Note: Aka "The last circus" ma non "La ballata dell'odio e dell'amore". Leone d'Argento e Miglior Sceneggiatura alla 67 Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia. Aka "Ballata dell'odio e dell'amore".
Un'esplosione di crudeltà e colore per il nuovo film di uno dei registi spagnoli più acclamati: alla base una storia d'amore senza esclusione di colpi tra il pagliaccio triste e quello sorridente all'epoca di Franco, riesumando il tema classico della donna contesa. De la Iglesia diverte, tiene il fiato sospeso, commuove, cambia registro quando deve, condendo tutto in salsa pulp come piace a Tarantino, entusiasta alla fine della proiezione veneziana. Un turbinio di emozioni che spiazza per l'ironia grottesca cara alla filmografia del regista.
Dopo esiti non proprio briosi, a De la Iglesia torna la febbre altissima e con essa il suo alacre affastellare eccessi su eccessi, chili di sproporzioni con il senso dell'esagerazione barra megalomania che gli è proprio, centrifugando furiosamente più di mezzo scibile a costo di mandare in overload il fruitore: nel suo film più santasangriento e perditaduranghiano, il continuo stop-and-go dei discontinui registri narrativi se la gioca con sprazzi di incanto, la sciovinista corsa all'accumulo rischia di rendere tutto monocorde, noioso, cerebrale, freddo e separato dall'emotività della platea.
I primi minuti sembrano preludere ad un film "serio", ma ben presto si capisce che de la Iglesia continua a raccontare storie particolari e lo fa a suo modo, con uno stile folle e personale. E folleggiando folleggiando costruisce un gustoso fumettone pulp, pieno di inserti ironici e grotteschi, che può anche non piacere (non è proprio per tutti i gusti) ma a cui non si può negare un ritmo che si mantiene ininterrottamente alto per tutta la sua durata. Iperbolico ed ipertrofico, forse troppo. Ma lo spagnolo è così: prendere o lasciare.
Un tripudio di stile ed esuberanza, un virtuoso e incalzante addizionare sintassi, modi e toni. De la Iglesia gioca a flipper con i generi e li modella come il pongo, regalando al pubblico un qualcosa di iperdinamico e fascinosamente picaresco dall’umorismo corrosivo e dalla violenza pulpeggiante che scintilla giocando col grottesco e i personaggi pittorici che popolano questa favolona romantica e crudele - inserita dentro un contesto non banale ma forzato - con al centro l’amore (distruttore di anime) e il suo irrinunciabile bisogno.
Pellicola schizoide, che come un folle acrobata riesce quasi a stare in equilibrio tra assurdo-grottesco (le varie esagerazioni; il cane umano da riporto), drammatico (le conseguenze di odio e vecchi rancori) e comico-demenziale (il motociclista spericolato; l'elefantessa "buona" che mena e si era seduta sulla moglie del domatore...). I protagonisti sono in parte, il ritmo è pressochè costante; e i due rivali danno vita a uno scontro pulp, che finirà per coinvolgere anche il motivo della disputa. Il finale (pagliaccio allegro, pagliaccio triste) è degno di nota. Merita la visione.
MEMORABILE: Il colonnello, guardando il pagliaccio ferito, dice: "E questo avrebbe massacrato le mie truppe?". Il clown, da terra, gli sorride, spruzzando acqua.
"Se non fossi un clown sarei un serial killer". Naturalmente De La Iglesias intende avvalorare l'ipotesi fino in fondo. Lo fa in un quadro storico caricaturale - il franchismo, dagli albori al crepuscolo - in cui l'orrore e la mostruosità (come esemplificano i bellissimi titoli di testa) sono rigurgiti di una società soverchiata dal potere. Ma il clima è greve e, al di là della presunzione, la goliardia rimane fumettistica, l'accumulo frastornante, l'oltraggio retorico e la noia colpisce a tradimento. Fuori discussione la perizia tecnica. Stravisto il finalone da vertigine. Deludente.
Sorprendente film di De la Iglesia, la cui totale mancanza di freni inibitori (con eccessi sia a livello di trama che a livello registico) non basta a depotenziarne la carica esaltante e fascinosa, in grado di tenere incollati dal primo all'ultimo minuto per merito di personaggi fortemente e straordinariamente caratterizzati, di un ritmo vertiginoso e di una sceneggiatura ricchissima e mai banale. Ogni tanto si perde un po' il controllo del tutto, ma le emozioni per una volta piovono a raffica. Pur coi suoi difetti, imperdibile.
Chiaro che, in tale caos, si possa respirare un soffio di Fellini solo nell'ambiente misero del circo; poi è la mano greve, pesante di De la Iglesia, a menare le danze, con tutto quel che ne consegue. Sono gioie e dolori: sequenze affascinanti e altre che precipitano dal grottesco all'horror al fumetto che fanno smarrire al film la strada della credibilità. De la Iglesia accumula esagerazioni senza sosta e il grottesco necessario si tramuta in un fantsy gotico che dimentica lo scopo in balia dell'eccesso.
Fotografia curatissima e originale, registro che assume colori sempre diversi passando con facilità dal drammatico al comico, schegge impazzite di una violenza spropositata, sequenze stilisticamente perdifiato, fanno dell'opera di de la Iglesia un piccolo gioellino ingiustamente snobbato dal grande pubblico. Sentite e sofferte le prove attoriali, soprattutto quella della bellissima Carolina Bang. Un film assurdo e grottesco, che vale la pena di vedere anche solo per la perizia e la maestria tecnica di un regista che esprime al meglio il dono assegnatogli dal divino.
