L'ESTATE FRANCESE IN NERO
Che gran film che è
Guardato a vista, e che immenso regista che è Claude Miller!
Per tutti gli 84 minuti resta una tensione costante che si taglia con il coltello, in un kammerspiel crudele e spietato, praticamente tutto girato in un commissariato di polizia, un interrogatorio che prende sempre più i contorni di un gioco al massacro, tra il dissoluto ispettore di Lino Ventura e il notaio di Michel Serrault, con l'accusa infamante di aver strangolato e poi stuprato due bambine.
Di mezzo l'algida e marmorea Romy Schneider, che appare come una dark lady dal sangue gelido (non per nulla Miller la presenta in una stanza buia, citando il noir americano), forse l'elemento più gretto e "mostruoso" di questo tagliente e doloroso thriller da camera.
A parte la mastodontica recitazione, i dialoghi superlativi al cianuro, colpi di scena che gelano il sangue e una tensione crescente di minuto in minuto, la regia di Miller (aiutata dai bellissimi bagliori della fotografia dello zulawskiano Bruno Nuytten) non cede mai, virtuosistica e densa, millimetrica e certosina, che sfiora il capolavoro.
La steadycam che impazza dalle scale al bagno, i dolorosi flash con i cadaveri delle bambine, campi, controcampi, primi piani serratissimi, un corridoio, una porta socchiusa, il pestaggio di Serrault da parte del poliziotto Guy Marchand.
Non solo Tornatore lo terrà a mente per
Una pura formalità (anche se Miller batte Peppuccio 2 a 0), ma si avvicina, per angoscia e un atmosfera quasi insostenibile, al capolavoro lumetiano
Riflessi in uno specchio scuro(per l'estenuante interrogatorio, i sospetti che crescono, la larvata traccia pedofila di fondo).
Il sottotesto pedofilo e davvero disturbante, e Miller regala una delle scene più intense e raggelanti che siano mai state girate:
Il flashback della notte di Natale, con la Schneider che spia Serrault che gioca con la piccola Camille e la sua casa delle bambole, e lui le parla "
Come fosse una donna", gli occhi lucidi della bimba, l'atmosfera da fiaba nera, lo sguardo della Schneider, la lascività di Serrault, gran pezzo di cinema da annali dell'incubo.
Il finale, poi, arriva come una doccia fredda, tra cadaveri incellophanati di bimbe nascosti nei bauli e grida di dolore che difficilmente si scordano e la situazione (fin lì quasi certa) si ribalta, facendo sprofondare il film nel nero più nero.
Bellissimo, poi, il motivetto suonato da Georges Delerue.
Non ho visto il suo remake americano
Under Suspicion, ma questo è un piccolo capolavoro di gran cinema.