Buona regia di Deodato, che tenta di scrollarsi di dosso la nomea di "Mister Cannibal" dirigendo un serrato ed efficace thriller.
Non è un whodunit in senso stretto, giacché lo spettatore vede agire l'assassino già nel primo tempo. La parentela tra questo film e l'antecedente Squartatore di New York (diretto da Fulci nel 1983) è tutta nella sceneggiatura: opera di Clerici e Mannino che, per l'occasione, hanno qua risfoderato il soggetto originale trasformato da Sacchetti ne Lo Squartatore.
Film piuttosto sconcertante, non tanto per la messa in scena, che denota una sicura professionalità (d'altronde Deodato non è certo un novellino) quanto per l'assoluta prevedibilità della trama che mostra tutte le sue carte fin dall'inizio senza riservare alcuna sorpresa allo spettatore. Per questo la visione della pellicola risulta piuttosto noiosa. Tuttavia va detto che Deodato ha fatto anche di peggio.
Una buona idea di base (scartata da Fulci qualche anno prima) per un giallo d'esportazione che vede il ritorno della Fenech dopo un lungo periodo di assenza. Il cast se la cava bene e comprende grandi nomi (che però allora si svendevano, vedi Pleasence), la regia è professionale ma si respira l'aria di un prodotto su commissione e mancano gli acuti. Guardabile.
Deodato dirige un bel giallo con un'ottima idea di base (inizialmente pensata per Lo squartatore di New York di Fulci). Notevole intepretazione di Michael York, matura e sensuale la Fenech (doppiata superbamente da Vittoria Febbi), qui alla sua ultima intepretazione cinematografica (Hostel 2 escluso); bravissimo anche Pleasence. Deodato dirige un giallo atipico, non tralasciando effetti di sangue e una certa tensione, buona la regia. Promosso a pieni voti.
MEMORABILE: "Dicono che la morte sia il gioco più crudele di Dio, ma io non la penso così".
Per il sottoscritto il capolavoro di Ruggero Deodato. Un thriller così sofferto non si era mai visto per tutti gli anni '80, una tematica (quella della progeria) mai trattata nelle pellicole nostrane. Forse è proprio la parte thriller quella che viene meno, tuttavia Michael York, Donald Pleasence e l'ultima volta della Fenech lavorano molto bene anche nel creare atmosfere gialle. Grande dramma umano per un film di un grande autore italiano: Ruggero Deodato
MEMORABILE: Il fotogramma del bambino-vecchio sull'altalena; Il carnevale di Venezia.
Un thriller giallo sbiadito che offre qualche sequenza interessante (il bimbo-vecchio, le telefonate di sfida, il finale in stile La mosca) e un paio di nudi (non la Fenech, già in fase di redenzione...) ma poca tensione, tanto è artificioso e diretto male. L'idea di fondo non è affatto barbina ma gli eventi sono telefonati, gli atti violenti grossolani, la fotografia troppo oscura. Pleasance e la Fenech sono lì perlopiù come nomi, mentre York se la cava discretamente.
La morte è la assoluta protagonista di questo thriller originale e drammatico. La morte che assale e divora, che non è solo il gioco più crudele di Dio, ma porta alla totale pazzia. Deodato crede nel soggetto ed è libero di filmare ciò che vuole, senza alcun compiacimento per i gusti del pubblico. Straordinaria è la metamorfosi di York. Un film molto poco comune, certamente non per tutti i gusti, tuttavia di grande pregio, penalizzato soltanto da una fotografia troppo scura e dal ritmo un po' blando.
Veramente grazioso questo thriller. Oiginale l'idea dell'invecchiamento precoce (una malattia simile purtroppo esiste realmente). All'inizio nel vedere gli effettacci con manichini che spruzzano litri di sangue farà storcere un po il naso, ma poi si rimette sui binari giusti. Castissima la Fenech, ottimi gli altri attori.
MEMORABILE: L'omicidio iniziale, il bambino-vecchio.
Da una buona trovata, un brutto film, molto televisivo, spesso sciatto o frettoloso, con attori di primo rango su livelli medio-bassi (incredibile Pleasence, che non ci crede neanche un po' e lo si vede lontano un miglio) e seconde linee davvero di basso livello. Cameo del regista alla stazione. Fotografia inspiegabilmente scura. Evitabilissimo.
