Un grande film, intenso ed essenziale, lento ma trascinante, perfettamente bilanciato in tutte le componenti. Il tutto è condito con una sottilissima ironia che prende di mira l'instabilità di certi dogmi cristiani e il consumismo che si cela dietro ai vari pelligrinaggi, ma la regista sta ben attenta a non calcare troppo la mano e narra la storia senza prendere troppe posizioni, utilizzando uno stile piuttosto descrittivo (specialmente nella prima parte) ma non per questo poco emozionante. Grande finale. Assolutamente da non perdere.
MEMORABILE: Le gambe tagliate dall'inquadratura; il finale (con "Felicità" di Al Bano e Romina in sottofondo), ottimo ed essenziale.
Bel film della regista austriaca Jessica Hausner che realizza un'opera apparentemente rispettosa e devota nei confronti del tema trattato, in realtà decisamente scettica e sottilmente (ma poi non tanto) anticlericale. Con stile sobrio e misurato ma con assoluta precisione e senza sconti, la regista mette in luce il sottobosco assai poco pietoso e cristiano ma piuttosto turistico e commerciale di un celebrato luogo di culto. Magnifica la prova della protagonista, Sylvie Testud.
Ottimo film che affronta la realtà di Lourdes e di tutto ciò che le gira attorno, argomento sul quale è facilissimo scivolare da una parte o dall'altra. Jessica Hausner si mantiene invece con ammirevole equilibrio su un crinale molto sottile, raccontando e facendo muovere i personaggi, con cautela, senza per questo evitare gli scogli, ma anzi affrontandoli con determinazione e precisione, non enfatizzando e senza alzare i toni, ma creando salutari imbarazzi che inducono a libere riflessioni. Buona fotografia con luci e toni adatti. Bel finale.
MEMORABILE: Tutti gli applausi alla miracolata, o pseudo miracolata.
La Hausner realizza una personale riflessione laica su concetti come speranza, scetticismo, rassegnazione, dogmatismo ed invidia: tutti sentimenti umani che in "Lourdes" si alternano ritmicamente, senza tralasciare spazi vuoti. Un'opera di ghiacciata compostezza, distaccata, persino irrealistica nella sua asetticità esasperata. Le emozioni restano congelate in un rigore geometrico delle inquadrature di stampo quasi dreyeriano. Sylvie Testud fine e garbata. Unico miracolo inconfutabile del film: l'aver messo d'accordo critici laici e credenti.
MEMORABILE: Il finale ambiguo ma densissimo di significato profondamente cristiano, con in sottofondo le note di "Felicità" di Albano e Romina. Chiusa perfetta.
Girato con esemplare distacco (troppo?) dalla Hausner, è un interessante spaccato di un rito che coinvolge sei milioni di fedeli ogni anno e che è reso possibile da una formidabile macchina organizzativa. Se l'atmosfera dei luoghi è costruita bene l'ho trovato un po' semplice nei personaggi e nelle loro relazioni (anche se non evita le domande e la manifestazione di sentimenti negativi). Brava la Testud, anima semplice e che sembra capitata lì per caso.
Gran bel film questo della Hausner. Tratta con sobrietà ed attenzione, senza alcun tipo di qualunquismo, temi seri e difficili e mette in luce aspetti conosciuti, ma che alcuni si ostinano ad ignorare, di quello che è ormai un "fenomeno" religioso-commerciale. Riuscite anche le sottili stilettate ironiche. Glaciale e distaccato nello stile, non calca mai la mano e non dispensa certezze e verità ma lascia sospeso più di un punto interrogativo. Come nello splendido ed ottimo finale che si può prestare a più di una interpretazione.
MEMORABILE: Il finale con il sottofondo della canzone "Felicità".
Film francese programmaticamente freddo, che spinge a riflessioni non scontate sul senso della religiosità e, più in generale, sulla natura umana quando questa si trova davanti al dolore, alla sofferenza ed alla, eventuale, salvazione. Attraverso la storia di una giovane costretta su una sedia a rotelle, la regista ci fa entrare nella "holding" del miracolo di Lourdes: meschinità, piccole credenze, menefreghismo, l'invisibile, ma non per questo meno alta, barriera che divide chi soffre e crede con il cuore e chi quella sofferenza la sfrutta. Molto profondo.
Il luogo dei miracoli e della mercificazione del culto, dove si cerca la salvezza, la purificazione del corpo piuttosto che dello spirito. La regia di Jessica Hausner è rigorosa, un po' freddina ma indispensabile, piena di inquadrature fisse significative (sguardi, volti, gesti). Grande prova della minuta Sylvie Testud che tra una selva di meschinità, invidie e cinismi sembra la sola a capire che l'unica felicità costante viene da un equilibrio interno.
