Favoletta montanara con tanto di C'era una volta e immancabile narratore a sigillare poeticamente i passaggi da una fase all'altra. La fräulein del titolo si chiama Regina (Mascino), come il piccolo albergo di cui è unica proprietaria, perso nelle nevi di un imprecisato paesino dell'Alto Adige, al confine con l'Austria. La chiamano fräulein, "signorina", perché a giudizio di tutti è destinata a non sposarsi mai, col carattere che si ritrova. Dire burbera è poco: chi le si avvicina viene respinto (l'unico a provarci, a dire il vero, è il simpatico postino interpretato da Max Mazzotta) e i suoi pochi rapporti li intrattiene con...Leggi tutto un anziano di cui si occupa e due bizzarre amiche di diversa età con cui giocare a carte e scambiare quattro chiacchiere. La svolta vera arriva con l'entrata in scena di Walter (De Sica), che una sera si presenta sulla porta dell'albergo chiedendo alloggio. Nonostante Regina ripeta che l'esercizio è chiuso, Walter riesce ugualmente ad entrare con uno stratagemma e a piazzarsi in una camera; lei abbozza, grugnendo, ma col passare del tempo il loro rapporto cambierà. C'è un cuore che batte anche nei più autentici orsi di montagna, insomma, tutto sta a trovare il sistema per innestargli del sentimento. La regista e sceneggiatrice Caterina Carone utilizza i toni soavi e lievi della favola per raccontare l'incontro di due mondi diversi e complementari. Lo fa senza cercare mai di stupire, seguendo uno sviluppo che è quello più elementare che si possa immaginare e trascurando – e qui sta il difetto principale - di rendere fluida la narrazione. Non esistono inoltre dialoghi particolarmente azzeccati (né alcun apporto significativo lo dà il mescolare italiano e tedesco), niente che vada al di là di qualche scambio di parole e sguardi cui solo l'intensità di De Sica e della Mascino regala parte della forza richiesta. La poeticità dell'ambientazione invernale (con qualche romantica concessione di troppo, vedi l'aurora boreale!) aiuta a trovare la giusta dimensione intimista, la sensibilità tutta femminile della regista è valore aggiunto ma è qualità accessoria, che dovrebbe accompagnarsi a una godibilità della storia rintracciabile invece solo a sprazzi, e procedere un'ora e mezza così è faticoso. La trovata delle musicassette rilassanti da ascoltare in cuffia, ad esempio, è piuttosto sintomatica della scarsa attenzione al ritmo, poi sempre duro da recuperare. Deboli i caratteri secondari (ad eccezione del postino-macchietta di Mazzotta e compresa invece la gallina Marilyn, banale insert folkloristico), cui si mettono in bocca frasi che si vorrebbero ponderate ma a ben vedere non lo sono affatto, e il lungo tira e molla tra Walter e Regina procede stanco, con una frattura netta e poco comprensibile nel passaggio dal risentimento alla felice accettazione, con le prime risatine complici della Mascino che di conseguenza appaiono forzate. La bravura del De Sica attore anche al di fuori del contesto abituale non si scopre qui, ma non può forse aggiungere quanto sperato dal momento che deve recitare fin troppo sottotraccia e che protagonista è indubbiamente la Mascino. Restano l'apprezzabile misura, la mano tesa all'immedesimazione di chi guarda. Se si è disposti a seguire il tutto con molta pazienza del buono si trova, indubbiamente.
Fiaba leggera (il narratore è talora fastidioso) che forse poteva uscire il giorno di San Valentino, ché il messaggio è chiaro: bisogna aprire le porte del proprio cuore e avere fiducia, qualcosa potrebbe succedere (la metafora dell'albergo in rovina e dei mobili gettati alla rinfusa è sin troppo scoperta). Mascino e De Sica sono una vera sorpresa e di fatto tengono su una sceneggiatura esile e talora un pochino noiosa, ma è una delizia osservare il loro affiatamento; il povero postino è praticamente Dick Dastardly. Boreale.
MEMORABILE: "Lei non era programmato" "E invece mi sono presentato".
Tra le gelide montagne del Tirolo e i severi pini innevati si consuma una favoletta moderna dal taglio decisamente femminile e romantico (regia e sceneggiatura della Carone). L’idea dell’incontro-scontro dei protagonisti è una formula logora, che qui evidenzia platealmente tutti i limiti del “già visto”; resta quindi la buona caratterizzazione dei personaggi, con la Mascino a proprio agio nel ruolo dolce e amaro di zitella e un De Sica (nome evidentemente di richiamo) meno convenzionale del solito ma convincente.
A volte "impallinare" è crudele: il **! alla cui boa il film si ritrova legato per certe evitabili parentesi (le amiche, la discoteca) rischia di mettere in ombra un'opera singolarissima, commedia fiabesca semplice ma mai banale, in grado di evitare tutte le trappole (spiegoni, melensaggini) che un soggetto del genere poteva disseminare, insolita quanto vedere un malinconico De Sica (che si contiene a fatica) sperduto tra i monti tirolesi alle prese con una rude montanara (bellissimo personaggio, bravissima lei). La regista merita attenzione.
Favoletta leggera ma poco incisiva, che cerca di tratteggiare in modo accennato e un po' poetico la riscoperta dei sentimenti da parte di una donna chiusa verso il mondo, ma fallisce per una piattezza generale di personaggi e dialoghi. La Mascino è molto brava, a lei si devono i momenti più riusciti, mentre De Sica è francamente sprecato seppure in parte. La regia della Carone è timida, poco esperta e questa fa la differenza nei momenti più carenti della sceneggiatura. Mezza delusione.