L'idea non era male, soprattutto per far impazzire il povero commissario, che si trova nell'impossibilità di dare un volto, un'dentità precisa allo sfuggente assassino. Ma purtroppo, la costruzione è approssimativa e la psicologia del protagonista, solo abbozzata. Proprio i vari passaggi della sua singolare esistenza dovevano essere studiati meglio (era lì che si creava il mostro e non facendo solamente vedere il rapido scorrere della sua breve vita, pennellando qua e là qualche considerazione personale). Un'occasione persa per un prodotto filmico che risulta sì vedibile, ma nulla più.
MEMORABILE: "Dicono che la morte sia il gioco più crudele di Dio, ma non per me".
La devastazione psicofisica causata dalla progeria da cui è affetto il mimetico assassino e la sfida tra quest’ultimo e il commissario derivano dalla sceneggiatura di Clerici e Mannino per Lo squartatore di New York, che Deodato recupera per un thriller in formato elegante - la fotografia in penombra e le musiche di Donaggio – ma paratelevisivo, e per questo inibito nella tensione e penalizzato nella spettacolarità dei delitti. York aderisce al personaggio con forte personalità e senso tragico, specie durante le disperate confessioni con l’amico prete o con l’innamorata Fenech.
Tosto thriller del Ruggero nazionale, non per le immagini, seppur severe, ma per lo sconcertante cambiamento dell'assassino, tanto curato quanto dolorososo. Certo c'è poca ansia da ricerca del colpevole, che emerge quasi subito, ma a ben guardare non si poteva fare diversamente. La sua sfida con la polizia è crudele: il vantaggio gli consente di gestire il coltello per il verso del manico. È un fetente incattivito dall'egoismo, dal culto osceno della propria personalità. L'elemento patologico è devastante: Deodato continua a trattare argomenti insidiosi.
MEMORABILE: L'apprezzato accenno animalista del vecchio verso il cane: adesso sei vecchio e ti hanno abbandonato.
Colpo di coda di Deodato, che sul finire del periodo d'oro del cinema di genere italiano realizza questo bel thriller (con sconfinamenti nel drammatico e nell'horror). Impreziosito da un buon cast (su tutti York, Pleasence e la rediviva Fenech) e da eccellenti effetti speciali, il film è caratterizzato da un'idea interessante, ben sviluppata nonostante il killer venga svelato ben presto. Deodato garantisce una regia solida e professionale; la pellicola ha pathos e non manca di coinvolgere lo spettatore, mantenendo alta l'attenzione. Buono.
Buon thriller deodatiano dal vago sapore televisivo, ma che non lesina in efferatezze come ci ha abituato il regista di Cannibal holocaust. Gole squarciate con copiosi schizzi di sangue, vetrate sfondate "argentianamente", la prostituta uccisa con il ferro del paralume, York che decapita il suo maestro di kendo. Tese anche le sfide di York alla polizia, soprattutto quella nel parco, dove non è identificabile "grazie" alla sua malattia. Vaghi echi dalla Mosca cronenberghia, ma con una certa originalità. Ottimo il make up di Fabrizio Sforza.
MEMORABILE: Michael York, ormai cartaimpecorito, che si aggira nel parco ansimando; l'ammalato di progeria sull'altalena; il finale alla villa.
Thriller bolso nell'incedere, reso innocuo dall'impianto televisivo e dall'indagine poliziesca improbabile e sciatta; in più Donald Pleasence è completamente spaesato (inguardabile quando si sfoga in pubblico, inveendo contro il killer!). Buona la progressione drammatica del protagonista che pian piano sprofonda in una tragica disperazione per l'impossibilità di continuare a vivere, gonfio d'odio e di rancore nei confronti degli altri. Make up convincente che ricorda sicuramente La mosca cronenberghiana.
Tre diverse età (giovanile, adulta ed anziana) per un unico assassino affetto da progeria, mettono in serie difficoltà le indagini di un commissario di lungo corso. Thriller mal riuscito che vira verso il dramma esistenziale e che si avvale di buoni attori, sfruttati male e poco convinti essi stessi. Trucchi speciali non sempre all'altezza e una Edwige Fenech matura e decorativa fanno il resto.
Come abbia fatto Deodato (non proprio l'ultimo arrivato) a realizzare un film così inguardabile avendo a disposizione Pleasence, la Fenech, Venezia e il quartiere Coppedè, è difficile da spiegare. Sarà che amo il piacere infantile del whodunit, ma non sono riuscito ad appassionarmi a questa storia in cui l'identità dell'assassino è evidente fin dai titoli di testa. Deludente anche il reparto tecnico. Si arriva alla fine sbadigliando e guardando spesso l'orologio; non ci ricasco.
