Se il primo Marigold Hotel è andato bene perché non pensare a un secondo (nel senso di allargare un'attività che sembra funzionare)? Così inizia questo sequel, sulla route 66, in cerca di finanziamenti. Si torna poi in India dove ci si saluta con le mani giunte e dove sembra di poter fermare il tempo. Il tempo, alla fine, è l'argomento principe, quanto ne rimane per poter iniziare un lavoro o per cominciare una relazione. L'esuberanza di Dev Patel contrapposta alla saggezza di Maggie Smith, un'India hollywoodiana miscelata ad arte. Discreto.
Trama evanescente ma soprattutto sceneggiatura scadente: non si ride né ci si commuove quando si dovrebbe, né tantomeno si colgono occasioni per riflettere. Gli attori sanno quasi tutti ben recitare, ma i personaggi mancano di spessore e più di una volta, dato anche il tema che in tal senso si presta (pulsioni, amori e saggezza della terza età), si riducono a macchiette.
MEMORABILE: La rappresentazione del colore locale a Mumbay; Il matrimonio finale indiano (anche se non certo una novità).
Purtroppo un sequel per niente all'altezza del delizioso modello. Nonostante un cast sempre ricco e ispirato il film non decolla per colpa di una sceneggiatura che trova debolissimi pretesti per proseguire le storie dei protagonisti. Molte banalità e troppi cliché presi in prestito dal cinema indiano (non manca nemmeno la sequenza di ballo). Ogni tanto si sorride, ma manca la magia del predecessore. Alcuni membri del cast sono ingiustamente oscurati (Gere compreso, che sembra passare di là per caso). Mediocre.
Bollywood in salsa statunitense per una pellicola che cerca il folklore e il sentimentalismo. Le vicende sono abbastanza banali, tutte incentrate su labili sensazioni amorose e alcuni sviluppi narrativi appaiono poco chiari. Cast comunque ben affiatato in cui fa il suo ingresso un fascinoso ma poco incisivo Gere.
Il regista John Madden realizza il sequel di un film di successo che già mostrava qualche limite ancora più evidente nella seconda puntata. Si cerca di rivitalizzare la storia di per sè un po’ “anemica” introducendo nuovi volti, ma il personaggio di Richard Gere, pur ben reso dall’attore, non ha un grande spessore e la storia tende a perdersi in luoghi comuni e stereotipi, compreso il ballo tradizionale che ci porta dalle parti di bollywood. Film ben fatto ma inutile.
Visto il successo del film precedente, quattro anni dopo si decide di dargli un seguito. L'operazione non dà grandissimi risultati, essendo il sequel particolarmente sfilacciato e dando l'impressione di avere il fiato piuttosto corto tanto da dover riempire il minutaggio anche con coreografie di danze locali. Naturalmente a reggere la baracca concorrono sia la recitazione dei grandi nomi ri-chiamati a raccolta, sia la bella fotografia e l'ambientazione. In definitiva un'opera non certo esaltante ma che, grazie alla professionalità tecnica, riesce a intrattenere in modo gradevole.
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Ad un certo punto del film il personaggio interpretato da Judi Denchdice a quello interpretato da Maggie Smith di essere più giovane di lei di 19 giorni. Nella realtà la Dench (nata il 9 Dicembre 1934) ha 19 giorni in più della Smith (nata il 28 Dicembre dello stesso anno).