Film spiazzante Lourdes. Nell'approccio alla visione, da qualunque punto di vista critico-emotivo lo si inquadri, si è scettici vista la delicatezza e l'ostilità del tema e invece la nettezza delle immagini, la causticità delle situazioni, la straordinaria misura (vero terno al lotto azzeccato dalla Hausner) della messa in scena progressivamente contagiano abbacinandoci come davanti ad una illuminazione. La lezione e il debito Bunueliano sono palpabili. Personaggi abbozzati ma che restan scolpiti nella memoria. Folgoratevi sulla via di Lourdes.
MEMORABILE: La festa finale con la colonna sonora "italiana": Felicità su tutti. I siparietti delle due pettegole.
Le didascalie iniziali ci informano che, fra i vari riconoscimenti ottenuti, il film ha ramazzato lodi fra atei e cattolici, il che fa pensare ad un opera ambigua, cerchiobottista, ruffiana. Invece il pellegrinaggio al megastore dei miracoli della giovane donna paralitica, la sua presunta guarigione, i pochi attimi di felicità terrena di cui riesce a godere sono narrati pudicamente, con una messa in scena rigorosa e trasparente, venata da qualche lontana eco bunueliana. Finale crudele e "necessario", che riesce a far rivalutare pure Al Bano e Romina.
MEMORABILE: Sylvie Testud col suo cappellino rosso calzato sul capo, una tartarughina curiosa che vorrebbe uscire dal guscio che la imprigiona
Ormai è lampante, già dal suo 2° film, che la Hausner abbia un preciso stile (assolutamente non per tutti): asettico, glaciale, stoico ai limiti dell'immaginabile. E se in Hotel tale stile aveva guastato perché era, in quel caso, fuori luogo, il medesimo in Lourdes è invece proprio la carta vincente: paradossalmente, un film intenso proprio perché freddo ed antispettacolare, fintamente imparziale. Lascia emozioni che emergono solo dopo la fine. La Testud, ottimamente calata nel clima, è perfetta. Non per tutti, ma da non perdere.
MEMORABILE: La Testud, con gli occhi fissi al palco dove una suora canta al karaoke "Felicità", si risiede pian piano alla sedia a rotelle, rassegnata.
Jessica Hausner, con grande rigore formale, asciutto e pacato, scansiona le giornate e ci accompagna in un mondo caratterizzato da volti, sguardi e gesti pieni di significato. Un marasma cerebrale di sfaccettature e ideali, ben nascoste nella testa e sotto gli sguardi delle persone che popolano il santuario e l’albergo. Il suo sguardo è neutro, privo di giudizi, non vuole dare interpretazioni o spiegazioni, ma forse solamente suggerire allo spettatore uno stato d’animo, spingerlo a riflettere nel modo giusto sul senso del dolore e della religione.
MEMORABILE: Semplicemente straordinario il finale: incredibile come con poco o quasi nulla si riesca ad essere così potenti ed espressivi.
Un prodotto registicamente ad altissimo livello, la storia di una ragazza paralizzata che con un gruppo ecclesiastico va in viaggio a Lourdes, cercando nella fede un modo per guarire. Le caratteristiche religiose non sono martellanti ed è anche per questo che il film è godibile fino alla fine. Racconta qualcosa e lo fa con grande classe; diverse scene restano impresse nella mente e quanto a tecnica che recitazione siamo ad altissimi livelli.
Non a caso il film ha avuto premi da cattolici e atei: lo sguardo di Hausner sulla turistica Lourdes e sulla guarigione di una malata è senza fanatismi in una direzione o nell’altra, ma con un profondo senso di umanità e stupore. La stessa grammatica del film (camera fissa alla Haneke per cogliere stralci di realtà minimale) mostra il pudore di un mistero che è più nel cuore degli uomini che nella fede o nei miracoli. L’interpretazione di Testud moltiplica dolore e stupore, ipnotizzando il pubblico fino a un finale sospeso e folgorante.
Lourdes entra nel cuore del luogo attraverso il sangue che anima la grotta, i gruppi di pellegrini alla ricerca di una grazia; si insinua fin nei capillari, nei negozietti nati solo per far soldi ed infine torna all'origine mostrandosi per quello che è: ammalati in cerca dell'ultima possibilità, infermiere che espiano la loro malattia, curiosi miscredenti in gita turistica fra i dolori altrui, preti al "lavoro" con risposte ad "arte", gelosie tra ammalati, ecc.
