The amphibian man - Film (1962)

A metà fra la Sirenetta al maschile e il Mostro della laguna nera, ecco la contrastata storia d’amore tra una ragazza e un uomo-pesce sullo sfondo di una pittoresca città di pescatori. La favola dà spazio a incursioni fantascientifiche, sentimentali, psicologiche (il rapporto tra il padre "creatore" e il figlio-esperimento) e perfino antropologiche (magari ricordando l’Ejzenstein messicano). Con una narrazione convincente, ancorché talvolta ingenua, ma soprattutto di vivida sensibilità visiva (e belle riprese subacquee).

Ambientato in Sudamerica ma girato in Azerbaijan, questa unione di fantascienza e romanticismo si dipana con piacevole fluidità fra paesaggi costieri e laboratori sottomarini, dinamismo e sentimentalismo, conflitti generazionali e analisi sociale. Il Romeo della situazione ha i tratti di un giovane e magnetico Korenev ed è in grado di respirare e muoversi liberamente in fondo al mare, espediente che ci regala suggestive riprese subacquee. Che Del Toro si sia ispirato a questo film per La forma dell'acqua?

Inclassificabile commistione tra fantascienza (il giovane anfibio è un mutante creato dal padre scienziato) e melodramma (l'amore contrastato per la bella Gutierre) che offre, en passant, altre letture: l'avidità come qualità umana insopprimibile (le perle) e la diversità quale condanna (la separazione finale) che sancisce due mondi incomunicabili. La chiusa pessimista redime qualche ingenuità anche se l'intera operazione gode di una sincerità sentimentale oggi non più replicabile. Dal romanzo omonimo di Aleksandr Belyaev (1928). Un'occhio glielo avrà pur dato Del Toro...