Il viso pallido - Corto (1922)

Il nostro, versione cacciatore di farfalle, vien preso in una riserva indiana per uno speculatore ma, salvatosi dal fuoco, diventa il piccolo capo Paleface. Con la consueta lungimiranza cinematografica, Buster sta con gli indiani e contro i petrolieri maneggioni, parodiando uno dei generi d'elezione della Hollywood degli albori, il western. Al di là del soggetto tuttavia, le gag son più di grana grossa rispetto ai preziosi standard keatoniani. Un paio di frecce però (lo spiedo umano e il finale sessualmente allusivo con la squaw) centrano il bersaglio grosso.

Delizioso western in versione Keaton, ovvero: che succede quando un cacciatore di farfalle penetra giulivo nel campo degli indiani sul piede di guerra? La comica sta tutta in quell’impatto, assolutamente esilarante, con Buster che si aggira con la retina seguito dai pellerossa sospettosi. Poi il corto prende una piega meno fantasiosa, puntando più sull’avventura divertente (con il protagonista che diventa capo della tribù) che non sulla comicità stralunata, mostrando una qualità più narrativamente complessa, ma a scapito delle risate.

A Keaton (come a tanti altri grandi del cinema) basta poco più di mezz'ora per raccontare, facendoci ridere, cose importanti che ci fanno capire la sua gentilezza d'animo e la sua onestà. Qui si pone tra loschi faccendieri e ormai pacifici pellerossa (chiusi oltretutto in una riserva datagli, si presume, dagli stessi visi pallidi) come un innocuo e stravagante cacciatore di farfalle. Innocuo ma non scemo diventa infatti, addirittura, il loro capo. Non certo uno dei film migliori di Keaton, più rivolto al politico che non all'estetica.

Come un cacciatore di farfalle si insinua nella lotta tra petrolieri senza scrupoli e possidenti terrieri indiani. Tema caldo stemperato trattando i pellerossa in maniera ingenua e gli affaristi come perdenti. Non molte idee comiche nelle varie fughe, ma notevoli acrobazie sui ponti nel vuoto o nelle discese polverose. Divertente il piglio da bulletto di Keaton quando diventa il capo della tendopoli (con la fanciulla di turno inevitabilmente affascinata).

Un Buster "Balla coi lupi" inferiore alla sua media (eccelsa). Non mancano i motivi di divertimento, ovvio; questi, paradossalmente, risiedono nella faciloneria con cui si ritraggono indiani e bianchi sfruttatori: il manicheismo induce lo spettatore alla partigianeria più sfacciata per il protagonista e la simil Pocahontas. Notevole il tentativo mancato di abbrustolire il viso pallido (con il prigioniero che si sposta assieme al palo della tortura) e una generale arietta anarchica.

Non si tratta certo di una delle comiche migliori di Buster Keaton. Al giorno d'oggi risulta quanto meno inquietante che il protagonista si vesta di amianto per sopravvivere al fuoco; difficile, con la nostra consapevolezza, ridere di questo espediente, dato che anche tra gli attori ci sono stati molti casi di tumori dovuti all'esposizione a questo materiale tossico. Ciò che conta maggiormente è che già nel muto dei primi anni Venti si realizzassero film a favore dei nativi: Keaton si schiera contro lo strapotere e gli interessi delle società petrolifere.