Film che poteva cadere nella banalità più totale, ma che invece risulta scritto bene e per di più coinvolgente, a tratti. Jessica Hausner è un'ottima regista e appare evidente che il suo punto di ispirazione sia il regista austriaco Haneke.
Lourdes non tanto come luogo di presunte guarigioni miracolose, ma come grande albergo del turismo religioso in cui prenotano moltitudini di malati in cerca dell’ultima speranza. Senza mai spegnere i lumi della razionalità e della fede, la Hausner opta per un freddo quadro fotografico e un distacco documentaristico, registrando i riti nella grotta, le preghiere e le foto collettive di routine, le tresche fra i giovani volontari dell’Ordine di Malta, i dubbi dei pellegrini e la riflessione sul carattere paradossalmente inegualitario dell’intervento prodigioso. Antropocentrico.
MEMORABILE: La dissacrante barzelletta su Maria, Gesù e lo Spirito Santo in vacanza a Lourdes.
Ha vinto il Premio Signis (cattolico) e il Premio Brian (ateo), Lourdes: un paradosso di superficie, perché ne rivela l'intimità morale. Il microcosmo-Lourdes è governato dalle stesse logiche di ogni microcosmo: vi si addensano solo più miracoli. Jessica Hausner lo attraversa camminando sul filo del rasoio, mantenendo un prodigioso equilibrio tra dissacrazione e oculato rispetto per la ritualità, senza mai sciogliere dubbi, nodi etici ed esistenziale. Sopraffina la composizione delle inquadrature e l'uso dei colori. Le attrici esprimono il massimo dal grado zero della quotidianità: bravissime.
La regista austriaca dirige questo film mettendo in evidenza le contraddizioni e i cliché del turismo cattolico. Si vende la speranza di una guarigione, in una Lourdes dipinta come una Disneyworld del sofferente. La regista però non vuole dare delle risposte e mette ulteriore carne al fuoco con le domande ancenstrali del genere umano.
Ineccepibile è l'equilibrio tra fede e scetticismo col quale la regista procede in questo bel film. Non si tratta di una critica al turismo religioso, inevitabile per i numeri che deve gestire, ma riguarda la distonia oggettiva tra aspettative straordinarie e quotidianità. Il "miracolo" interessa una giovane che non si aspetta né pretende (e forse anche di tiepida fede); proprio questo può essere, forse, il messaggio del film: l'ineffabilità del disegno divino. Musica adeguata alle varie situazioni, da Bach ad Al Bano.
MEMORABILE: L'interpretazione della Testud; L'atmosfera sommessa e silenziosa.
Film a cavallo tra il sacro e il profano, che mostra con un occhio estremamente algido che definiremmo "documentaristico" la vita dei pellegrini nella cittadina francese di Lourdes, meta di devoti e invalidi in attesa di un miracolo. Lo scardinamento dell'istituzione avviene contemporaneamente all'avanzare dei minuti, anche se la regista non si sbilancia in nessun senso, raccogliendo consensi sia dagli atei che dai cattolici e anche nel mostrare l'evento miracoloso rimane tutto di una fredda, hanekiana rigidità. Impersonale, ma interessante.
Durante un pellegrinaggio accade un fatto inaspettato. Il tema è quello delicato dei viaggi della speranza, affrontato in modo neutrale. Tra i diversi aspetti ci sono i credenti che quasi "reclamano" un miracolo, i religiosi che parlano solo di salvazione delle anime e i pacchetti vacanza coi giorni preconfezionati. Stile asciutto che evita sensazionalismi o scene madri (anche se a volte ricade nel documentaristico), che non condanna nessuno e opta per la libera scelta di credere o no. Le affluenze di massa (come il merchandising) non vengono raccontate forse per evitare polemiche.
MEMORABILE: Il premio di "Pellegrino dell'anno"; La gita in montagna ma non per le carrozzelle; La foto di rito.
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Gestarsch88 ebbe a dire: Funesto ebbe a dire: Gestarsch88 ebbe a dire: Zender ebbe a dire: Grazie a te, figurati! E complimenti per la F naturalmente :)
Guarda caso poi quel livello F ce l'ho anche nella ditta in cui lavoro... :)
I miei complimenti, Gestarsch!
Grazie, Funesto!
Ricordati che attendo di sapere il tuo parere su Maniac, dopo che l'avrai finalmente visionato.
Guarda, giusto giusto prima stavo per dirtelo. Un ibrido fra asino e cavalla me l'ha consegnato al 94,1%, forse entro stasera riuscirò a vederlo...