Boot camp - Il campo del terrore - Film (2007)

Si racconta dei campi di recupero di giovani problematici (ispirandosi a fatti realmente accaduti). Pur nei limiti di una produzione minore il film si lascia vedere. Il campo di recupero è collocato alle isole Fiji e la location è una specie di inospitale deserto sabbioso con il mare che ruggisce furioso a distruggere ogni idea di fuga. Un "quasi" dramma carceraio moderatamente interessante per il tema trattato.

Film da guardare senza troppe pretese. Il titolo può trarre in inganno in quanto si può immaginare qualcosa di spaventoso... in realtà si tratta di campi di recupero per giovani problematici sui quali non viene riservato troppo riguardo. La sceneggiatura (che pare essere stata tratta da vicende realmente accadute) non sarebbe male, ma l'interpretazione degli attori è da serie B. Scialbo.

Un argomento spinoso (i campi-lager di correzione per ragazzi) trattato in maniera superficiale e sensazionalistica. La pellicola (non certo aiutata da ste facce troppo ripulite e Hollywoodiane) regge per una quarantina di minuti, dopodichè si esagera, per non far calare l'interesse e non dare quella sensazione di ripetitività e di stereotipizzazione che invece monta come la panna. Peccato, perchè gli spunti c'erano, ma la pochezza registica e di sceneggiatura ha ridotto il tutto a un embrione che non si è mai veramente sviluppato. Mediocre.

Thriller con pretese sociologiche, il film di Christian Duguay parte da uno spunto piuttosto efficace. Anche l'ambientazione non è male. Purtroppo le potenzialità della storia vengono sprecate da una sceneggiatura poco interessante, una regia impersonale e soprattutto un gruppo di attori decisamente non all'altezza.

Si parla di campi di riabilitazione per giovani problematici e il terrore è prosaico e tangibile, tra violenze fisiche e psicologiche e continua claustrofobia a dispetto della location. Riusciranno i nostri eroi a fuggire da Camp Serenity? Probabilmente sì, ma il come e quando danno senso alla trama. Film imperfetto, con pretese di denuncia più pretenziose che altro e introspezione psicologica dei personaggi prossima allo zero, ma non disprezzabile.

Il boot camp è una sorta di lager in cui vengono rinchiusi per volontà dei genitori i ragazzi problematici per essere rieducati. Soprusi, stupri, violenze, umiliazioni fisiche e psicologiche, guardie sadiche, tentativi di fuga e la ribellione finale: seppur edulcorato, questo compiaciuto repertorio da trito film carcerario soffoca le possibili ambizioni sociologiche, tese a voler cercare di comprendere tanto le ragioni dei genitori quanto quelle dei figli. Regia ordinaria e interpreti privi di alcun appeal, compreso il fanatico dottorastro di Peter Stormare.

Brutale e spietato, ma non troppo. Poteva osare di più ma c'è un evidente voglia di raccontare un sistema sbagliato, portato alle estreme conseguenze che, a quanto dice il film, si basa su una storia vera. La recitazione è da manuale, la regia pure. Lineare e mai sorprendente, si fa sfuggire troppo le intenzioni, ma almeno il tema trattato potrebbe far riflettere.