Note: La serie è ispirata alle memorie di Piper Kerman "Orange Is the New Black: My Year in a Women's Prison" e ha debuttato l'11 luglio 2013 sul network Netflix.
Sembra partire l'ennesima woMEN in prison; solita vita dura e tutto il resto, ma qui a farla da padrone sono le ladies fra amoreggiamenti saffici, Maialbaffo e bigotte guardie. Gli episodi restano, piacevolmente a metà strada fra l'aspetto umano e una nota di ironia che imperversa nell'episodio. Si ricorre al solito escamotage dei flashback per delineare le varie detenute che ruotano attorno a Piper, regina dello show (pur senza corona). Co-protagonista parziale il Biggs di American pie. Cast al femminile ottimo.
MEMORABILE: "Pennsatucky" Doggett, eroina pro-vita; Pornstache Mendez convinto di esser oggetto sessuale delle fantasie delle donne; La sigla di Regina Spektor.
Serie carceraria ben scritta e recitata, frizzante e dolceamara, interamente votata all’universo “femminile”. La vita di Piper Chapman e le sue compagne/nemiche di prigione sviluppata coi toni leggeri della commedia di crescita e formazione, ma sempre con un irrinunciabile velo di realismo drammatico nel quale le difficoltà nonchè il limbo di solitudini, dubbi, fragilità e pericoli in cui sistematicamente ci si ritrova, sono rappresentati in modo adulto e partecipe. Molto buoni i character non solo comprimari ma parti integranti dell’intero serial.
L'ambientazione della serie in un carcere femminile, con un impostazione quasi da interno teatrale, permette di apprezzare l'approfondimento dei personaggi, la cui psicologia è molto curata, le dinamiche interpersonali e i dialoghi; il tutto stemperato dall'ironia che permea la vicenda anche nelle fasi maggiormente drammatiche. Buona la scelta degli attori, senza che nessun personaggio prevalga nettamente sugli altri. Bello il tema musicale iniziale. Una buona serie.
Merita tutti gli elogi che si sono letti in giro, questa serie. L'originale argomento consente un approccio in cui le vicende quotidiane delle detenute costituiscono con il loro passato un mosaico di rara umanità e intensità narrativa. Personaggi memorabili e delineati bene, ciascuno in bilico tra il bene e il male (chi più da questa parte), ciascuno in lotta contro le proprie contraddizioni e un'identità che paradossalmente la forzata mancanza di libertà personale sembra far emergere. Notevole!
MEMORABILE: la "lotta" tra il secondino Mendez e la cuoca Red.
Credo che se ci si mette a produrre una nuova serie televisiva, ci sia bisogno della presenza di qualcosa di innovativo. Nulla di ciò si registra in questo "Orange", ambientato in una prigione femminile in cui le guardie sono stranamente tutti uomini e le protagoniste lesbicano malamente e con poca fantasia. "Non siamo a Oz", dice il direttore alla nuova arrivata Piper e ce ne si accorge ben presto. Superficiale aggravato da presunzioni di introspezione psicologica, con falshback spesso poco interessanti, annoia. Buone le protagoniste.
Insomma: comincia anche discretamente (diciamo le prime due stagioni) ma già dalla terza si comincia a seguire per forza d'inerzia. Il punto più innovativo è il cast principale, quasi interamente al femminile (i maschi stanno lì a disonor mostrare): per il resto chi è abituato al nobile filone carcerario finirà, se non per sbadigliare, quasi. Le dinamiche tra i personaggi sono infatti spesso già viste e lo stratagemma del flashback funziona a tratti, finendo per esaurirsi in qualcosa di dovuto invece che necessario. Bravine la Schilling e la Mulgrew.
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Episodio 1: L'assistente Healy conforta la newbie Piper sul fatto che la vita in carcere non è come Oz.
Piper, parlando col suo fidanzato Larry, si fa promettere da lui di aspettarla a vedere Mad Men in tv (promessa che ovviamente questi non manterrà come si vedrà nei fotogrammi successivi).
*** Le ragazze minimamente sorvegliate ci spingono sempre più verso un nero umorismo fra soprusi, delitti e “cospirazioni”. Il clima si surriscalda nelle classiche divisioni carcerarie: latine, white power, ghetto, in un’escalation di umori bollenti. La farsa nella farsa è ben retta sulle spalle di Piscatella ed il suo gruppo di eterogenei carcerieri senza preparazione e dignità come fossero marce costole del vecchio MaialBaffo. La serie ha ancora appeal e ben miscela i momenti comici a situazioni con maggior coinvolgimento sentimentale. Il quadro finale continua a mostrare un sistema carcerario tanto grottesco quanto non poi così farlocco. Finale bollente. (Redeyes)
DiscussioneZender • 5/06/17 09:19 Capo scrivano - 47799 interventi