Dichiaratamente debitore del celebre SOGNI PROIBITI con Danny Kaye (anche se non quanto lo sarà SOGNI MOSTRUOSAMENTE PROIBITI con Villaggio), il film di Gianni Puccini lancia un Manfredi in buona forma, autore di una performance caratterizzata da un umorismo mai sopra le righe, contenuto. La critica all'epoca apprezzò molto questa insolita qualità, a tutt'oggi però il film appare piuttosto stanco e Manfredi, benché simpatico, un po' troppo defilato, passivo e in definitiva poco incisivo. La storia, inoltre, tende a ripetersi...Leggi tutto esageratamente riproponendo quasi sempre le stesse situazioni. L’entrata in scena di Eleonora Rossi Drago, nella parte della nuova perfida direttrice, rivitalizza e movimenta il film suggerendo quasi lo stesso tipo di umorismo che sarà alla base dei successi (ma ben quindici anni dopo) di Fantozzi. Certo non ci sono lo stesso gusto dell'iperbole, la drammatizzazione programmatica di ogni singolo gesto, ma siamo sempre dalle parti di Gogol. La parte dedicata ai sogni, invece, che vede protagonisti, oltre a Manfredi scrittore di gialli di successo, la pupa Anna Maria Ferrero e il gangster americano Pietro De Vico, appare spesso posticcia, slegata al resto della vicenda (salvo quando nei sogni comincia a prendere forma la quotidianità con i problemi allegati). Non è L’IMPIEGATO un grande esempio di comicità, essendo il film legato molto di più al versante più “impegnato” della commedia all’italiana, non avendo Manfredi le stesse potenzialità comiche di un Sordi o un Gassman. Può risultare piacevole, garbato, ma in fondo non è divertente né particolarmente interessante dal punto di vista storico-sociologico. Alla sceneggiatura hanno partecipato il regista Puccini, Elio Petri e lo stesso Manfredi.
Manfredi aveva già girato una quindicina di film, ma è con questa commedia che si propone come protagonista principale ottenendo un discreto successo. Il film è abbastanza originale e con una sceneggiatura piuttosto ricca. All'apparenza la commedia risulta leggera e mai sopra le righe, rischiando in qualche momento di annoiare, ma, in modo sommesso, sono messi in evidenza situazioni all'italiana tuttora in uso, che coinvolgono anche la Chiesa.
Piccolo Manfredi-movie nel quale Nino incarna un clone amatriciano di Walter Mitty; a dire il vero il candore di Manfredi è intonato al personaggio e il film è simpaticamente bizzarro, anche se, col senno di poi, un certo humor risulta un po' datato e puerile. Da vero "inetto" Manfredi cerca una via alternativa nelle fantasticherie di una vita avventurosa. Un simpatico dissociato circondato da belle donne che, almeno la Rossi Drago, lo trattano come zerbino. Grazioso.
Le miserie di un signor Travet, miseramente compensate da sogni presi a prestito da romanzetti gialli, con la partecipazione straordinaria dell'Ispettore della Brillantina Linetti! Povero Nando, inibito anche nei sogni, quando la direttora milanese invade il suo spazio onirico... Altalenare aggraziato e mai forzato tra fantasia e realtà, in questa commedia più agra che dolce, che a tratti sfuma nel grottesco, dal finale malinconico. Non un capolavoro, forse non abbastanza pungente, ma con bei momenti di bizzarra ironia.
MEMORABILE: I tentativi di "americanizzazione" dello stantio e neghittoso ambiente impiegatizio romano. La descrizione dell'Impiegato Perfetto.
Il sogno come liberazione dell’inconscio e palliativo alle miserie e al grigiore quotidiano. A suo modo, una satira sull’alienazione urbana e lavorativa irraggiata dal modulato umorismo di Manfredi che, antesignano di Marcovaldo o Fantozzi, coordina i numerosi e talora eccedenti rimpalli tra realtà e fantasticherie: queste ultime hanno come oggetto costante la Ferrero, sensuosa pupa dai capelli color platino uscita dalle pagine dei romanzi gialli Mondadori. Piccole parti per Polidor (il cavalier Zuppi) e Luciano Bonanni (l’ubriacone Romoletto) e cameo dell’“Ispettore Rock” Cesare Polacco.
MEMORABILE: Le foto di Manfredi sorpreso a timbrare i cartellini dei colleghi; il duello all’uscita della chiesa; Manfredi alticcio in casa della Rossi Drago.
