Nonostante un incipit che recupera (in 3d!) l'originale del '74 riassumendone i momenti più significativi per agganciarsi al finale di allora e immaginandone un seguito, questo ennesimo massacro texano guarda piuttosto al remake moderno targato Marcus Nispel, ignorando il contesto sociale in cui Hooper si muoveva. Si focalizza l'attenzione sulla figura di Faccia di pelle, sopravvissuto al rogo appiccato alla casa della "famiglia" da un gruppo di villici in vena di giustizia sommaria. Oltre a lui, dalla carneficina si salva anche la sua cuginetta appena nata, che ritroviamo...Leggi tutto una ventina d'anni dopo adottata da uno dei responsabili del rogo e pronta ad ereditare la villa di nonna scoprendo così chi siano i suoi i veri genitori. La classica ragazzetta iperpopputa dal fisico mozzafiato (d'altra parte Jessica Biel fu uno dei motivi del successo del remake del 2003) arriva così in villa coi suoi tre amici e un autostoppista, e chi ci trova? Il cuginetto killer, che parte colla prevedibile mattanza a colpi di sega elettrica (ripresa in 3d il suo effetto lo fa) dando finalmente il via a un film fin lì inutilmente attendista. Faccia di pelle diventa un novello Voorhees/Myers che insegue tutti, spunta quando meno te l'aspetti e non lesina in ferocia: corpi segati in due, mannaiate a destra e a manca, gente appesa ai ganci da macelleria secondo una tipica usanza della serie... Lontano dal possedere lo stesso senso estetico e il talento fotografico di Nispel, John Luessenhop cerca comunque di arricchire la messa in scena sfruttando l'indubbio fascino delle ambientazioni, abbandonando definitivamente ogni contatto con la forza rozza e iconoclasta dell'originale per inseguire vie più moderne e battute, arricchendo l'insieme con un 3d che sensazionale non è ma qualcosa aggiunge. Fortunatamente la sega fumante nella notte, i cupi scenari al mattatoio e la ferocia del personaggio consentono di assistere a uno spettacolo decoroso, diretto senza troppi fronzoli e teso al punto giusto. Ruffiano quanto basta anche dal punto di vista della componente sexy (insistiti primi piani sui fondoschiena perfetti delle ragazze, abitini succinti, maschi muscolosi e prestanti), non deluderà chi è disposto a dimenticare i motivi che portarono il film di Hooper a cambiare il cinema horror. Certo, il finale scade nel ridicolo, ma nel contempo assistiamo a una tritatura umana "live" e ad altre amenità che così in graphic details non lasciano indifferenti.
La parte più riuscita è anche quella più ruffiana, l’incipit è una dedica all’irripetibile originale di hooperiana memoria; dopodiché veniamo catapultati in quello che è un horror senza infamia né lode, che serra i tempi e tenta il più possibile di scrollarsi di dosso l’aura teen, cosa che non sempre riesce e alcune banalità sono evidenti. Da premiare il risvolto “famigliare” più marcato rispetto ai numerosi rifacimenti, tra cui continuiamo a preferire l’Inizio perché il più nichilista e spietato, esteticamente smagliante e con personaggi migliori.
Non nascondo che l'incipit, con le sequenze salienti del prototipo e poi la ripartenza dal punto in cui era terminato, con un eccellente ricostruzione scenografica, mi ha emozionato; quando poi l'azione passa a 20 anni dopo le cose scorrono su binari non dissimili dai due recenti remake. Ci sono azione, gore a volontà, qualche spavento va a segno sicuramente; a non convincere è una sceneggiatura con buchi enormi e assurdità di vario genere, che vanificano ogni realismo iniziale. Curiosa la parentesi "sentimentale" in chiusura, seppur non convinca.
MEMORABILE: L'incipit; Il tizio segato a metà "live"; I cameo di alcuni attori dell'originale del 1974.
Si parte come nell'ultimo Venerdì di Nispel, ovvero rimostrando i punti salienti e il finale dell'originale di Hooper, per agganciarsi direttamente a quella scia. La storia è un po' fiacca, troppo immediata e non c'è nulla che non sia ampiamente prevedibile (anche il finale), ma la confezione è abbastanza buona, c'è qualche scena particolarmente truculenta e i personaggi sono più approfonditi del solito. Peccato che della famiglia siano rimasti solo Leatherface e sua cugina. Superfluo il 3D, ma vedibile.