Un De Sica atipico nei panni di un turista dimesso fa da contraltare a una Mascino imbruttita e acidissima ma estremamente brava, nello scenario gelido dell'inverno sud tirolese. Lo scontro diventa incontro e scalda i cuori in un vicendevole scambio di emozioni tra due persone così distanti tra loro eppure così vicine nella loro alienazione. Film godibile che finisce con una porta aperta su un futuro migliore.
Ho pensato a Carlo Mazzacurati guardando questa lenta pedalata nella nostalgia degli affetti, nel ritmo blando scandito da poche battute, molti silenzi, nei pochi caratteri delineati da qualche eccesso grottesco (il postino) e uno svolgersi prevedibile ma ben interpretato e appagante nella cartolina invernale di un Alto Adige da favola. Se ci fosse stata la firma del compianto regista padovano non ci sarebbe stato da ridire. E questo, per me, vale almeno tre pallini. Brava Carone. Ottimi De Sica e Mascino.
MEMORABILE: "Spaghetti, pollo e insalatina" ululati da De Sica (misuratissimo), che strappano un sorriso di nascosto alla burbera protagonista.
Storia semplice, di stampo prettamente natalizio, di quelle viste e riviste più volte e che senza inventare nulla giocano al limite sul cambio di ambientazione. Questa nuova bisbetica domata in versione montanara si farà scaldare il cuore da un Cristian De Sica insolitamente misurato e questa, davvero, può essere l'unica innovazione. Senza infamia né lode, si lascia vedere.
Piacevole storia leggermente romantica che vive delle interpretazioni della Mascino e di De Sica. Bella sorpresa lei e in parte anche un De Sica leggermente imbolsito ma in grado di reggere la scena senza gli istrionismi a cui ci ha abituato in carriera. Vanno in onda anche qualche caratterizzazione riuscita (le amiche) e un sottofondo mistico (la fine del mondo) più altalenante.
Innocua favoletta invernale che funziona benissimo come spot per località turistiche nordiche, molto meno sul versante cinematografico. Se De Sica come attore non si discute e la Mascino è una partner più che affidabile, la storia regge pochissimo a causa di una sceneggiatura davvero esile nella quale il rapporto tra i due protagonisti si crea in modo forzato (con il repentino e poco spiegato cambiamento nell'atteggiamento di lei) e sopratutto procede con troppi tempi morti che ledono la fluidità del racconto. Evitabile.
Meno peggio di quanto ci si aspettasse ma, non fosse stato per la presenza carismatica di Christian De Sica, si sarebbe trattato di un filmetto evitabile. Non che sia gran cosa (è evitabile comunque), ma la professionalità indiscussa del protagonista risolleva dal torpore, di tanto in tanto. La storia è una banale storiella, il resto del cast (a parte la Mascino) recita forzatamente, teatralmente, il narrato fiabesco è quasi disturbante. Azzeccata Marilyn (la gallina domestica), che suscita ilarità e simpatia.
Tiepida commedia di ambientazione montana sull'isolamento sociale e l'alienazione individuale la cui rottura può essere solo causata da un improvviso input esterno, anche casuale. Il soggetto non spiega le ragioni dell'isolamento della protagonista proprietaria d'albergo (Mascino), ne ricalca solo gli stadi finali che verranno smussati dal cortese e posato turista (De Sica, in un ruolo d'eccezione rispetto alla sua consueta e volgare spavalderia); e nemmeno di lui è dato sapere il background. Nell'insieme elegante e poetico, ma può risultare melenso ai non amanti del genere.
Non molti film hanno valorizzato la bravura attoriale di Cristian De Sica e questo in qualche modo totalizza il punteggio più alto, assumendo che avesse tale funzione. Si parte già con un pallino in più rispetto a un film qualsiasi ambientato in una bella località di montagna, senza glamour. In fondo non sono poi tantissimi: altro pallino. Una protagonista bella ma poco curata per tenere lontani gli altri e a dispetto della dittatura estetica imperante: e siamo a 3. La vecchia casa che funge da albergo è uno scrigno di ricordi, come una boule de neige.
MEMORABILE: La mente che va Bagdad Café che è anche tedesco (ambientato a Bolzano); In negativo: il narratore che copia quello de Il favoloso mondo di Amélie.
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Ah, se Caterina Carone, per la sua opera prima, Fräulein – Una fiaba d’inverno, prodotto dal Carlo Cresto-Dina già responsabile di Le meraviglie di Alice Rohrwacher, non avesse voluto due nomi popolari come protagonisti, la Lucia Mascino nota in tv per la sit com Mamma per caso e addirittura Christian De Sica in un raro ruolo non comicarolo, ma due sconosciuti, magari stranieri, avrebbe potuto forse vedere il suo film d’esordio scelto da un festival importante, Cannes, Venezia, Locarno.
Ma ha voluto costruire un film fiabesco interpretato da volti noti, e questo, per il folle mercato non solo italiano, comporta una qualche punizione.
Il nesso è "capibile" ma tutto da dimostrare. Un punto di vista del giornalista, insomma.
Forse (e dico forse) hanno giocato due nomi noti al grande pubblico per trascinarlo al cinema, ma come abbiamo potuto costatare...
DiscussioneZender • 30/05/16 14:58 Capo scrivano - 47730 interventi
Esatto, semplicemente il punto di vista del giornalista, tutto da dimostrare appunto... Magari senza nemmeno quei due non l'avrebbe visto nessuno ma nessuno e i festival importanti non avrebbero manco saputo che esisteva, un film così...
Zender, Lopez è presente nel cast di questo film ma non so sei sia giusto metterlo. Non è presente fisicamente ma sua è la voce narrante (e in effetti ha lavorato più come doppiatore che come attore)
DiscussioneZender • 10/08/21 17:01 Capo scrivano - 47730 interventi
In questi casi non va nel cast ma nelle note come voce narrante,.