Invero non riuscitissimo, ma abbastanza originale e molto gradevole questo film, il primo da protagonista del grande Nino Manfredi. Una gradevole commedia leggera che non ha velleità satiriche troppo pretenziose e dunque per questo non è tedioso, sebbene esistano delle lungaggini e sia spesso inconcludente, con un finale èquasi puerile. Molto bravo Manfredi, genuino e mai sopra le righe e ottime (e pure molto belle) la Rossi Drago e la Ferrero. Cameo per Cesare Polacco (con auto citazione).
Un modesto impiegato trae conforto nei sogni per sfuggire alla noia della vita quotdiana. Il film di Puccini è uno dei primi in cui Nino Manfredi è assoluto protagonista. La pellicola è una commedia che critica non tanto larvatamente il grigiore della vita impiegatizia. Da questo punto di vista centra il bersaglio grazie alla prova del protagonista (peraltro affiancato da un buon cast di contorno) e alla sceneggiatura di discreto livello.
Simpatica commedia in cui Manfredi è mattatore ma non assoluto, ben supportato dal cast e dalla Rossi Drago, la quale tira fuori una prova niente male. La figura dell’impiegato medio, che sarà sfruttata e massacrata al massimo nella saga di Fantozzi, ha qui una scena ante litteram nella frettolosa vestizione mattutina, forse più che un’ispirazione. Nel complesso piacevole.
MEMORABILE: Il bar dove l’ispettrice è solita cenare, emblematico scenario dell’Italia anni ’50.
Commedia tenuta in piedi da un Manfredi particolarmente ispirato, con echi del Sogni proibiti con Kaye (con momenti onirici ancor più deliranti) mischiati a un ritratto di italiano tipo della commedia di quegli anni. Molti momenti fanno sorridere, ma sono soprattutto quelli ambientati nella realtà a essere più vivaci, mentre gli intermezzi "sognati" alla lunga stancano. Brava la Rossi Drago, simpaticissimo Andrea Checchi. Buono.
Nino Manfredi è il protagonista di questa commedia che fatta eccezione per alcuni momenti piuttosto riusciti, sguazza nei limiti della sufficienza. Manfredi se la cava comunque bene e la Rossi Drago svolge il suo compito di personaggio piuttosto lezioso con bravura.
Pensavo meglio. La vita di un impiegato medio il quale, per fuggire alla realtà, se ne costruisce una virtuale. Ci sono echi pre-fantozziani in questo film di Puccini, che si lascia vedere senza problemi ma che fa avvertire un certo fastidio per le sequenze oniriche. Si ha l'impressione di un'occasione mancata ed è un peccato, per un consumato attore come Nino Manfredi.
A prima vista pare un filmino sull'evasione nei sogni di un semplice travet; poi la trama si complica piacevolmente e i piani del reale e dell'onirico si confondono l'uno nell'altro. E Puccini, con garbo svagato, ci svela l'irruzione dell'efficientismo di marca nordica nella torpida burocrazia impiegatizia nonché l'avanzare di un tipo di famiglia poco tradizionale (i protagonisti sono scapoli o separati). La morale è che il sogno è forse l'unica difesa che contrasti la modernità. Ottimo Manfredi, dal piglio fra brillante e malinconico.
Divertente, ben costruito e girato con asciuttezza, garbo, incisività. Una piccola sorpresa italica. Inaugura certo brio sessantiano. Manfredi perfetto, originale il suo personaggio; Anna Maria Ferrero, multiforme e scafatissima, interpreta con genuinità e classe. E la vicenda è curiosa, magnetizza immediatamente con levità umoristica lunatica e sbarazzina, velata da fantasie oniriche: gioca con sincerità la partita dell'intrattenimento leggero e acuto, libero da schemi comici seriali o preconfezionati. Rilassante, anche (e non è poco).
La doppia vita di un single che vive con la sorella: di giorno è il modesto impiegato di un ente che gestisce case popolari, nei suoi sogni notturni uno scrittore di successo che vive strampalate avventure insieme ad una bionda leopardata... Debiti palesi con i Sogni proibiti e qualche eco cechoviano in questa commedia in cui la parte di fantasia è molto meno riuscita rispetto a quella dedicata alla grigia vita d'ufficio, in cui Manfredi ha modo di brillare con la sua sommessa vena sarcastica. Buon cast di contorno con l'ottimo Cecchi vedovo scocccone, sottilmente malinconico l'epilogo.