Il film inizia da dove finisce il capostipite (1974); l'intento di John Luessenhop, dunque, è quello di farcelo passare come sequel; prendiamolo per buono. Quest'ennesima versione (stavolta con l’aggiunta del modaiolo 3D) nulla aggiunge a quanto già visto ma è un discreto horror sanguinolento dal sapore vagamente vintage (la componente "teen" aggiunta allo splatter è un classico nel cinema yankee). Se la sceneggiatura barcolla, quello che regge sono il ritmo sostenuto e un finale notevolmente inaspettato.
Non avendolo visto in 3D non posso sapere quanto abbia influito sulla qualità di questo prodotto filmico. Certo è che in 2D ciò che viene proposto è un arduo tentativo di dare ancora un perchè al filone, ormai da tempo boccheggiante (2003 a parte). Il risultato comunque non è deltutto negativo; e qua e là c'è ancora qualcosa di accettabile, nonostante la deliziosamente marcia atmosfera del capostipite sia ormai un lontano ricordo. Il vero problema è che, soprattutto nel finale fantascementifico, si scade troppo nel ridicolo involontario, minando anche lo sforzo fatto per dare un senso al tutto.
MEMORABILE: La protagonista: "Da dove vengo io?". E il genitore "adottivo": "Tu vieni da una montagna di merda"; La fine di una vera e propria "pasta d'uomo".
L'atmosfera malata da provincia arretrata e bifolca è andata quasi totalmente a farsi benedire (rimane giusto in qualche personaggio), ma nonostante ció la saga ha ancora qualche cartuccia da sparare: la terza dimensione ha infatti il suo perchè e regala decorosi momenti cinematografici. Ovvio, il regista non è Nispel, ma il mezzo lo sa muovere con discreta abilità. Da segnalare lo straordinario incipit e qualche scena da pura macelleria. Il cambio di prospettiva rende meno chiaro il confine fra il bene e il male. Si vede con piacere.
Il bell'incipit, omaggiante il capostipite della serie, lasciava ben sperare. E invece l'atmosfera malata del modello non esiste più ed alla fine ci si trova davanti al solito filmetto horror con qualche gustoso momento splatter (più della media) e che si lascia seguire grazie ad un discreto ritmo ma che non convince ed entusiasma più di tanto. E l'epilogo che vorrebbe essere un colpo di scena ma è solo ridicolo, fa storcere non poco il naso. Probabile che il 3d possa permettere di fruirne meglio.
Al netto del tentativo abbastanza patetico di avvalorare uno status sociologico di vittima alla famiglia sawyer (certo, sono dei birichini, macellano e squartano esseri umani, ma che volete? sono dei poveri diversi emarginati e discriminati dalla comunità...), il film scorre con ritmo impeccabile, pur proponendo situazioni già viste, ed anche piuttosto improbabili. Ma temo che la saga sia del tutto svilita soprattutto nell'affollarsi di sequel, prequel e post-prequel con cento varianti che ne confondono il senso e lo spirito originario.
Ennesimo capitolo del franchising della saga hooperiana. Questa volta si tenta la carta del 3D e si riparte cronologicamente dal finale del capostipite facendo piazza pulita di tutto il resto. Purtroppo la messa in scena è fin troppo laccata e la sceneggiatura banale e telefonata (con insensatezze varie) e delude nel tentativo di umanizzare il personaggio di Leatherface. Punti a favore sono le generose dosi di emoglobina e le grazie delle protagoniste. Inutile il 3D.
Cosa sarebbe, un reboot del sequel? Di certo è uno stupro intellettuale delle tematiche di Hooper. La sceneggiatura, tra un inizio ben girato ma pasticciato a livello di personaggi e continuità e un sacrilego finale con ruoli sociologicamente invertiti, fa pietà; gli attori, se escludiamo i grandi occhioni verdi (e non solo quelli) della Daddario, non sono da meno. C’è un po’ di sangue, ma è accoppiato, a livello di look e resa visiva, al peggior Leatherface visto; forse sono troppo tradizionalista e retrò, ma per me è un’operazione fallita.
