Piccolo gioiello della fantascienza "poveristica" degli anni 80. Poche scenografie, pochi attori e un budget limitatissimo ne fanno un cult movie pregno di invenzioni narrative e angoscia claustrofobica. Lipstadt mette insieme il film da vero appassionato del genere, con sensazioni robotiche umane che vanno dalla gelosia all'innamoramento, dall'omicidio alla vendetta. Bizzarro e con schegge di follia inusuali e degne di nota. Finale davvero a sorpresa, che ricorda una scena analoga di Britannia hospital. Assolutamente doveroso il recupero.
MEMORABILE: Le immagini estratte da Metropolis; L'arrivo dei fuggiaschi spaziali alla base/laboratorio di Kinski; Il finale delirante.
Art-deco antiquato (scenografie retrò già demode neanche l’anno dopo) concorre a un coté atmosferico sulla tele-falsariga incorporante Spazio 1999, Project Ufo, Mork e Mindy, Buck Rogers e i videogiochi dell’Intellevision. Via Frankenstein e Metropolis, Lipstadt ci dice che è inutile conquistare lo spazio, ovunque vada l’uomo è una bestia, lezione suo malgrado appresa dal replicante protagonista. Con un piede nella staffa della buffoneria e l’altro in quella del grottesco, l'insieme è grazioso e simpatico, ma nulla che perfori il cuore, faccia scapriolar le sinapsi o lustri iridi e pupille.
Non un capolavoro, ma un buon film che ha diverse frecce nel suo arco. Kinski è un po' in ombra ma fa valere la propria esperienza, molto buona anche la prova del resto del cast. Per gli anni in cui è stato girato, gli effetti speciali sono più che discreti. Un po' lento e noioso nella parte centrale, si lascia apprezzare sopratutto nel finale. Per appassionati del genere e non.
Tre criminali in fuga approdano su una stazione spaziale dove uno scienziato dall'aria poco raccomandabile sta lavorando alla creazione di androidi indistinguibili dagli umani ... Fantascienza "povera" non solo di soldi, dato che la trama è approssimativa ed i dialoghi miseri. Però c'è un personaggio che salva il film dall'ignominia, ossia il tenero Max. Androide timido e goffo, bloccato in un eterna adolescenza, Max si comporta come i suoi omologhi umani, prova una crescente insofferenza verso il "babbo", passa troppo tempo a giocare, a guardare film e soprattutto a pensare alle ragazze.
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