Impiegato logorato dal tran tran si crede in sogno scrittore famoso e sprezzante. L'altalena sonno-veglia motiva il film ed è il suo limite: se il crocchio dei piccoli burocrati è scoppiettante, i lunghi sketch onirici si gonfiano di noia. Manfredi è gigione ma gagliardo; riusciti un paio di comprimari (la sorella zitella e l'amante). E la Rossi Drago in guêpière batte le pin up da fotoromanzo. Ma l'idea di spezzare di continuo non giova. Tra gli asceneggiatori c'è anche un giovane Elio Petri.
MEMORABILE: Rossi Drago: "A lei non piace il progresso". Manfredi: "No, sono i progressisti che non mi piacciono; anzi, i fanatici".
Il film dove Nino Manfredi debutta come protagonista assoluto della storia.La pellicola di Gianni Puccini, che ha un impianto drammatico originale e piuttosto eccentrico, soffre di una particolarità negativa: la parte onirica e fantastica è molto meno affascinante e seducente di quella reale (più incisiva e gustosa). Puccini mostra una sensibilità di rappresentazione che però sfocia verso una rarefazione dello stile che rende piuttosto debole sia il racconto che il disegno dei personaggi. Equilibrata l'interpretazione di Manfredi nella parte del grigio e frustrato impiegato.
Se il soggetto ricorda inevitabilmente Sogni proibiti, non si può certo negare che anche Manfredi sia stato d'ispirazione (la scena della vestizione prima di andare in ufficio è praticamente identica a quella di Fantozzi). La satira sullo "spirito aziendale" è paurosamente attuale e la Rossi Drago è davvero brava, oltre che insospettabilmente bella, almeno fino agli ultimi minuti quando sveste i panni della severa ispettrice e si mostra in provocante lingerie. Film che nonostante qualche battutina di troppo regge bene i suoi anni e intrattiene.
Dipendente pubblico del ramo immobiliare ha una doppia vita fatta di sogni. Quella che a prima vista sembra la classica commedia che prende in giro i lavoratori fannulloni, diviene man mano più sofisticata. Il personaggio di Manfredi è più ammaliatore che furbo e la parte onirica (piuttosto fantasiosa) non è solo un riempitivo. Discrete le presenze femminili, che danno più d'una sfumatura oltre all'evidente bellezza. Conclusione che riporta i vari personaggi nella loro dimensione ordinaria.
MEMORABILE: La doppia timbratura; Il delitto perfetto; La seduzione alla Rossi Drago.
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La rappresentazione teatrale del "Re Lear" alla quale assiste Nando (Manfredi) non fu realizzata appositamente per il film. Le scene furono girate durante una vera rappresentazione, molto probabilmente svoltasi al Teatro Parioli di Roma, il cui nome compare sui manifesti all'ingresso, assieme a quello del principale attore in scena, Gino Cervi, che viene effettivamente inquadrato sul palcoscenico nelle vesti di Re Lear. Da notare che il figlio Tonino Cervi fu il produttore di questo film
Me lo fa pensare che quasi nessuna filmografia di Cervi lo segnala tra gli attori. E poi c'è di mezzo anche il figlio produttore. Dovevano fare un film con una rappresentazione teatrale - scena di pochissimi minuti - e hanno preso la prima che avevano sottomano, visto che l'attore principale ce l'avevano in casa. Poi all'interno del foyer del teatro sono appese delle locandine sulle quali si legge chiaramente i nomi "Re Lear" e "Gino Cervi"
DiscussioneZender • 25/11/14 20:31 Capo scrivano - 4 interventi
E' probabile che sia così, ma non possiamo averne certezza.
L'impiegato è un film nel quale avevo riposto ottime aspettative ma che, sostanzialmente, mi deluse parecchio. L'ho visto in dvd 7-8 anni fa e ricordo che mi tediò notevolmente. Non lo trovai interessante forse perché mancava di un preciso centro di interesse. Gianni Puccini ha diretto dei buoni film (io prediligo Carmela è una bambola) ma nessuno autenticamente memorabile e ritengo che la sua fama sia sopravvalutata, mentre quella di altri registi, es. quella di Antonio Pietrangeli, ingiustamente sottostimata.
C'est la vie...