Facendo tabula rasa di sequel (e prequel), per ripartire da dove finiva l'originale (evocato nell'incipit) Non aprite quella porta 3D riesce a calarci in una tetra atmosfera, colpendo nel segno con trovate al limite del geniale (la sequenza al Luna Park è qualcosa di davvero inatteso e incredibile). Il gore è copioso ma funzionale alla storia e se solo il finale si fosse mantenuto sul livello della prima ora di film... ci saremmo trovati di fronte a un horror perfetto. Ottima la regia, la scenografia e valide le interpretazioni. Notevole...
A furia di pelar sequel, remake e preboot, il titolo è diventato una vera e propria barzelletta paesana, ancor più che una supplica ad perpetuam memoriam dello stimato progenitore. Non erano poi tante le idee di sceneggiatura se già metà del film si riduce a fotocopiare e intramezzare ad hoc scene appartenenti all'originale, tra autostoppisti/gaglioffi, congelatori umani e paratie scorrevoli ben oliate. Un teen-horror largamente ingenuo, approssimativo, cronologicamente sfasato, discordante e inverosimile (lo sceriffo che lascia a piede libero il motosegaiolo pazzoide). Richiudete quella porta.
MEMORABILE: Incongruenze temporali: nel film c'è un iPhone, il che data gli eventi tra il 2007 e il 2013 ma la protagonista dimostra meno di 25 anni, non 34 e più...
Basta vi prego. Perchè accanirsi su un paziente ormai al di là dall'essere moribondo? Della saga iniziata da Hooper non rimane quasi più nulla, il male gratuito e senza spiegazione era uno dei punti di forza del prototitpo e contribuiva a creare un'atmosfera malsana e psicotica. Qui abbiamo un film a uso e consumo della moda del 3D con la motosega protagonista di pop out per divertire i ragazzini e con incongruenze temporali che manco un Terminator sotto acido. Discreti la confezione e il gore ma per cortesia, chiudiamola qui.
MEMORABILE: Il tizio appeso a un gancio e poi segato a metà.
Prima di tutto non si può chiedere a chi viene dagli Eighties di accettare che Leatherface diventi buono o quasi. I cattivi devono restare cattivi, al di là di tutti i buonismi. A parte questo la delusione maggiore è che veramente non ci si spreca a ideare qualcosa di nuovo: soliti teen da massacrare, solita location, soliti omicidi, solita motosega. Assenza però totale di quell'atmosfera delirante dei primi classici hooperiani e ritmo piuttosto fiacco. L'ennesima operazione remake stavolta fallisce; aspettiamo ora un Freddy amico dei bambini...
MEMORABILE: La parte iniziale in cui si cita il capostipite della serie: quello sì un capolavoro...
Il 3D del titolo la dice lunga sulle reali intenzioni dell’operazione significando una scelta alquanto commerciale e inammissibile per una pellicola del genere e dando l’idea di quanto ci si sia allontanati dall’idea originale. Per buona parte ci si annoia poiché la sensazione di déjà vu è più di una certezza. Successivamente qualcosa prova a cambiare, ovviamente senza che avvenga nulla di clamoroso. Scompare il confine tra buoni e cattivi e si finisce col supportare il Leatherface più “umano” dell’intera serie. Vedibile, ma nulla di memorabile.
Sequel, remake, reboot! Ormai questo film lo propongono puntualmente in tutte le salse possibili e immaginabili. E va bene che è stato un capostipite ma magari è pure ora di andare oltre. Non che la qualità di questa pellicola sia proprio pessima. Ha anche qualche buon momento di sano splatter misto a horror. Ma il fatto che sia ancora Leatherface a dover spaventare lo spettatore è assolutamente anacronostico. Come mettere Tom Cruise/Maverick a pilotare un bombardiere stealth di ultima generazione. Cast non eccezionale ma funzionale.
MEMORABILE: Lo "squalo" in funzione; Segato a metà.
Incipit folgorante che mette in stereoscopia, con senso grafico e materico, le sequenze clou del capostipite: poi l'effetto 3D si smonta, limitandosi a infilare la motosega nel salotto di casa. Luessenhop si riconnette al clima hooperiano incuneandosi nel tema familiare e trasformando prima i Sawyer in vittime del giustizialismo pubblico quindi Leatherface in eroe privato. Conseguente e spartano, zoppicante nella scrittura, ma piuttosto generoso nello splatter, prende lo spettatore per il verso giusto, senza strafare. Alexandra Daddario, nipotina fashion cannibalica, convince.
