La mano indemoniata - Film (1981)

La mano indemoniata
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MMJ Davinotti jr
Anno: 1981
Genere: drammatico (colore)
Note: Quarto episodio del ciclo "I giochi del diavolo. Storie fantastiche dell'Ottocento" trasmesso dalla Rai. Tratto dal racconto “La mano incantata” di Gerard de Nerval.

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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Dal racconto di Gérard de Nerval “La mano incantata” (selezionato come gli altri episodi da Italo Calvino per il ciclo televisivo “I giochi del diavolo - Storie fantastiche dell'Ottocento”) Marcello Aliprandi dirige richiamando da vicino i vecchi sceneggiati Rai: recitazione impostata, fotografia dai toni spenti... Cambiano le scenografie però, e gli “esterni” diventano spigolose quinte teatrali sistemate e riprese come in un quadro di De Chirico. Peccato che la gran parte della vicenda sia ambientata in interni piuttosto spogli che certo non esaltano. La narrazione è in flashback, giacché a presentarsi per primo è un viandante (Ferzetti) che in un locale esibisce la mano tranciata...Leggi tutto del titolo per terrorizzare gli astanti e spiegare da dove essa provenga. Si torna così indietro nel tempo, nella Parigi di Enrico IV di Borbone, alla fine del Cinquecento: l'epoca delle streghe e degli incantatori, quando il nonno del trisavolo dell'uomo (sempre Ferzetti naturalmente) si esibiva nelle piazze ostentando poteri divinatori. Al drappiere Eustachio Bouteroue (Ponzoni) predice pubblicamente la forca e questi, tornato a casa turbato, trova ad attenderlo l'archibugiere Giuseppe (Boldi), lontano nipote di sua moglie (Lario), un guascone che prende in giro lui per lasciarsi ammirare da lei, bevendo e scherzando senza sosta. Fino a quando la corda, fin troppo tirata, si spezza: una notte Eustachio, irritato dall'ennesima umiliazione, sfida Giuseppe a duello. Ma sfidare un archibugiere di Francia equivale a un suicidio... Per salvarsi Eustachio decide di consultare proprio il mago che gli aveva predetto la forca, il quale spiega come evitare il duello non si possa, ma vincerlo forse sì. Bisognerà stregare la mano del drappiere per renderla veloce come quella del più abile degli spadaccini. Il costo? 100 scudi. Un'enormità, ma la vita vale di più, si sa, e il patto è sancito. Ciò che rende singolare l'episodio è l'utilizzo di due attori solitamente impiegati in ambiti diversi; se però Ponzoni ha modo di disimpegnarsi degnamente in un ruolo piuttosto sfaccettato, altrettanto non si può dire di Boldi in gran baffoni rossi, che passa il tempo a sghignazzare, ghignare, sragionare sotto i fumi dell'alcol, insultare lo zio tra una risata e l'altra, tirare in fuori la pancia e recitare nemmeno stesse improvvisando al cabaret. Non una performance memorabile, che lascia all'amico Cochi lo spazio per agire da protagonista assoluto tratteggiando un Eustachio preoccupato dall'evolversi della situazione e geloso delle eccessive simpatie della moglie per il nipote. Ferzetti, che seduce a parole il suo pubblico al locale (tra questi si distingue Ugo Bologna), si ricava la parte marginale del mago nel flashback imponendo un gigionismo finanche eccessivo, figlio naturalmente di un mestiere superiore a quello dei suoi più giovani colleghi; che tuttavia non basta a giustificare il recupero di un tv-movie blando e datato, anonimo registicamente, privo di slanci interessanti, semplice teatro filmato e non del migliore. Esornativa la Lario.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 14/09/14 DAL BENEMERITO HOMESICK POI DAVINOTTATO IL GIORNO 20/11/18
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Homesick 14/09/14 17:40 - 5737 commenti

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Chiamato a dirigere il quarto episodio del ciclo "I giochi del diavolo", Aliprandi sviluppa gli aspetti umoristici già affioranti nel celebre racconto di Nerval - a tal scopo si serve di due attori comici quali Ponzoni e un Boldi a ruota libera come in un varietà tv - e imposta un'ambientazione teatrale con suggestive scenografie realizzate in studio, nelle quali il diabolico stregone Ferzetti sfodera tutto il suo istrionismo. La componente fantastico-orrorifica si concentra soprattutto nel finale, dopo aver anticipato alcuni numeri à la Raimi.
MEMORABILE: La canzone scollacciata intonata dall'ubriaco Boldi; la mano mozzata che accorre al fischio di Ferzetti.

Daniela 16/01/18 11:28 - 12606 commenti

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Un sarto chiede aiuto ad un mago prima di affrontare in duello il soldato che gli ha sedotto la moglie, ma omette poi di pagare quanto dovuto... Trasposizione di impianto marcatamente teatrale del bel racconto di Gerard De Nerval, il cui motivo di interesse dovrebbe principalmente risiedere nella presenza nel cast di Ponzoni e Boldi, incongrua dato il genere ma sulla carta stuzzicante. Già noti come comici televisivi, i due attori offrono però prestazioni assai modeste, al pari di Veronica Lario. L'unico in parte risulta Ferzetti, beffardo e luciferino in un doppio ruolo.

Rufus68 30/08/18 00:01 - 3818 commenti

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Le cosa più interessante sono le scenografie antinaturalistiche, memori forse dell'espressionismo tedesco: non a caso il migliore del cast, un Ferzetti ghignante e manipolatore, ricorda da vicino il Caligari di Wiene. A parte tali pregi, il resto è di sicura mediocrità: Ponzoni e Boldi sono assolutamente inadatti e troppo leggeri per ruoli che avrebbero richiesto uno spessore drammatico di buon livello. Lario decorativa. Si respira già un'arietta ottantiana di decadenza e disimpegno.

Fabbiu 5/08/18 22:11 - 2133 commenti

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Si apprezzerebbe di più senza l'introduzione un po' noiosa del narratore che racconta una storia e ogni tanto si prende qualche minuto di intervallo, anche perché gli interpreti (Cochi e Boldi su tutti) sono piuttosto bravi ed è interessante l'idea del regista di optare per una storia dai toni umoristici. L'impostazione di tipo teatrale non pesa anche grazie alle buone scenografie, inizialmente un po' spartane ma poi migliorate con tocchi suggestivi. La mano mozzata che si muove da sola è un tocco weird. Modesto ma simpatico.

Minitina80 2/03/20 22:30 - 2976 commenti

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Forse all’epoca avrà pure avuto un senso compiuto, eppure a distanza di anni appare invecchiato assai male. Quell’idea di sceneggiato televisivo di stampo teatrale appare obsoleto e inadeguato, rendendo impossibile fruirne con gusto e interesse. Gli attori coinvolti lasciavano sperare qualcosa di diverso da una recitazione impostata in quella maniera, troppo artefatta per poter essere metabolizzata. Si fatica veramente ad arrivare alla conclusione e senza alcun minima soddisfazione per il grande sforzo compiuto.

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