Variopinto, spiazzante, schizofrenico, provoca uno stordimento tipo quello del fanciullo eccitato in un negozio di caramelle. C’è anche del dolore e tanta sofferenza, sia storica che intima, ma a prevalere e a inzuppare è l’aspetto grottesco e compulsivo, con il risultato che il mix finale avvince e stordisce senza sosta se non forse in un finale dove il cerone si sfalda e risuona il tilt. Alzi la mano chi non ha desiderato di essere il pagliaccio personale di Carolina Bang.
Iniziano bene i film di de la Iglesia, peccato che - salvo rare eccezioni - poi si faccia prendere la mano da una voglia di stupire a tutti i costi con la conseguenza di mettere la palla al piede alla fiaba e denudare la metafora. Anche qui, dopo l'inizio promettente, c'è un accumulo di eccessi e stramberie che finiscono per stuccare, soprattutto perché alle maschere, pur suggestive, non corrispondono caratteri altrettanto definiti. Al termine, dopo il finale hitchcockiano, resta la sensazione di un grande talento visivo privo di rigore. Film comunque curioso, da vedere.
Le immagini d'apertura sono alquanto suggestive e ben predispongono a quanto verrà dopo ma, com'è tipico di De la Iglesia, il seguito è simile a un maxi super mega Big Mac: pieno di troppi ingredienti. Per quanto essi possano essere gustosi presi separatamente, assunti contemporaneamente risultano indigesti. Peccato, perché la cornice franchista era un'ottima idea, lo scenario disastrato perfetto, la contrapposizione, in una crescente sfida pulp, tra i due clown azzeccata e la mogliettina di de la Iglesia aveva una parte calzante. Too much.
MEMORABILE: I titoli di testa; L'asino zebrato; L'amplesso nel bar.
Non so se l'aspetto fisico, mostrato senza pudori, del grasso clown (Carlos Areces), in netto contrasto con la forza e la ferocia del suo agire, abbia una qualsiasi relazione con ciò che De La Iglesia abbia voluto dire, o semplicemente sia stato scelto perché era l'attore giusto. Difficile capire anche cosa De La Iglesia abbia voluto dire, tante cose ha detto, spaziando in diversi campi. Resta l'originalità dell'opera, che sfrutta, a man bassa e giustamente, tutto ciò che tecnologia e storia (del cinema) mettono a disposizione. Per certi versi notevole.
Ridi pagliaccio!? L’escalation di violenza sadomasochista del pagliaccio triste innamorato della bella acrobata è una sorta di disturbante esorcismo del franchismo: la follia del totalitarismo che nasconde la crudeltà sotto il perbenismo emerge prepotente nella bizzarra revenge-story che trasforma la realtà e i volti in buffe coloriture circensi e poi in puro horror pulp. E la lotta dei clown freaks e anti-felliniani assume contorni da disgustosa epopea del Male, tra citazioni storiche e filmiche. Eccessivo, ma impossibile restare impassibili.
Con la consueta abilità registica De La Iglesia ci racconta uno spaccato di vita personale mescolandolo con la dura realtà della dittatura fascista spagnola degli anni '70. La storia come al solito prende vita e vira in maniera inaspettata per lo spettatore che sorride e si intristisce al contempo di fronte alle miserabili avventure dei protagonisti, tutti scritti con intelligenza e sensibilità. Follia e lucida ironia, una narrazione impeccabile per un buon film.
Film manifesto del cinema di De la Iglesia: talento tecnico e visionario fuori dal comune abbinato a un gusto per gli eccessi grotteschi a rischio saturazione. 100 minuti di follia, con echi di Jodorowsky, estetica pulp, clown stragisti, un disperato triangolo amoroso circense: in alcuni momenti (prologo, finale, la parte al cinema) si vola talmente in alto che si riesce a perdonare qualche effetto digitale un po' dozzinale e un'ambientazione franchista un po' di maniera (le vicende sono piuttosto avulse dal contesto). Ottima la prova di tutto il cast anche nei ruoli secondari.
MEMORABILE: La splendida Bang contrapposta alle maschere martoriate dei due clown; Il padre di Javier nel prologo; Lo spettacolare finale; Javier armato di mitra.
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DiscussioneZender • 19/10/12 17:20 Capo scrivano - 47698 interventi
Senza articolo quindi. Vediamo se stavolta esce, speriamo. Ma esce al cinema o in dvd?
Zender non so che ne pensa Ghirlanda ma direi che "thriller" non è proprio il suo genere. Lo definirei "drammatico" nonostante l'esorbitanza generale :)
DiscussioneZender • 20/11/12 17:41 Capo scrivano - 47698 interventi
Vista la frequenza con cui passa Ghirlanda cambiamo, se poi vorrà dire qualcosa discutiamone pure.
DiscussioneRaremirko • 11/04/21 20:20 Call center Davinotti - 3862 interventi
Non il miglior De La Iglesia, ma comunque un film ispirato e riuscito; buoni interpreti (c'è anche il Segura dei vari film su Torrente), soliti momenti sgradevoli (tipo la deturpazione riguardo i volti dei protagonisti), buoni effetti speciali, buona ricostruzione storica.
A suo modo un elogio al circo e ai clown
PS: nei titoli di testa mi pare di aver intravisto la donna impalata di Cannibal holocaust!