È la notte di Halloween. Texas, siamo negli anni 2000 e il massacro della motosega sembra essere diventato solo un ricordo folcloristico. Il film ricalca a malapena le atmosfere dell'originale (a parte il bellissimo incipt e il cameo di Marilyn Burns) e i personaggi, tutti troppo bellissimi, sono di una stupidità talmente inaudita che viene quasi naturale tifare per il "terribile" Leatherface. Buoni momenti splatter e ritmo serrato. Tutto sommato, funziona.
Considerando il capitolo 2 hooperiano, serviva un altro sequel diretto? No, specie se è un ipocrita j'accuse del giustizialismo USA, con Leatherface e la sua famiglia di schifosi fatti passare grottescamente per vittime innocenti del popolaccio (salvo poi trasformare proprio Leatherface in giustiziere privato: condoglianze alla coerenza). Odioso e inverosimile il cambiamento della protagonista, che in tre secondi s'affeziona a chi ha fatto a pezzi i suoi amici. Forse c'è qualcosa di peggio di un horror moralista senza ironia, ma ora mi sfugge.
MEMORABILE: Il twist sul personaggio di Scott Eastwood; Le camicette della Daddario (e ciò che cercano di contenere).
La saga aveva mantenuto una sua dignità seriale, poi il bel remake ha dato il via a una nuova era horror e con essa ad altri film del franchise; questo ha la particolarità di essere un nuovo numero 2 con tanto di linea temporale alternativa. Non è male, se si escludono i pessimi effetti in cgi nella macelleria. Ma non è nemmeno un capitolo imprescindibile; lodevole la scelta di battere una strada differente con la parentela, ma va detto che l’inespressività del cast tutto non giova alla buona riuscita del progetto. Evitabile.
MEMORABILE: Il finale, folle, stupidotto ma divertente.
Inizia esattamente dove finisce il cult di Hooper, salvo poi spostare la scena quasi subito a circa 25 anni dopo. Il film di per sé non è affatto male: confezionato bene è anche divertente, con tanto sangue e un buon ritmo; ha solo il grande difetto di essere poco credibile come sequel diretto del film del 1974. Lo stesso finale non è male, è solo un po' troppo prevedibile. Funziona invece bene la bella Daddario nella parte della nipotina. Senza infamia e senza lode.
Sequel diretto dell'originale del '74 con qualche variazione che ignora bellamente la continuity. L'idea di partenza non era malvagia (Faccia di Cuoio rimasto senza famiglia), ma il quadro complessivo è piuttosto banale. Leatherface senza un apparato familiare a sostenerlo sembra un Jason qualunque con la motosega e la sua parentela con la protagonista lo avvicina in qualche modo a Myers. Interessante ma poco convincente il ribaltamento di ruoli nella seconda parte, con Leatherface improbabile "eroe". Onesto il gore. Vedibile per i completisti.
MEMORABILE: Leatherface segregato nel "castello" come il mostro di Castle freak; Il tizio appeso e segato a metà; La simpatica scenetta dopo i titoli di coda.
Filtrare dal passato al presente eliminando accuratamente gli afflati eco-sociali per dare spazio ai morbosi rimasugli familiari. Il progetto di John Luessenhop è (di)chiara(ta)mente troppo ambizioso, ma l’idea di regalare nuova luce al mito risuona sia come un piacevole ritornello che come un doveroso rituale. Notevoli le impennate splatter, convincente la prova della Daddario.
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B. Legnani ebbe a dire: Note: Sequel diretto del primo omonimo film di Hooper (1974).
Cosa significa "sequel diretto"?
Tutti i sequel di Non aprite quella porta (2, 3, 4) ripartono dal primo film di Hooper, ignorando quanto avviene nei precedenti capitoli. Il film di Luessenhop, pur essendo di nuova generazione, ha in più la particolarità di ignorare anche il remake di Nispel e il suo prequel, e di riconnettersi direttamente - appunto - al capostipite del '74.
Rebis ebbe a dire: B. Legnani ebbe a dire: Note: Sequel diretto del primo omonimo film di Hooper (1974).
Cosa significa "sequel diretto"?
Tutti i sequel di Non aprite quella porta (2, 3, 4) ripartono dal primo film di Hooper, ignorando quanto avviene nei precedenti capitoli. Il film di Luessenhop, pur essendo di nuova generazione, ha in più la particolarità di ignorare anche il remake di Nispel e il suo prequel, e di riconnettersi direttamente - appunto - al capostipite del '74.