MEMORABILE: Il flashback in cui l'identità dell'assassino si palesa definitivamente (e che bisogno ce n'era?)
Dignitoso tentativo paratelevisivo di Ruggerone in un film permeato da un aura funerea che, forse un po' forzosamente ma con certa cognizione, si può associare alla crisi che il genere thriller/horror conosceva in quegli anni. Certo l'originalità del soggetto fa rimpiangere una costruzione del plot e delle scelte di casting (Pleasance e Edwige a mezzo servizio) ad alto rischio di piattezza; tuttavia la credibile interpretazione di York (in un ruolo in qualche modo "nemesi" di quello in Fedora) e gli apporti tecnici (trucco e musiche) valgono la visione.
Arrivato tardi rispetto al periodo d'oro del filone italian giallos, ma non per questo scadente. Deodato fa valere la sua esperienza costruendo un giallo atipico ma molto intenso e insolitamente drammatico, con punte di violenza notevoli. La Fenech, pur comparendo meno rispetto ad altri suoi film precedenti, è sempre bella e in parte. Ottimi gli effetti speciali, in particolare il trucco di York. Peccato per Pleasence, grande attore che però qui appare non a suo agio.
MEMORABILE: L'omicidio iniziale a suon di musica; L'intenso finale alla villa di notte.
Maldestro thriller para-televisivo di un Deodato ormai in declino. L’errore madornale scatta già a mezz'ora dall'inizio, quando ci viene svelato l'assassino (ma perché, a questo punto, non farlo dall'inizio?); da lì la vicenda si tinge di drammatico (si parla di una grave malattia degenerativa) con tanto di banale introspezione psicologica che, di fatto, toglie spazio alla tensione. Con un finale telefonato dal regista stesso... ci resta solo la noia! Delude anche Donaggio, con delle musiche impersonali.
Un thriller alquanto curioso, riuscito solo in parte. L'idea della malattia degenerativa con invecchiamento precoce dell'assassino è l'elemento migliore del film, che a parte questo vive di alti e bassi, con elementi buoni (gli omicidi, parecchio "argentiani" e sicuramenti ben curati) e altri da far cadere le braccia (l'interpretazione scialba della Fenech; lacune nella trama...). I migliori nel cast sono Donald Pleasence e Michael York. Tutto sommato ha un suo perché, ma non rientra tra i grandi gialli all'italiana.
Inizia come un thriller argentiano un po' fuori tempo massimo, ma poi assume toni decisamente drammatici (interessante l'idea della devastante malattia degenerativa) riuscendo a farci solidarizzare con il protagonista, malgrado l'efferatezza dei suoi delitti. La tensione viene parzialmente smorzata dalla confezione paratelevisiva, ma Deodato si conferma regista di discreto mestiere. Ottimi la prova e il make up di York, la Fenech era ormai in parabola discendente mentre Pleasence delinea con efficacia un commissario disorientato e irascibile.
MEMORABILE: Gli omicidi; Gli incontri con il bambino malato e con il cane; Le telefonate di sfida alla polizia; Il finale.
Un famoso pianista viene aggredito e offeso da una rara malattia degenerativa (senilità precoce e incipiente) e si trasforma in un killer seriale argentiano cavandosela nemmeno male (gli omicidi sono d'effetto) in questo oggetto para-catodico di Deodato post-Deodato con una Fenech post-Fenech e vari passaggi inclini al noioso (non per il gioco a carte scoperte ma per la forma in sé, che non riesce nell'evocazione di un'atmosfera plastica e di un narrato suggestivi). Non da buttare ma non mi ha convinto.
Deodato cerca di ridare fasto al thriller all'italiana servendosi di una storia originale e tutto sommato convincente, sceneggiata con garbo e senza grossi strafalcioni. A tratti si coglie la vecchia mano di Monsieur Cannibal con scene violente che vanno ben oltre lo standard televisivo dell'epoca. Fra gli interpreti bene York, leggermente sottotono Pleasence e la divina Edwige, che sembra non avere più la passione di una volta per il mestiere. Comprimari spesso svogliati, ritmo non elevatissimo e finale un po' arrangiato. Nel complesso buono!
MEMORABILE: Pleasence che grida per strada tra la folla esasperato dall'ennesima telefonata anonima.
