge solo la natura ma anche l'uomo come parte della stessa. Purtroppo lo studio di Malick, l'insistere su uno stile certamente non immediato porta il film a difetti evidenti (uno su tutti l'assenza di un ritmo accettabile), sorvolabili solo stabilendo una particolare empatia col regista, accedendo di conseguenza al suo singolare universo filmico e accettandone lo stile senza compromessi. Sulla stessa falsariga era però allora meglio THE TREE OF LIFE, in cui tali caratteristiche venivano portate al loro culmine. Curioso che dell'attività musicale dei protagonisti si veda poco o niente, a conferma di un interesse puramente laterale per ciò che non comprende la sfera più intima e personale.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 20/05/17 DAL BENEMERITO XAMINI POI DAVINOTTATO IL GIORNO 26/09/17
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Rambo90 16/03/18 16:52 - 7661 commenti

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Un film puramente emotivo. A Malick non interessa tanto raccontare una storia, quanto cosa provano i suoi personaggi mentre l'attraversano. Indubbiamente lo stile registico è affascinante, con le sue immagini sconnesse, il continuo voice over, i colori freddi. Ma può anche stancare uno spettatore che non sa bene cosa aspettarsi. Bisogna lasciarsi prendere, accettare le regole di quest'opera imperfetta ma che a suo modo colpisce, anche grazie a un cast ben scelto e al ruolo della musica, che non si sente quasi mai ma si percepisce sullo sfondo.

Xamini 20/05/17 15:35 - 1244 commenti

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Malick è uno di quegli autori dotati di uno stile forte: a lui piace in particolare giocare con le dissonanze, spostando su tre assi differenti vicenda, immagini ed esperienza sonora. È un modo di comunicare che può affaticare, specie quando lo spettatore è sottoposto a un lavoro di ricostruzione, come in questo caso. Ma è un modo che arriva direttamente al subconscio, saltando a piè pari il razionale e può colpire anche forte. Nota di chiusura per la consueta immensa bellezza delle inquadrature, che si avvalgono anche di un eccellente lavoro in fotografia del buon Lubezki.
MEMORABILE: Dovendo scegliere qualcosa, direi la scena del "battesimo", quasi catartica

Daniela 19/06/17 03:02 - 12606 commenti

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Commento a caldo mentre ancora risuonano le note dei titoli di coda e mi chiedo perché, durante la visione, mi ronzava in mente l'ultimo film di Refn: non si somigliano, eppure... l'estetica che si è fagocitata il racconto, il vuoto pneumatico che circonda i personaggi, una sfilata di attori belli a cui non basta essere bravi per acquistare un poco di consistenza, inquadrature curatissime (quanto vezzo in quei tagli di teste, in quelle deformazioni da grandangolare) per raccontare ambasce esistenziali che non suscitano la minima empatia. La somiglianza c'è non nei film ma nell'impatto: zero.

Matalo! 10/10/17 20:55 - 1378 commenti

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Disgustoso. Forse l'abisso artistico di un grande regista che da anni ha perso la tangente. Assunto: il mondo del rock è perdizione - meglio la campagna. La frode è lo stile: una mdp che volteggia tra attori che sembrano ubriachi e corpi da rivista di moda. Raramente il nulla e la vanità han raggiunto tali livelli di comicità involontaria (se non ci si addormenta prima). Bocciatissimo.

Paulaster 3/01/18 21:21 - 4375 commenti

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Nell’ambiente musicale si intrecciano relazioni tra opportunità, sentimento, esperienza. Ampio spazio alle interpretazioni attoriali; a volte si eccede nell’improvvisazione tanto da acuire il senso di finzione. Anche le voci che accompagnano i pensieri dei singoli non aggiungono nulla, oltre a evidenziare banalità universali. Malick propone grandangoli a iosa e le due ore son difficili da digerire. Aiuti dai veri rocker per dare la sensazione dello show. Fassbender e Hunter i migliori.
MEMORABILE: Patti Smith che canta; Flea dei Red Hot Chili Peppers che scherza con Fassbender.

Tarabas 6/04/20 12:42 - 1878 commenti

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Difficile commentare un film così. Malick si conferma forse l'unico regista quasi esclusivamente "visuale", cui poco o nulla interessa la scrittura, nel senso della parola scritta da rendere "per immagini" ma solo la scrittura "con le immagini" (l'unico quantomeno nel cinema mainstream). La storia è caotica e forse poco interessante, a tratti moralistica (con un finale che mi lascia alquanto perplesso). Gli attori sono bravi, alcuni (Rooney Mara) molto bravi. Eccelsa la qualità fotografica, ma non convince.

Pigro 2/05/20 10:30 - 9623 commenti

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Il problema non è la sintassi narrativa che procede depistante per frammenti emozionali come una lussuosa videoclip (condotta con perfezione tecnica e grande maestria visiva), abbondando in scelte estetizzanti e compiaciute. O il plot che si volatilizza a favore dello smaccato formalismo di un gusto fashion patinato. Il problema è la stupidità di una banale storia d’amore e corna, ambientata tra giovani fighetti e danarosi di una presunta scena musicale con retoriche pretese di profondità nelle voci off. Il nulla col vuoto intorno. Irritante.

Enzus79 5/07/21 18:40 - 2864 commenti

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Terrence Malick, dopo il più che complesso Knight of cups ritorna ad affrontare l'esistenzialismo, questa volta attraverso un triangolo amoroso fatto di tradimenti e dubbi, che si svolge nel mondo della musica. Rispetto al film sopracitato questo è più lineare e le due ore, pur sembrando eccessive, non annoiano, anzi. Ottima la fotografia, così come il montaggio.

Reeves 8/02/22 16:44 - 2152 commenti

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Pasticcio intellettualistico e soporifero di Terrence Malick, che in tarda età sembra quasi divertirsi a prendere in giro il pubblico e a distruggere gli attori che evidentemente non osano dirgli di no. Qui l'assenza totale di dialoghi e i pensieri-parlati dei protagonisti ricordano tanto il De Sica di Il segno di venere, quando dice che ha scritto una storia al femminile "e l'ho ambientata nel Medioevo, e chi vuol capire capisca!".

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  • Curiosità Daniela • 21/06/17 09:45
    Gran Burattinaio - 5925 interventi
    Alle riprese di Song to Song hanno partecipato anche, sia pure solo per pochi giorni, Benicio del Toro e Christian Bale, quest'ultimo impegnato quasi in contemporanea sul set di altro film sempre diretto dallo stesso regista, ossia Knight of Cups.

    Le scene in cui comparivano questi attori sono stati poi tagliate da Malick nel montaggio finale, secondo un modus operandi già sperimentato in passato.

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