Ho capito. Francamente credo che in Note la cosa vada spiegata un po' meglio.
Buiomega71 ebbe a dire: B. Legnani ebbe a dire: Note: Sequel diretto del primo omonimo film di Hooper (1974).
Cosa significa "sequel diretto"?
Che si riallaccia direttamente al capostipite non facendo conto dei sequel realizzati?
Esatto. Ora ho capito.
DiscussioneRaremirko • 14/04/20 20:22 Call center Davinotti - 3862 interventi
Rebis ebbe a dire: B. Legnani ebbe a dire: Note: Sequel diretto del primo omonimo film di Hooper (1974).
Cosa significa "sequel diretto"?
Tutti i sequel di Non aprite quella porta (2, 3, 4) ripartono dal primo film di Hooper, ignorando quanto avviene nei precedenti capitoli. Il film di Luessenhop, pur essendo di nuova generazione, ha in più la particolarità di ignorare anche il remake di Nispel e il suo prequel, e di riconnettersi direttamente - appunto - al capostipite del '74.
Raremirko ebbe a dire: Rebis ebbe a dire: B. Legnani ebbe a dire: Note: Sequel diretto del primo omonimo film di Hooper (1974).
Cosa significa "sequel diretto"?
Tutti i sequel di Non aprite quella porta (2, 3, 4) ripartono dal primo film di Hooper, ignorando quanto avviene nei precedenti capitoli. Il film di Luessenhop, pur essendo di nuova generazione, ha in più la particolarità di ignorare anche il remake di Nispel e il suo prequel, e di riconnettersi direttamente - appunto - al capostipite del '74.
Anche il recente Leatherface fa così?
Quello è un prequel, di come tutto ebbe inizio
DiscussioneRaremirko • 14/04/20 21:01 Call center Davinotti - 3862 interventi
Buiomega71 ebbe a dire: Raremirko ebbe a dire: Rebis ebbe a dire: B. Legnani ebbe a dire: Note: Sequel diretto del primo omonimo film di Hooper (1974).
Cosa significa "sequel diretto"?
Tutti i sequel di Non aprite quella porta (2, 3, 4) ripartono dal primo film di Hooper, ignorando quanto avviene nei precedenti capitoli. Il film di Luessenhop, pur essendo di nuova generazione, ha in più la particolarità di ignorare anche il remake di Nispel e il suo prequel, e di riconnettersi direttamente - appunto - al capostipite del '74.
Raremirko ebbe a dire: Buiomega71 ebbe a dire: Raremirko ebbe a dire: Rebis ebbe a dire: B. Legnani ebbe a dire: Note: Sequel diretto del primo omonimo film di Hooper (1974).
Cosa significa "sequel diretto"?
Tutti i sequel di Non aprite quella porta (2, 3, 4) ripartono dal primo film di Hooper, ignorando quanto avviene nei precedenti capitoli. Il film di Luessenhop, pur essendo di nuova generazione, ha in più la particolarità di ignorare anche il remake di Nispel e il suo prequel, e di riconnettersi direttamente - appunto - al capostipite del '74.
Anche il recente Leatherface fa così?
Quello è un prequel, di come tutto ebbe inizio
Proprio come Non aprite quella porta l'inizio.
Si, ma Leatherface è stato realizzato dopo di Non aprite quella porta 3D
L'inizio sarebbe il prequel del remake nispeliano.
Raremirko ebbe a dire: Rebis ebbe a dire: B. Legnani ebbe a dire: Note: Sequel diretto del primo omonimo film di Hooper (1974).
Cosa significa "sequel diretto"?
Tutti i sequel di Non aprite quella porta (2, 3, 4) ripartono dal primo film di Hooper, ignorando quanto avviene nei precedenti capitoli. Il film di Luessenhop, pur essendo di nuova generazione, ha in più la particolarità di ignorare anche il remake di Nispel e il suo prequel, e di riconnettersi direttamente - appunto - al capostipite del '74.
Anche il recente Leatherface fa così?
Leatherface è prequel del film di Hooper (che ha partecipato al soggetto), mentre The Begining è prequel al film di Nispel.
DiscussioneZender • 15/04/20 11:44 Capo scrivano - 47778 interventi