Una mezz'ora iniziale di whodunit nell'alta borghesia perugina (con protagonista pianista seduttore, impersonato dal bravissimo Michael York), poi il colpevole è svelato e il film si trasforma in una dolente parabola sulla vecchiaia e sul disfacimento fisico, dalla veste thriller e dal sapore cronenbergiano. Progetto ambizioso e tutto sommato riuscito, forse il miglior Deodato extra-cannibal, che meritava però una confezione più ambiziosa di quelle offerte delle produzioni Reteitalia dell'epoca. Make-up riuscito, mostrato in modo temerario.
MEMORABILE: L'allucinata (anche per la fotografia accesissima) scena ai giardinetti, col "baby vecchio"; L'incontro tra York e Giovanni Lombardo Radice.
Un thriller poco comune, verrebbe da dire, poiché l’identità dell’assassino viene rivelata dopo appena una manciata di minuti. Difficile dopo una mossa del genere mantenere vivo l’interesse per il film. Gli sceneggiatori, invece, tirano fuori la carta che non ti aspetti in grado di dare un senso compiuto all’opera, puntando tutto sul versante psicologico e sull’efferatezza dei delitti, per i quali bisogna ammettere che Deodato se la cava discretamente. Pleasence appare compassato, ma glielo si può perdonare.
Un giovane pianista di successo scopre di essere affetto da una malattia che lo condanna ad un precoce invecchiamento. La disperazione lo porta alla follia omicida... Buona l'idea dell'assassino il cui aspetto e caratteristiche fisiche cambiano in continuazione rendendo difficili le indagini di polizia, ma la realizzazione risulta mediocre sia per le vistose incongruenze del racconto che per la confezione piatta e poco curata. Nel cast, York si impegna come può ma Pleasance appare svogliato e la Fenech si limita alla bella presenza.
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Grazie alla segnalazione di B.Legnani, in evidenza il cameo del regista, che inizia in perfetto stile Dario Argento, dietro una vetrata (visibile a 12' e 30" del film)
B. Legnani ebbe a dire: Undying ebbe a dire: B. Legnani ebbe a commentare: Cameo del regista alla stazione
Questo mi era proprio sfuggito...
Mi sai dire il punto esatto che allego l'immagine?
Quando la seconda vittima arriva in stazione, si vede un tizio oltre la vetrata, la cui sagoma la spaventa. È lui.
Non la ricordavo proprio: ho inserito qualche immagine nelle curiosità.
DiscussioneZender • 30/09/09 08:36 Capo scrivano - 47727 interventi
B. Legnani ebbe a dire: Zender ebbe a dire: Leggendo dalla curiosità di Undying mi rendo conto di quanto poco conoscessi il cinema anni fa. A me era sembrato un soggetto strepitoso, innovativo, capace da solo di salvare una realizzazione un po' poverella. Poi col tempo ho letto che c'eran stati Miriam sisveglia a mezzanotte, Lo squartatore.... Amara riflessione di un pivello...
Non crucciarti. Ho appena visto La moglie in vacanza... l'amante in città : la trovata miglior è un 6 appeso fuori dalla porta di un albergo che si ribalta, divenendo un 9, con ovvi scambi di persona. La stessa cosa c'è sicuramente in TRE UOMINI IN FUGA, ma chi ci dice che non era presente in un film ancora precedente?
Semmai (ma da giovani càpita) nel valutare un film, mai basarsi su una sola cosa: quel tuo *** è moooooooolto generoso... La trovata del 6 che dventa un 9 l'ho vista come minimo in 10 film in ogni possibile variante (dal foglio girato al numero colpito da qualsiasi cosa e che poi si ribalta). Non credo di aver basato tutto il mio giudizio positivo sull'idea, a me il film non era dispiaciuto, forse per l'atmosfera plumbea, per Venezia, per la Fenech in quel ruolo...
Quanto alla stazione di servizio mi hai convinto: dammi però una breve descrizione della scena lì in stazione di servizio così la mettiamo nel radar.
Zender ebbe a dire: Quanto alla stazione di servizio mi hai convinto: dammi però una breve descrizione della scena lì in stazione di servizio così la mettiamo nel radar.
Guarda, entro un mese dovrei andare a Trento. Mi allungherò a fotografarla.
Disponibile da ottobre il blu-ray Cauldron con doppiaggio italiano.
HomevideoZender • 13/11/23 08:59 Capo scrivano - 47727 interventi
Già uscito come DER TOD WARTET IN VENEDIG in Germania, il bluray del film, anche se chi ne scrive sui commenti di Amazon parla di qualità dell'immagine che cambia ogni secondo, da chiaro a scuro, da grana a non grana... Speriamo che la Cauldron lavori meglio.